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TUTTI I SOLDI E LE SOCIETA’ DI CASAPOUND E FORZA NUOVA

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

COME SI FINANZIANO GRAZIE ANCHE AI FONDI DI SOCIETA’ E MISTERIOSI TRUST

Ristoranti, catene di abbigliamento, gioiellerie, barberie, franchising di poste private, scuole di lingua, startup di comunicazione, imprese immobiliari, misteriosi trust e qualche strana società  offshore.
Dietro la facciata ufficiale si nasconde una galassia imprenditoriale che dall’Italia si allarga a Francia e Regno Unito. Passando per Cipro e arrivando fino alla Russia di Vladimir Putin.
Una multinazionale nera dove gli ideali di purezza del ventennio si intrecciano alle più attuali esigenze dell’economia di mercato. Con imbarazzanti corollari.
Alla vigilia delle prossime elezioni politiche, L’Espresso ha indagato sugli affari dell’estrema destra italiana.
Ha cercato di ricostruire nei dettagli la rete imprenditoriale creata negli anni da Forza Nuova e CasaPound, i due principali partiti d’ispirazione fascista.
Movimenti che dopo aver conquistato spazio in Europa e aver ottenuto seggi nei consigli comunali di mezza Italia, ora puntano al grande passo: entrare in Parlamento. Missione non impossibile, visto che la nuova legge elettorale ha fissato l’asticella a un abbordabile 3 per cento, che se superato permetterà  alle piccole formazioni nostalgiche di avere un inedito potere negoziale nello scenario delle grandi coalizioni necessarie per governare.
Latitanze dorate
Forza Nuova e CasaPound, per quanto diverse tra loro, sono unite da una radice comune. Si chiama Terza Posizione, è un movimento neofascista nato nel 1978 e morto ufficialmente quattro anni dopo.
Tra i suoi fondatori, all’epoca poco più che ventenni, c’erano Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi. Inseguiti dalle indagini giudiziarie sul terrorismo di destra, fra cui l’attentato alla stazione di Bologna, Fiore e Adinolfi scapparono dall’Italia rifugiandosi in Inghilterra, il primo, e in Francia, il secondo.
Quarant’anni dopo, con alle spalle processi e condanne, i due ragazzi sono tornati. Fiore è diventato il segretario nazionale di Forza Nuova, Adinolfi l’intellettuale di CasaPound. Le radici con il passato non si sono però mai interrotte. Almeno quelle degli affari.
L’Inghilterra è da sempre la base principale del business di Forza Nuova, la fonte originaria dei guadagni.
Il legame finanziario tra CasaPound e la Francia si è invece manifestato più di recente, ma è cresciuto in fretta da quando il Front National di Marine Le Pen ha scelto di investire sui camerati italiani.
Fiore segreto
Londra, 1980. Per capire l’oggi è necessario tornare ancora agli anni di piombo, quando Fiore arriva in gran segreto nella Londra di Margaret Thatcher insieme a Massimo Morsello e ad altri militanti di Terza Posizione, ad aiutarli – si legge in un rapporto sull’eversione nera firmato dai servizi segreti italiani (Sisde) del 1982 – è la League of Saint George, snodo internazionale della destra europea, di cui fa parte tra gli altri anche l’ex presidente del British National Party Nick Griffin.
Anni nebulosi, punto di partenza della carriera imprenditoriale del giovane neofascista italiano. Con un’ombra mai chiarita: «Era un agente dei servizi segreti britannici (MI6) fin dai primi anni Ottanta», scriverà  in un documento del 1991 letto da L’Espresso la commissione d’inchiesta del Parlamento europeo, gettando un’ombra inquietante sul legame tra Fiore e il Regno Unito.
Di certo, per quasi 20 anni ricercato dall’Italia, il politico romano ha creato solide attività  economiche in Inghilterra.
A lui e ai suoi uomini più fidati fanno infatti capo diversi marchi specializzati in viaggi-studio Oltremanica, tra cui London Orange e Easy London.
Come ha dichiarato alla stampa lo stesso Fiore, forse esagerando un po’, «è la più importante struttura di riferimento per il turismo giovanile europeo»
La rete delle società 
Quello che non era però mai emerso finora è che al leader di Forza Nuova fanno riferimento anche tre trust di diritto britannico.
In due di questi, chiamati Saint Michael the Archangel e Saint George Educational, almeno dalla metà  degli anni ’90 sono transitate centinaia di migliaia di sterline.
Soldi entrati come donazioni anonime e finiti spesso, sotto forma di finanziamenti caritatevoli, a società  italiane possedute dalla famiglia del segretario di Forza Nuova o da suoi soci.
Per dire: solo negli ultimi quattro anni, il trust dedicato all’arcangelo Michele, fra i cui gestori c’è Beniamino Iannace, già  candidato per Forza Nuova alle europee 2009, ha incassato 475 mila euro da elargizioni liberali in Gran Bretagna.
Soldi finiti quasi completamente in Italia, con donazioni indirizzate ad almeno tre aziende private che appartengono alla famiglia Fiore: Rapida Vis, Futura Vis e Comeritresa, tutte partecipate dalle figlie del segretario di Forza Nuova.
Motivazione ufficiale dei pagamenti? Finanziare la realizzazione di pubblicazioni sulla Chiesa Cattolica.
Peccato che di questi soldi non si trovi traccia nei bilanci delle società  italiane. Nel 1999 i trust furono messi sotto inchiesta dagli organismi di controllo amministrativo inglesi.
Un paio di anni prima il quotidiano The Guardian aveva raccontato che queste due fondazioni stavano finanziando un villaggio nazista in Spagna, Los Pedriches, «occupato da Terza posizione internazionale per creare una comunità  nazionalista bianca e addestrare soldati volontari», scriveva il giornale inglese.
Le carte dell’indagine, chiusa nel 2005, documentarono legami di affari tra le fondazioni e una società  di Fiore e Morsello: «I pagamenti», si legge nel rapporto dell’organo di controllo inglese, «erano stati effettuati a favore della Meeting Point (oggi Easy London, ndr) business privato di Fiore».
Il fondatore di Forza Nuova ammise le contestazioni, spiegando che i versamenti servivano per pagare l’affitto di un “charity shop” a Shirland Road, a pochi passi dalle sedi legali delle sue tante società  specializzate nell’organizzazione di viaggi di italiani a Londra.
I documenti ottenuti ora da L’Espresso indicano che l’attività  dei trust è proseguita anche dopo la chiusura dell’indagine inglese.
E che le donazioni anonime in alcuni casi sono finite ancora a società  private di Fiore. Nel frattempo è nato anche un altro trust, il Saint Mark the Evangelist. Non ci sono bilanci disponibili per capire qual è stata l’attività  svolta finora, ma tra i gestori compaiono due nomi molto vicini al politico romano: Maria Beatriz Fiore Burgos, sua figlia, e l’imprenditore Stefano Pistilli, in passato in affari con personaggi dell’estrema destra italiana e oggi gestore di altre tre imprese in Inghilterra, una dal nome particolarmente evocativo: Gladio Consulting, ufficialmente specializzata in consulenza manageriale, ricerche di mercato e sondaggi.
Sognando Putin
Se Londra è stata sempre il centro dei contatti internazionali di Forza Nuova, da qualche anno l’attenzione dei neofascisti si è spostata su Mosca.
Fiore non ha mai fatto mistero delle sue simpatie per Putin. Dichiarazioni encomiastiche verso il numero uno del Cremlino e visite in Russia – diverse, negli ultimi anni, fra cui quella al Forum Conservatore tenutosi a San Pietroburgo due anni fa, alla presenza di quasi tutti i leader del neofascismo europeo – dimostrano che fra i due non manca certo la sintonia politica su temi come l’immigrazione, i gay e la famiglia tradizionale.
Secondo la nostra intelligence, però, in cambio dell’appoggio alla causa russa in Europa i movimenti estremisti avrebbero «ricevuto sostegno economico».
Anche Forza Nuova? Impossibile saperlo. Le informazioni raccolte da L’Espresso permettono tuttavia di descrivere alcuni legami economici che uniscono Fiore alla Russia.
Il neofascista italiano non si è infatti limitato a sostenere l’annessione della Crimea: ha anche portato nella penisola affacciata sul Mar Nero un gruppo di imprenditori nostrani.
Con effetti quantomeno contraddittori rispetto allo sbandierato patriottismo economico di Forza Nuova, sempre pronta a difendere le produzioni italiane. Dopo i viaggi organizzati, alcuni di questi impresari hanno infatti deciso di delocalizzare in Crimea. Il rapporto economico tra Fiore e la Russia inizia ufficialmente nel 2012.
A Nizhny Novgorod, 400 chilometri a est di Mosca, si tiene una due giorni di incontri dal titolo “Dialogo commerciale russo-italiano”.
Il programma del summit descrive Fiore come capo dell’associazione italo-russa Alexandrite. Due anni dopo si torna a organizzare missioni imprenditoriali, ma questa volta gli imprenditori vengono portati in Crimea, frattanto passata sotto il controllo russo, e il nome di Fiore non viene più accostato a quello di Alexandrite.
Chi a quegli incontri ha partecipato dice però che a organizzare tutto dall’Italia è stato proprio il segretario di Forza Nuova.
«L’associazione mi è stata presentata da un amico e sapevo che Fiore era il presidente», racconta Diego Ebau, piccolo imprenditore sardo che ha preso parte a quei viaggi: «L’obiettivo mio e delle altre decine di imprese presenti non era politico, volevamo capire i vantaggi della Crimea».
L’impresario spiega che oggi chi investe almeno 50mila euro nella penisola non deve pagare tasse per cinque anni, e in seguito l’aliquota si ferma a un massimo del 6 per cento.
Un paradiso fiscale, insomma, collegato a Mosca tramite il ponte sullo stretto di Kerch voluto da Putin.
Niente di più invitante per chi si sente schiacciato in patria da tasse e recessione. Ecco perchè alcune delle aziende che hanno partecipato ai viaggi organizzati da Fiore puntano a chiudere la fabbrica in Italia e a riaprirla in Crimea.
«Io dopo due viaggi sono uscito dall’associazione Alexandrite perchè preferivo fare da solo», dice Ebau, «ma so che un’azienda pugliese del settore tessile dovrebbe aver già  spostato lì la produzione. E a dire la verità  anche io mi sto organizzando: insieme a un altro imprenditore sardo voglio aprire lì un’azienda per la lavorazione del marmo».
Mistero a Cipro
Non solo delocalizzazione. C’è qualcos’altro che Roberto Fiore non ha mai raccontato pubblicamente, è stato proprietario di una società  basata a Cipro, isola europea prediletta dai russi, che grazie al segreto bancario è da anni uno dei posti più in voga per chi vuole tenere riservati i propri affari.
Nell’ottobre del 2010 Fiore ha infatti aperto sull’isola la Vis Ecologia Ltd, società  che si occupa ufficialmente di «riciclo di materiali», ma che ha caratteristiche insolite per un’azienda operativa: nessun dipendente, niente sito internet, la sede registrata presso gli uffici di uno studio di commercialisti.
Le visure camerali dicono che l’impresa è stata registrata a Cipro «per scopi fiscali», ma è impossibile sapere se sui conti siano girati soldi dato che l’impresa non ha mai depositato un bilancio.
Contattato da L’Espresso, il segretario di Forza Nuova non ha risposto alle richieste di chiarimento sull’attività  della sua società  cipriota.
Di sicuro il leader fascista non era l’unico proprietario dell’impresa basata a Cipro. Il restante 50 per cento delle quote era infatti intestato a Beniamino Iannace, lo stesso giovane che gestisce il trust inglese dedicato a San Michele, in passato candidato alle elezioni per Forza Nuova.
Anche lui presente all’incontro organizzato dall’associazione Alexandrite in Russia nel 2012, Iannace è oggi un rampante imprenditore nostrano nel settore delle poste private.
Alle domande de L’Espresso si è limitato a rispondere precisando che la Vis Ecologia, la società  basata a Cipro, «non è mai stata operativa, non ha mai avuto clienti e per questo non ha mai depositato un bilancio».
Di certo mentre era proprietario della scatola offshore, il 36enne campano ha fondato il Gruppo Italiana Servizi Postali. Un franchising che conta oggi 64 filiali sparse per l’Italia. E in cui il nome di Fiore ritorna nuovamente. Non quello di Roberto, ma del primogenito Alessandro.
Nel 2013, quando viene costituito il gruppo, il figlio è infatti tra gli azionisti insieme a Iannace e a Fabio Infante, anche lui candidato in passato con Forza Nuova alla Camera.
Qualche anno dopo Fiore junior vende le sue quote a Iannace, che diventa così azionista di maggioranza del gruppo postale, il cui business non sembra molto redditizio (l’ultimo bilancio disponibile, del 2015, segna un fatturato di 105 mila euro e una leggera perdita) ma offre opportunità  interessanti.
Perchè distribuire multe, atti giudiziari e raccomandate dà  accesso potenzialmente a dati personali e indirizzi di milioni di persone: materiale strategicamente importante per un partito politico che vuole farsi conoscere.
Un accostamento che Iannace respinge con forza, garantendo che la sua società  «non ha mai avuto e mai avrà  alcuna colorazione, connotazione o collocazione politica che dir si voglia».
Resta da notare solo una contraddizione tra il passato politico di Iannace e la sua attuale attività  imprenditoriale. Il punto numero tre del programma storico di Forza Nuova prevede infatti il «blocco dell’immigrazione». Eppure il Gruppo Italiana Servizi Postali ha come partner Western Union, il più famoso servizio di trasferimento denaro utilizzato dagli immigrati di tutto il mondo.
Insomma, Iannace e Infante cercano di fare affari con gli stranieri che dall’Italia mandano a casa soldi.
Una pratica non proprio in linea con le direttive ufficiali del partito. Ma d’altronde, si sa, business is business.
Francia connection
Se dal punto di vista ideologico Forza Nuova è la truppa neofascista più tradizionale, i cugini di CasaPound rappresentano l’evoluzione moderna del cameratismo.
Benchè i contenuti della propaganda politica siano identici, a mutare sono i metodi. Così mentre Fiore e soci puntano soprattutto ad ampliare la rete dei contatti internazionali (Forza Nuova ha aperto da pochi anni una filiale negli Usa), i leader di CasaPound hanno lanciato l’assalto al cielo dei consensi in patria.
E nel giro di pochi anni hanno raggiunto risultati importanti. Ronde nelle periferie, centinaia di migliaia di seguaci sui social network, spazio nel dibattito pubblico. Ma soprattutto seggi nei consigli comunali. Tanti. Da Bolzano a Lucca , da Arezzo a Grosseto.
Dietro la propaganda anti immigrati, cavallo di battaglia dell’organizzazione neofascista che ha il suo quartier generale in un edificio pubblico occupato nel centro di Roma, c’è però una fitta rete di imprese commerciali.
Un network politico-affaristico esploso in concomitanza all’arrivo in Italia di alcuni francesi.
Tutti vicini al Front National, il partito guidato da Marine Le Pen, decisamente più ricco dei cugini di CasaPound anche grazie a un finanziamento da 11 milioni di euro ricevuto negli ultimi anni dalla Russia, come ha rivelato su Mediapart la giornalista Marine Turchi.
Che il Cremlino sia favorevole all’ascesa di partiti euroscettici, xenofobi e filorussi non è d’altronde un mistero.
Per questo Putin non dovrebbe essere ignaro delle tante società  aperte in Italia dai seguaci della Le Pen. La più famosa si chiama Carrè Franà§ais, una specie di Eataly in versione transalpina: champagne di tutti i generi, ostriche e formaggi.
Un locale elegante nel cuore di Roma, che nel 2015 (ultimo bilancio disponibile) ha fatturato quasi mezzo milione di euro.
A controllare il ristorante-concept store è Jildaz Mahè, in gioventù membro del movimento studentesco neofascista francese Gud, lo stesso in cui militavano molti dei francesi che ultimamente hanno aperto società  in Italia insieme ad esponenti di CasaPound.
C’è ad esempio la catena di trattorie “Angelino dal 1889” – con ristoranti a Roma, Milano, Malaga, pure a Lima – tra i cui proprietari troviamo Maria Bambina Crognale, moglie del leader di CasaPound Gianluca Iannone, e Pierre Simonneau, militante della destra francese.
E c’è il Carrè Monti, locale a metà  tra il bistrot e il pub, fra i cui soci spicca ancora il francese Simonneau insieme all’avvocato di CasaPound Domenico Di Tullio e a Chiara Del Fiacco, candidata alla Camera nel 2013.
Il Carrè Monti è il luogo di ritrovo abituale, dove spesso organizzano i compleanni dei camerati. Certamente più informale e meno chic del ristorante di Mahè.
Chiara Del Fiacco è un donna sulla quarantina, capelli biondi e tatuaggi. Rappresenta il punto di contatto diretto fra i camerati nostrani e quelli d’Oltralpe. Il suo compagno è infatti Sèbastien de Boà«ldieu, considerato il ministro degli esteri di CasaPound, amico di vecchia data di un pezzo da novanta del Front National. Frèdèric Chatillon, 49 anni, è infatti l’uomo che ha curato la comunicazione nelle ultime campagne elettorali della Le Pen.
Comprese quelle del 2012, 2014 e 2015, finite al centro di alcune inchieste della magistratura francese con accuse che vanno dalla frode all’abuso di beni sociali. Nonostante le incriminazioni Chatillon – il cui nome è emerso anche dai Panama Papers in relazione ad alcune società  offshore – non si è perso d’animo.
D’altra parte lui è un uomo d’azione, e non si spaventa certo per un’inchiesta. Lo ha dimostrato qualche anno fa, quando emerse che la Riwal aveva lavorato per la Siria di Bashar al Assad prendendo tra i centomila e i centocinquantamila euro l’anno dall’ambasciata siriana a Parigi, aveva scritto sempre Mediapart.
Anche in quel caso la magistratura francese si era interessata alla questione, senza alla fine rilevare nulla di penalmente rilevante. Questa volta Chatillon ha però deciso di cambiare aria. Puntando dritto sull’Italia, forte dell’amicizia da lui vantata con esponenti di Alleanza nazionale, Forza Italia, Fratelli d’Italia oltre che con il dirigente di CasaPound Sèbastien de Boà«ldieu.
Due anni fa lo stratega mediatico della Le Pen ha aperto la Riwal Italia, sede in uno splendido palazzo nobiliare nel centro della capitale. A chi sta offrendo i suoi servizi la società  di comunicazione?
Alle domande de L’Espresso Chatillon si è limitato a negare rapporti commerciali con CasaPound e Fratelli d’Italia, aggiungendo di non aver mai lavorato «neppure per aziende, associazioni e/o fondazioni politiche».
Non resta dunque che affidarsi ai pochi documenti ufficiali disponibili, come il bilancio del 2015 che segna un fatturato di 135mila euro, la cui origine resta dunque inspiegata.
Così come non trova conferme ufficiali il ruolo dell’uomo della Le Pen nel Carrè Franà§ais: sebbene Chatillon non abbia ruoli ufficiali nella società , in un post pubblicato su Tripadvisor a fine 2015 lui stesso si presentava come direttore generale della cosiddetta ambasciata culinaria francese a Roma.
Con la stessa discrezione altri francesi hanno intanto avviato business a sud delle Alpi. Mahè, già  proprietario del Carrè Franà§ais, ha costituito quest’anno un’altra società  che si occupa di ristorazione.
Si chiama La Romanèe ed è partecipata da due sue connazionali: Simone Rosso e Audrey Orcel. Mediapart, che ha collaborato con L’Espresso a questa parte dell’inchiesta, non ha ottenuto risposta dalle due donne sui motivi del loro investimento in Italia.
Risultati simili con Alexandre-Paul Martin, 27 anni, astro nascente del Front National e considerato il delfino di Chatillon, tanto da aver rimpiazzato in patria la Riwal con la sua agenzia di comunicazione, la e-Politic.
Anche Martin, che secondo l’account Facebook di Chatillon è appena stato in Siria insieme al suo mentore per visitare le città  liberate dall’esercito di Assad con l’aiuto della Russia, ha deciso di investire sull’Italia quest’anno.
Ha aperto una società  chiamata Squadra digitale, impegnata ufficialmente nel business della comunicazione e registrata a un indirizzo importante: via della Scrofa 39, Roma, storica sede del Msi che oggi ospita la fondazione Alleanza Nazionale e la redazione del Secolo D’Italia.
Alle domande inviate da L’Espresso, il giovane imprenditore francese ha riposto con poche righe. Ha escluso qualsiasi rapporto commerciale con forze politiche italiane e con i connazionali del Carrè Franà§ais, tagliando corto sull’obiettivo della sua nuova società . L’ho fondata, ha risposto, «perchè mi interessa sviluppare la mia attività  in Italia». Punto. Insomma, nessuno sembra voler svelare il motivo che li ha spinti a investire nella Capitale.
C’è anche un filo che collega indirettamente i nazionalisti francesi ad ambienti manageriali italiani, seppure in società  che non hanno a che fare con i movimenti di estrema destra.
Il presidente del consiglio d’amministrazione di Stroili Oro, brand internazionale dei gioielli (370 negozi, 1.800 dipendenti) con sede in Friuli, è Romain Peninque.
Lo è dal 2016, da quando cioè la cordata francese Thom Europe, holding della prima catena di gioiellerie transalpine Histoire d’Or, ha comprato l’italiana Stroili. Romain è il figlio di Philippe Peninque, avvocato, consulente fiscale, già  militante nel Gud. Uomo potente, descritto da diversi media transalpini come l’eminenza grigia della Le Pen.
Di certo il fatto che il figlio, Romain, sia oggi a capo di Stroili Oro – nel consiglio d’amministrazione siede anche Eric Belmonte, amico e in passato socio d’affari di Peninque – è un paradosso per i francesi dell’estrema destra, accusati di essere piegati ai voleri di Putin.
Sì, perchè il gruppo Thom Europe in realtà  è stato capace di superare nell’offerta di acquisto della catena italiana persino il fondo d’investimento russo Vtb, partecipato al 60 per cento dal Cremlino.
«Putin a un passo da Stroili oro», titolavano infatti i quotidiani locali nel 2014. Due anni dopo lo scenario è cambiato: ci sono le sanzioni contro la Federazione russa, rea di aver invaso la Crimea, e il fondo di Putin si ritira lasciando campo libero al gruppo Thom che porterà  Peninque in Italia.
Avanguardia fashion
I pacchi alimentari, i picchetti, le occupazioni. Prima gli italiani. L’azione trascina le masse esauste del degrado delle periferie. Ma c’è un livello di interlocuzione che CasaPound ritiene indispensabile: gli intellettuali.
Per fare cultura le tartarughe di Iannone non badano a spese. L’ultima sfida è l’informazione. Da tempo è online il quotidiano “Il primato nazionale”, recentemente affiancato dal mensile cartaceo. Periodico sovranista, si definisce.
Nel numero d’esordio il direttore Adriano Scianca, responsabile cultura di CasaPound, ha scelto il faccione del deputato Pd Emanuele Fiano da mettere in copertina con il titolo “Il Talebano”, riferimento alla legge da lui promossa che proibisce di fare propaganda attraverso simboli e gesti fascisti.
La società  editrice de Il Primato nazionale è la Sca 2080 e ha un capitale sociale di 100 mila euro. La prima tiratura del mensile è stata di 20 mila copie.
Sui social d’area è un tripudio di complimenti: «Era ora, un giornale libero».
Chi ha interesse a investire nell’house organ dei nuovi neri?
I soci sono Francesco Polacchi, storico attivista di CasaPound, e uno studio di commercialisti romani intestato a Mauro Polacchi, azionista della casa editrice neofascista attraverso la Holding Minerva.
Un’impresa, la Minerva, con varie partecipazioni, persino una nella Eized, dove tra i soci troviamo Lorenza Lei, prima donna a ricoprire il ruolo di direttore generale in Rai.
La società  editrice del Primato gestisce anche il sito web Mma Europa, dedicato agli amanti delle arti marziali miste. CasaPound ha infatti un suo circolo di combattenti. Con atleti-militanti che fanno competizioni internazionali. È lo stesso movimento che a volte organizza incontri in giro per le palestre d’Italia. Altri incassi, insomma. E cura dei dettagli estetici, fondamentali per attirare consensi.
Sarà  per questo che tra gli investimenti della galassia CasaPound troviamo persino la catena di negozi Pivert.
Un marchio di abbigliamento casual, affatto etichettabile come fascista, lanciato dagli stessi soci del Primato Nazionale, i Polacchi.
Negli anni Pivert ha aperto varie sedi. A Roma, stesso indirizzo della redazione, e a Milano. Ma ha anche rivenditori all’estero.
«Sono fiera di sposare questo progetto basato sul made in Italy. Quindi, cari maschietti, un’occhiata dategliela, anche perchè noi donne ci stiamo organizzando per non darla più a chi indossa made in China»: musica per le orecchie degli Iannone Boys, specie se a scriverle è showgirl Nina Moric, che ha offerto così la promozione gratuita del brand.
Ufficializzandosi come vip organica al movimento neofascista. Non solo Moric, però. Tra i fan del brand troviamo parecchi calciatori, rugbisti, pugili. E all’appuntamento mondano non poteva mancare qualche lepenista.
A una delle presentazioni della collezione 2015 erano presenti, infatti, anche i francesi Chatillon e De Boà«ldieu. Proprio i due nomi che legano CasaPound al Front National.
Mentre Forza Nuova non si sforza di aumentare il proprio appeal elettorale e tende a circoscrivere sempre di più la propria nicchia di consensi, i leader di CasaPound si presentano sempre più insistentemente come politici inclusivi.
Lo fanno invitando alle loro conferenze giornalisti noti con idee molto distanti dalle loro. Cercano, insomma, di legittimarsi attraverso il confronto pubblico. Senza dimenticare l’estetica.
I neofascisti romani hanno un loro barbiere di fiducia, situato a pochi passi dalla sede dell’Esquilino. Si chiama Bullfrog, la rana-toro: marchio famoso, presente in tutta Italia, stile hipster.
Una catena di barberie creata da Romano Brida, il cui socio di maggioranza è oggi Antonio Percassi, presidente dell’Atalanta e imprenditore di successo. Il barbiere frequentato dai neofascisti romani (la società  che lo controlla si chiama BF Roma) è solo un affiliato al marchio Bullfrog, nessun legame diretto con Percassi.
Tuttavia i titolari del negozio in franchising gravitano attorno al movimento. E hanno creato un legame imprenditoriale con un altro volto noto di CasaPound.
Nella società  Red Hook, di cui i proprietari della barberia romana sono azionisti, uno dei membri del consiglio d’amministrazione è infatti Marco Clemente. Romano di nascita, milanese d’adozione, Clemente è stato candidato al consiglio comunale nelle liste del Pdl a sostegno di Letizia Moratti sindaco, poi è finito al centro delle polemiche per un’intercettazione shock con un uomo della ‘ndrangheta. Successivamente si è avvicinato a CasaPound Milano, diventandone un leader.
E affiancando, all’attività  politica, quella affaristica: come dimostra il suo ruolo da amministratore nella società  Prince, tra i cui azionisti c’è la moglie di Gianluca Iannone. Insomma, un altro esempio di cameratismo in doppio petto.
Celtiche e soldi. Saluti romani e fiuto per gli affari.
Da Roma a Milano, passando per Parigi, Londra, Cipro e la Crimea. Con la benedizione dei nazionalisti russi.

(da “L’Espresso”)

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GLI OTTO NOMI DEL CENTRODESTRA PER PALAZZO CHIGI

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

BERLUSCONI NON POTRA’ ESSERE DELLA PARTITA MA VUOLE DARE LE CARTE SUI PAPABILI CANDIDATI

Dopo le regionali siciliane, con i sondaggi di Alessandra Ghisleri in mano, il centrodestra è convinto di avere la vittoria in tasca.
E – come scrive oggi Carmelo Lopapa su Repubblica – sta già  pensando ai nomi dei possibili inquilini di Palazzo Chigi. Ecco chi sale e chi scende nelle preferenze della coalizione che unisce Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Ma soprattutto, nella mente di colui che vuole continuare a dare le carte: Silvio Berlusconi.
ANTONIO TAJANI
È presidente del Parlamento europeo, figura affidabile per la carriera fatta a Bruxelles, in ottimi rapporti con i partiti conservatori europei (a partire dalla Cdu di Angela Merkel). Un nome di prestigio con una storia in Forza Italia che Berlusconi potrebbe decidere di spendere in chiave nazionale. Se non fosse che agli alleati in Europa era stato promesso che non ci sarebbero stati spostamenti e che – nonostante la lunga storia politica cominciata addirittura nel fronte monarchico giovanile – Antonio Tajani non ha mai amministrato nulla. Contro il suo nome si batterebbe come un leone Matteo Salvini, che non nasconde: “In Europa non abbiamo mai votato insieme”.
GIANNI LETTA
Nonostante non sia stato d’accordo su alcune delle ultime scelte del centrodestra, a partire dall’appoggio al Rosatellum, l’ex sottosegretario resta – insieme a Fedele Confalonieri – una delle persone di cui Berlusconi si fida di più.
Un suo governo non potrebbe in alcun modo danneggiare l’ex premier (che chiaramente si fida meno di Lega e Fratelli d’Italia) e sarebbe forte delle relazioni trasversali che Letta è riuscito a coltivare negli ultimi vent’anni. Ma ha 82 anni, di un suo esecutivo si è parlato spesso, ogni volta che il centrodestra non sapeva che pesci pigliare. Farlo ancora appare un riflesso condizionato fuori tempo. Perfino a chi in queste ore sussurra altri nomi all’orecchio del leader forzista.
PAOLO ROMANI
Ed eccolo, il nome che potrebbe fare felice una parte – ma solo una parte – di Forza Italia. Già  ministro dello Sviluppo, potente capogruppo al Senato, tessitore della legge elettorale e di buoni rapporti con i renziani del Pd, Paolo Romani è considerato affidable. Contro di lui però trama chi nel partito non lo ha mai amato e consiglia a Berlusconi di fare una svolta più radicale.
MATTEO SALVINI
Il segretario della Lega sta cercando di sfondare al sud anche per togliersi il marchio del politico che parla solo a metà  del Paese. Non un problema da poco, per chi aspira a fare il premier. Il suo Carroccio – che i sondaggi vedono appaiato a Forza Italia – tenterà  di egemonizzare il centrodestra. Non è un caso che Salvini nelle ultime settimane abbia abbandonato i toni estremi modello ruspa per tentare di andare al di là  di quella che sembra essere la sua soglia massima di consenso. Il problema è che Silvio Berlusconi non ha nessuna intenzione di cedergli lo scettro. I due sono in disaccordo sul modello di destra da offrire al Paese, e il leader di Forza Italia – pur di non larciargli spazio – sarebbe pronto a incoronare il suo sfidante interno.
LUCA ZAIA
E’ il governatore del Veneto, la carta che Berlusconi sventola sempre in chiave anti-Salvini. Considerandolo un buon amministratore al nord, ricordando un’ottima esperienza di ministro dell’Agricoltura nel suo ultimo governo, apprezzandone i toni più pragmatici e pacati di quelli del segretario leghista.
Ma Zaia – ecco la controindicazione – ha giurato e spergiurato che finirà  il suo mandato nella regione che lo ha rieletto. E soprattutto, non avrebbe mai l’appoggio di colui che dovrebbe essere il suo primo sponsor, e cioè proprio Salvini.
GIORGIA MELONI
Ha perso a Roma, che pure è considerato un suo feudo, ma erano altri tempi. Quelli in cui il Movimento 5 stelle riusciva a battere agevolmente il centrodestra, cosa che in Sicilia non è riuscito a fare. L’ex pupilla di Gianfranco Fini tenta di emanciparsi da sempre, ma non è mai riuscita a ottenere le primarie invocate a gran voce.
Una volta ci fece su una convention – a Roma – insieme agli ormai reietti Raffaele Fitto e Flavio Tosi, senza che ne venisse fuori nulla. Lei vorrebbe ritentare, forte del successo dell’uomo di destra Nello Musumeci in Sicilia, ma checchè se ne dica, l’isola non è il Paese, e la base di Fratelli dl’Italia è la più ristretta di tutta la coalizione. Ancora una volta, missione quasi impossibile.
ANTONELLA MANSI
La suggestione di una donna a Palazzo Chigi non è però aliena agli ambienti del centrodestra. Che stavolta – dal cilindro – tirano fuori un’imprenditrice toscana classe 1974. Antonella Mansi, vicepresidente di Confindustria, Cavaliere della Repubblica, sarebbe il nome suggerito a Berlusconi dalla compagna Francesca Pascale per sparigliare.
E’ stata l’ultima presidente della fondazione Monte Paschi e presidente di Confindustria Toscana, mai in feeling con l’ex premier di Rignano Matteo Renzi, però. Di certo, sarebbe una vera outsider. Ma anche un’outsider che non ha mai fatto politica nè dimostrato di essere in alcun modo interessata.
SILVIO BERLUSCONI
Si può dire senza timore di sbagliare che Berlusconi sarebbe la carta preferita di Berlusconi, nonostante l’età  e i guai giudiziari.
Spera ancora nella corte europea di Strasburgo per potersi ricandidare, il capo di Forza Italia, anche se le probabilità  che un’eventuale sentenza arrivi in tempo, e sia positiva, sono praticamente nulle.
Così come spera che i grovigli della legge Severino gli consentano almeno di mettere il suo volto nel simbolo. I contro? Praticamente le opinioni di tutti i suoi alleati e – nonostante le dichiarazioni di facciata – di una fetta consistente del suo partito.

(da “la Repubblica”)

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SULL’ISOLA TORNA LA QUESTIONE MORALE: UN PARLAMENTINO CHE AVRA’ UN INDAGATO SU SETTE

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

L’IMPRESENTABILE ARRESTATO ANCOR PRIMA DELLA PROCLAMAZIONE DA’ RAGIONE A QUEL 56% DI SICILIANI CHE NON SONO ANDATI A VOTARE “TANTO SONO TUTTI UGUALI”

In Sicilia non hanno nemmeno ancora proclamato gli eletti che già  c’è il primo arresto: Cateno De Luca, Udc, 5418 voti per Musumeci, uno degli impresentabili.
Un record in un parlamento che avrà  un indagato su sette.
Il blitz di oggi è la spia che si rischia un ritorno al passato, ai tempi degli scandali di Cuffaro e Lombardo, i due ex presidenti finiti nella polvere.
La legislatura Crocetta è stata un inno al trasformismo (86 cambi di casacca, 48 – quarantottotto! – assessori cambiati), ma almeno si era mantenuta dentro una fisiologia di ruberie.
Invece il centrodestra durante tutta la campagna elettorale ha platealmente dimostrato di voler ignorare la questione meridionale, facendosene beffe, con un cinismo esibito che stride, all’apparenza, con i segni del tempo.
De Luca era già  noto alle cronache, prudenza avrebbe voluto che non fosse messo in lista, invece così la giunta Musumeci parte subito con una macchia, che dà  ragione a quella metà  di siciliani che non sono andati alle urne, perchè “tanto sono tutti uguali”.
Che dire? Forse aveva ragione ragione Sciascia: “I nodi vengono al pettine, se c’è il pettine”.

(da “La Repubblica”)

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UNA SPIAGGIA E’ PER SEMPRE: TUTTI LIBERALI A PAROLE, SERVI DELLE LOBBY NEI FATTI

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

L’INTESA PER PROROGARE LE CONCESSIONI BALNEARI PER 50 ANNI, IN CONTRASTO CON LE NORME UE… I GESTORI PAGANO UNA MISERIA E PRETENDONO IL MONOPOLIO

Una concessione balneare è per sempre, o quasi. E tanti saluti all’Unione Europea.
È questo il senso dell’emendamento presentato dal Partito Democratico al decreto fiscale collegato alla manovra, in fase di conversione al Senato.
La proposta porta la firma di Stefania Pezzopane e punta a prorogare le concessioni balneari per gli operatori del settore per un periodo “transitorio” che va dai “trenta ai cinquanta anni”.
Ma la stessa posizione è portata avanti dal centrodestra.
Com’è noto, la direttiva europea Bolkenstein impone ai Paesi membri di liberalizzare il settore dei servizi e, nella fattispecie, di mettere a gara le concessioni demaniali per gli stabilimenti balneari.
Un terreno, quello delle spiagge, su cui l’Italia paga un notevole ritardo non essendosi mai adeguata alle regole Ue, in vigore dal 2006.
Con decreti emessi dal 2009 al 2012 e convertiti in legge, lo Stato italiano aveva previsto la proroga automatica della durata delle concessioni demaniali dapprima fino al 31 dicembre 2012 e poi fino al 31 dicembre 2020.
Per queste proroghe la Corte di Giustizia Europea ha bocciato l’Italia affermando nella sentenza del luglio 2016 che è vietato, per il diritto Ue, “prevedere la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività  turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione fra potenziali candidati”.
Non solo: il rilascio delle autorizzazioni per lo sfruttamento economico delle spiagge “deve essere oggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità  e trasparenza, in particolare un’adeguata pubblicità “.
Tradotto: ci vogliono gare a evidenza pubblica, imparziali e trasparenti, fermo restando che si dovrà  comunque tener conto di alcuni criteri come, ad esempio, gli investimenti fatti dai concessionari per la valorizzazione del bene pubblico.
Quello delle concessioni marittime è un settore, peraltro, che gode di particolari benefici. Basti pensare che lo Stato ricava solo 103 milioni di euro dalle 23mila concessioni in essere: una media di sei euro a metro quadro, per una spesa media per gestore superiore di poco ai 4mila euro. Fatte le dovute eccezioni, un affare.
Il Parlamento però non è rimasto con le mani in mano e si è messo al lavoro su un disegno di legge, presentato a febbraio, che affida una delega al Governo per il riordino della materia: da una maggiore chiarezza sui canoni da praticare a una riforma generale della normativa che blocchi, una volta per tutte, le proroghe automatiche delle concessioni. La legge è da pochi giorni stata approvata alla Camera e ora è approdata al Senato. Ma la legislatura è agli sgoccioli, e tra i tempi d’approvazione e l’esercizio della delega da parte del Governo è pressochè impensabile che si arrivi a una riforma del settore.
E quindi, anche per dare maggiori rassicurazioni agli operatori balneari, è stata pensata una nuova proroga delle concessioni, denunciata dal presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Andrea Mazziotti. “Una spiaggia non è per sempre”

(da “Huffingtonpost”)

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LA DONNA SINDACO CHE SFRATTA LA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

CI VOLEVA LA RAGGI PER CHIUDERE UNA REALTA’ SOCIALE CHE HA AIUTATO MIGLIAIA DI DONNE … UN EX RECLUSORIO RISTRUTTURATO A SPESE DELL’ASSOCIAZIONE CHE PAGAVA UN REGOLARE AFFITTO

Via la Casa internazionale delle donne. Sfrattata.
Il Comune di Roma, racconta l’agenzia DIRE, lunedì ha inviato l’avviso alla struttura di via della Lungara.
La Capitale rischia quindi di dare l’addio a un’altra realtà  sociale molto importante per il territorio e la città , che opera qui da 30 anni.
Nel 1987 il Movimento femminista romano aveva occupato parte del complesso del Buon Pastore (fin dal ‘600 adibito a reclusorio femminile), rivendicando la prevista destinazione dell’edificio per finalità  sociali, con particolare riguardo alle donne. È iniziata una lunga trattativa con il Comune per il restauro e la consegna dell’edificio all’associazionismo femminile.
Nel 1992 il Progetto Casa internazionale delle donne è stato elencato tra le opere di Roma Capitale e approvato dal Comune.
La Casa ha deciso di sobbarcarsi tutte le spese ordinarie e straordinarie, dalla ristrutturazione e messa in sicurezza alle bollette. Pagando poi l’affitto al Comune.
C’era comunque un debito pregresso che la Casa si è accollata (si dice intorno ai 150 mila euro), che non è mai riuscita a saldare.
Durante l’amministrazione guidata da Ignazio Marino, con il Comune era stato quasi raggiunto un accordo per la ‘cancellazione’ del debito, in cambio di servizi gratuiti offerti alla comunità , in particolare ovviamente nel sociale.
E così la Casa ha fatto, con prestazioni socio-sanitarie, psicologiche, legali, di accoglienza e orientamento al lavoro.
Un punto di riferimento passato, presente e futuro per il Municipio I, ma una realtà  conosciuta, apprezzata e indicata alle donne (e non solo) in difficolta’ in tutta Roma.
Con la vittoria del M5S e l’arrivo in Campidoglio di Virginia Raggi e Laura Baldassarre, assessore alla Persona e alla Comunità  solidale, dopo un iniziale dialogo, scambio di documenti e confronto su come portare a termine la vicenda, la parte burocratica si e’ bloccata di colpo.
Niente più formalizzazione degli accordi e lettera di sfratto.

(da “NextQuotidiano”)

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PICCHIATA DAI RAZZISTI DI ALBA DORATA L’AVVOCATA DEI MIGRANTI

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

GRECIA: CORAGGIOSA AZIONE, IN 15 CONTRO UNA DONNA

Stava andando nella caserma della polizia di Atene per difendere un pescatore egiziano vittima di un’aggressione.
Ma Eugenia Kuniaki, conosciuta anche come l’”avvocata dei migranti”, una volta scesa dall’autobus si è trovata davanti una squadraccia di militanti di Alba Dorata, il partito razzista presente nel parlamento greco con 18 seggi.
Era con due amiche e insieme hanno provato a risalire sull’autobus, ma non sono riuscite a evitare che uno degli assalitori riuscisse a salire ed Eugenia ha ricevuto un pugno in pieno viso, con le conseguenze testimoniate dalla foto , diffusa dall’Osservatorio Democratico Sulle Nuove Destre.
«Erano in 10-15 – ha poi dichiarato Kuniaki al network News247 – abbiamo chiesto aiuto, nelle vicinanze c’erano degli agenti ma non sono intervenuti. Poi mi hanno detto di calmarmi e di sciacquarmi il viso».
Kuniaki è   l’avvocata che ha sostenuto la parte civile in un processo a carico del leader del partito Nikolaos Michaloliakos, già  arrestato e attualmente in attesa di giudizio nell’ambito delle indagini per l’omicidio di un rapper e per altri reati associativi connessi con l’eversione.

(da agenzie)

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OSTIA, VIOLENZA E INTIMIDAZIONE SUL VOTO MENTRE MINNITI DORME COME SEMPRE

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

LA TESTATA REALE DI SPADA, I CALCI VIRTUALI DI CASAPOUND, LA RASSEGNAZIONE DEGLI ABITANTI, LE DENUNCE DI SAVIANO E DON DE DONNO: IN QUESTO CLIMA SI VA AL BALLOTTAGGIO IN UNA CITTA’ IN MANO AI CLAN MAFIOSI

“Perchè dovrei andare a votare? Perchè dovrei pensare di poter cambiare le cose con la politica, quando tutti sanno che qui comandano due famiglie, e la politica non può nulla?”.
Quello che è successo oggi pomeriggio davanti alla palestra di Roberto Spada, fratello del boss Carmine, è un triste corollario alle parole di Mario.
Il nome è di fantasia, perchè l’anonimato, se fai il cameriere in una birreria sul lungomare in cui gli Spada e i Fasciani hanno negli anni imposto la loro legge appropriandosi con la prevaricazione e la violenza di spazi e attività , è d’obbligo.
Ma che, con l’appressarsi della fase decisiva di queste elezioni municipali, la violenza ormai endemica ad alcuni contesti di Ostia, da latente diventasse conclamata, molti lo stavano preconizzando. E purtroppo hanno avuto ragione.
Dopo le polemiche innescate dal chiaro endorsement di Roberto Spada a favore del candidato di Casapound Luca Marsella, è arrivato l’episodio che ha ribadito a tutti, se mai ve ne fosse stato bisogno, che due anni di commissariamento non hanno cambiato le cose. Non è cambiato nè il contesto, nè il metodo, a dispetto di quanto annunciato in questi ultimi 20 mesi dal commissario Domenico Vulpiani.
Un esponente degli Spada, il cui fratello è stato condannato a dieci anni di reclusione per estorsione con l’aggravante per metodo mafioso, si sente ancora libero di poter rompere, a freddo, la faccia in pieno giorno, davanti alle telecamere, a un giornalista che gli chiedeva conto dei suoi rapporti con Casapound.
Sicuro, probabilmente, di poter contare sulla protezione o sulla solidarietà  di molti, come puntualmente avvenuto sui social nelle ore successive al pestaggio, quando in molti hanno plaudito alla violenza e predicato l’odio nei confronti della stampa e in generale delle istituzioni.
Una violenza da cui Casapound, a caldo e nella persona del leader nazionale Simone Di Stefano, ha preso le distanze. Ma una violenza a cui, nei giorni scorsi, almeno a livello verbale, gli stessi esponenti della formazione neofascista avevano fatto largamente ricorso per rivendicare la vittoria e annunciare iniziative a effetto nei prossimi mesi, come ad esempio “prendere a calci i deputati” una volta entrati in Parlamento.
Quanto ai rapporti con gli Spada (in particolare Roberto), il gioco è quelli di nascondersi dietro a un dito, utilizzando parole ambigue per il post di quest’ultimo in cui si affermava che Casapound era “l’unica forza” da prendere in considerazione sul territorio ostiense.
Ma la realtà , come ha scritto Saviano dopo l’episodio di oggi, è quella nota a chi è nato e vive sul litorale romano, e parla di una cappa di intimidazione e illegalità  che strozza le migliori intenzioni a livello sociale, economico e politico di chi vorrebbe aprire una nuova fase. “terra di Mafia”, dice Saviano, “come San Luca e Corleone”, dove contrastare gli Spada e Casapound “significa fare Antimafia”.
La dda sembra si stia cominciando a muovere dopo oggi, quando anche il premier Gentiloni ha manifestato il proprio sdegno e la solidarietà  per il giornalista coinvolto. Forse è arrivato il momento propizio per smuovere le coscienze e infrangere l’omertà .
Lo pensa certamente così Don Franco De Donno, ex-sacerdote per la legalità , candidato al primo turno della sinistra radicale, che ha ottenuto qualche voto in meno dei neofascisti, che raccoglie subito l’appello di Saviano: “Gli Spada e i Fasciani si sono presi tutto con la sopraffazione e la violenza, e mantengono quello che hanno preso illegalmente con la paura e l’intimidazione verso chi vuole il ritorno della legalità . Hanno fatto terra bruciata attorno a Ostia, e ci hanno lasciato soli, lontani dalle istituzioni, che sono anch’esse colpevoli, perchè ci hanno dimenticato. Sabato — dice — faremo una manifestazione contro la violenza, per la legalità “.
Ma il quadro di fondo, per il momento, è quello restituito oggi da Spada: “È stato messo un commissario, ma nessuno è riuscito a delineare con precisione i confini delle attività  illegali di cui si sono appropriati gli Spada e i Fasciani. Non sono riusciti a contrastarli e questo ha alimentato il clima di impotenza e di sfiducia che ha portato all’astensionismo alle elezioni”.
E proprio su queste, che vivranno tra dieci giorni l’atto finale col ballottaggio tra M5S e il centrodestra, De Donno ribadisce la preoccupazione per l’asse che si sta strutturando tra la malavita e la destra xenofoba: “Il contesto dove operano è lo stesso, come tutti lo sanno, alle case popolari di Nuova Ostia”.
Dove Casapound organizza periodicamente la distribuzione di pacchi alimentari alle famiglie residenti (solo a quelle italiane) molte delle quali devono al clan Spada il proprio insediamento nelle abitazioni e l’elusione degli sfratti per chi non aveva titolo.
Iniziativa su cui De Donno adombra più di un sospetto, sebbene Casapound dica che sia dovuta esclusivamente a donazioni di volontari: “C’è un finanziatore — conclude De Donno – questo è fuor di dubbio”.

(da “Huffingtonpost“)

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“PICCHIATO PERCHÉ FACEVO SOLO DELLE DOMANDE”: CHI E’ DANIELE PIERVINCENZI

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

FIGLIO D’ARTE, CRESCIUTO A PANE E RUGBY: PARLA IL REPORTER DI NEMO AGGREDITO DA SPADA

Picchiato perchè ha fatto delle domande. Il reporter di Nemo, Daniele Piervincenzi, aggredito martedì da Roberto Spada a Ostia, ha raccontato a “La vita in diretta” quanto gli è accaduto. “Ho una frattura complessa al setto nasale. Siamo ancora in piedi, dai. È stata una cosa inaspettata, stavo facendo un’intervista. Stavamo cercando di capire le ragioni dell’endorsement a Casapound”.
“Non credo di aver spaventato nessuno, sono io quello spaventato – ha detto Piervincenzi -. Se chiede perdono io sono pronto a perdonarlo, ma dovrebbe chiedere perdono a Ostia, dove l’alto tasso di criminalità  e i clan hanno rovinato il tessuto sociale di un luogo bellissimo”.
Piervincenzi, 35 anni, prima della carriera giornalistica è cresciuto a pane e rugby. Nato in una famiglia di sportivi e amanti di calcio – un fratello ha giocato in serie B con il Genoa, l’altro ha allenato in C e il padre giornalista è un grande appassionato -, Daniele fin da giovanissimo ha giocato con la spalla a spicchi.
Una volta chiuso con lo sport giocato, è diventato il volto del rugby per Dmax con la conduzione del programma Rugby Social Club.
Ha lavorato anche a Otto e mezzo su La7, mentre ora è inviato di Nemo su RaiDue.
Il giornalista ha poi parlato anche con l’agenzia di stampa Ansa: “Sto male – ha detto -, e sono stato picchiato solo perchè ho fatto delle domande…”. Pievincenzi ha aggiunto: “Spada mi ha sorriso poi mi ha colpito violentemente con una testa sul naso, rompendomelo”.
“Ieri ero a Ostia – ha continuato il reporter – come la settimana scorsa, per fare un servizio sulle elezioni municipali per Nemo. C’è una foto in cui Roberto Spada e il candidato di Casapound sono abbracciati, quindi sono andato davanti alla palestra di Spada per chiedergli se lui appoggiava Casapound. Ero fuori, non sono entrato nella palestra, mi sono limitato ad attendere che Spada uscisse”.
Il racconto di Piervincenzi continua: “Quando l’ho visto gli ho chiesto se confermava il suo appoggio a Casa Pound: lui prima ha risposto genericamente, sorridendo. Poi mi ha colpito violentemente con una testata sul naso, fratturandolo. Mi ha inseguito e mi ha colpito col manganello sulla schiena. Gli ho gridato, mentre il sangue usciva copiosamente dal naso, che sarebbe bastato dirmi di andarmene… Sono riuscito a proteggere l’operatore e a fuggire. Poi sono andato al Pronto Soccorso del Sant’Eugenio, dove mi hanno suturato e dato trenta giorni di prognosi. Stamattina sono stato operato al naso in anestesia totale. Che altro posso dire? Sto male – ha detto ancora il giornalista – e sono stato picchiato solo perchè ho fatto delle domande…”.

(da “Huffingtonpost”)

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MONDIALI PARALIMPICI, BEBE VIO INCANTA: MEDAGLIA D’ORO NEL FIORETTO

Novembre 8th, 2017 Riccardo Fucile

UNA DONNA CHE ONORA L’ITALIA E CHE RAPPRESENTA UN ESEMPIO DI VALORI, DIGNITA’ E CORAGGIO IN UN PAESE DOVE ORMAI EMERGE SOLO LA FOGNA

Oro mondiale! Di nuovo. Dopo due anni, un oro olimpico, un viaggio alla Casa Bianca, un clamoroso debutto da conduttrice TV, Bebe Vio si conferma la più brava nella rassegna iridata paralimpica.
Una scarica di entusiasmo inonda la sala dell’Hilton di Fiumicino: un ciclone.
Con Bebe Vio rischi sempre di prendere la scossa. Succede ancora una volta alle fiorettiste avversarie: dopo quattro assalti nel girone eliminatorio, Bebe ha via libera fino ai quarti, dove batte la georgiana Khesariani per 15-5 per poi travolgere la russa Mishirova 15-1.
Poi l’ultimo atto contro la russa Boykova. Qui le cose all’inizio sono più complicate, ma solo per qualche secondo: a un certo punto Bebe scappa, scandendo le stoccate con il suo tradizionale urlo di gioia: 9-2, 11-3…
“Andiamo!”, strilla l’amica-collega Sofia. Fra i tifosi anche Alessia Sarri, che ha appena vinto l’argento nella spada. Finisce 15-3.
La promessa fatta quest’estate, fra una ripresa è una premiazione, è stata mantenuta: “Ma quale Sanremo, lo sport per me viene prima di tutto”. Parole che erano piaciute al leader paralimpico, Luca Pancalli, che ora esulta.
E l’oro di Bebe fa felice anche Lorenzo Jovanotti, grande tifoso dell’azzurra. Che proprio alla vigilia le aveva mandato il suo ultimo singolo, titolato “Oh, vita” e ispirato a lei: “Ti aiuterà , ascoltalo ma da sola, non puoi ancora farlo sentire a nessuno!”.
Due le ipotesi: o l’ha ispirata o le ha portato fortuna. “Jovanotti mi ha mandato la sua nuova canzone, sono contentissima. È stato bello sentire il suo inedito e canticchiarlo nella mia testa durante la gara, anche se avevo paura che si potesse capire qualcosa. Mi è servito tanto, il testo ha un grandissimo significato: Lorenzo è un grande e lo ringrazio”. Queste le parole di Bebe nella conferenza stampa successiva al suo trionfo.

(da agenzie)

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