Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
L’ATTRICE A OTTO E MEZZO RACCONTA LA PROFONDA DELUSIONE PER IL DEGRADO DELLA CITTA’ E I GRILLINI LA COPRONO DI INSULTI
“Senti scaldarsi la #Foglietta contro #M5S e pensi: proprio una brava attrice questa #Foglietta nella
parte del troll”; ” per anna foglietta si stava meglio con #MafiaCapitale ! Ahhahhaahahah Ridicola, pure come attrice!”; “l’attricetta snob sbuffa non avendo mai preso un autobus neanche in scena, ridicola!”: ieri sera Twitter ribolliva di insulti nei confronti dell’attrice romana Anna Foglietta.
In effetti “colpevole” di gravi reati: no, non il falso ma l’aver partecipato a Otto e 1/2 da Lilli Gruber insieme al deputato del MoVimento 5 Stelle Alfonso Bonafede e aver esecrato le pietose condizioni in cui si trova la città di Roma dopo un anno e mezzo di amministrazione di Virginia Raggi.
La Foglietta ha parlato del film Il contagio, sua ultima fatica, ma soprattutto delle condizioni della città : “Non mi capacito del fatto che i cittadini non si rendano conto dello stato di degrado nel quale vivono, eredità durissima che voi (rivolta a Bonafede) avete assunto. Le persone sono deluse. Io ho creduto in Virginia Raggi. Purtroppo ora mi sento delusa: il vostro codice etico è stato tradito: non dovevate proprio arrivarci a quel punto. La delusione è maggiore rispetto a quelli da cui te l’aspetti”, ha esordito l’attrice.
Per poi andare all’attacco: “Roma è un terzo mondo. Cosa devo pensare, che era meglio quando c’erano Carminati e Buzzi? Un cittadino che vede il proprio parco invaso dagli arbusti, cosa deve pensare? Io non trovo mio figlio negli arbusti, gli devo mettere il cappellino”, ha detto riferendosi alle pietose condizioni in cui si trovano tutte le ville romane (e qui è inutile ricordare che il Comune ha dovuto ritirare bandi perchè fatti male, ritardando di fatto le manutenzioni).
E ancora: “Chiedete ai cittadini degli autobus, dove sono i 150 autobus in più? Noi non li abbiamo notati”; “Voi non volete vedere la realtà : Roma è peggiorata enormemente e voi non ve ne accorgete. E questo non va per quelli che guadagnano poco e devono pagare tutte queste tasse”.
Stranamente, l’intervento di Foglietta ha procurato un discreto travaso di bile su Twitter, con insulti e promesse di boicottaggio da parte dei grillini nei confronti del film in uscita dell’attrice perchè lei si è permessa di dire quello che pensa.
Una sequela di insulti e allusioni a sue fedi politiche che servono a sputtanare i concetti che l’attrice ha portato avanti.
Ovvero quelli che tutta la città , tranne gli invasati, vede con i suoi occhi.
C’è troppa realtà nel mondo, il M5S farà un decreto per cancellarla.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
ASPETTANDO PISAPIA SENZA CONVINZIONE, IL PRESIDENTE DEL SENATO SI PRENDE GLI APPLAUSI DELLA PLATEA
Il leader vero, sognato e atteso, si chiama Piero Grasso. Sorridente, look casual, camicia sbottonata senza cravatta, parla un linguaggio semplice, diretto.
Valori, ideali, legalità , cita Falcone e Borsellino, ripercorre le battaglie antimafia, ricorda Gerardo Chiaromonte: “Io — dice – mi sento un ragazzo di sinistra e chiedo alla sinistra di non fare passi indietro sui principi. Sui principi. Non possiamo metterli da parte quando chiediamo i voti”.
Il riferimento è allo ius soli, ma non solo. Anche alla legge elettorale, sulla quale difende la sovranità del Parlamento a esprimersi e a cambiarla.
Il “ragazzo di sinistra”, che ricorda l’entusiasmo di quando ha accettato la candidatura, non si sbilancia sul suo futuro e non lo farà finchè resterà , nel ruolo di arbitro, sullo scranno più alto di Palazzo Madama. Ma il corteggiamento verso di lui è più di una suggestione.
Napoli, festa di Mdp nel bellissimo chiostro del convento di Santa Chiara, cuore antico di Napoli. Pierluigi Bersani è seduto in prima fila, durante il suo intervento. Annuisce.
Quando è la volta di Bersani sul palco, il presidente del Senato resta ad ascoltarlo fino alla fine, segno di un’attenzione ma anche di un rapporto di stima mai incrinatosi sin dall’inizio di questa legislatura in cui, invece, la sua conduzione dell’Aula ha parecchio logorato quello con lo stato maggiore del Pd renziano.
I due, a inizio pomeriggio, si sono scambiati due chiacchiere in un bar nella vicina piazza del Gesù, ostentando una certa sintonia.
Il vero “piano a”, quantomeno nei desideri, porta a Grasso – non a Pisapia – soprattutto ora che il suo rifiuto di candidarsi in Sicilia ha scavato un nuovo solco di incomprensione col Pd renziano.
Un volto istituzionale, di “governo” e anche affidabile, come frontman di un listone che unisca tutto il mondo a sinistra del Pd, che funziona proprio perchè è estraneo a una storia di scissioni, incomprensioni, rancori personali che segnano il rapporto tra il gruppo di Pisapia e gli ex compagni di Sinistra Italiana.
E capace di intercettare anche un mondo “di governo” che non crede più nel Pd.
Tra gli stand l’insofferenza verso Giuliano Pisapia, che dovrebbe arrivare domenica, è palpabile.
Vissuto come un novello Godot mai arrivato col cuore, ambiguo sul suo rapporto col Pd e con Renzi.
Rosario, militante di Napoli, ex Pd: “Io non lo capisco, non capisco cosa vuole, non capisco se ci crede, se si candida. In Europa la sinistra è Corbyn, la Linke, e qui stiamo ancora a cincischiare con Renzi”.
Un altro, Nicola, ancora più schietto: “Se non dice una parola definitiva qua domenica gli applausi non se li prende”.
E quando sul palco arriva a Bersani la domanda sull’ambiguità dell’ex sindaco di Milano, scatta l’applauso. Questa storia dell’attesa di Pisapia pare già aver logorato la sua leadership, mentre arrivano voci che una parte dei suoi, come Tabacci e Angelo Sanza, non proprio il nuovo che avanza, spingono a “fare l’accordo col Pd se passa il Rosatellum”.
La gente che c’è a Napoli, uscita dal Pd, non vuole sangue. Chiede parole chiare, meno fumi politicisti, un’idea che motivi di più dopo l’uscita dalla casa madre, perchè se no “tanto valeva rimanere dentro”.
Rispettosa ma fredda nei confronti di Franceschini e Delrio, la cui presenza non è un fatto banale. E anzi non è stata affatto gradita al Nazareno.
Il ministro della Cultura parla, in modo un po’ democristiano, di un “dialogo doveroso e necessario con tutte le forze del centrosinistra”.
Delrio, senza mai nominarla, contraddice la Boschi sullo ius soli invitando a riaprire il discorso in Parlamento dopo la manovra.
Però la sensazione è che la connessione sentimentale non scatta. Scatta col presidente del Senato che, senza mai strabordare dal suo ruolo, fa capire eccome come la pensa un po’ su tutto. Anche sulla legge elettorale: “Rosatellum? Ma perchè dobbiamo rovinare il latino che è una bella lingua…”.
C’è un doppio piano, in questa prima festa nazionale di Mdp.
Un popolo, stufo del politicismo, preoccupato da una campagna elettorale difficile, che giudica incomprensibile questo percorso accidentato per cui ancora non si sa se e quando si farà il nuovo soggetto unitario a sinistra, se e quando si faranno le primarie, il nome, il simbolo, perchè “con Pisapia siamo alle solite”.
E c’è la prudenza di un intero gruppo dirigente, cresciuto nei partitoni di massa, attento a non apparire come dei “gruppettari” settari, con Bersani che allontana il sospetto di una rottura sulla manovra, rassicurando sull’atteggiamento parlamentare di Mdp.
E continua a difendere l’operazione con Campo Progressista, pur senza tanto entusiasmo. Questa volta Bersani, dal palco, non dice “Pisapia è il leader”, ma si concentra assai di più sui valori del collettivo.
Pare che il 19 novembre ci sarà il voto sulla famosa assemblea dei delegati nel nuovo soggetto. Chissà , la questione della leadership è tutt’altro che chiusa.
In parecchi ricordano il precedente Monti: “Scese in campo due mesi prima del voto e prese il dieci per cento. Se Grasso decide il minuto dopo che si sciolgono le Camere… I giochi veri si faranno allora”.
Nel frattempo si attende “l’ineffabile avvocato” come lo chiama D’Alema.
Alle 21, Arturo Scotto beve una birra con qualche compagno: “Voi non potete capire i messaggi che mi stanno arrivando. Guardate qua. Dicono tutti: mollate Pisapia e scegliamo Grasso. Ha un’altra spinta”.
Il ragazzo di sinistra alimenta già una nuova attesa. Più carica di speranze.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
DA 50 ANNI PAGHIAMO TUTTI I CRIMINALI LIBICI CHE SI SUCCEDONO AL GOVERNO… PER AFFOGARE I PROFUGHI CI SERVIAMO DI MANOVALANZA TERZA, COSI’ LA DOMENICA POSSIAMO ANDARE A MESSA CON LA SACRA FAMIGLIA
“Finalmente abbiamo avuto un colloquio chiarificatore in questa vostra magnifica capitale. Era
necessario ed è stato utilissimo per appianare le tante incomprensioni reciproche. Più che prendere decisioni, ci siamo spiegati a vicenda. Ci saranno altri incontri per approfondire la nostra collaborazione. Anche se è ovvio che restiamo noi a decidere, e soltanto noi, se e in quali circostanze dobbiamo ricorrere alla forza per combattere il terrorismo e difendere i libici in casa loro”.
Lo dice il generale Khalifa Haftar in un’intervista al Corriere della Sera nella quale esprime “profonda soddisfazione” per il suo primo viaggio ufficiale in Italia. Qual è il significato centrale della sua visita?
“Un successo. Personalmente sono molto contento di aver parlato a lungo con il ministro della Difesa Pinotti, quello dell’Interno Minniti, il capo di Stato maggiore Graziano e il capo dei vostri servizi segreti, che conosco da tempo ormai. L’importante è che ci siamo parlati con attenzione e ci siamo capiti. Ne avevamo davvero bisogno, da tempo. Abbiamo parlato dell’impegno comune nella lotta contro il terrorismo e della necessità di fermare l’immigrazione illegale. In proposito ho presentato un piano elaborato, ben consapevole che la Libia non è il punto di arrivo, ma solo un corridoio per i migranti che vengono in Europa”.
“Quanto al controllo delle frontiere Sud – sottolinea Haftar – le mie forze possono fornire manodopera, ma voi europei dovete inviare aiuti: droni, elicotteri, visori notturni, veicoli…”.
Però l’Italia rispetta l’embargo Onu contro l’invio di materiale bellico in Libia.
“Da tempo dico che tale embargo va cancellato nei riguardi del nostro esercito nazionale. Tutti i Paesi europei interessati a fermare i migranti dovrebbero revocarlo. Il ministro Pinotti comunque ha già accettato un programma di addestramento dei nostri soldati in Italia”.
Quanto alla questione del ricorso alla forza, precisa:
“Non abbiamo bisogno di consigli. Ovvio che preferiremmo le vie della politica, ma quando queste non funzionano occorrono altre soluzioni. Stiamo sconfiggendo il terrorismo in Libia, non per via diplomatica, bensì con le armi. Sta a noi decidere come difendere il nostro Paese e i suoi abitanti. Sino ad ora non abbiamo ancora fatto uso della forza per risolvere la crisi politica interna”.
Per l’uomo forte di Tobruk, il recente accordo tra l’Italia, il governo Sarraj e alcune milizie nell’ovest libico, specie a Sabratha, per bloccare il traffico di migranti è “un grande errore: il governo italiano non dovrebbe lasciarsi illudere dalle milizie – risponde Haftar – Pagarle significa cadere in un circolo vizioso: domani faranno la lotta fra loro per spartirsi il bottino e chiederanno più soldi, sarà un ricatto infinito. L’unica forza sovrana è il nostro esercito, che oltretutto non chiede neppure un soldo. Dove noi siamo presenti finiscono il traffico dei migranti e anche il contrabbando di petrolio o di armi. I flussi dei migranti sono diminuiti non grazie alle milizie, ma al nostro esercito che sta estendendo il dominio sul territorio”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
“NON HO RUBATO NIENTE”: LO SFOGO DELLA DONNA CHE HA PERSO IL LAVORO ALL’AZIENZA RIFIUTI… UN EPISODIO CHE DIMOSTRA COME IN ITALIA IL BUON SENSO NON C’E’ PIU’
“Sono passati tre mesi e mio figlio piccolo continua a chiedermi scusa come se fosse colpa sua se mi hanno licenziato. E’ una vergogna”.
Aicha Elisabethe Ounnadi, 40 anni, per tutti Lisa, parla dalla pagina del suo profilo Facebook dove, da qualche giorno sta sfogando tutta la sua rabbia
Il 30 giugno scorso è stata licenziata per aver cercato di portare via da un capannone della Cidiu, la ditta di smaltimento rifiuti della zona ovest della provincia di Torino, dove lavorava da 11 anni, un vecchio monopattino destinato alla raccolta differenziata.
L’azienda ha bollato quel comportamento come “appropriazione indebita”, giustificando un licenziamento in tronco per giusta causa. “Ma io non ho rubato niente. Voglio che la verità venga a galla – continua Aicha o meglio Lisa, come la chiamano amici e colleghi – Io volevo solo fare un regalo a mio figlio che ha 8 anni e desidera tanto un monopattino. Il licenziamento è un provvedimento eccessivo. Sono stata licenziata e umiliata”.
E’ difficile immaginare che un monopattino vecchio e un po’ rotto possa costituire motivo di licenziamento.
Di certo non ci ha pensato Lisa che ha altri due figli a cui badare e vive al quarto piano di una casa popolare alla periferia di Torino. “Ora non ci dormo la notte. Sto davvero malissimo perchè sono stata loro dipendente per 11 anni e con questo lavoro mantengo tutta la famiglia”.
La donna si è rivolta agli avvocati Paola Bencich e Mara Artioli che impugneranno il suo licenziamento.
La situazione, però, è anche più grave perchè l’azienda ha presentato un esposto in procura e l’indagine sul conto di Aicha rischia di essere penale.
“Il monopattino mi è stato dato da un’amica, una collega che mi ha detto di portarlo al mio bambino. Io l’ho appoggiato nello spogliatoio prima di caricarlo in macchina”. Erano le 6 di un mattino di fine maggio, e quando Aicha è tornata in sede, a Collegno, a fine turno ha trovato il suo monopattino sotto una bacheca con un biglietto attaccato che diceva: “Non si fa. La prossima volta potresti essere beccato”.
Ma Aicha dice di non averlo nemmeno letto, ha caricato il monopattino in macchina e, come pronosticato dall’autore del biglietto, è stata “beccata”.
Il suo licenziamento ha scatenato la reazione di Sinistra Italiana che ha presentato un’interrogazione parlamentare e poi, a cascata, del movimento 5 Stelle in Regione e di Collegno Insieme, in Comune
“Ci sono delle regole che vanno rispettate. E’ stato un gesto di insubordinazione. La dipendente è stata licenziata dopo che i fatti sono stati valutati e approfonditi. Ora la vicenda sarà oggetto di valutazione anche dell’autorità giudiziaria”, dice l’amministratore unico dell’azienda, Riccardo Civera.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
A GENOVA PER 20 VIOLENZE EDGAR BIANCHI ERA STATO CONDANNATO A 12 ANNI, LIBERO DOPO AVERNE SCONTATI OTTO
Si è materializzato a Milano negli uffici della procura, ma 150 agenti della squadra Mobile lo
avevano già individuato e gli stavano dando la caccia.
A incastrarlo il tutore che porta al ginocchio: un particolare indicato agli investigatori dalla sua ultima vittima, una ragazzina di 13 anni.
Sarà forse anche per questo motivo che Edgar Bianchi ha deciso di costituirsi, recandosi negli uffici della procura milanese accompagnato dal suo avvocato: è stato fermato dal pm Gianluca Prisco con l’accusa di aver abusato di una ragazzina in zona De Angeli a Milano, nel primo pomeriggio di mercoledì 27 settembre.
Solo l’ennesimo caso, visto che Bianchi è noto per essere il “maniaco dell’ascensore“: era così, infatti, che lo avevano soprannominato i giornali nei primi anni duemila quando aveva scatenato il panico a Genova.
Dal 2004, infatti, il barman oggi quarantenne ha compiuto almeno 20 violenze sessuali, tutte su ragazze minorenni.
Condannato in primo grado a 14 anni, si è visto scontare la pena a 12 in appello, ne ha scontati 8 e nell’agosto del 2014 è uscito dal carcere.
Tre anni dopo eccolo ricomparire a Milano nuovamente accusato di violenza su minore.
Un metro e ottanta, atletico, secondo la perizia psichiatrica del tempo Bianchi è affetto da “narcisismo istrionico con tendenze sadiche”.
Sempre identica la tecnica seguita dal maniaco dell’ascensore: individuava una ragazzina tra i 12 e i 15 anni, la seguiva, entrava con lei nel portone di casa e, una volta sul pianerottolo, la minacciava, la palpeggiava, oppure la costringeva a un rapporto.
La stessa dinamica seguita a Milano, dove la 13enne è stata adescata mentre stava rientrando a casa da scuola verso le ore 14. Dopo l’accaduto la vittima dell’abuso ha raccontato tutto ai genitori, che hanno subito chiamato il 112.
Sul caso indagano gli specialisti della quarta sezione della Squadra mobile, che si occupa di abusi sessuali, mentre il fascicolo dell’inchiesta è arrivato sul tavolo del sostituto procuratore Cristiana Roveda, coordinatrice del pool “fasce deboli” della procura di Milano, al quale fa capo lo stesso pm Prisco. “Si tratta di un criminale seriale: in queste ore siamo al lavoro per ricostruire i suoi movimenti e capire se abbia usato violenza anche a altre donne”, ha spiegato il capo della Squadra Mobile Lorenzo Bucossi.
Gli inquirenti, infatti, stanno cercando di capire se ci sia un legame con le molestie subìte pochi giorni fa da una bambina cinese di 6 anni in un cortile di via Paolo Sarpi, nella Chinatown milanese.
Oltre a questo episodio e a quello della 13enne di ieri, il pool guidato dalla pm Roveda sta indagando su altri 2 casi di violenze sessuali avvenuti a settembre nel capoluogo lombardo: quello ai danni di un’anziana di 81 anni al Parco Nord e quello che ha visto coinvolta una turista canadese di 30 anni, costretta a un rapporto sessuale da un tassista abusivo nella zona di Crescenzago.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
CADE LA GIUNTA DI CENTRODESTRA: L’UOMO DI SALVINI INDAGATO PER ABUSO D’UFFICIO E INTERDETTO … “IL SINDACO ERA UNA PEDINA NELLE SUE MANI”
La Giunta comunale di Seregno, in provincia di Monza, è caduta, a seguito delle dimissioni di consiglieri e assessori di Lega Nord, Forza Italia e della minoranza, centrosinistra e liste civiche, che questa mattina hanno deciso in massa di abbandonare l’incarico.
Il Comune, da due giorni, è al centro della bufera per la maxi inchiesta su infiltrazioni di ‘ndrangheta nel mondo della politica e dell’imprenditoria in Brianza.
Secondo la minoranza però, senza il loro contributo la Giunta sarebbe rimasta in piedi : “È stata una scelta necessaria anche per la minoranza, dato che qualcuno della maggioranza non ha mollato – ha commentato William Viganò, capogruppo del Pd nell’appena decaduto Consiglio – altrimenti non ci sarebbero stati i numeri per far cadere questa Giunta, un atto dovuto ai cittadini”.
La decisione di tutto il consiglio comunale ha evitato l’eventuale commissariamento del Comune, ipotizzato dal Prefetto di Monza Giovanna Vilasi ieri sera a seguito dell’attesa decisione del Gip di Monza sull’interdizione del vice sindaco leghista Giacomo Mariani, indagato a piede libero per abuso d’ufficio, chiesta dalla magistratura.
Intanto da un’intercettazione contenuta in un’annotazione dei carabinieri emerge che il “padrone” dell’amministrazione comunale di Seregno e anche “unico padrone” del sindaco Edoardo Mazza, ora ai domiciliari, sarebbe stato Giacinto Mariani, il vicesindaco leghista, indagato per abuso d’ufficio, sottoposto a misura interdittiva e che mercoledì sera ha deciso di rassegnare le dimissioni dalla Giunta con tutto il gruppo del Carroccio.
In una telefonata dell’ottobre 2015, il costruttore Antonino Lugarà , in carcere per corruzione e vicino alla ‘ndrangheta, parla di Mazza con Stefano Gatti, consigliere (anche lui ai domiciliari), e quest’ultimo gli dice: “Lui c’ha il padrone … unico padrone … Giacinto Mariani”.
In un’altra intercettazione un architetto dice che Mazza è “di fatto ‘guidato’ dal vice-sindaco Mariani, definendolo nella circostanza addirittura una ‘pedina’”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
CHI MAI IN ITALIA HA RICEVUTO QUANTO AMATRICE?…. PIROZZI E’ L’ALBERTO SORDI DELLA POLITICA, POPOLARE, POPULISTA, SCALTRO, MAI RESPONSABILE DEGLI ERRORI DEL PASSATO
Amatrice è la città martire e il suo sindaco un eroe. Tra le terre tremule quella di Amatrice è stata di
gran lunga la più amata, accudita, partecipata e frequentata dagli italiani.
297 vite immolate a un terremoto terribile, il saldo cruento di una natura che dal Seicento fa ballare quel paese. Solo Firenze, ai tempi dell’alluvione, era stata destinataria di una solidarietà più larga e fattiva.
E di sicuro nessun sindaco, tranne Sergio Pirozzi, può vantare una popolarità così vasta e incondizionata. Anzitutto merito suo: lui è l’uomo della felpa, altro che Salvini. E con la felpa ha attraversato l’oceano. La felpa ha ricevuto il premier canadese Justin Trudeau nella sua Montreal come ringraziamento per il dono (due milioni di dollari) fatto alla comunità .
Una felpa anche ad Angela Merkel a Berlino, che ha spinto più in là i cordoni della borsa e portato a sei i milioni di dollari per rifare l’ospedale del paese distrutto.
Linguaggio essenziale, basico e patriottico.
“Siamo tutti fratelli”, o — in una lieve devianza sentimentale verso destra — il sempreverde “barcollo ma non mollo” oppure, e chissà se siamo a un populismo nuovo e vigoroso: “Se mi fregano mi faccio la contea”.
Fatto sta che Pirozzi è stato l’unico a non doversi difendere da nulla ma ad accusare.
Il suo paese, a cui la natura ha fornito negli anni diverse prove della sua capacità di insidiare l’uomo e le case, è senza dubbio quello che ha subito più danni e più morti.
La scossa violenta è stata aggravata dal carattere delle edificazioni, nessuna delle quali ha retto alla prova. Non le case popolari, che risalgono al 1970 (diciannove persone seppellite), e secondo il pm di Rieti così male costruite che sarebbero cadute a terra “con ogni probabilità con una scossa di qualunque grado”.
Nè le abitazioni private le quali, secondo Patrick Coulomb, un esperto francese, erano mal progettate “con l’acciaio posizionato male e un calcestruzzo scadente”.
Nè quelle che hanno goduto delle provvidenze per far fronte alle lesioni dei terremoti circostanti che negli anni si sono susseguiti.
Nè — e il caso suscitò clamore — la scuola, per fortuna senza bimbi, che si è squagliata come crema pasticciera dopo aver ottenuto un finanziamento che in origine doveva andare a migliorare le sue condizioni statiche ed invece sembra sia stato diretto a migliorare i colori delle pareti, il sistema termico e altre incombenze, tutte necessarie e benvenute ma fuori dal raggio di azione di quella missione ricostruttiva.
Mai Pirozzi si è sentito in colpa, e mai nessuno gliene ha fatto una colpa. “Noi siamo parte lesa”, ha detto. E tutto è finito lì.
Non è stato affare di Pirozzi, e davvero non c’entrava, se le casette provvisorie costano un occhio della testa, oltre mille euro a metro quadro quando al genio civile di Rieti una villa in muratura era valutata con un valore di fabbricazione non superiore agli ottocento euro a metro quadro.
Nè è sua responsabilità se la quantità delle macerie ritirate ancora è sotto la soglia del 10 per cento e circa quattromila tonnellate di laterizi restano in attesa.
Pirozzi non c’entra. Mai.
E tre giorni fa, quando la procura di Repubblica ha comunicato che circa 120 cittadini avevano falsamente attestato la residenza ad Amatrice per ottenere i buoni contributi (e qualcuno li ha pure intascati) nessuno ha pensato: e come hanno fatto? Con false autocertificazioni.
Ma le autocertificazioni dove si consegnano, chi le controlla? Forse la polizia municipale? Pirozzi, cranio rasato, sguardo severo e deciso, è sempre a mezzo metro dalla difficoltà , sempre a distanza di sicurezza.
Sua l’idea di un abbuono, duecento euro in più al mese, a chi avesse deciso di rimanere ad Amatrice. Un contributo di solidarietà che da seicento euro è arrivato a ottocento e, in alcuni casi, ha anche superato la quota dei mille.
Chi mai in Italia ha ricevuto tanto? Nessuno, merito di Pirozzi.
E grazie ad Amatrice la ricostruzione sarà finanziata con un onere totalmente a carico dello Stato non solo per la prima ma anche per la seconda casa e le pertinenze commerciali con quel che ne conseguirà da un punto di vista dell’espansione urbana.
Soldi, mai come in questo casi, tanti soldi.
Sette miliardi di euro la previsione di spesa, a cui si aggiunge un altro miliardo e duecento milioni da parte dell’Unione europea.
Un post terremoto così ricco nelle intenzioni e così balbettante nella pratica nemmeno si era mai visto.
Le casette ancora da erigere, problemi nella raccolta delle macerie figurarsi nei piani di ricostruzione, con la certezza che le cubature nuove da edificare, grazie alla generosità dei contributi, sarà tale che dovranno essere spianate le gobbe delle montagne che lo circondano per fare posto alle case dei residenti e dei villeggianti, dei negozianti, presenti o ambulanti, e di ogni altra struttura comunitaria.
Ricostruzione d’oro che eguaglierà i fasti dell’Aquila che si accinge a superare quota cinque miliardi senza trovare più una comunità pronta ad abitare i palazzi che tanto faticosamente si stanno ricostruendo.
Pirozzi ha in ultimo denunciato la deviazione dei soldi raccolti con gli sms di solidarietà verso altri lidi ma non s’è ricordato di dire che lui stesso approvò l’idea di Vasco Errani, l’ex commissario, di drenare quegli aiuti per un senso di giustizia verso popolazioni ugualmente colpite ma rimaste dietro il palcoscenico televisivo del dolore e della celebrità .
Pirozzi ha denunciato l’ammanco perchè è vero, Amatrice è il brand forte del terremoto, ma non ha ricordato di presenziare il 17 luglio scorso alla riunione che stabiliva i criteri e la ripartizione di quei soldi.
Pirozzi è l’arcitaliano perfetto, umano ma non fesso, generoso ma pure scaltro (“se mi fregano…”) e giusto.
Uomo del popolo che dà il tu a chiunque. E’ l’Alberto Sordi della politica, popolare, populista forse anche un po’ nazionalista, e la politica, riconoscendogli subito le doti, l’ha chiamato a candidarsi a presidente della Regione Lazio.
E lui? Perfetto e a modo, come ogni buon politico: “Ancora non ho deciso, ma se me lo chiederà la gente…”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
LA TRAGICOMICA POLITICA NELLA PROVINCIA PARMENSE
Matteo Salvini lo aveva annunciato dal palco di Pontida: «La Lega al governo proporrà un progetto di legge per avere giudici eletti direttamente dal popolo. E chi sbaglia paga. E siccome siamo un movimento nato per la libertà , cancelleremo la legge Mancino e la legge Fiano. Le storie e la legge non si processano».
Maria Pia Piroli, solerte capogruppo per Lega Nord e Fratelli d’Italia a Seragna (Parma), non ha perso tempo e nella seduta del Consiglio Comunale del 26 Settembre 2017 ha presentato una dal titolo “Messa al bando dell’ideologia Comunista”.
Perchè se il Fascismo “ha fatto anche tante cose buone” il Comunismo ha ucciso centinaia di milioni di persone nel Mondo e per par condicio i komunisti devono essere puniti.
La mozione, che è stata approvata dall’Assemblea (anche se la Lega Nord non è più parte della maggioranza), impegna il sindaco Salvatore Iaconi Farina ad avanzare presso il Governo la richiesta di perseguire penalmente con pene severe: “chiunque propaganda le immagini o i contenuti propri del Partito Comunista, ovvero le relative ideologie” specificando che il comportamento è punibile anche se commesso solo “attraverso la riproduzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti, persone immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne richiama pubblicamente la simbologia o la gestualità ”.
Una mozione che sostanzialmente non ha alcun effetto concreto nè per i cittadini di Soragna nè per altri.
Una delle classiche trovate della Lega, quel partito che non è di destra nè di sinistra che però curiosamente si trova sempre dalla stessa parte di razzisti e xenofobi, al punto da farci anche una lista assieme quando capita l’occasione.
Non che all’opposizione a Soragna stiano messi meglio.
In un post su Facebook la lista Soragna Democratica avverte che in virtù dell’approvazione della mozione “chiunque venisse trovato sul territorio comunale di Soragna in possesso o intento a riprodurre, distribuire, diffondere, vendere, richiamare pubblicamente la simbologia” del Partito Comunista rischia di “essere richiesto da Iaconi Farina al Governo stesso che si proceda nei suoi confronti ad infliggere pene severe“.
Cosa che naturalmente non è vera perchè prima che ciò accada la proposta della mozione dovrà essere presentata dal sindaco al “Governo” il quale dovrà avviare l’iter di legge per rendere illegale il Partito Comunista (e tutto il resto).
L’impegno profuso a combattere komunisti, buonisti ed estremisti dei centri sociali non ha mancato di suscitare l’ironia di qualche buontempone ha pensato bene dei dare vita al Partito Comunista clandestino di Soragna, con tanto di pagina Facebook.
Anzi, per il momento c’è solo quella. O almeno così sembra, perchè gli iscritti hanno deciso di nascondersi in qualche oscuro scantinato in attesa di tempi migliori.
I comunisti clandestini hanno già iniziato le loro azioni di disturbo.
In un post gli iscritti vengono invitati a “prendere in stalla martello e falcetto e girate per le strade incrociandole, oltre all’effetto provocatorio in sè vi permetteranno di risolvere dispute storiche con altri compaesani” e già meditano di marciare sul centro del Paese a bordo dei loro potenti trattori cingolati Fiat.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 28th, 2017 Riccardo Fucile
“GRAVE E INCOMPATIBILE CON LA CARICA UNA CONDANNA ANCHE SOLO IN PRIMO GRADO PER QUALSIASI REATO COMMESSO CON DOLO”
Una presa d’atto nel Movimento 5 Stelle c’è, almeno per ora e al netto di cambiamenti e
stravolgimenti delle regole interne, o di sondaggi sul blog per invertire la rotta.
Se il sindaco di Roma Virginia Raggi dovesse essere condannata in primo grado per il falso nell’ambito della nomina di Renato Marra sarà costretta a dimettersi, se non lo farà il simbolo M5S sarà ritirato.
Lo prevede il “Codice di comportamento in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie” e lo conferma Riccardo Fraccaro, componente del collegio dei probiviri nonchè punto di contatto tra il Campidoglio e i vertici pentastellati.
“Rispetteremo il regolamento”, dice nei corridoi di Montecitorio: “In caso di condanna anche per falso e con dolo non si può ricoprire la carica, ma aspettiamo con fiducia cosa diranno i giudici”.
Ecco infatti cosa recita il regolamento votato da pochi mesi: “È considerata grave ed incompatibile con il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo, eccettuate le ipotesi indicate all’ultimo comma”.
Nell’ultimo comma viene precisato che “è sempre rimessa alla discrezionalità del Garante e del Collegio dei Probiviri o del Comitato d’appello (e non comporta alcuna automatica presunzione in tal senso) la valutazione della gravità di fatti che configurano i c.d. reati d’opinione ipotesi di reato concernenti l’espressione del proprio pensiero e delle proprie opinioni, ovvero di fatti commessi pubblicamente per motivi di particolare valore politico, morale o sociale”.
In sostanza resta fuori Luigi Di Maio indagato a Genova per diffamazione nei confronti di Marika Cassimatis.
Tornando a Virginia Raggi in attesa della sentenza di primo grado, la sindaca non ha alcun obbligo di dimissioni ma può scegliere la strada dell’autosospensione “a tutela dell’immagine del movimento” dal momento che dovrà andare a processo.
Di fatto il pallino è in mano a Beppe Grillo, al Collegio dei Probiviri e al Comitato d’appello, che possono decidere di sanzionare la sindaca anche a prescindere dal corso delle indagini, qualora il comportamento dell’interessato sia considerato grave.
Ma per riunirsi ed esaminare le carte — spiega ancora Fraccaro — deve arrivare una segnalazione, cioè un esposto da un attivista o un parlamentare M5s.
(da “Huffingtonpost”)
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