Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
POI VUOLE DARE PURE LA MEDAGLIA A CHI HA FATTO L’ANNUNCIO RAZZISTA SENZA CHIAMARE LA POLIZIA
Il leader leghista inaugura una sede della Lega a Lesina, in Puglia e comizia in bermuda, tipica divisa di un ministro degli Interni.
Sentite la prima
“La capotreno andrebbe premiata perchè ha difeso il diritto a viaggiar sicuri. Io i treni pendolari li ho presi, i fenomeni della sinistra no”.
Ne deriva che:
1) il compito di un capotreno, se vuol essere premiato, di fronte a questuanti che disturbano i passeggeri, non è chiamare le forze dell’ordine ma fare pubblici annunci razzisti con la fono-dotazione in uso.
2) il compito di un Ministro degli Interni non è di predisporre un servizio di vigilanza all’interno delle maggiori stazioni ferroviarie, visto che le forze dell’ordine vengono stipendiate per garantire sicurezza, ma demandare la tutela dei viaggiatori agli annunci del personale di Trenitalia.
3) Salvini, a differenza di altri fenomeni (ovviamente “di sinistra”), è un sedicente esperto in treni per lavoratori pendolari.
Forse avrà imparato a memoria su un vecchio Grippaudo gli orari di partenza e di arrivo, visto che se uno non ha mai lavorato in vita sua, è legittimo chiedersi quando mai li avrà presi e in che orari (forse quelli serali per farsi una birra con gli amici, dopo aver concluso le sue frequentazioni al Leoncavallo?)
Sentite la seconda
“A settembre con una ventina di sindaci partirà Scuole sicure: daremo soldi per andare a beccare gli spacciatori fuori dalle scuole medie e dagli istituti”
Ma un ministro degli Interni che ha a disposizione decine di migliaia di operatori qualificati ha bisogno di elargire soldi ai sindaci per “beccare gli spacciatori davanti alle scuole”?
E’ forse un concorso a premi tra polizia e carabinieri?
O forse pensa che uno studente non cerchi una dose anche se non la trova davanti la scuola? E perchè no davanti alle discoteche?
Salvini dovrebbe saperlo, visto che è un noto frequentatore delle stesse.
Finiamo con la terza
“Nelle ultime settimane, c’è qualcun altro che vota sempre più spesso con Renzi e con il Pd” dice Salvini a proposito di Forza Italia.
E lui che vota con il M5s dopo averne dette di cotte e di crude in campagna elettorale e aver giurato che non si sarebbe mai alleato con loro?
Perchè mai Forza Italia dovrebbe votare a favore di chi ha eletto parlamentari con i suoi voti per poi fare l’inciucio con un avversario, tradendo il mandato elettorale?
Bullismo da spiaggia…
argomento: Costume | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
ORA DAVANTI AL GIUDICE DOVREBBERO ANDARCI TUTTI GLI INFAMI RAZZISTI CHE PER MESI HANNO DIFFAMATO PERSONE A CUI NON SONO DEGNI NEANCHE DI PULIRE LE SCARPE
È trascorso circa un anno — era il 13 agosto 2017 — da quando il Fatto pubblicò la notizia che la procura di Catania indagava, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo.
Un anno dopo, per quanto risulta al Fatto, quel fascicolo sembra destinato inesorabilmente all’archiviazione. E per molti motivi.
Il più importante: non è stato trovato alcun riscontro alle accuse. Nel fascicolo non è potuto confluire nulla, di quel po’ che è stato riscontrato, che sia possibile sostenere in un processo.
La vicenda — che il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare — è più complessa di quanto possa sembrare. Innanzitutto, le lancette dell’orologio, vanno portate indietro di un anno: l’inchiesta inizia infatti nel 2016.
Nessuna informativa ufficiale, ma “notizie” che giungono alla procura di Catania spingono il procuratore Carmelo Zuccaro a delegare delle indagini amplissime: verificare le possibili condotte associative per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Contestualmente — questo è però un percorso parallelo, che nulla ha a che fare con l’inchiesta, ma paradossalmente ne influenza parecchio l’esito — le nostre agenzie di intelligence, attraverso i satelliti militari, captano conversazioni tra scafisti e volontari delle Ong, dimostrando l’esistenza di alcuni contatti che non certificano però alcun reato.
Operazione benedetta dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti che ha già avviato la sua strategia per sgomberare il Mediterraneo dalle Ong.
E infatti: le Ong finiscono nella bufera.
Dal punto di vista giudiziario, nei fatti, oggi però resta in piedi una sola inchiesta: quella di Trapani, che non contesta l’associazione per delinquere, ma comportamenti di singoli volontari specificando che le eventuali violazioni del codice penale erano motivate esclusivamente da fini umanitari.
Ma torniamo alla primavera del 2017.
Non è un caso che, ad aprile il generale Stefano Screpanti, capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della GdF, dinanzi alla Commissione Difesa del Senato affermi: “Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sono evidenze investigative tali da far emergere collegamenti fra ong e organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti”.
Non è un caso perchè sia lo Sco della Polizia sia gli investigatori della Gdf, già da un anno stanno indagando, proprio su delega della procura di Catania.
Nelle audizioni Zuccaro si mostra più ottimista, rispetto l’esito dell’inchiesta, spingendosi a dichiarare, alla trasmissione Agorà , che “alcune ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti”.
Ma è lo stesso Zuccaro a rendersi conto della difficoltà della situazione quando, circa un mese dopo, precisa: “Non siamo più in grado di svolgere indagini di ampio respiro volte a contrastare il traffico di migranti clandestini”. Sarebbe necessario, spiega il procuratore, poter “fare indagini in acque libiche” e utilizzare “intercettazioni delle comunicazioni satellitari”.
Il punto, infatti, è che gli investigatori stanno utilizzando metodi di indagine “sperimentali” che non pare possibile produrre in giudizio: le intercettazioni via etere — avvenute con strumenti utilizzati in ambito militare — necessitano di essere ulteriormente “blindate” per poter certificare senza ombra di dubbio l’identità degli interlocutori. Se non bastasse, sono state realizzate in acque libiche.
Difficile considerarle valide sotto il profilo probatorio: per quanto risulta al Fatto di questi (pochi) riscontri nel fascicolo non v’è traccia.
La campagna del governo sulle Ong, il codice di condotta richiesto da Minniti, l’ulteriore indagine di Trapani e le polemiche di quei mesi, infine, ottengono l’effetto politico desiderato: gran parte delle Ong in quei mesi lascia il Mediterraneo a ridosso della Libia.
Risultato: per la procura di Catania c’è poco da intercettare.
Prove, zero.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL RICERCATORE CREMONESE HA PRESENTATO DENUNCIA IN QUESTURA: ORA I LEONI DA TASTIERA NE RISPONDERANNO IN TRIBUNALE
Ha semplicemente fatto il suo dovere da cittadino perbene Raffaele Ariano, il 37enne ricercatore cremonese che ha segnalato l’annuncio razzista sul treno (quello che si scagliava contro i Rom) e che, per questo gesto di pura educazione civica, si è ritrovato sotto attacco sul web: insulti e minacce a lui e anche ai suoi famigliari. L’uomo, dopo l’escalation di insulti, ha presentato formale denuncia in Questura. Saranno ora gli specialisti della polizia postale a passare al setaccio i post di offesa e intimidazione, alcuni veramente beceri, che si stanno susseguendo sui social. Obiettivo: dare nome e volto ai tanti che, nelle ultime ore, stanno attaccando Ariano. Spesso andando ben oltre il limite.
Il ricercatore è rimasto molto amareggiato dal comportamento del ministro Salvini che ha difeso la dipendente razzista di Trenord.
In un’intervista a Repubblica Ariano ha detto: “E’ molto grave da parte di un ministro giustificare quella frase razzista dicendo che io ho messo a rischio il lavoro di quella persona. Salvini avrebbe potuto e dovuto condannare il razzismo di quella frase detta in luogo pubblico, invece l’ha giustificata”.
(da Globalist)
argomento: Giustizia | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
IN LIGURIA ADDIRITTURA MENO DEL 15%.. IL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE
In Italia, oltre il 60% delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti balneari, con concessioni poco controllate e canoni bassi in rapporto a guadagni potenzialmente enormi: da quel che emerge dal rapporto “Le spiagge sono di tutti!” di Legambiente (pdf) , nella Penisola sono 52.619 le concessioni demaniali marittime, 19,2 i milioni di metri quadri di lidi sottratti alla libera fruizione, mentre le poche spiagge libere si trovano spesso vicino a foci di fiumi o su tratti di costa dove la balneazione è vietata.
Legambiente denuncia insomma il fenomeno della “privatizzazione” delle coste del nostro paese: in Italia, nonostante gli 8mila chilometri di costa tra la Penisola, le 2 isole maggiori e le oltre 800 isole minori, ogni estate trovare una spiaggia libera è davvero un’impresa.
E le poche che ci sono, come detto, si trovano in porzioni di costa “di serie B”.
Se si considera un dato medio (sottostimato) di 100 metri lineari per ognuna delle 27mila concessioni esistenti, si può stimare che oltre il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari.
Non è finita, perchè in alcune località si arriva al 90% di spiagge occupate da concessioni balneari: in Liguria solo il 14% della costa presenta spiagge libere, in Emilia Romagna il 23%, ma i dati sono molto differenti tra le regioni e nessun ministero si occupa di monitorare quanto sta avvenendo.
Il “caso” di Santa Margherita Ligure
Tra i casi più incredibili, quello di Santa Margherita Ligure, dove gli spazi liberi sono solo l’11% del totale, o quello di Mondello, in Sicilia, poco più di un chilometro e mezzo di sabbia finissima al 90% in concessione, e pochissimi lidi che consentono il passaggio alla battigia.
E poi in Romagna, a Rimini, dove non si raggiunge nemmeno il 10% di spiagge libere; a Forte dei Marmi sono 100 gli stabilimenti su circa 5 chilometri di costa e a Bacoli, in Campania, anche se il Comune ha previsto che il 20% della costa debba essere adibito a spiaggia pubblica, a oggi non siamo nemmeno al 2%.
La questione economica
Con poche spiagge “libere”, ovviamente l’unica alternativa è pagare per accedere al litorale: secondo le stime di Federconsumatori, il prezzo medio italiano per una giornata al mare per il 2018 è di 24 euro a persona, in leggero aumento rispetto alla precedente stagione; per un abbonamento mensile si arriva a 575 euro di media, mentre per uno stagionale se ne sborsano in media 1368. Guardando a singoli casi, però, si arriva a estremi:
– in alcuni stabilimenti di Marina di Pietrasanta (in provincia di Lucca) per due “baldacchini”, un tavolo e 4 lettini si possono pagare anche 1000 (mille) euro al giorno;
– al Lido di Venezia, il prezzo massimo di 2 lettini, 2 sdraio, un tavolino, 4 sedie e teli da mare è di 410 euro al giorno;
– a Fregene, vicino a Roma, per 1 ombrellone e 2 lettini vengono chiesti 50 euro.
E la questione dei prezzi al cliente è strettamente connessa a quella dei canoni demaniali: secondo i dati del 2016, lo Stato incassava poco più di 103 milioni di euro l’anno dalle concessioni, a fronte però di un giro di affari stimato da Nomisma in almeno 15 miliardi di euro annui: si tratta di oltre 6100 euro a chilometro quadrato.
Le proposte di Legambiente
E poi c’è il problema dei controlli sulle spiagge date in concessione, dove spesso si impedisce alle persone di accedere al mare, con veri e propri “muri” lunghi chilometri, come sull’ormai noto litorale di Ostia , a Roma: per questo Legambiente chiede una legge nazionale che tuteli gli arenili italiani e i diritti di tutti i cittadini ad avere lidi liberi, gratuiti e accessibili. Per l’associazione ambientalista, tale provvedimento dovrebbe prevedere 4 punti chiave:
– almeno il 60% delle spiagge dev’essere lasciato alla libera fruizione;
– occorre premiare la qualità nelle assegnazioni in concessione;
– definire canoni adeguati e risorse da utilizzare per la riqualificazione ambientale;
– garantire controlli e legalità lungo la costa.
(da “il Secolo XIX”)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
“SE NON VINCIAMO NOI, IL PD E’ MORTO”
Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera oggi racconta in un retroscena le intenzioni di Matteo Renzi, dopo l’annuncio che il congresso del Partito Democratico si terrà prima delle elezioni europee, fattore che potrebbe sbarrare la strada all’ex premier, il quale starebbe invece pensando di ricandidarsi alla guida del partito:
Ufficialmente Renzi nega in maniera recisa di avere questa intenzione e agli amici, per schermirsi, dice: «So bene di non essere spendibile almeno fino al…2024!».
Però poi aggiunge: «Se non vinciamo noi il Pd è morto». Perchè, come spiega un renziano d’alto rango, «Matteo è convinto che non esista un leader diverso da lui per il Pd». Per questo la dichiarazione di Martina lo ha messo in allarme. L’ex premier punta a quell’obiettivo ma vuole arrivarci secondo la sua tabella di marcia.
E perciò i renziani stanno facendo un gran pressing per convincerlo a fare il passo finale non solo dopo le europee, ma comunque.
«Se si candidasse Matteo io lo rivoterei subito», ha ammesso qualche giorno fa Maria Elena Boschi. Mentre Davide Faraone confidava: «Io spero che Renzi si candidi anche se facciamo il Congresso prima delle elezioni europee».
E Luciano Nobili, che guida l’area che sostiene l’ex segretario a Roma e nel Lazio, spiega: «Secondo me è un’ipotesi da non escludere, soprattutto se, come penso, alla fine il Congresso si terrà dopo le elezioni europee».
L’idea di Renzi infatti è che in quell’appuntamento elettorale il Pd andrà ancor peggio che alle politiche e allora si capirà che non era lui il problema:
Dice Francesco Boccia: «Non escluderei una candidatura di Renzi». E il governatore del Lazio Nicola Zingaretti avverte i suoi: «Ragazzi prepariamoci perchè Matteo si sta preparando alla candidatura».
L’ex segretario continua a non pronunciarsi formalmente, anche se nella cena coni “suoi” parlamentari i126 luglio scorso ha detto: «Se non vinciamo noi il Pd è morto». Intanto comunque prepara la Leopolda, dove lancerà la sua idea di andare oltre il Pd. Non un altro soggetto politico, piuttosto un partito più largo.
(da “NextQuotidiano“)
argomento: Renzi | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA PROTESTA DEI SINDACI ITALIANI SUL CONGELAMENTO DEI FONDI DESTINATA ALLA RIQUALIFICAZIONE DELLE PERIFERIE
“Invieremo a tutti i cittadini residenti nelle periferie, casa per casa, il libro dei sogni infranti: un fascicolo in cui inseriremo i progetti previsti prima e tagliati dopo”.
È pronto a dare battaglia su tutti i fronti il sindaco dei sindaci, Antonio Decaro. Presidente dell’Anci e primo cittadino di Bari, annuncia la linea dura sul taglio dei fondi per le periferie: “Siamo pronti a fare ostruzionismo”.
Siete arrabbiati?
“Tutti i sindaci, da Nord a Sud, di ogni schieramento politico mi hanno chiamato: vogliono reagire. Gli staremo addosso tutti i giorni e in tutte le sedi finchè non ripristineranno i fondi”.
In tutto 2 miliardi e 100 milioni di euro. Quali erano i progetti dei Comuni per quel tesoretto?
“Tante opere piccole con un grande valore dal punto di vista sociale: piazze, parchi, marciapiedi, giochi. Con quei soldi interveniamo nei luoghi del degrado economico e sociale, quei quartieri che abbiamo costruito negli anni per dare una risposta all’emergenza abitativa senza realizzare nè i servizi nè gli spazi per la socializzazione. Per la prima volta nella storia di questo Paese si fa un investimento straordinario per intervenire nelle periferie e poi, di notte e in maniera furtiva, viene presentato un emendamento che taglia 1 miliardo e 600 milioni di euro che vuol dire 96 progetti e 326 Comuni. La periferia non è una voce di bilancio, è la vita delle persone”.
Come spiegherete ai cittadini che i progetti presentati non si faranno più?
“Non intendiamo assolutamente farlo noi. Vengano i rappresentanti del governo e del Senato a farlo. Provino loro a spiegare ai cittadini perchè il sindaco di Treviso non potrà più riqualificare la piazza e quello di Livorno non potrà più realizzare i sottopassi, il sindaco di Napoli non potrà più riqualificare strade e marciapiedi intorno a Scampia e quello di Palermo non avrà più fondi per le scuole di Brancaccio. Questa è una manovra di palazzo. I parlamentari, invece, escano e vengano per strada con i sindaci a parlare con i bambini, gli anziani, i disabili. E soprattutto i giovani visto che i nuclei familiari nuovi si vanno a insediare nelle zone periferiche dove i costi degli appartamenti sono più bassi rispetto al resto della città “.
Vi sentite traditi dal governo?
“Abbiamo rapporti quotidiani attraverso l’Anci con il governo, siamo andati in audizione a parlare del decreto Milleproproghe e nessuno ci ha detto che avrebbero tolto quei soldi. Hanno stracciato i contratti che i sindaci, con tanto di fascia tricolore, avevano firmato”.
Tutti, compreso il Pd, hanno votato il taglio al piano periferie.
“E adesso pongano rimedio. Ho scritto ufficialmente alla presidenza del Consiglio dei ministri per portare la questione nella Conferenza unificata, il tavolo dove il governo incontra Regioni, Comuni e Province. Siamo pronti a interrompere tutti i rapporti istituzionali con il governo e a fare ostruzionismo. Chiederemo anche al presidente della Repubblica di non firmare la legge. Altrimenti…”
Altrimenti cosa?
“Manderemo alle persone che vivono nelle periferie che erano interessate da questi progetti un fascicolo, un piccolo libricino dove metteremo i progetti che abbiamo concordato con i cittadini, il contratto sottoscritto da sindaco e presidente del Consiglio e alla fine l’emendamento che ha tagliato quel fondo e che ha tolto un pezzo di futuro a quella comunità , lo chiameremo il libro dei sogni infranti”.
Renzo Piano propone un “periferia pride”. Che ne pensa?
“Sicuramente una proposta interessante. Il bando periferia nasce da un’idea di Renzo Piano, come dice lui è una grande operazione di rammendo con tante piccole opere che sono punti di sutura per rimarginare le ferite urbane e gli errori del passato”.
Lega e 5Stelle riscuotono consensi soprattutto nelle periferie; perchè allora, secondo lei, il governo ha fatto questa operazione?
“Inspiegabile, forse perchè gli servono i soldi per fare altre iniziative”.
Ma come si fa adesso con i progetti già avviati e i soldi impegnati?
“I Comuni sulla base di un contratto, non sulla base di una parola data che tra gentiluomini dovrebbe già valere come contratto, hanno preso impegni che sono giuridicamente vincolanti; abbiamo affidato progettazioni e lavori, chi paga ora i progettisti e le aziende che stanno eseguendo i lavori? Non abbiamo fondi, faremo un buco di bilancio. E qualcuno sarà chiamato a rispondere di danno erariale”.
(da “La Repubblica”)
argomento: Comune | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
RAPPORTO SICUREZZA 2016: IL 98% DELLE VITTIME SONO PEDONI
Il drammatico incidente ferroviario avvenuto lungo la linea jonica a Brancaleone, in cui una donna è stata investita da un convoglio regionale mentre attraversava le rotaie con i due figli di 12 e 6 anni, morti entrambi, per raggiungere la spiaggia, riapre la questione sulla sicurezza delle linee ferroviarie in Italia.
Un binario unico che corre parallelo alla strada e al mare, senza sistemi di protezione ma con dei sottopassi che punteggiano il tragitto; di cui si servono però in pochi – spiega il Corriere della Sera – preferendo attraversare le rotaie per guadagnare tempo e raggiungere prima i lidi.
Così si presenta il tratto di linea ferrata in cui si è verificato l’incidente mortale, messo sotto sequestro dagli inquirenti. Oltre all’imprudenza di alcuni bagnanti, il vero problema su cui gli investigatori possono far poco è il deficit di sicurezza delle ferrovie, intese proprio come binari. Protetti e inaccessibili soltanto su alcune tratte.
Le numerose notizie di cronaca aumentano la percezione che viaggiare in treno sia sempre meno sicuro. Ma non è così, anzi.
Secondo il “Rapporto sulla sicurezza ferroviaria nel 2016” presentato ad aprile 2017 dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF) sulla Rete Ferroviaria Italiana (RFI) nel 2016 si erano verificati 87 incidenti, 11 in meno rispetto al 2015 e il 35% in meno rispetto al 2005. Gli incidenti dunque sembrano diminuire.
Di questi, l’84% è dovuto “all’indebita presenza di pedoni” sui binari a causa di un imprudente attraversamento dei binari in stazione o al passaggio a livello.
Dai dati sono, infatti, esclusi i suicidi. Proprio i pedoni, con 57 decessi, rappresentano il 98% dei morti del 2016
Il resto è causato da un’errata discesa o salita dei viaggiatori (3%), da problemi di manutenzione (5%), da un’errata esecuzione di manovra (3%), dal dissesto idrogeologico (1%) e dallo scontro con veicoli stradali (5%).
In particolare, gli incidenti legati a “cause tecniche” sono diminuiti del 70% rispetto al 2005. Mentre è aumentata la percentuale di “investimento pedoni”: dal 64% all’83%.
In Italia ci sono circa duemila chilometri di rete regionale.
Qui i numeri dei 2016 sono preoccupanti. Le vittime sono state 44, per un totale di 7 incidenti. La progressione degli ultimi anni evidenzia che quel dato relativo a due anni fa è il peggiore del decennio: di solito, anche queste reti riescono ad attestarsi su livelli di sicurezza buoni.
Sia nel 2014 che nel 2015, ad esempio, le vittime erano state solo quattro. Nel tempo, però, si assiste a picchi di incidenti preoccupanti, come nel 2011 e nel 2013, quando è stato superato il tetto di 20 vittime.
Tuttavia, anche sommando il numero degli incidenti locali a quelli sulle reti nazionali, il dato, che sale a 94 incidenti totali con 127 vittime, è in calo di 8 unità rispetto al 2015 e di 32 rispetto al 2005. E la mortalità relativa al periodo 2010-2015 rappresenta l’1,8% del totale di tutti i sistemi di trasporto.
(da Globalist)
argomento: Costume | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
IERI SERA ERANO 50.000 CON 440 FERITI… MIGLIAIA DI ROMENI ACCORSI ANCHE DALL’ESTERO… E IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA LI APPOGGIA
In migliaia sono rientrati a Bucarest dall’estero solo per scendere in piazza, assieme ai loro connazionali.
Perchè il licenziamento da parte dell’esecutivo, avallato dalla Corte Costituzionale, della procuratrice anticorruzione Laura Codruta Kovesi, simbolo della lotta alle tangenti, è stato percepito come la volontà della classe politica di proteggersi dalle indagini.
Ma quando la polizia si è ritrovata in piazza tra i 30mila e i 50mila romeni — 7mila in arrivo da Germania, Italia e Spagna — che chiedevano le dimissioni del governo dopo la decisione di mandare a casa Kovesi ha risposto con spray urticanti e lacrimogeni.
E la manifestazione si è trasformata in scontri, tra tentativi di forzare i blocchi, lanci di bottiglie e pietre e la reazione “sproporzionata” degli agenti, come l’ha definita il presidente della Repubblica Klaus Iohannis.
Parole che hanno incendiato lo scontro istituzionale in Romania, in corso da mesi. E sabato sera Bucarest è pronta a riversarsi di nuovo in piazza, con una partecipazione che si preannuncia ancora più massiccia dopo la violenta repressione di venerdì.
“Ladri”, lacrimogeni e feriti
La folla si è radunata grazie al tam-tam in Rete organizzato nelle scorse settimane dai romeni residenti all’estero che, secondo le stime della Banca Mondiale, sono tra i 3 ed i cinque milioni, costretti a lasciare il Paese a causa di un sistema di governo basato sulla corruzione, gli stipendi troppo bassi e la mancanza di opportunità . L’appuntamento era fissato davanti al palazzo del governo venerdì sera. “Ladri”, “dimissioni” hanno scandito contro l’esecutivo socialdemocratico guidato da Viorica Dăncilă, negli scorsi mesi già criticata per aver espresso la volontà di spostare a Gerusalemme l’ambasciata romena in Israele. Slogan e cori, ma non solo.
Hooligans, forse appositamente infiltrati per sabotare una protesta in larghissima parte pacifica, hanno tentato di sfondare i cordoni di sicurezza e così è partita la guerriglia: in 440 hanno avuto bisogno di cure mediche per le violenze degli agenti o per aver inalato gas, mentre 23 poliziotti sono rimasti feriti da pietre e bottiglie.
Lo scontro istituzionale
Troppo per il presidente della Repubblica che ha criticato la gestione delle proteste: “Condanno fermamente il brutale intervento della polizia, fortemente sproporzionato rispetto alle manifestazioni della maggior parte delle persone in piazza. Il ministro degli Interni deve urgentemente spiegare”, ha detto Iohannis che negli scorsi mesi si è più volte scontrato con Dăncilă, ex parlamentare europea eletta lo scorso gennaio e delfina del capo del partito Liviu Dragnea, implicato in diversi procedimenti giudiziari e quindi impossibilitato a candidarsi.
Un braccio di ferro istituzionale che di settimana in settimana acuisce lo scontro tra i due poteri. La protesta affonda le sue radici a metà di maggio, quando il ministro della Giustizia del governo Dăncilă, Tudorel Toader, ha licenziato la procuratrice anticorruzione Kovesi, considerata un simbolo della lotta contro questo tipo di illecito e più volte elogiata dall’Unione Europea per il suo lavoro.
La cacciata di Kovesi
La scelta aveva provocato uno scontro frontale con Iohannis finito di fronte alla Corte Costituzionale, il cui parere a inizio luglio è stato favorevole all’esecutivo: il presidente della Repubblica non ha i poteri per ribaltare una decisione dell’esecutivo, ma può solo valutar la “regolarità ” della procedura.
Così Kovesi ha lasciato gli uffici dell’agenzia anticorruzione, alla guida della quale ha condotto una repressione della corruzione tra le autorità pubbliche locali e nazionali negli anni recenti, attirandosi accuse di abuso di potere e la rabbia della classe politica.
Un lavoro certosino che, accusano i manifestanti, le è costato il posto. Così sono nate le proteste, non solo a Bucarest, anche contro gli stipendi troppo bassi ed i tentativi del governo di indebolire la magistratura. Migliaia di persone sono scese in piazza in altre città , tra cui Cluj, Sibiu e Timisoara dove però non si sono registrati momenti di tensione.
Il precedente del 2017
Nell’inverno dello scorso anno, la Romania era già scesa in piazza per manifestare contro una controversa proposta di legge del governo Grindeanu, pure lui socialdemocratico, che prevedeva la depenalizzazione dell’abuso di ufficio e di altri reati legati alla corruzione.
Cinque giorni di proteste e oltre 200mila persone per le strade portarono al ritiro delle leggi e alla sfiducia del premier, che non si fece subito da parte, nonostante gli inviti provenienti anche dalla sua maggioranza. Dăncilă, che una riforma simile è riuscita ad approvarla, di fronte alla piazza e al braccio di ferro con Iohannis sembra voler proseguire sulla stessa strada.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 11th, 2018 Riccardo Fucile
“MI HANNO OFFERTO 15.000 DOLLARI AL MESE PER STARE ZITTA”
Donald Trump è un “razzista” che ha usato la ‘N-word’, la parola ‘negro’, in più occasioni. E ci sono prove al riguardo.
È la pesante accusa avanzata nei confronti del presidente da parte dell’ex consigliera Omarosa Manigault Newman, che nel libro ‘Unhinged’ in uscita la prossima settimana racconta la sua esperienza alla Casa Bianca descrivendo un Trump non qualificato, narcisista e razzista.
Un racconto in cui l’ex concorrente di ‘The Apprentice’ riferisce di aver rifiutato un pagamento di 15.000 dollari al mese dallo staff di Trump per comprare il suo silenzio poco dopo essere stata licenziata.
In alcuni estratti del libro anticipati dalla stampa americana, l’afroamericana afferma di aver ricevuto poco dopo il suo licenziamento una telefonata da Lara Trump, la nuora del presidente, che le offriva un lavoro e un contratto mensile per farla tacere: un accordo con il quale si sarebbe dovuta impegnare a non rilasciare commenti sulla famiglia Trump e su quella del vice presidente Mike Pence.
Un contratto che Omarosa ha però rifiutato, dedicandosi al suo libro che rischia ora di diventare un nuovo grattacapo per Trump come lo è stato ‘Fire and Fury’ di Michael Wolff.
La Casa Bianca contesta il racconto “pieno di bugie e false accuse”, mosse da una ex dipendente “arrabbiata” che vuole solo trarre profitti.
E punta il dito contro i media, colpevoli di “darle una piattaforma per esprimersi dopo che non le hanno creduto quando raccontava cose buone di Trump e dell’amministrazione”.
Una bocciatura secca che però non smorza le polemiche sulla ricostruzione dei fatti e su come Trump viene definito: un “razzista, misogino e bigotto” che si è fatto installare un lettino per l’abbronzatura nella sua residenza alla Casa Bianca.
Le accuse mosse da Manigault Newman non sono per la maggior parte accompagnate da prove, soprattutto le ricostruzioni più esplosive.
Fra queste l’uso da parte di Trump della ‘N-world’ in più occasioni durante le riprese di The Apprentice. Secondo l’ex consigliera c’è una registrazione che lo immortala mentre pronuncia l’insulto razzista.
Insulti quelli di Trump che non hanno risparmiato neanche il marito di una delle sue più strette collaboratrici, Kellyanne Conway.
George Conway è infatti in parte filippino ed è stato descritto da Trump, in uno dei suoi vari attacchi d’ira, uno “sleale”. “Non solo ha usato la N-word – afferma Omarosa -, la cosa che più disturba è che lo pensa di me e di tutti gli afroamericani”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Costume | Commenta »