Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
SI VA VERSO UN GOVERNO DEL PRESIDENTE SENZA CERTEZZA DI UNA MAGGIORANZA
Il tempo è scaduto. E c’è tutto il senso di questa consapevolezza nella “drammatizzazione” impressa dal capo dello Stato, che convoca il terzo giro di consultazioni nella giornata di lunedì, prima ancora che si svolga la direzione del Pd. O forse c’è, più banalmente, la constatazione che la situazione è oggettivamente “drammatica”, dopo due mesi di tentativi falliti per formare un governo e senza una trama razionale in campo per superare questo stallo senza precedenti nella storia d’Italia.
A questo punto, avrà pensato Mattarella, sarebbe stato inutile attendere l’esito della discussione del Pd, perchè l’oggetto della direzione, come era chiaro da giorni, non sarebbe stato il tema del governo, ma il “chi comanda del Pd”: oggetto che ha certo una valenza politica, ma poco interessante per il Quirinale.
Ecco il senso dell’ultima chiamata per verificare “se i partiti abbiano altre prospettive di governo”.
Consultazioni lampo, tutte in una giornata, lunedì prossimo, nel corso delle quali il capo dello Stato chiederà ai partiti — si sarebbe detto una volta, inchiodandoli alle loro responsabilità — se sono in grado di prospettare “soluzioni concrete”, dopo settimane di veti, puntigli e di una mai interrotta campagna elettorale: significa ipotesi di governo, con accanto in numeri di una potenziale maggioranza parlamentare, non nuovi tentativi dopo tutti quelli falliti in queste settimane, che pochi non sono. E che, almeno, hanno prodotto chiarezza sulle strade che, a questo punto, non si possono più percorrere.
È fallito lo schema basato sulla formula centrodestra-Ms5, per cui non è nel novero delle possibilità prese in considerazione da Mattarella un incarico a Salvini dopo che, in quel perimetro, è franata la presidente del Senato.
Fallito, neanche a parlarne, quello tra Pd e M5s.
Inconcepibile un governo di minoranza del centrodestra, chiesto ancora in queste ore in nome della “caccia ai responsabili”, perchè rischierebbe di non prendere la fiducia in Parlamento (dove sono i numeri?) ma poi di rimanere in carica per gli affari correnti concedendo a quello schieramento un vantaggio competitivo in caso di ritorno al voto.
Archiviato nel capitolo “chiacchiere di palazzo”, a maggior ragione dopo la direzione del Pd, la suggestione cara a Gianni Letta di un governo di centrodestra, purchè non guidato da Salvini, e aiutato dalla parte renziana del Pd, in nome del dialogo sulle riforme.
Se i partiti, come sembra al momento, non saranno in grado di rispondere senza tentennamenti all’ultima chiamata, allora sarà inevitabile quella “scelta solitaria” già al centro da giorni delle riflessioni quirinalizie: un governo del presidente — lo si chiami “di tregua”, “per la manovra”, di “garanzia”, ma la sostanza non cambia — dal perimetro, contorni e mission che però anch’essi, in questa crisi inedita, sono ancora avvolti dalla nebbia.
Perchè, questa è la novità che dà il senso della profondità della crisi in atto, per la prima volta un governo del presidente potrebbe non avere i numeri in Parlamento, dato che al Colle è ben presente nelle riflessioni del capo dello Stato con i suoi consiglieri, in un quadro di crescente preoccupazione.
Detta in modo tranchant: l’ipotesi, su cui è al lavoro Quirinale, è quella di un governo di tregua “fino a dicembre”.
Che si presenti, con un minimo di dignità e autorevolezza politica al Consiglio europeo convocato a Bruxelles il 28 giugno.
Perchè a Bruxelles non sarà un vertice ordinario. I capi di Stato e di governo dovranno discutere di temi cruciali per il futuro dell’Ue, dalla revisione del trattato di Dublino che disciplina la politica europea sull’immigrazione alla discussione sul budget comunitario per il settennato 2020-2027.
Ed è chiaro che un negoziato di tale rilievo politico, per l’Europa e per l’Italia, richiede un governo, per quanto stimabile, non in ordinaria amministrazione. Il secondo, e forse principale compito, è poi il varo della manovra economica di autunno, delicata perchè c’è da disinnescare le clausole di salvaguardia che comportano l’aumento dell’Iva.
Ecco: un governo, con pochi e mirati compiti. E un tempo: fino a dicembre. Poi, si può tornare al voto.
Anche senza mettere mano alla legge elettorale, nella consapevolezza che il tema potrebbe risultare un ostacolo per garantire a questo governo una base parlamentare il più ampia possibile.
Per favorirne la nascita, o meglio “non impedirne la nascita”, vengono messe nel conto e, in qualche misura visto il clima che c’è auspicate, soluzioni creative, come un gioco di “astensioni” o “non sfiducie” parlamentari.
Il problema — e questo è il dato che suscita un non banale allarme — è che, al momento, non c’è un Parlamento pronto ad accogliere, in un sussulto di responsabilità nazionale, un nome indicato dal capo dello Stato.
Nome che, per inciso, sarà il rovello dei prossimi giorni e delle prossime verifiche formali e informali. Anzi, al momento, sia Lega sia Cinque Stelle, e chissà se cambierà qualcosa nei prossimi giorni ma sembra assai improbabile, hanno messo agli atti la loro indisponibilità a sostenerlo.
In tal caso Mattarella ha messo comunque nel conto che, comunque, non può essere l’attuale esecutivo Gentiloni a gestire il ritorno al voto.
Ed è pronto all’eventualità , qualora le forze politiche rifiutino lo schema di un governo “per la manovra” fino a dicembre, di un governo del presidente “neutrale” che venga bocciato in Parlamento e che accompagni, disbrigando gli affari correnti, il paese alle elezioni in autunno, prima della manovra, con tutto quel che comporta e che, a quel punto, dipende solo dal senso di responsabilità o di irresponsabilità dei partiti.
Perchè è chiaro che, uno scenario del genere, equivale a mettere nel conto l’esercizio provvisorio, con il Parlamento impantanato dopo il voto in una nuova fase di ingovernabilità che rende pressochè impossibile il varo della manovra e pressochè automatico l’aumento dell’Iva.
È, semplicemente, uno scenario senza precedenti. Che prefigura una difficile crisi istituzionale, in cui i partiti incapaci di indicare uno sbocco possibile e imprigionati in una sorta di cupio dissolvi trascinano le istituzioni, persino la principale come la presidenza della Repubblica, dentro le proprie contraddizioni.
Col capo dello Stato che, per la prima volta, non riesce a fare un governo. Un nuovo capitolo della crisi, non la fuoriuscita da essa.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL COLLE NON ACCETTERA’ AVVENTURE AL BUIO PER GOVERNI CHE VANNO POI A CERCARE “RESPONSABILI” DA CORROMPERE (UN FILM GIA VISTO)… IN REALTA’ VOGLIONO SOLO RESTARE IN CARICA PER GESTIRE LE PROSSIME ELEZIONI
Su una cosa sono tutti d’accordo. Rivendicare l’incarico, o il pre-incarico, per il centrodestra, e in
particolare per Matteo Salvini. O comunque per una personalità indicata dal leader della Lega. Ma sulla maggioranza parlamentare che dovrebbe sostenere il nuovo esecutivo non ci sono certezze.
Lunedì, quando Sergio Mattarella riceverà per le consultazioni la delegazione unitaria del centrodestra, si troverà di fronte tre leader che oggi non offrono garanzie sui numeri che dovrebbero far nascere il governo.
Il segretario leghista pare pronto a ricevere l’investitura presidenziale, a condizione di non dover chiedere i voti sul suo programma al Partito democratico. Ma sugli altri “responsabili”, termine usato oggi dalla capogruppo azzurra al Senato, Anna Maria Bernini, le resistenze del Carroccio sembrano allentarsi.
Il sentiero è strettissimo. Al momento non sono in agenda incontri tra i leader.
Forza Italia e Fratelli d’Italia non hanno alcuna preclusione su chi dovrebbe sostenere il governo, purchè si condividano i punti riguardanti fisco, lavoro e immigrazione. L’incaricato, nell’idea degli alleati di centrodestra, dovrebbe andare alle Camere a cercare i voti, forte dell’investitura presidenziale.
Silvio Berlusconi punta su “responsabili” da pescare “magari nel gruppo Autonomie, tra i parlamentari del Pd o del Movimento 5 Stelle”, dicono da Fi.
Il partito di Berlusconi è onnivoro, ma la stessa cosa non può dirsi della Lega. Come si diceva, Salvini non vuole avere nulla a che fare con i dem, ma oggi apre all’appoggio di parlamentari provenienti da tutte le altre forze politiche.
I leghisti danno 72 ore di tempo a Luigi Di Maio per tornare al tavolo, ma sembra impossibile che il capo politico pentastellato torni sui propri passi. “In questi ultimi tre giorni noi siamo disponibili a ragionare, poi la palla passa al presidente della Repubblica. Sta ai 5 Stelle dimostrare che il loro 32 per cento è utilizzabile per formare un governo”, commentano da via Bellerio.
Le urne, alle quali Berlusconi è assolutamente contrario, sono ancora considerate l’ultima ratio: “Di certo non abbiamo paura”, dicono.
Nei desideri dei leghisti, se alla fine Mattarella decidesse per un governo a termine, allora l’incarico dovrebbe andare ugualmente a uno dei loro.
Ma il rischio è che un simile esecutivo non ottenga la fiducia in Aula e sia costretto a dimettersi prima ancora di cominciare a lavorare. Sembra improbabile, in queste condizioni, che il Quirinale regali a uno dei contendenti la gestione di tutta la fase precedente il voto.
In queste ore, esponenti del centrodestra stanno ricevendo chiari segnali dal Colle. Mattarella non darà incarichi al buio.
Se i voti responsabili ci sono, allora sarebbe bene sapere qual è la provenienza dei parlamentari “convertiti”.
Di fatto, l’unica opzione rimasta sul tavolo dei leghisti, che domani riuniranno il consiglio federale, è quella del governo di scopo: “Si può fare solo un governo a tempo per la legge elettorale”, ha detto oggi il neo presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, commentando l’ipotesi di un’intesa con i dem.
Per riformare il Rosatellum, si potrebbe dunque accettare anche il contributo del Pd.
A patto che dopo l’aggiunta del premio di maggioranza si torni subito a votare. Forza Italia dal canto suo sarebbe disponibile a dire sì a un governo di minoranza a guida centrodestra, oppure a un governo del presidente con tutti dentro.
Già la prima ipotesi non entusiasma il Carroccio. Della seconda, i leghisti non vogliono sentir parlare.
E le proposte avanzate in questi giorni dalla Commissione Ue sul bilancio comunitario dei prossimi anni, fanno suonare in via Bellerio l’allarme del governo tecnico: “Non ci staremo mai. I segnali però ci sono tutti”, dice un parlamentare leghista.
Se la Lega dirà di no all’eventuale richiesta di Mattarella di sostenere un governo istituzionale, gli alleati faranno lo stesso. “Senza la Lega non facciamo nulla, neanche il governo del presidente”, dicono fonti azzurre. L’imperativo è tenere assieme la coalizione, adesso che il voto non è più un miraggio.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL CAPO DELL’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE CHE L’ITALIA FINANZIA INTERVISTATO DAL TG1 SPARA UNA SEQUELA DI BALLE
“Noi non abbiamo armi a bordo, non le portiamo, potete controllare”. Il comandante della guardia costiera libica, in una intervista al Tg1, prova a smontare così le accuse rivolte ai suoi uomini di tenere sotto tiro i migranti soccorsi in mare e di minacce armate agli equipaggi delle navi umanitarie, ma un video lo smentisce e riprende proprio lui, Abujella Abdul-Bari, con una pistola in mano puntata contro un barcone carico di migranti mentre è ai comandi di una delle motovedette fornite alla marina libica dall’Italia.
A diffondere il filmato è stato Riccardo Magi, deputato di + Europa e
segretario di Radicali italiani che lo ha pubblicato sulla sua pagina facebook per smentire quanto dichiarato dal comandante libico: ” A bordo non portiamo armi. E poi noi non picchiamo i migranti sono povera gente, hanno bisogno di aiuto”.
In altre immagini, girate da media stranieri, oltre al comandante ripreso anche chiaramente mentre poi ripone la pistola sulla plancia di comando della motovedetta, compaiono altri uomini della Guardia costiera che imbracciano kalashnikov e fucili e li puntano contro i migranti, minacciandoli di morte se non obbediranno agli ordini impartiti.
Questi sono i delinquenti che l’Italia finanzia per fare il lavoro sporco di affogare dei disperati dopo averli depredati nei campi di concentramento libici.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL FAMIGERATO SINDACO DI ALBETTONE INCITO’ A SPARARE CONTRO “LE PERSONE INDESIDERATE”
Joe Formaggio, il sindaco di Albettone (Vicenza) già noto per le sue posizioni estreme in fatto
d’immigrazione, dovrà presentarsi in tribunale per rispondere di istigazione a delinquere.
Nel novembre 2015 infatti il primo cittadino veneto aveva affisso dei cartelli in paese dove si leggeva questa frase: «Ladri, bastardi, delinquenti, cerca guai e persone indesiderate che in questo Comune non esiteremo a spararvi se violate le nostre case e minacciate le nostre famiglie».
In calce era poi riportata la firma del sindaco.
Formaggio, al suo secondo mandato con Fratelli d’Italia, era salito alla ribalta già in precedenza, nell’aprile di tre anni fa fece infatti affiggere sempre in paese dei cartelli di divieto ai nomadi, immediatamente rimossi da Prefettura e Procura di Vicenza. Sempre negli scorsi anni si conquistò la nomea di «sindaco sceriffo» dopo aver fatto stampare le magliette «Io sto con Stacchio» in difesa del benzinaio vicentino che aveva ucciso a fucilate un nomade, sorpreso a rapinare una gioielleria.
(da agenzie)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
FRACCARO DOVE SEI, DOPO CHE UN MESE FA HAI PROMESSO DI ABOLIRLI IN 15 GIORNI?… E ORA SI E’ SCOPERTO CHE IL RISPARMIO SAREBBE RIDICOLO: SOLO 18 MILIONI L’ANNO
Il 12 aprile 2018 Riccardo Fraccaro, deputato M5S e questore anziano della Camera, ha promesso che il MoVimento 5 Stelle avrebbe abolito i vitalizi dei parlamentari in quindici giorni.
In un post sul Blog delle Stelle Fraccaro scrisse: «Il MoVimento 5 Stelle abolirà i vitalizi nel giro di due settimane con una delibera, utilizzando proprio lo stesso strumento che li ha introdotti. Sono un istituto anacronistico e inaccettabile, la Terza Repubblica nasce per restituire centralità ai cittadini». Di settimane nel frattempo ne sono passate tre e i vitalizi sono ancora lì.
Come tutti ormai sapranno i vitalizi propriamente detti sono già stati aboliti nel 2011. Gli attuali parlamentari e quelli della scorsa legislatura non percepiranno quindi alcun vitalizio.
Infatti il vitalizio inteso come rendita parzialmente alimentata da un prelievo sull’indennità del periodo di esercizio della carica che veniva erogata sotto una certa soglia di età è stato abolito dalla riforma del 2012 che ha introdotto il metodo di calcolo contributivo.
Rimangono invece in essere quelli maturati dai parlamentari in carica durante le passate legislature (circa 2600).
La proposta di legge Richetti, che il PD ha deciso di far naufragare, avrebbe dovuto introdurre per legge il ricalcolo dei trattamenti pensionistici con il sistema contributivo.
L’abolizione dei vitalizi è quindi in definitiva un’operazione di ricalcolo che dovrebbe portare — in teoria — ad una riduzione dell’assegno vitalizio almeno del 20% (in alcuni casi anche del 40%).
Dal momento che non serve necessariamente una legge per “abolire” i vitalizi gli Uffici di Presidenza delle due Camere possono deliberare l’abolizione dei vitalizi anche in assenza di un governo.
Qualche giorno prima dell’annuncio di Fraccaro Luigi Di Maio sul Blog delle Stelle festeggiava la decisione di Roberto Fico di ridursi lo stipendio spiegando che «Lo step successivo sarà l’eliminazione dei vitalizi, una questione che il MoVimento 5 Stelle porrà subito negli uffici di Presidenza e dove spero che ci sia unanimità nell’abolizione di questi assurdi privilegi».
Non c’è alcun dubbio che il M5S abbia promesso, tre settimane fa, di abolire i vitalizi in quindici giorni.
È altrettanto indubitabile che ad oggi i vitalizi non siano stati aboliti.
Ciononostante il 26 aprile, ovvero a due settimane dall’annuncio, Riccardo Fraccaro scriveva su Facebook “promessa mantenuta” spiegando che il M5S aveva “presentato l’istruttoria sui vitalizi” che è “il primo passo per la loro cancellazione”.
Fraccaro spiega che «nell’arco di soli 15 giorni il Collegio dei Questori ha presentato in Ufficio di Presidenza l’istruttoria sul ricalcolo dei vitalizi degli ex parlamentari con il metodo contributivo».
L’istruttoria però è iniziata già il 9 aprile (ne ha dato conto Roberto Fico su Facebook). I vitalizi però non sono stati aboliti perchè come spiega il Questore anziano della Camera: «Si tratta di un lavoro di ricognizione e di valutazione degli elementi indispensabile per la delibera che sarà successivamente adottata, il primo passo per la cancellazione dei vitalizi».
Per capire come la situazione sia tutt’altro che risolta basta confrontare i due post — quello di Fraccaro e quello di Roberto Fico — sulla consegna dell’istruttoria.
Per Fraccaro l’abolizione dei vitalizi è cosa fatta, per il Presidente della Camera a quanto pare c’è molto meno da esultare e parla di “ulteriori approfondimenti sul tema” che per forza di cose allungheranno i tempi.
Si dirà che anche se il M5S non sta rispettando i tempi promessi alla fine i vitalizi verranno aboliti lo stesso.
Questo non è ancora dato di saperlo, anche perchè al momento la discussione si svolge unicamente negli uffici di Presidenza della Camera dei Deputati e quini eventualmente i vitalizi verranno ricalcolati solo per i deputati.
Al Senato invece la situazione è completamente ferma e non è stata avviata per il momento alcuna istruttoria. Ma anche alla Camera le cose non stanno andando per il meglio. Il lavoro istruttorio infatti prevede un risparmio di appena 18,7 milioni di euro l’anno.
Domani gli Uffici della Camera dovrebbero dare le cifre degli interventi sulla reversibilità dei vitalizi ma siamo ben distanti dai circa 80 milioni di euro l’anno di risparmi previsti dall’INPS nel 2016.
E al Senato, a differenza di Montecitorio, i 5 Stelle non sono riusciti a fare incetta di poltrone nell’Ufficio di Presidenza.
Rimane poi ancora sul tappeto la questione degli oneri pensionistici figurativi sollevata due settimane fa dal Presidente dell’INPS Tito Boeri che ad In Mezz’Ora ha parlato di questo privilegio dei politici che ammonta a «circa il 24% della loro retribuzione, e che la retribuzione di queste alcune persone era anche molto consistente che in alcuni casi l’Inps ha versato per 20 o 30 anni».
Non si tratta di pochi soldi perchè «nel giro di una legislatura si sta parlando di qualche decina di milioni di euro» i quali sommati a ricalcolo dei contributi dei vitalizi precedenti al 2012 potrebbero produrre fino 150 milioni di euro l’anno di risparmio per i conti pubblici.
Boeri aveva scritto una lettera a Fico, che però non ha risposto. E del resto per riformare gli oneri figurativi non basta una delibera dell’ufficio di Presidenza, serve una legge.
In un post pubblicato oggi su Facebook Fraccaro accusa Repubblica, che oggi ha dato la notizia che i vitalizi non sono ancora stati aboliti, di raccontare fake news.
Secondo il deputato pentastellato — che paragona Repubblica ad un giornale di partito — è tutto un complotto: «L’operazione taglia-privilegi del M5S è partita e, puntuale come un orologio svizzero, scatta la disinformazione di Repubblica. L’obiettivo è evidente: screditare la nostra azione che, guarda caso, intacca direttamente gli interessi personali del gruppo politico-imprenditoriale di riferimento dell’house organ». Il motivo? Sia Scalfari che De Benedetti percepiscono un vitalizio in quanto ex parlamentari.
Secondo Fraccaro «Il M5S ha mantenuto la promessa: in soli 15 giorni il Collegio dei Questori ha consegnato l’istruttoria per cancellare questo privilegio calcolando, in una fase iniziale che non tiene conto degli interventi su reversibilità ed ex parlamentari condannati, un risparmio iniziale di 18,7 milioni di euro».
La promessa fatta da Fraccaro il 12 aprile però era diversa: il deputato a 5 Stelle aveva detto che in 15 giorni il M5S avrebbe abolito i vitalizi.
In quindici giorni (anche se dal 9 aprile al 27 aprile sono tre settimane) il M5S è riuscito solo a consegnare l’istruttoria. Ad un mese dalla promessa di Fraccaro i vitalizi devono ancora essere ricalcolati, pardon, “aboliti”.
Fermo restando che il ricalcolo, a detta di molti costituzionalisti. è palesemente incostituzionale e quindi al primo ricordo è destinata a implodere.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
ORA NON GLI RESTA CHE EVITARE LE ELEZIONI ANTICIPATE E HA FREGATO TUTTI, ANCHE PERCHE’ IL PARTITO REGGE E L’OPA DI SALVINI NON VA IN PORTO
Quello che doveva essere il matrimonio politico dei vincitori non solo non si è celebrato ma rischia
di finire in tribunale dopo la montagne di accuse che Luigi Di Maio ha riversato su Matteo Salvini.
«Ha perso la testa», ha osservato il leader del Carroccio con alcuni parlamentari a lui vicini.
Salvini prende atto che non ha più margini di manovra e sente alle spalle le risate e i sarcasmi che arrivano da Arcore per la pietra tombale messa dal M5S sulla liaison con il Carroccio.
Arrivati al punto così basso dei rapporti anche personali, Salvini vuole addossare tutta la colpa del voto al grillino. È convinto di far pesare questa responsabilità in un’eventuale campagna elettorale che intende trasformare in un duello a due: Matteo contro Luigi.
Chi si gode la scena di un idillio andato in frantumi è Silvio Berlusconi.
Ha sabotato in tutti i modi l’accordo politico M5S-Lega, non ha accettato di fare il passo indietro e nemmeno di lato, ha impedito a Salvini di farsi rappresentare, ha chiesto di essere legittimato al tavolo della trattativa.
§Ma soprattutto non ha fatto, almeno finora, il passo falso di proporre esplicitamente un accordo del centrodestra con il Pd o il governissimo. L’ex premier sapeva che Salvini aspettava questo passo falso per mollarlo e convolare a nozze con Di Maio.
Tutto questo è ormai alle spalle. Lo scenario è un piano inclinato verso le elezioni che Berlusconi vuole evitare.
Intanto gode nel sentire il capo dei grillini addentare il leghista. «Ecco qual è il risultato di tanto corteggiamento: insulti, cattiverie. Ho sempre pensato e detto – ha osservato il leader di Forza Italia – che sono inaffidabili, persone poco serie. Con queste persone un’alleanza non durerebbe neanche due settimane».
Berlusconi ora deve evitare le urne. Una deriva che il portavoce dei gruppi parlamentari di Forza Italia, Giorgio Mulè, considera da «irresponsabili».
Per evitarla l’ex premier è pronto a sostenere qualunque iniziativa del Capo dello Stato. Gli va bene anche quel «governo di tregua» di cui si parla.
Un esecutivo che consenta di fare una nuova legge elettorale su cui insiste Giorgia Meloni.
(da agenzie)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
IL 70% DEI LAVORATORI E’ SENZA CONTRATTO MA I POLITICI SEDICENTI CAMPIONI DELLA LEGALITA’ E DELLA SICUREZZA NON MUOVONO UN DITO
Cosa è cambiato a Rosarno otto anni dopo la guerriglia, le proteste dei migranti contro il ferimento di uno di loro? Dopo la “caccia” e la rivolta?
“Mai più Rosarno”, avevano assicurato le istituzioni. “Lavoriamo nella Piana di Gioia Tauro da ormai 5 anni e la situazione è rimasta la stessa, molto critica, di grave e sistematico sfruttamento e precarietà giuridica dei lavoratori migranti”, dice Jennifer Locatelli, coordinatrice Medici per i diritti umani del progetto Terragiusta che ha assistito duemila lavoratori migranti.
Sono i “dannati della terra”. È questo il titolo del “Rapporto 2018 sulle condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nella Piana di Gioia Tauro” realizzato da Medu e presentato oggi a Roma. “Le istituzioni non sono riuscite ad adottare alcuna soluzione efficace”, dice Locatelli. “Si sono limitate a interventi di carattere emergenziale che reso cronica una situazione di marginalizzazione e di assenza di inserimento. Nonostante le dichiarazioni pompose che si sono susseguite soprattutto negli ultimi due anni”.
Da dicembre ad aprile la clinica mobile Medu ha operato nella Piana “prestando assistenza socio-sanitaria ai lavoratori migranti che anche quest’anno si sono riversati nella zona durante la stagione agrumicola”.
Stagione in cui almeno 3500 persone, “distribuite tra i vari insediamenti informali, hanno fornito anche quest’anno manodopera flessibile e a basso costo ai produttori locali di arance, clementine e kiwi”, si legge nel rapporto.
“Solo nel ghetto, la vecchia tendopoli ha ospitato circa 2500 persone”, racconta ancora Jennifer Locatelli. Senza acqua potabile, “tra immondizia, bagni maleodoranti e fatiscenti, bombole a gas per riscaldare cibo e acqua, pochi generatori a benzina, materassi a terra o su vecchie reti e l’odore di plastica e rifiuti bruciati”.
Nell’ultimo dei frequenti roghi che hanno più volte distrutto baracche, oggetti e documenti degli abitanti, il 27 gennaio scorso è morta una giovane nigeriana, Becky Moses.
Il comune nella cui area si trova il ghetto, San Ferdinando, di anime ne conta 4500. Finita la stagione, “i lavoratori migranti si stanno spostando verso la zona della Capitanata, in provincia di Foggia: al momento, nella vecchia tendopoli, ci sono 7/800 persone. Un centinaio o più sono sparse negli altri capannoni”.
Sempre più migranti tendono a restare anche dopo la fine della stagione: “Probabilmente perchè non sanno dove andare. Molte persone sono in Italia da pochi anni, sono uscite dai centri di accoglienza e non hanno chiaro cosa fare. Tanti aspettano il permesso di soggiorno e il rinnovo: per quest’ultimo, nella questura di Gioia Tauro i tempi arrivano anche a sei mesi”.
Sotto accusa, per le associazioni, l’operato delle istituzioni, locali, regionali e nazionali. “Nel mese di agosto dell’anno scorso è stata allestita un’ennesima tendopoli, la terza in ordine di tempo”, si legge ancora nel report, “che non ha tuttavia fornito una risposta adeguata: con 500 posti disponibili a fronte delle oltre 3000 persone presenti, in assenza di assistenza medica, sanitaria e socio-legale e di mediatori culturali”: ancora una volta “una soluzione di carattere puramente emergenziale”.
La clinica mobile di Medu ha prestato assistenza a 484 persone, realizzando in totale 662 visite.
L’identikit del paziente è uomo, giovane — età media 29 anni — originario dall’Africa sub-sahariana occidentale. Non mancano le donne, circa 100 provenienti dalla Nigeria, quasi certamente vittime di tratta a scopo di prostituzione. “Girando per le strade della Piana è comune vedere donne nigeriane, ma non solo, che aspettano i clienti italiani che passano a prenderle durante il giorno”, dice Jennifer Locatelli.
La maggior parte dei braccianti del ghetto di Rosarno non è irregolare. “Il 92,6% dei pazienti è regolarmente soggiornante”, si legge nel rapporto.
“La situazione lavorativa è sconfortante”, spiega Locatelli. “Oltre il 70% delle persone lavora senza contratto. Nel tempo c’è stato un miglioramento, anche in seguito ai controlli scattati con la legge sul caporalato del 2016. Ma il 27,8% delle persone ha contratti finti. Spesso si tratta di una lettera di assunzione e il contratto non viene registrato. O comunque non rispetta le condizioni dei contratti di settore”.
I lavoratori restano invisibili, spiega Medu.
Il report ricorda i dati forniti dal prefetto Andrea Polichetti, Commissario Straordinario per l’area del Comune di San Ferdinando: nel 2017 sono stati stipulati 21mila contratti agricoli nella Piana, 16mila a italiani e 5mila a stranieri. “È un dato che colpisce in modo doloroso girando per i campi di agrumi dove la presenza di braccia nere impegnate nella raccolta è quanto mai evidente”.
Il 34% delle persone lavora 7 giorni su 7.
La metà dei lavoratori sa cos’è la busta paga, ma solo l’8,3% la riceve.
I lavoratori, dice il rapporto, vengono pagati a cottimo — soprattutto nel caso della raccolta di arance e mandarini: 50 centesimi per una cassetta di arance, 1 euro per i mandarini. Il pagamento diventa a giornata nel caso della raccolta di olive o in altre attività agricole. Poco più del 90% dei lavoratori percepisce tra i 25 ed i 30 euro al giorno. Le giornate lavorative non vengono dichiarate dal datore di lavoro nell’83,92%. Oppure viene dichiarato un numero di giornate molto inferiore a quelle svolte.
“La filiera è assolutamente iniqua, l’obiettivo è quello del basso costo dei prodotti, di una concorrenza sempre più dura”, dice a ilfattoquotidiano.it Antonello Mangano di Terre Libere. “La conseguenza è quella di lavoratori sempre più sfruttati”. E i lavoratori africani “sono molto ricattabili”. “La maggior parte di loro vive nel limbo dell’attesa dei documenti”.
Qui non si parla di un’economia locale ma globale: le arance di Rosarno vanno a finire nei supermercati e vengono usate nella produzione di spremuta d’arancia.
“È stato fatto qualche passo avanti sul prezzo del succo d’arancia, mentre dalla GDO non ci sono segnali di apertura”, prosegue Mangano.
“È molto probabile che le grandi aziende non sappiano in che condizioni è prodotto ogni singolo lotto”, scrive nel report. “Ma la sensibilità sulle questioni etiche deve crescere al punto da costringerli a organizzarsi per sapere”. E fondamentale è “invertire l’onere della prova. Dobbiamo trovare in etichetta ogni informazione sul rispetto dei diritti dei lavoratori, non essere costretti a indagare”.
E lo Stato? “Dovrebbe evitare di creare condizioni di sfruttamento. Se non dai i documenti crei persone ricattabili che per forza di cose vanno a finire nei ghetti”, dice ancora Mangano.
“Bisognerebbe quindi eliminare i presupposti. Poi le proposte sono sempre le stesse: controlli e politiche abitative, quindi non fare tutto quello che è stato fatto in questi anni”.
E la legge sul caporalato? “Interviene a valle in termini penali quando la situazione si è già creata. È come se nel governo ci fossero diverse anime: alcuni creano il fenomeno, altri provano a contrastarlo. Devono mettersi d’accordo su politiche coerenti”.
Minniti vs Orlando? “Sì, semplificando. Non c’è una coerenza di interventi. Poi il tema del lavoro è lavoro, riguarda italiani, comunitari, e non comunitari. Sono tante le agenzie interinali che sfruttano gli italiani in condizioni simili”.
Come nel caso di Paola Clemente, ricorda Mangano, morta nel 2015. “Lavorava nella raccolta dell’uva ad Andria ed era assunta da un’agenzia interinale. È morta perchè lavorava in condizioni veramente difficili”. Il marito raccontava che guadagnava 27 euro al giorno. “Non è caporalato ma di fatto lo era: una forma di grave sfruttamento”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
DOVE SONO GLI EROI PADAGNI CHE HANNO PAURA A CANDIDARSI PER GARANTIRE “SICUREZZA” AI CONCITTADINI? … E C’E’ CHI CRITICA CHI DENUNCIA PERCHE’ “FA CATTIVA PUBBLICITA’ AL PAESE”
Manca poco più di un mese alle prossime elezioni amministrative, eppure a Sorico, un paese di
1200 abitanti che si affaccia sull’estremità nord del lago di Como, si fa un’enorme fatica a formare una lista.
Da una parte c’è il sindaco uscente, Ivan Tamola, disposto a candidarsi per un nuovo mandato, che però non riesce a trovare un numero sufficiente di persone da inserire in consiglio comunale o in un’ipotetica giunta.
Dall’altra c’è Ivano Polledrotti, primo cittadino dal 2001 al 2011 ed ex assessore in Provincia, che sta lavorando dietro le quinte per creare un gruppo di amministratori ma che non riesce a individuare un candidato sindaco.
“Hanno tutti paura. E chi all’inizio dà una tiepida disponibilità , poi ci ripensa” ammette. “Il motivo è che gli ultimi tre sindaci hanno subito un attentato”.
Nel 2009 allo stesso Polledrotti venne bruciata l’auto sotto casa. Nel 2012 fu la volta di Alessio Copes, a cui venne incendiata l’officina (per un danno di centinaia di migliaia di euro), e che subito dopo diede le dimissioni.
Nel 2016, infine, toccò a Tamola: “Diedero fuoco alla mia auto — racconta — che era parcheggiata sotto la mia abitazione e quella dei miei genitori”. I tre sindaci hanno denunciato gli episodi alle forze dell’ordine, ma le indagini non hanno portato a nulla. “Nel corso dei cinque anni da sindaco, ho fatto più di 30 denunce — continua Tamola — frasi ingiuriose contro gli amministratori, pneumatici bucati e furti ai danni del vicesindaco, i vetri del bus dei bambini spaccati in pieno giorno. Per non parlare dei cinque-sei incendi di origine dolosa che si verificano ogni anno vicino alle case. Di chi è la responsabilità ? Mi sono fatto diverse ipotesi: dal singolo criminale, magari danneggiato dai provvedimenti presi dall’amministrazione, a forme più organizzate di criminalità ”.
“Lo Stato ci ha abbandonati, voglio che sia chiaro”, attacca Copes, che però non intende rilasciare un’intervista. “Una parte di cittadinanza è stanca delle nostre denunce, perchè sostiene che mettiamo in cattiva luce Sorico — conclude, ironico, Polledrotti — Qui deve andare tutto bene, per forza. Siamo sul lago di Como, il lago di George Clooney”.
(da agenzie)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
SEI DIPENDENTI INDAGATI PER TRUFFA AGGRAVATA E CONTINUATA, COSI’ PROTEGGIAMO UN SITO UNESCO
Dovevano tenere sotto controllo la Reggia di Caserta. Invece, durante l’orario di lavoro, si assentavano per ore, per mangiare una pizza o svolgere commissioni personali, rendendo il lavoro dei ladri ancora più semplice.
È stato proprio durante le indagini per il furto dell’incasso alla buvette della Reggia che la Polizia di Stato li ha scoperti.
Due misure cautelari — obbligo di firma prima di entrare in servizio e dopo avere terminato l’orario di lavoro — sono state notificate stamattina dagli agenti della Squadra Mobile di Caserta, coordinata da Filippo Portoghese, a due dipendenti del Mibact, addetti ai servizi di vigilanza nella Reggia di Caserta.
Si tratta di Giovanni Maiale e di Raffaele Narciso che, secondo quanto emerso dall’attività investigativa, dopo avere timbrato l’ingresso in servizio, lasciavano il posto di lavoro per svolgere commissioni o andare a mangiare una pizza. In alcune occasioni sono anche tornati direttamente a casa per poi ripresentarsi, a fine turno, solo per vidimare l’uscita.
I reati che la Procura di Santa Maria Capua Vetere ipotizza sono truffa aggravata e continuata, e false attestazioni sulla presenza in servizio. Altri quattro dipendenti della Reggia risultano indagati.
Maiale e Narciso sono stati scoperti dalla polizia grazie a pedinamenti e intercettazioni video-ambientali.
Gli episodi di assenteismo risalgono ai mesi di settembre, ottobre e novembre 2016. Gli inquirenti, attraverso una nota, sottolineano il danno arrecato al Mibact che non riguarda solo lo stipendio percepito immeritatamente ma, soprattutto, il danno patrimoniale e di immagine derivante dalla mancata vigilanza nella Reggia vanvitelliana, sito Unesco.
Assentandosi dal posto di lavoro, hanno “esposto la Reggia al rischio di atti di vandalismo e non solo”, spiega il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone.
Secondo gli investigatori, infatti, il furto in questione sarebbe stato “agevolato evidentemente proprio dalla mancanza di sorveglianza” che i due destinatari della misura cautelare “avrebbero dovuto assicurare”.
(da agenzie)
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