Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA BALLA DEI MIGRANTI CHE PRETENDONO L’ABBONAMENTO A SKY E IL TWEET DI SALVINI CHE LO AVALLA… IN UN ALTRO PAESE OGGI SAREBBE A VENDERE IL COCCO FRESCO A MILANO MARITTIMA
“I richiedenti asilo vogliono avere Sky”. La notizia, rilanciata da un quotidiano veneto sia sul sito che sul web, ha scatenato gli utenti dei social network.
Dove fioccano i commenti scandalizzati, tutti dello stesso tenore: “Loro protestano, pretendono e noi italiani?”.
Ma l’indignazione non si limita al web: “Prima i doveri, poi i diritti, certe richieste non devono essere accolte per rispetto dei vicentini in difficoltà ” dice il sindaco del capoluogo berico Francesco Rucco.
E alla fine anche il solito Matteo Salvini la rilancia su Twitter.
Matteo Salvini
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Se questi signori, ospitati a spese degli italiani, non si trovano a loro agio nel nostro Paese sono pregati di trovarsi un’altra sistemazione.
Chi scappa dalla guerra non ha bisogno di Sky…
Ma le cose sono davvero andate così?
Al centralino della Questura di Vicenza, dove lunedì pomeriggio si è radunato un gruppo di richiedenti asilo, della curiosa richiesta dell’abbonamento Sky non ne sanno nulla: “Non siamo a conoscenza delle richieste dei migranti. Ci limitiamo a gestire l’ordine pubblico e per quello che ci riguarda tutto si è svolto in tranquillità “.
Bisogna rivolgersi alla Prefettura, dove nella mattinata di lunedì si era tenuto un incontro con i rappresentanti della Cooperativa che ospita i richiedenti asilo: “Le uniche richieste a noi riportate dagli operatori del centro d’accoglienza San Paolo sono relative all’iscrizione anagrafica, ma si è parlato anche di alcuni aspetti legati al cibo della mensa”, fa sapere il vicecapogabinetto Riccardo Stabile che si è occupato della questione.
E aggiunge: “Dell’abbonamento Sky lo abbiamo letto anche noi sui media”.
Insomma una bufala bella e buona.
Stupisce che il ministro dell’Interno, invece di verificare con le istituzioni locali e far cadere, se non smascherare, la falsa notizia, la rilanci su Twitter accreditandola e rendendola ancora più virale.
Insomma, il capo Viminale diffonde una bugia smentita dalla questura e dalla prefettura.
Contattata telefonicamente, la Cooperativa Cosep di Padova fa sapere di non poterci mettere in contatto nè con i referenti della struttura nè con i richiedenti asilo e conferma la versione della Prefettura: “Solo richieste relative ai certificati di residenza, necessari per lavorare e ricevere la documentazione relative alle pratiche burocratiche di accoglienza”.
(da agenzie)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
DALL’OTTOVOLANTE AL TIRO AL BERSAGLIO: E’ CORSA A LIBERARSI DEI TITOLI DI STATO ITALIANI
Ieri sui terminali Bloomberg di tutto il mondo è apparso un articolo a firma di John Ainger dal
titolo leggermente provocatorio “Potete fare un giro sull’ottovolante, oppure tenervi i titoli del debito italiano”.
Per gli avanzi di meet up e i sedicenti celtici con le corna lustre al raduno di Pontida, l’accostamento al Luna Park potrebbe costituire motivo di orgoglio dato il loro sostrato culturale.
Ma le centinaia di migliaia di persone che sulla scrivania hanno un terminale Bloomberg difficilmente saranno preda dell’ilarità .
Perchè i loro polpastrelli non si muovono sulla tastiera multicolore solo per acquisire informazioni e dati, ma soprattutto per trattare titoli e valute di tutti i tipi.
Polpastrelli che iniziano a prudere allorchè leggono di un Ministro del Tesoro italiano, che si produce in acrobatici salti mortali per rassicurare i creditori, sbeffeggiato e smentito dopo poche ore da un miracolato della politica, spacciatosi per statista.
Anzi, tanto per non lasciare dubbi sul disprezzo per la realtà e gli sforzi di Tria, l’autorevole ministro precisa che il governo gialloverde vuole giocare duro con l’Unione Europea per strappare concessioni sul bilancio.
Certamente l’elettore medio grillino è convinto che “strappare concessioni” alla Ue sia la stessa cosa che strappare al nonno pensionato altri 10 euro sulla paghetta mensile da bamboccione.
Ma in realtà anche se la Ue si facesse intimidire dagli psiconani al governo, aumentarebbero solo i debiti.
Di duro in questa partita c’è solo il comprendonio dei furbastri: i nuovi debiti li pagherebbero di tasca propria i contribuenti italiani, non gli esecrati tecnocrati di Bruxelles.
Ma, non contento del rosario di castronerie sparate ai pennivendoli di regime (sdraiati per pietire un posto in Rai), il Vice Casaleggio ha aggiunto a La7 che vorrebbe abolire il vincolo di pareggio nel bilancio inserito in Costituzione.
Il quoziente di intelligenza per partorire una simile affermazione rivaleggia con le cifre da prefisso telefonico internazionale.
Specialmente in un momento in cui i fondi internazionali si liberano di Bot e Btp come fossero materassi del lazzaretto e le banche italiane (imbottite di titoli pubblici) vedono i coefficienti di vigilanza asciugarsi come le pozzanghere sull’asfalto nelle giornate di solleone.
I mercati, infatti, non sono creature fantastiche come il Minotauro nella mitologia greca, ma comprendono gente in carne e ossa, pagata in primo luogo per non farsi fottere da politicanti di mezza tacca.
Ad esempio gli economisti che controllano l’affidabilità delle politiche fiscali, da diversi giorni stanno mostrando il pollice verso all’Italia.
SBC ha già rivisto al rialzo il tasso di interesse sui titoli pubblici a dieci anni da 2,4% a 2,7%, ma ha avvertito che sbalzi giornalieri di 100 punti base sono “possibili”. Tradotto: allacciate le cinture e stringete forte perchè le turbolenze saranno brutali.
Bank of America, appena dopo aver organizzato un incontro (andato male e finito peggio) dei maggiori clienti con il Sen. Prof. Pres. Gran. Uff. Bagnai (quello che ha fatto carriera politica inneggiando al ritorno alla lira), ha avvertito che lo spread con i titoli tedeschi è di fatto imprevedibile e potrebbe oscillare tra 170 e 400 punti base a seconda del rigore o delle asinate contenute nella legge di bilancio.
Al momento nessuno si azzarda a fare previsioni, vista la ridda di dichiarazioni dei dilettanti allo sbaraglio nel caravanserraglio.
Ma probabilmente non occorrerà aspettare la legge di bilancio per spalancare la porta ad una deriva turco-venezuelana: come ricorda la banca francese Sociètè Gènèrale fra pochi giorni arriveranno i giudizi delle agenzie di rating. Fitch, che assegna al debito pubblico italiano BBB (appena due tacche sopra il livello spazzatura), pubblicherà il nuovo giudizio il 31 agosto.
Moody’s, che assegna un Baa2 (anche in questo caso a due gradini dal junk) con aspettative negative, emetterà il suo verdetto il 7 settembre.
In vista di queste scadenze Sociètè Gènèrale ha consigliato ai clienti di non esporsi a rischi inutili e di vendere le posizioni in titoli italiani.
Insomma al Luna Park giggioleghista è solo questione di tempo: i riparmiatori si stancheranno dell’ottovolante e cominceranno a dedicarsi al tirassegno con grossi calibri. Non basterà un orsacchiotto di peluche con le sembianze di Savona a farli desistere.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL FORZISTA MICCICHE’ COMMENTA LO STRAPPO DELLA LEGA CHE CORRERA’ DA SOLA IN ABRUZZO… “TROPPI FORZISTI DEL NORD SI SONO APPIATTITI SULLA LINEA DELLA LEGA”
“Il centrodestra è sempre più a rischio. Questa coalizione ha una logica se la componente moderata è prevalente. Oggi i rapporti si stanno ribaltando”.
Intervistato da Repubblica, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè (Forza Italia) critica Salvini, che “ha preso una strada sbagliata”, ma soprattutto “i tanti colleghi del Nord che, per paura di perdere un collegio alle prossime elezioni, si sono appiattiti sul Carroccio
Miccichè spiega:
La rottura in Abruzzo conferma che Salvini si sta allontanando da posizioni moderate che avevano garantito il nostro legame. Lui vola nei sondaggi, lo capisco, ed è il più bravo a cogliere il vento populista. Io resto convinto che se abbandona Forza Italia è destinato a crollare. In ogni caso, il problema riguarda noi e il nostro futuro.
Il forzista continua:
La scissione non è all’ordine del giorno. Berlusconi ha riportato la barra al centro con la nomina di Tajani e ribadendo la collocazione nel Ppe. Qualche risposta, ora, devono darla i tanti parlamentari del Nord che, per paura di perdere un collegio, si sono appiattiti sulla linea della Lega. Ma se portano Forza Italia al 4%, loro i collegi alle prossime elezioni se li sognano.
(da agenzie)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
PREVALGONO I FAVOREVOLI, MA MOLTI NON SANNO DI COSA SI TRATTA
Il Sole 24 Ore pubblica oggi i risultati di un sondaggio di SWG sulle grandi opere realizzato tra il
24 e il 26 luglio su un campione di mille soggetti maggiorenni residenti in Italia: la società di ricerche ha rilevato che l’Alta velocità TorinoLione è ritenuta indispensabile dal 49% degli intervistati e solo per il 30% andrebbe fermata (il 21% non sa rispondere).
Percentuali simili per il gasdotto pugliese (il 44% lo vuole e il 28% vi si oppone) e per l’Ilva di Taranto (41% di sì contro 31% di no).
Fotografia che si ripete anche per il Mose di Venezia (49% di favorevoli contro 27% di contrari). Il sondaggio scandaglia poi l’opinione sulle grandi opere a seconda dei partiti di appartenenza.
Ed emerge che il 64% (15 punti più della media generale) dei leghisti considera la Tav un’opera indispensabile.
Percentuale che si abbassa al 35% fra gli elettori del M5S e che raggiunge il 90% tra chi vota Forza Italia (il 63% nell’elettorato del Pd).
Tra i Cinque stelle l’opera meno avversa è il Mose (con il 40% di favorevoli).
Per il Tap e l’Ilva i sì pentastellati si attestano rispettivamente al 35 e al 34 per cento. La Lega invece si conferma il partito che nel governo rappresenta la fascia di popolazione dove più largo è il consenso nei confronti dell’ammodernamento infrastrutturale.
Infatti, anche nei casi di Mose, Tap e Ilva l’elettorato del Carroccio supera per favorevoli la media del campione generale.
Per il Mose l’apprezzamento supera di 4 punti la media, per il Tap il Carroccio è 10 punti sopra la media generale dei favorevoli, per l’Ilva 7 punti in più.
Sono però gli elettori del Pd, ma soprattutto di Forza Italia, quelli che esprimono il massimo consenso nei confronti delle grandi opere con punte dell’80-90% per Mose e Tav.
(da agenzie)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
L’IMPORTO MEDIO DI INDEBITAMENTO E’ DI 20.549 EURO
Le famiglie italiane sono indebitate per un importo medio pari a 20.549 euro. Nell’insieme, i “passivi” accumulati con le banche e gli istituti finanziari ammontano a quasi 534 miliardi di euro.
Le cifre, elaborate dall’Ufficio studi della Cgia, sono riferite al 31 dicembre 2017.
Dal 2014 l’andamento è in costante crescita; in questi ultimi tre anni il debito è aumentato di 40,6 miliardi di euro (+8,2 per cento) e in gran parte è riconducibile al fatto che gli istituti di credito sono tornati a prestare i soldi alle famiglie italiane.
Tra la fine del 2016 e la fine del 2017, ad esempio, gli impieghi bancari alle famiglie consumatrici per l’acquisto delle abitazioni sono aumentati dell’1,9 per cento, mentre i dati del credito al consumo, includendo anche le finanziarie, indicano un +8,3 per cento.
In Italia il 60 per cento circa del Pil nazionale è riconducibile ai consumi dei nuclei familiari.
E l’eventuale aumento dell’Iva, spiega la Cgia, potrebbe compromettere ulteriormente la tenuta economica di queste ultime, soprattutto di quelle ubicate nelle realtù più in difficoltà del Paese.
“Anche se fosse solo selettivo — dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo — l’eventuale aumento dell’Iva peggiorerebbe, in particolar modo, la situazione economica delle famiglie meno abbienti. Segnalo, inoltre, che nemmeno l’operazione meno Irpef più Iva sarebbe a saldo zero, i 10 milioni di contribuenti Irpef che rientrano nella no tax area, tra i quali i disoccupati e coloro che percepiscono una pensione di invalidità , non avrebbero alcun benefico dall’introduzione della flat tax. Per contro, subirebbero un aumento dei prezzi di beni e servizi che toglierebbe loro ulteriore liquidità ”.
Alla fine del 2017, segnala inoltre l’Ufficio studi della Cgia, le famiglie più “esposte” con le banche abitavano in Lombardia.
Al primo posto quelle residenti nella provincia di Milano, con un debito di 29.595 euro ciascuna; al secondo posto quelle di Monza-Brianza, con 29.078 euro, e al terzo posto le residenti a Lodi, con 27.631 euro.
Appena fuori dal podio troviamo Como: il debito medio ammontava a 27.501 euro. Agli ultimi posti della graduatoria nazionale, invece, le famiglie residenti nel profondo Sud, come quelle di Reggio Calabria, con un debito di 10.301 euro, quelle di Vibo Valentia, con 9.411.
Le famiglie meno indebitate d’Italia, infine, sono ubicate a Enna, con un “rosso” che si e’ attestato a 9.169 euro.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
NEL PAMPHLET “AIUTARLI A CASA NOSTRA” PARLA DI DEMOCRAZIA, NAZISMO, CRISTIANESINO: SENZA COMPASSIONE IL NOSTRO VIVERE CIVILE RISCHIA TUTTO
Quante volte sentiamo esclamare, sui migranti, “aiutiamoli a casa loro”? 
Che è un modo per dire di non volerli intorno, perchè poi non si sa nè si vuole certo risollevare le sorti di Paesi poveri o lacerati da guerre.
Vincenzo Sorrentino, docente di filosofia politica presso l’Università di Perugia, autore dei libri “Il pensiero politico di Foucault” (2008), “Il potere invisibile. Il segreto e la menzogna nella politica contemporanea” (2011) e “Cupio dissolvi. Senso della vita e abbandono” (2015), condirettore della rivista “Cosmopolis” rovescia quell’espressione e ha dato alle stampe il pamphlet “Aiutarli a casa nostra. Per un’Europa della compassione” (Castelvecchi Editore, pp. 96, euro 13.50).
Dove adotta la forma del dialogo diretto, rivolgendosi a un “tu” neanche troppo immaginario, per andare al nocciolo di interrogativi che vanno alle radici del nostro stesso stare al mondo, della democrazia stessa, della libertà di tutti e, anche, del “male”.
Cominciamo dal titolo: perchè ribalta una frase usata e abusata, quella di aiutare i migranti “a casa loro”, non qua?
Davanti ai nostri occhi abbiamo bambini, donne e uomini che fuggono da situazioni drammatiche, da guerre, povertà estrema, feroci dittature, e che viaggiano in situazioni drammatiche, spesso morendo durante il tragitto. Si tratta di un fenomeno estremo, tragico, a cui non si può rispondere come se si trattasse di un “normale” flusso migratorio. Non voglio negare la complessità della situazione. Tuttavia, credo che ci sia una domanda che non possiamo non porci: cosa fare adesso e qui con queste persone che invocano il nostro aiuto? La formula “aiutiamoli a casa loro” è giusta in linea di principio, ma ormai è sempre di più solo un modo ipocrita di lavarsi le mani di fronte a questa tragedia.
Lei cita ampiamente Papa Francesco che si spende pensando ai migranti. Dai sondaggi risulta che molti italiani, cattolici soprattutto, lo apprezzino di meno proprio per questo suo interesse. Cosa significa?
Papa Francesco ha levato con forza la sua voce, definendo quanto sta accadendo la tragedia più grande dopo quella della Seconda Guerra Mondiale. Cosa dire di questi sondaggi? I Vangeli mi sembrano chiari: “ero forestiero e mi avete ospitato”. Gesù invita a vedere nel volto dello straniero che chiede aiuto il suo volto. Dalla risposta a tale appello dipenderà la salvezza nel giorno del Giudizio. Poi certo molti si costruiscono una religione su misura, tagliando fuori ciò che risulta più scomodo. Gesù, però, non sembra sia stato molto disposto al compromesso sul punto
Lei ricorda la parabola del buon samaritano. In più punti si richiama al “prendersi cura” del Vangelo, alla “disobbedienza civile” di Gesù che si disse “forestiero”. Lo spirito d’umanità è nel cristianesimo (o in quale cristianesimo)?
Io non sono credente, ma il discorso evangelico è una straordinaria sollecitazione per tutti. Ci invita ad instaurare un rapporto diretto con l’altro che ci chiede aiuto, a metterci nei suoi panni. È un punto fondamentale. Dobbiamo pensare che sui barconi ci sono delle persone come noi, che hanno un primato su tutto, anche sulla legge. La riduzione dell’altro a mero clandestino è un modo per spogliarlo della sua umanità . È importante l’immaginazione: non è semplice, perchè siamo tutti presi dai nostri problemi, ma dobbiamo sforzarci di immedesimarci nella loro sofferenza, consapevoli del fatto che ci saremmo potuti trovare noi nelle loro condizioni. Nessuno di noi ha scelto il posto in cui nascere.
Sorrentino, lei affronta un interrogativo profondo: si può essere amorevoli con chi ci è vicino, in casa, e indifferenti e feroci con chi riteniamo estraneo, diverso da noi.
Purtroppo non è necessario essere dei mostri per fare cose mostruose. Anche il nazista nei campi era spesso un buon padre di famiglia. È determinante quello che accade dentro di noi. Nel momento in cui innalziamo dei muri interiori, che ci rendono insensibili nei confronti di tutto ciò che non è “nostro”, apriamo le porte all’orrore. Ecco perchè è così importante, di fronte alla tragedia dei migranti, metterci nei loro panni
Parlando di “prigioni libiche come i nuovi campi di concentramento” osserva che oggi sappiamo molto di più di quanto non sapessero gli europei durante la seconda guerra mondiale sui lager. Però oggi i più non vogliono sapere nè sentire. Come mai?
Quello che sta accadendo è una vergogna, bisogna dirlo con forza. La priorità dell’Europa è arrestare i flussi. Non contano i costi umani: i morti, le sofferenze atroci nei campi di detenzione, le sistematiche violenze sessuali sulle donne. Stiamo facendo cose per le quali i nostri figli forse (spero) si vergogneranno di noi. I governi conoscono la situazione; anche noi cittadini sappiamo molto di quello che accade e questo aumenta le nostre responsabilità . Non abbiamo scuse. Nel libro parlo dei Lager nazisti. È una questione delicatissima e non bisogna cedere a nessuna semplificazione. Eppure l’unicità della Shoah non deve impedirci di interrogarci sulle sue relazioni con il nostro presente. Troppi, oggi come allora, si voltano dall’altra parte, per indifferenza, cinismo, assuefazione, passività .
Professore, lei si appella a uno spirito di compassione. Ma chi sta con Salvini si ritiene buono, nel giusto, e accusa gli avversari di ipocrisia, di falsità , di collusione con gli scafisti.
Questo concentrarsi sugli scafisti è ripugnante e ipocrita. Come se fossero loro il problema e non invece le drammatiche condizioni di vita che spingono ad emigrare. Sì, insisto sulla compassione, sulla capacità di mettersi nei panni di chi soffre. Quello che più mi preoccupa è la crescente insensibilità di fronte alla sofferenza altrui, perchè apre una voragine nella quale la nostra civiltà rischia di precipitare. Anche i “duri di cuore” contro cui si scagliava Gesù ritenevano di essere buoni e nel giusto.
Sul tema serve un dialogo o serve una contrapposizione netta anche tra persone che si conoscono, serve uno scontro politico (non violento neanche nelle parole) senza nessuna concessione anche a costo di essere minoranza?
Nessuna concessione sui valori. Questo non esclude il dialogo. Ci sono fasce dell’opinione pubblica con le quali, credo, si può ancora interloquire, ad esempio mostrando quanto sia ingannevole la retorica della chiusura delle frontiere. In fondo questa esibizione muscolare del “dentro chi ha diritto e fuori tutti gli altri” è una colossale presa in giro, che in nome della sicurezza crea insicurezza, perchè alimenta conflitti che prima o poi esploderanno con una potenza difficilmente gestibile. Si stima che la popolazione in Africa raddoppierà da qui al 2050. Praticamente domani. La retorica della chiusura non servirà ad arrestare i flussi, ma solo a far crescere il risentimento, per motivi diversi, tra le popolazioni europee e quelle africane: la premessa di conflitti devastanti che investiranno i nostri figli.
È vero che chi non convive con situazioni di migrazione nel quartiere, nella zona difende la causa dei migranti? È una battaglia dei ceti benestanti?
Indubbiamente nelle periferie le tensioni e i conflitti sono spesso molto aspri. Ancora una volta assistiamo ad una guerra tra poveri. Non voglio semplificare, ma è indubbio che non di rado lo stato di emarginazione, di sofferenza, di difficoltà di tanti italiani è dovuto alle stesse cause che spingono molti migranti a cercare di raggiungere il nostro paese. Pensiamo alla spaventosa crescita delle diseguaglianze e della precarietà provocata dalla globalizzazione neoliberista. Se solo le “vittime” invece di combattersi tra di loro si unissero per combattere i “carnefici” spesso comuni, la situazione cambierebbe drasticamente. Qui si sente l’assordante silenzio culturale e politico di gran parte della cosiddetta sinistra.
A pagina 55 scrive che “ci troviamo di fronte alle radici della nostra libertà e della responsabilità ”. A suo parere, tanti italiani appoggerebbero una dittatura mascherata da democrazia pur di non vedere migranti intorno?
Credo che non siamo ancora al punto di rottura, ma che ci stiamo avvicinando ad esso molto rapidamente. Penso che sia un errore trascurare il potenziale autoritario di posizioni politiche e culturali che stanno conquistando sempre più terreno. Tuttavia, ritengo anche che non si debba evocare con troppa leggerezza lo spettro del fascismo e più in generale della dittatura, altrimenti si finisce per non comprendere la peculiarità di quanto sta accadendo. Quello che vedo è un imbarbarimento, una deriva grave e pericolosa, di fronte alla quale ciascuno di noi è chiamato a prendere posizione.
Vincenzo Sorrentino, “Aiutarli a casa nostra. Per un’Europa della compassione”, Castelvecchi Editore, pp. 96, euro 13.50
(da Globalist)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
DAL 16 SETTEMBRE LA MINISERIE DI RICKY TOGNAZZI SU UNA SICILIANA CON FIGLI CHE EMIGRA NEGLI STATES PER FUGGIRE DA POVERTA’ E SOPRUSI
Gli italiani poveri, di solito del sud ma anche dal centro e nord Italia, sono stati emigranti. Fino agli anni ’60, agli anni ’70, oggi con molti ragazzi.
E tanti vogliono dimenticare quando i migranti eravamo noi. Lo ricorderà la fiction di Rai “La vita promessa” che deve andare in onda il 16 e il 17 settembre con le prime puntate, poi nei lunedì seguenti: con la regia di Ricky Tognazzi, in quattro puntate racconta di Carmela Carrizzo, una donna che a inizio ‘900 dovette lasciare la Sicilia e andò in Nord America, a New York, per dare una vita migliore ai suoi cinque figli. Non fuggiva da una guerra, fuggiva dalla povertà .
La miniserie è coprodotta da Rai Fiction e Picomedia, prodotta da Roberto Sessa. Tognazzi aveva detto che la fiction “parla dei migranti di allora raccontando la tragedia dell’immigrazione oggi”.-
Altri interpreti sono Francesco Arca, Thomas Trabacchi, Miriam Dalmazio, Primo Reggiani, Cristiano Caccamo.
Luisa Ranieri interpreta Carmela, Lina Sastri è Assunta Moggi, tenutaria di un “casino” a Napoli, affitta camera ai emigranti che si imbarcano per gli Stati Uniti. Signora “burbera dall’animo buono”, che a Napoli gestisce un ‘casino’ in cui affitta camere anche ai disperati in partenza per la terra promessa. Carmela deve fuggire perchè l’uomo che lavora per il barone Musumeci presso il quale lavora il marito, Spanò, di fatto un “caporale”, le uccide in un’imboscata il consorte.
Così lei vende le cose e parte per Napoli per imbarcarci per New York. Dove conosce anche il lato criminale della Little Italy, degli italiani delinquenti che lucrano sui poveri italiani sbarcati in città .
Simona Izzo ha rivisto la sceneggiatura che aveva scritto Laura Toscano (autrice di serie come “Commesse” e “Il maresciallo Rocca”.
(da Globalist)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
RINCHIUSI IN 400 IN UNA BUCA, TRA LE DUNE DEL DESERTO ROVENTE
Mentre il Parlamento approvava, pochi giorni fa, la cessione da parte dell’Italia di 12
motovedette alla Guardia costiera libica e lo stanziamento di circa 2,5 milioni di euro per la manutenzione delle imbarcazioni e l’addestramento degli equipaggi, ho incontrato Dalmar e Cawil (nomi di fantasia per motivi di protezione).
Sono due ragazzi somali di 20 e 25 anni.
Uno fuggito dalla violenza diffusa nella sua terra contesa tra Etiopia e Somalia, l’altro da Al Shabaab. Da un mese vivono in Toscana, accolti da Oxfam Italia.
Mi son detto: chi meglio di loro mi potrà confermare che la Libia è un paese sicuro? E soprattutto che i centri di detenzione sono dotati di ogni confort? Magari, se riesco ad entrarci in confidenza, riesco anche a farmi raccontare come se la sono spassata nella “crociera” che li ha portati in Italia.
Rinchiusi in 400 in una buca, tra le dune del deserto rovente
“Dopo due mesi di viaggio, passati in buona parte nelle mani di diversi gruppi di trafficanti, sono arrivato al confine tra Chad e Libia. Ci hanno catturati e portati in una prigione in mezzo al deserto. I carcerieri erano ciadiani, ma lavoravano assieme ai libici. — racconta Dalmar – Ci hanno gettato in una buca scavata tra le dune, recintata da rami di palma per impedire che la sabbia ci seppellisse vivi. Dormivamo in 400 ammassati, ci davano un pasto al giorno. Di giorno morivi di caldo, di notte di freddo. — continua – Ogni giorno qualcuno veniva torturato. Sono rimasto lì 8 mesi. La mattina ci portavano a cogliere i datteri. Vietato mangiarli, sennò ti picchiavano. Eravamo scalzi e la sabbia bruciava, non potevamo scappare. C’è chi ha provato a scappare di notte, ma li hanno sempre ripresi. C’erano ragazzi, famiglie, bambini, anziani, donne incinte che hanno partorito lì. In tanti non ce l’hanno fatta, ne morivano 3 o 4 al giorno.”
Nella voce di Dalmar c’è il dolore di un ricordo atroce, ma la voglia determinata di raccontarlo. Di far capire cosa ha vissuto.
Flash back, in fuga dal “terrore” in Somalia
Dalmar e Cawil hanno una corporatura minuta e modi delicati. Nei loro occhi scuri uno sguardo vivo, profondo, forte e gentile. Entrambi hanno alle spalle, un’odissea lunga mesi, lungo le consuete “rotte” che dal Corno d’Africa portano alla Libia.
Cawil ha iniziato il suo viaggio scappando da una prigione delle milizie di Al Shabab in Somalia: lo volevano arruolare ma lui si è rifiutato; così lo hanno preso e torturato. Due anni prima gli avevano fatto sparire il fratello e una volta ucciso, hanno detto alla famiglia di andare a riprendersi il corpo.
Dalmar è fuggito da una zona mai pacificata al confine tra la Somalia e l’Etiopia e contesa da decenni da entrambi gli stati. È stato proprio lì che è finito nelle mani dei trafficanti che lo hanno fatto arrivare al confine col Ciad.
Vicino a Tripoli, nell’inferno di Beni Walid
“Eravamo 150 in una stanza piccolissima con un tetto di lamiera, uomini e donne tutti ammassati — racconta Cawil – Sono stato lì 5 mesi. Eravamo soprattutto somali, eritrei poi qualche nigeriano e gambiano. La banda che gestiva il carcere era composta da una ventina di persone: i capi erano libici, avevano delle divise, mentre i carcerieri che ci torturavano erano nigeriani, ciadiani, togolesi e anche somali. Mangiavamo in 10 in un piatto, un pasto al giorno”.
Una sorte simile tocca anche a Dalmar. Un orrore senza fine, in attesa che venga pagato il riscatto chiesto alle famiglie dagli aguzzini. Tra compagni di cella che ogni giorno muoiono per la mancanza d’aria, per le torture, per le infezioni contratte.
Di notte da Misurata all’Italia
Tanti dei compagni di Cawil e Dalmar non ce la fanno, ma i loro parenti riescono per miracolo a raccogliere la somma chiesta dai trafficanti, finchè un giorno, vengono portati sulla spiaggia di Misurata, dove si conosceranno per non dividersi più.
“Dopo un paio di mesi un parente ha pagato non so quanto, da quello che ho capito, poco, perchè ero messo male: sembrava che potessi morire da un momento all’altro da quanto ero magro. — aggiunge sorridendo Dalmar – Quindi mi hanno portato a Misurata, assieme ad altri. Era notte, c’erano 8-10 libici con delle divise ed erano armati. Hanno obbligato uno che era con noi a guidare,- continua – poi gli hanno dato una bussola e un telefono. Eravamo 120, siamo partiti alle 2 di notte. Dopo qualche ora è finita la benzina e nel gommone entrava l’acqua. Provavamo a buttarla fuori ma senza riuscirci. Abbiamo iniziato ad avere molta paura, non si vedeva nessuno all’orizzonte, solo il mare. Poi di mattina ci ha visto un piccolo aereo. Dopo 10 ore siamo stati trovati da una nave che aveva sia la bandiera italiana che europea. La sera dopo siamo arrivati in Italia, a Catania”.
Una macchia per l’Italia e l’Europa
Tutto questo orrore conferma tragicamente quanto già denunciato da Oxfam nel rapporto “Libia, l’inferno senza fine”, lo scorso febbraio e oltre un anno fa.
E non si riesce a immaginare come il governo italiano non sapesse – al momento della firma dell’accordo con la Libia – ciò che si consumava nei lager libici.
Nonostante ciò l’Italia ha negoziato l’accordo senza nemmeno tentare di vincolare il governo di Al Sarraj — che tutt’ora controlla tra l’altro solo una parte del nord del Paese- al rispetto di clausole legate al rispetto dei diritti umani. Anzi all’epoca fu ribadito “il forte legame di amicizia” e le comuni radici culturali. Ebbene queste non sono davvero le nostre radici.
Rafforzare la Guardia costiera libica può significare riportare indietro le persone in centri come quelli dove hanno vissuto Dawar e Calwir.
Quando si sventola perciò come un gran risultato il calo degli sbarchi bisognerebbe essere più prudenti: si sta festeggiando il fatto che migliaia di persone possano finire di nuovo nelle mani di trafficanti, torturatori, violentatori e aguzzini. questa è una macchia che il nostro Paese e l’Europa difficilmente potranno cancellare.
Per questo continueremo a chiedere la revoca immediata del Memorandum d’intesa e delle iniziative ad esso collegate. Fino a quando la Libia non sia stabilizzata e il quadro normativo libico non sia in grado di garantire la protezione di migranti e rifugiati. Finchè la Libia non firmerà la Convenzione di Ginevra sui di diritti umani. Già perchè con ogni probabilità l’orrore sta continuando.
Mentre l’inferno libico scompare dal dibattito, il Governo continua nella stessa direzione
Questo governo purtroppo sembra continuare sulla stessa strada di quello precedente ed in sintonia con l’UE nell’accelerare il processo di esternalizzazione delle frontiere. Rafforzando, in alcuni casi nel nome del loro controllo, forze militari o di polizia di paesi che violano i diritti umani, spesso sospettate di essere colluse con i trafficanti di uomini.
Vorrei che mio figlio li conoscesse
Finito il racconto, scopro che sia Cawil che Dalmar, abitano poco lontano da casa mia. Sono contento, mi viene subito in mente di farli conoscere a mio figlio, che abbia la possibilità di guardarli negli occhi, come ho fatto io. Di capire. Ci salutiamo.
“Piano piano stiamo tornando alla vita” mi sussurra uno dei due, mentre ci abbracciamo.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
A NETTUNO A VELOCITA’ FOLLE SENZA AVER NEANCHE ALLACCIATO LE CINTURE DI SICUREZZA ALLE FIGLIE
Ubriaco, senza patente, con una Bmw priva di assicurazione e revisione, e con le due figlie piccole a bordo, a cui non avrebbe neppure allacciato le cinture di sicurezza, si è messo alla guida sulle strade alla periferia di Nettuno a velocità folle, schiantandosi alla fine contro un palo e ribaltandosi più volte.
Un quadro sconvolgente quello tratteggiato subito dalla polizia stradale davanti al drammatico incidente che, la notte scorsa, è costato la vita a Nicole, una bimba di nove anni.
Il papà , protagonista di quell’orrore, è stato denunciato per omicidio stradale, mentre la sorella della vittima, di 7 anni, è stata ricoverata all’ospedale di Anzio per delle ferite alle gambe, ma per i medici non è grave.
Nello stesso ospedale, per lo choc subito appena saputo quanto accaduto, è stata ricoverata anche la moglie dell’automobilista e madre delle bimbe.
Gabriele Maddonni, 39 anni, di Nettuno, volto noto alle forze dell’ordine, si era visto revocare la patente 9 anni fa, dopo essere stato trovato più volte alla guida in stato d’ebbrezza.
Proprio come la notte scorsa quando, ubriaco, si è ugualmente messo al volante di una Bmw e ha iniziato a pigiare sull’acceleratore, perdendo su via dei Frati il controllo dell’auto. Ad assistere alla scena, una coppia di giovani che passavano in auto sulla stessa strada. Era quasi mezzanotte e sul posto sono accorsi i vigili del fuoco, la polizia e il personale del 118.
Per Nicole purtroppo non c’è stato nulla da fare. Portato in ospedale con l’altra figlia, dopo essere sfuggito a un tentativo di aggressione da parte di alcuni parenti sconvolti per quanto accaduto, il 39enne si è allontanato dal nosocomio.
Continuava a chiamare Nicole e sembra stesse tornando sul luogo della tragedia. La polizia lo ha rintracciato in via dell’Olmo e alla fine denunciato per omicidio stradale, accusa con cui è stato subito indagato dalla procura di Velletri. L’uomo, per timore di essere aggredito dai familiari sconvolti per l’accaduto, si è allontanato da Nettuno e ha trovato ospitalità in un’altra località del Lazio che ha comunicato agli inquirenti. Mentre la polizia stradale di Albano sta ultimando gli accertamenti, sul corpo della piccola vittima è stata infine disposta l’autopsia.
(da agenzie)
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