Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
MENTRE L’AQUARIUS CON A BORDO 141 PROFUGHI SALVATI DAL NAUFRAGIO ATTENDE CHE UN GOVERNO “CIVILE” APRA I SUOI PORTI, IL GENERALE HAFTAR RIDICOLIZZA IL GOVERNO ITALIANO CHE SI VANTAVA DI AMICIZIA CON I LIBICI… LA LIBIA SMENTISCE SALVINI: “I NOSTRI PORTI NON SONO SICURI”
Matteo Salvini ha giurato e assicurato: quelli libici sono porti sicuri. La vicenda in corso lo smentisce clamorosamente.
Vietato soccorrere.
Racconta ad HuffPost Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere Italia: “Fermo restando che il primo dovere indicato anche dal diritto del mare, oltre che dalle nostre coscienze, è quello di salvare vite umane in pericolo, stavolta abbiamo seguito tutte le regole indicate: l’Aquarius ha avvertito la Guardia Costiera libica del salvataggio in corso, su questo abbiamo le registrazioni che sono on line sul nostro sito, e la risposta che abbiamo avuto, dopo vari tentativi andati a vuoto nel silenzio più assoluto, è stata: spiacenti, non abbiamo un porto sicuro verso cui indirizzarvi, fareste meglio a navigare verso Nord, direzione Malta o Italia”.
“Sia chiaro: la nostra red line — aggiunge la presidente di Msf Italia — non ci avrebbe permesso di portare i 141 migranti da noi salvati a Tripoli. Non solo perchè non è un porto sicuro ma perchè avrebbe significato far finire quelle persone in veri e propri lager”.
SOS Mediterranèe ha messo in fila — sul blog costantemente aggiornato con la posizione della nave – la successione dei contatti intercorsi con la Guardia Costiera libica e il Centro di coordinamento di Tripoli.
Dopo aver richiesto e ricevuto il numero delle persone soccorse — donne, uomini e bambini — nonchè età , nazionalità e “vulnerabilità ” — il JRCC di Tripoli, già alle 19.29 del 10 agosto chiede all’Aquarius di contattare un altro Centro di coordinamento per l’assegnazione di un “porto sicuro” come richiede la legge.
Porto che non può trovarsi nella stessa Libia: “Nessuna operazione europea e nessuna nave europea effettua sbarchi in Libia, perchè non lo consideriamo un Paese sicuro”, aveva sottolineato a metà luglio la portavoce della Commissione Europea per le Migrazioni Natasha Bertaud.
L’estate della vergogna si arricchisce così di un altro capitolo. Dopo aver salvato 141 migranti al largo della Libia con la nave Aquarius, SOS Mediterranèe e Medici senza Frontiere lanciano l’allarme: “Le persone soccorse hanno dichiarato di aver incrociato cinque diverse navi che non hanno offerto loro assistenza, prima di incontrare l’Aquarius. Le navi potrebbero non essere disposte a rispondere a coloro che sono in difficoltà a causa dell’alto rischio di rimanere bloccate e vedersi negare un porto sicuro”.
Più del 70% delle persone salvate proviene dalla Somalia e dall’Eritrea. Le condizioni di salute delle persone soccorse sono stabili al momento, ma molte sono estremamente deboli e denutrite.
Molte persone riferiscono di essere state detenute in condizioni disumane in Libia. Le persone sono state salvate in due distinte operazioni. Nella mattinata ha salvato 25 persone trovate alla deriva su una piccola barca di legno senza motore a bordo, rimaste in mare per quasi 35 ore. Più tardi, nel corso della stessa giornata, ha avvistato una seconda barca di legno sovraffollata con 116 persone a bordo, compresi 67 minori non accompagnati.
Oltre la metà delle 141 persone salvate dalla nave della Ong ha meno di 18 anni. “Essendo l’unica nave Ong di ricerca e salvataggio nella zona, siamo molto preoccupati che possano esserci altre imbarcazioni in difficoltà che hanno bisogno di aiuto”, rimarca ancora Lodesani.
“Basandoci sulle passate esperienze — aggiunge la presidente di Msf Italia – abbiamo portato sulla nave più viveri e medicinali — abbiamo qualche giorno in più di autonomia, ma il tempo non è infinito”.
I porti libici non sono “sicuri”, soprattutto perchè è sempre meno sicura la posizione italiana in Libia.
L’HuffPost lo ha scritto ripetutamente nelle scorse settimane: Roma, per la sua posizione pro-Serraj, è entrata nel mirino dell’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar.
La crisi è stata formalizzata ieri, quando Haftar, ha dichiarato che la presenza dell’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, “non è più gradita per la maggioranza dei libici”.
“Le dichiarazioni dell’ambasciatore italiano vanno contro la sovranità libica e il principio di titolarità nazionale del processo politico”, ha spiegato Haftar, che può godere del sostegno esplicito dell’Egitto e di quello, “sotterraneo” ma non meno importante, della Francia.
“Noi riteniamo che l’ambasciatore italiano non è più gradito dalla maggioranza dei libici”, ha sottolineato Haftar in un’intervista con il quotidiano libico online Al Marsad, (l’Osservatorio).
“L’ambasciatore italiano, come qualsiasi altro funzionario straniero, non ha il diritto di intervenire in questa materia, che appartiene solo ai libici”, ha spiegato il generale nel corso dell’intervista.
“Le sue osservazioni sono una chiara provocazione per il popolo libico e una palese interferenza nei suoi affari interni, e i libici hanno dimostrato la loro contrarietà a queste affermazioni in varie piazze”, ha continuato il generale.
Haftar sostiene che l’Italia deve “cambiare radicalmente la sua politica estera nei confronti della Libia”. L’ex ufficiale di Gheddafi, poi oppositore del Colonello, fa riferimento ad una conferenza che il governo italiano vuole indire in autunno a Roma, con il sostegno degli Usa, per cercare di far tenere le elezioni quando il Paese sarà pronto.
Il generale, sentendosi la vittoria in tasca grazie al sostegno acquisito anche da parte di importanti tribù della Tripolitania oltre che della milizia di Misurata, è deciso ad “opporsi” e ad “ostacolare” qualsiasi slittamento del voto previsto, con il beneplacito francese, a dicembre.
Per ricucire con Haftar il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha annunciato il 5 agosto durante la visita al Cairo, che si recherà presto in Cirenaica per incontrare il generale.
Ma quella del capo della diplomazia italiana è una corsa contro il tempo in un percorso che dire accidentato è indulgere all’ottimismo. I porti libici sono insicuri, come ha ammesso la Guardia Costiera fedele al governo di Tripoli, perchè quelli più importanti, a cominciare da quello di Zuara, da dove partono le carrette del mare sulla rotta mediterranea, destinazione Italia, sono controllate da milizie e tribù fedeli o alleate di Haftar.
Se vuole varare la politica dei “porti sicuri” Roma deve passare per un accordo con il generalissimo della Cirenaica. La Farnesina lo sa bene, e non nasconde le sue preoccupazioni.
Senza una intesa con il “fronte di Bengasi”, ogni ulteriore nostro sostegno a “quelli di Tripoli” così come lo sconfinamento di navi italiane nelle acque territoriali libiche, anche se in funzione di contrasto agli scafisti, verrebbe visto da Haftar e dal governo di Tobruk come una dichiarazione di guerra.
Altro che “porti sicuri” in Libia. Per l’Italia sono off limits.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
I SINDACATI; “BASTA PROCLAMI, CONTANO I FATTI E LA SICUREZZA REALE, NON QUELLA PERCEPITA”
Sindacati in allarme per la notizia, oggi sui giornali, secondo cui il ministro dell’economia e finanze, Giovanni Tria si sarebbe rifiutato di apporre il proprio visto sul recente decreto del ministro per la Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, che autorizza 8.000 assunzioni nel comparto delle Forze di polizia e dei Vigili del fuoco.
Un rifiuto dovuto alla insufficiente copertura finanziaria per un importo di circa dieci milioni di euro già nel primo anno.
A chiamare direttamente in causa il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sono i sindacati.
La Silp Cgil ricorda come il piano pluriennale straordinario per assumere 8 mila nuovi operatori delle forze dell’ordine “costituiva un fatto positivo nonostante le assunzioni necessarie al ripianamento degli organici, fossero di gran lunga inferiori dati i numerosi pensionamenti ed un’età media che aveva già raggiunto tra le divise i 50 anni anagrafici”.
Il ‘niet’ del ministro Tria a controfirmare il provvedimento, per il segretario del Silp Daniele Tissone, è “un bruttissimo segnale per gli operatori che, sempre più anziani (i più anziani d’Europa) devono fronteggiare aumentati carichi di lavoro essendo sempre di meno nonchè per i cittadini che avranno sempre meno forze dell’ordine sul territorio con un negativo impatto sulla prevenzione e sul controllo del territorio sempre più affievolitosi nei centri urbani e nelle periferie sempre più a corto di personale, in particolare giovane.”
Per Tissone “i molti proclami del nuovo esecutivo, che finora proclami restano, devono smettere di guardare alla sicurezza percepita entrando nel merito delle questioni vere legate alla sicurezza reale, ma per fare ciò servono investimenti veri in personale, mezzi e tecnologie perchè il crimine, sempre più organizzato e transnazionale, non lo si combatte con qualche militare davanti alle stazioni ferroviarie ma, bensì, dotando di uomini e mezzi commissariati di Polizia e stazioni dei Carabinieri oltre che a mirate politiche di intelligence”.
Secondo Tissone “il nuovo esecutivo, che sta facendo i conti con le esigenze di bilancio, ha davanti una sola possibilità per reperire risorse per la sicurezza che è quella di mettere in atto reali politiche di contrasto all’evasione fiscale, alla corruzione e al contrasto del crimine organizzato. Solamente attraverso tali interventi si può consentire un recupero di risorse sul versante della sicurezza reale ma, per farlo, bisogna abbandonare i proclami e passare ai fatti”.
(da agenzie)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
SUL LIDO DI NICOTERA REGOLAMENTO DI CONTI PER IL TRAFFICO DELLA DROGA
È stato ucciso nei pressi del lido collegato a un campeggio, Francesco Timpano, l’uomo assassinato nel pomeriggio a Nicotera.
In spiaggia c’erano turisti e bagnanti che potrebbero avere assistito al delitto. La vittima aveva dei precedenti per reati in materia di droga.
Gli investigatori dei carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, tra le piste che stanno seguendo per fare luce sul delitto, non escludono un possibile collegamento con un fatto di sangue avvenuto lo scorso maggio tra Nicotera e Limbadi.
Francesco Timpano, infatti, era il fratello di Pantaleone, una delle tre persone ferite in quella circostanza da Francesco Olivieri, il trentaduenne che, in un raid omicida, uccise due persone: Giuseppina Mollese, di 80 anni, e Michele Valerioti, di 67. Olivieri, in precedenza, si era anche recato nella frazione Caroni di Limbadi dove aveva esploso alcuni colpi di fucile all’indirizzo dell’auto di un altro fratello di Timpano, Vincenzo.
L’autore di quella sparatoria si costituì dopo tre giorni di latitanza e per motivare quanto aveva fatto spiegò che aveva da sempre in animo di farla pagare alle persone che riteneva essere coinvolte nell’omicidio di un suo fratello.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA DOGANE E MONOPOLI: “PER DI MAIO SONO UN TROMBATO DELLA POLITICA? NON SA DI COSA PARLA”… “HO GUIDATO L’UFFICIO EUROPEO CHE HA PERSEGUITO ILLECITI COMMESSI DA PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA E LEADER COME LA LE PEN, TRUFFE PER MILIARDI”
Con una storia professionale come la sua, Giovanni Kessler tutto si sarebbe aspettato tranne un benservito come quello che gli ha riservato Luigi Di Maio: «Quando ho sentito che mi definiva un trombato della politica, tra me e me ho pensato: ma il ministro sa di cosa parla? Sa di chi parla? Non mi lamento dell’avvicendamento che rientra tra gli eventi possibili, ma quella definizione sembra rispondere al bisogno di fabbricarsi delle ragioni, di urlare anzichè spiegare. Una vicenda deludente e anche un po’ preoccupante…».
La sera dell’8 agosto Giovanni Kessler è stato rimosso dall’incarico di Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, incarico al quale era arrivato a conclusione di un lungo percorso nel quale la politica è entrata, ma in modo marginale.
Sessantadue anni, nato a Trento ma sempre in giro per il mondo per effetto di un’attività da magistrato e da manager pubblico, italiano ed europeo, che lo ha visto trasferirsi volontariamente a Caltanissetta come pm antimafia e successivamente diventare vice-capo della missione Osce in Kosovo, Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, Direttore generale dell’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode e dall’ottobre 2017 Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli su nomina del governo Gentiloni. Una storia professionale e politica, quella di Kessler, interessante perchè aiuta a capire vizi e virtù delle nomine politiche.
Ci sono degli incarichi nei quali a decidere è la politica, nel bene e nel male. Di Maio è l’ultimo di una lunga sequenza…
«Di Maio fa il Di Maio, ma il suo modo di commentare l’avvicendamento è deludente. Un vicepresidente del Consiglio dovrebbe conoscere la storia delle persone. Definirmi un ex deputato è riduttivo, mentre definirmi trombato della politica semplicemente non è vero».
Nel 2010 lei assume l’incarico di direttore generale dell’Ufficio europeo anti-frode: la politica in che modo pesò?
«Neanche un po’. In Italia al governo c’era Silvio Berlusconi, che come primo atto aveva deciso la cancellazione dell’Alto Commissariato per la lotta alla contraffazione da me guidato e dove ero stato nominato dal governo precedente. A Bruxelles era stato indetto un concorso internazionale per l’Ufficio anti-frode e al quale potevano partecipare magistrati, giuristi, dirigenti delle Polizie dei 28 Paesi. Il concorso durò 9 mesi: alla fine restammo in sei. Fummo sottoposti a panel, colloqui, audizioni, valutazioni delle società specializzate e a tre distinte valutazioni da parte della Commissione, del Consiglio, del Parlamento europeo. Il tutto in una lingua che non è la tua. Ok?».
Ok, ma come finì?
«L’unico ritenuto idoneo da tutte e tre le istituzioni fu il sottoscritto. Divenni direttore e per anni abbiamo lavorato sodo».
Avete pestato i piedi a qualcuno?
«Abbiamo fatto il nostro dovere di cane da guardia delle istituzioni europee. L’Ufficio antifrode è un organismo investigativo indipendente, composto da 500 persone di 28 Paesi, che indaga sui casi di corruzione, di illeciti di tutti i membri delle istituzioni europee. La truffa di Marine La Pen l’abbiamo scoperta noi, abbiamo fatto dimettere un commissario maltese, il presidente della Repubblica ceca è sotto accusa nel suo Paese per un rapporto che abbiamo mandato noi. Per non parlare dell’Ungheria. O della truffa scoperta alle dogane inglesi, dove avevano chiuso gli occhi su merce cinese. Dopo un’indagine di due anni abbiamo calcolato 9 miliardi di dazi evasi in 4 anni. La Commissione li ha richiesti al governo inglese».
In un organismo del genere, quale è il ruolo del direttore?
«Per 7 anni è il sottoscritto che ha deciso di aprire e chiudere centinaia di indagini, spesso recuperando i fondi illecitamente accumulati».
Poi le è tornato in Italia ed è il governo di centro-sinistra che la nomina alle Agenzia Dogane e Monopoli. Sempre politica è…
«Stava scadendo il terzo mandato del mio predecessore (che era stato confermato da governi di diverso orientamento), ho mandato il mio curriculum e una lettera di interessamento. Non era previsto un concorso, era una nomina politica, il ministro Padoan mi ha voluto incontrare. Sono stato indicato dal Consiglio dei ministri, non dagli amici».
Avrà pesato il suo passato da parlamentare dell’Ulivo?
«Immagino che abbia pesato il mio curriculum. Naturalmente ho le mie idee, amo la politica e la legalità . Per una legislatura sono stato deputato, eletto come indipendente nelle liste dell’Ulivo. Nel 2006, con Porcellum non sono stato ricandidato. Nel 2010 ero presidente del Consiglio provinciale di Trento, eletto nelle liste Pd, ma ho lasciato io. prima della scadenza, per andare a Bruxelles. Trombato, non direi…».
Prima di essere stato rimosso, ha imbastito riforme che possono avere dato fastidio all’attuale governo?
«Non credo. Nel 2012 Monti decise la fusione tra strutture distinte e parallele come Dogane e Monopoli. Un matrimonio “combinato” e non consumato che noi stavamo completando. E abbiamo investito sul ruolo securitario delle dogane, dalle quali passano troppe cose diverse dalle merci».
Nello spoil system del nuovo governo sembra prevalere una vocazione da piazza pulita, che non distingue meritevoli e non. Lei è stato con l’Osce in Kosovo: si sente vittima di un’operazione di pulizia etnico-politica?
«La legge non obbligava a mandarmi via. Ma aver compreso nello spoil system le Agenzie, soggetti per definizione indipendenti dalla politica, è un doppio errore. Induce i prescelti a privilegiare conformismo, opportunismo, inerzia. E favorisce operazione da “pulizia” politica».
(da “La Stampa”)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
PER COMPRENDERE LA QUESTIONE IN TERMINI SEMPLICI
Come la galassia novax è popolata di individui che rifiutano 500 anni di progresso scientifico, la galassia noeuro è popolata di somari a digiuno di qualsiasi cultura economica e refrattari alla logica elementare.
Da qui deriva l’epiteto “somarista” con cui vengono sbeffeggiati i guru del ritorno alla minkio-lira (il cui fuoco sacro ultimamante è stato spento con l’irrorazione di lucrose cadreghe).
Il somarismo nel mondo animale si misura attraverso i decibel dei ragli. Nel mondo politico romano con i punti di spread tra i tassi di interesse sui titoli pubblici italiani e quelli degli altri paesi, in particolare quelli dell’area euro, specie la Germania.
Da quando il somarismo è diventato ideologia di governo, lo spread ha cominciato a salire inesorabilmente.
Ora è posizionato ad un passo dal livello di guardia che rende il debito pubblico di un paese insostenibile e spalanca la porta alla bancarotta sovrana.
Inutile dire che per le vittime dell’analfabetismo di ritorno lo spread è un complotto dei mercati internazionali, della finanza ebraica, del Bilderberg e delle multinazionali. Ma per chi, non attirato dai ragli, volesse comprendere la questione in termini semplici, prendiamo un’ipotetica casalinga di Pomigliano e immaginiamo che a un certo punto erediti 10mila euro da un lontano zio.
La casalinga ha due fratelli. Saputo del lascito entrambi le telefonano per chiedere un prestito. Il primo è un affermato dentista con una clientela consolidata e fedele. Avrebbe bisogno di comprare delle nuove attrezzature mediche. Tuttavia gli mancano momentaneamente i liquidi perchè ha acquistato un immobile dove intende trasferire lo studio, dopo aver intrapreso costosi lavori di ristrutturazione che sfortunatamente si sono protratti più del previsto.
L’altro fratello è fuoricorso da 11 anni in Scienze della Comunicazione, con precedenti per spaccio di droga, vive alla giornata ubriacandosi con gli amici punkabestia e non ha fissa dimora. Chiede un prestito perchè giura di voler affitare un appartamento, riprendere a studiare, disintossicarsi dalla droga, curarsi la cirrosi epatica e mettere su famiglia. –
Queste promesse da 10 anni si susseguono con cadenza più o meno semestrale e hanno una durata variabile tra i 5 minuti e i due giorni (quando coincidono con il Carnevale).
La casalinga, che ha un cuore d’oro, invece di godersi una vacanza a Mauritius, decide di condividere la sua fortuna con entrambi i fratelli.
Ad ognuno presterà per un anno un parte dell’eredità ricevuta, ma ad un tasso di interesse che rifletta il sacrificio ed il rischio a cui si sottopone. Ai fratelli spiega “Teng o core d’oro, ma cca niscun è fess”.
Ora, se la casalinga investisse i soldi in uno strumento abbastanza sicuro, ad esempio i bund del governo tedesco, otterrebbe l’1% (semplifico approssimando per eccesso). Domanda al lettore: a quale tasso di interesse la casalinga dovrebbe prestare ai due fratelli? Allo stesso tasso dei bund? A un tasso uguale per entrambi i fratelli? A tassi diversi? E quanto diversi?
Inoltre: come dovrebbe dividere i 10mila euro? 5mila euro ad ognuno? Una percentuale maggiore al dentista? Una percentuale maggiore al fuoricorso?
Ecco dalle risposte a questi marzulliani interrogativi il lettore forgerà la propria nozione sullo spread in un mercato in cui operano tante casalinghe di Pomigliano e tanti debitori con caratteristiche disomogenee. Molto più disomogenee di quelle dei due fratelli.
Ma è così…se ti regalassi 10000€ preferiresti investirli in titoli tedeschi o italiani se entrambi dessero lo stesso tasso di interesse?In questo l’Europa non c’entra nulla. Sarebbe uguale con sovranità monetaria.
Chi presta soldi vuole essere ripagato. Di più dai più rischiosi.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
NON E’ VERO CHE IL GOVERNO SI E’ ADEGUATO ALLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Nei giorni scorsi abbiamo parlato dell’ormai famigerato emendamento al Milleproroghe sulle periferie proposto dal governo e votato in Senato dal Partito Democratico e da Forza Italia i cui amministratori, insieme a quelli dei 5 Stelle, dal giorno dopo sono scesi sul piede di guerra.
Oggi Marco Palombi sul Fatto Quotidiano ci racconta che la motivazione data dal governo nei panni della viceministra all’Economia senza deleghe Laura Castelli — “il governo si è adeguato alla sentenza della Corte Costituzionale” — era una balla.
L’emendamento “incriminato”è una legittima operazione politica della Lega e della maggioranza, peraltro inizialmente avallata dal Pd, che ha almeno un paio di motivi: uno, volendo, più nobile; l’altro meno. Il bando delle periferie, infatti, è una classica operazione “alla Renzi”: una sorta di “bonus sindaci” affidato direttamente da Palazzo Chigi per gentile concessione dell’ex sovrano. Le scelte sono state un po’così: riqualificare le periferie è una bella cosa, ma forse — con tutto il rispetto per i problemi di Viterbo, Cuneo e Biella — ci si poteva concentrare sulle grandi aree urbane degradate (la sola Ostia ha 100mila abitanti) e circoscrivere meglio i campi d’intervento (a scorrere i progetti si passa dalle riqualificazioni di immobili alle piste ciclabili, dal “welfare urbano”al social food).
Anche la ripartizione dei fondi lascia qualche perplessità : la Toscana, per non fare che un esempio, è destinataria del 15% circa dei fondi (300 milioni) con meno del 7% della popolazione e senza avere una metropoli sul suo territorio. Si può certo, dunque, sostenere che i progetti vanno rivisti, ma l’uso che si èpoi scelto di fare dei soldi denuncia l’intento “p ol it ic o”: i Comuni virtuosi infatti, quelli che hanno consistenti avanzi di cassa da spendere, si trovano soprattutto al Nord, bacino di riferimento della Lega; i 96 capofila dei progetti bloccati sono invece in gran parte a guida centrosinistra.
Perchè la Castelli ha detto una balla?
Motivazione debole. Ha buon gioco, nello smontarla, il deputato del Pd Luigi Marattin: “Si tratta di una semplice questione procedurale e non di sostanza. Che non giustifica certo tenere bloccati per due anni i Comuni che sono ad un passo dalla gara per l’affidamento dei lavori”. Di fatto si poteva portare la cosa in conferenza e cavarsela con una settimana: questo tipo di intervento non è imposto dalla sentenza della Consulta.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
DA 950 ETTARI COLTIVATI A 5.000
La coltivazione della cannabis in Italia potrebbe generare un giro d’affari da 1,4 miliardi e garantire almeno 10mila posti di lavoro.
Nel Belpaese siamo passati dai 950 ettari coltivati nel 2013 ai 5mila di oggi, spiega Coldiretti, che fa sapere che la Lombardia è la prima regione con 152 ettari e le aziende attive in totale sono circa un migliaio.
«Coltivare un ettaro — ha calcolato Cia-Agricoltori Italiani — costa all’agricoltore circa 600-700 euro. In un sistema ottimale il fatturato prodotto da un ettaro a canapa è di 4 mila euro, da cui però bisogna togliere spese logistiche e di trasformazione per poco meno del 50%. Quanto ai ritorni, oggi la paglia per fibra destinata al settore tessile, viene pagata agli agricoltori 15 euro al quintale, mentre sul fronte alimentare la farina per fare pasta e pane è quotata tra i 4 e i 5 euro al chilo e l’olio a circa 50 euro al litro».
Ma in Italia, spiega oggi Il Messaggero, nonostante la decisione dell’Unione Europea di consentire la coltivazione della canapa sin dal 2016 — mancano ancora alcuni passaggi normativi, fermo restando il limite di THC (la molecola psicoattiva) al di sotto dello 0,2%.
Il tema più delicato riguarda le infiorescenze che non è ancora chiaro come possano essere utilizzate. «Il Parlamento chiede Diana Pallini di Confagricoltura deve anche trovare le soluzioni sulla questione della cannabis per uso medicale». Tanto più urgente denuncia Confagricoltura visto che a fine luglio il Ministero della salute ha deciso di incrementare del 50% l’import dall’Olanda (+ 250 kg, in aggiunta ai 450 kg già concordati sia per il 2018 che per il 2019).
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA CITTADINANZA DI YASSINE RACHIK, VINCITORE DEL BRONZO NELLA MARATONA, OTTENUTA TRE ANNI FA GRAZIE A UNA PETIZIONE ONLINE
Il medagliere italiano agli europei di atletica si arricchisce ogni giorno anche grazie a loro, a quella generazione di italiani dalle origini in continenti vicini e lontani.
Hanno coltivato per anni il desiderio di vestire i colori della nazionale, hanno intrapreso il cammino impervio per l’ottenimento della cittadinanza ed oggi sono lì, sui gradini del podio a stringere tra le mani la nostra bandiera.
Storie di successi sportivi, storie di vita come quella di Yeman Crippa, nato in Etiopia ed adottato insieme a 7 fratelli. Ci sono loro e ce ne sono tanti altri, ancora più giovani, oggi sconosciuti e alle prese con gli allenamenti e la burocrazia.
Un po’ come è successo a Yassine Rachik che proprio oggi ha conquistato la medaglia di bronzo, la quarta per l’Italia, nella maratona maschile.
Yassine è cittadino italiano dal 2015, da tempo aveva intrapreso l’iter per l’ottenimento della cittadinanza, ma grazie all’interessamento dal deputato Pd Khalid Chaouki e ad un forte sostegno popolare tradottosi in 21mila firme di una petizione su change.org, i tempi si sono velocizzati e Yassine ha ottenuto la cittadinanza.
“Oggi sono italiano a tutti gli effetti e potrò correre per la nazionale, rappresentare l’Italia all’estero” commentò nel 2015. Una firma arrivata al fotofinish, alla vigilia degli europei under 23 di Tallin dove portò a casa il bronzo nei 10mila metri.
Da allora Yassine è diventato uno dei portavoce della campagna per lo ius soli e un esempio per tutti i numerosi atleti che sognano di vestire il tricolore e rappresentare l’Italia nelle competizioni internazionali. Se nella precedente legislatura lo ius soli appariva e scompariva dall’agenda, oggi di quella riforma non c’è traccia nel dibattito politico.
Yassine viene da una lunga corriera tra allievi e juniores partecipando a gare di diverse lunghezze e vincendo una trentina di titoli. In un primo momento era riuscito ad ottenere lo status di “italiano equiparato”: un forma di tesseramento degli atleti stranieri residenti in Italia promossa dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera. Uno status provvisorio che si acquisisce sino all’ottenimento della cittadinanza italiana, ma che non è sufficiente per poter partecipare alle categorie superiori.
Poi nel 2015 la firma di Sergio Mattarella, la cittadinanza e i colori della nazionale. Yassine è in Italia dal 2004 da quando aveva solo 11 anni, vive nella provincia di Bergamo a Castelli Calepio con la famiglia, oggi corre distanze più lunghe rispetto a quando era più giovane e c’è da credere che dopo questo risultato non mollerà di un metro la sua gara più importante, quella che l’ha visto protagonista per l’ottenimento della cittadinanza italiana. La correrà per tutti gli altri.
“Ci credevamo, era veramente un sogno. Nonostante il caldo siamo riusciti a dare il massimo, in una gara uomo contro uomo, e a portare questa doppia medaglia che per me vale davvero tanto” ha commentato Yassine Rachik dopo il bronzo vinto nella maratona agli Europei di atletica di Berlino e il successo dell’Italia nella classifica a squadre maschile.
“Ho fatto una gara molto coraggiosa, cercando di spingere fino alla fine. Mi sono allenato moltissimo, soprattutto nell’ultimo periodo. Peccato per l’assenza di Daniele Meucci, ma ho dimostrato che basta crederci e non arrendersi”, ha aggiunto.
Quello sulle strade di Berlino è il secondo risultato più importante con la maglia azzurra di Yassine, dopo quello agli Europei under23 del 2015 nei 10000 metri.
E dire che quando ancora viveva in Marocco preferiva il Karate. Yassine oggi ha anche migliorato il suo record sulla lunghezza della maratona tagliando il traguardo in 2 ore 12’09”. Ottimo quinto posto per Eyob Faniel, 25enne poliziotto originario di Asmara in Eritrea che vive a Bassano del Grappa.
Il bronzo di Yassine Rachik è la quarta medaglia dell’Italia agli Europei dopo di bronzo di Yeman Crippa sui 10.000, Yohanes Chiappinelli sui 3000 siepi e di Antonella Palmisano nella 20 km di marcia
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 12th, 2018 Riccardo Fucile
IL VIDEOSPOT DOVE INSIEME ALLA ISOARDI FA DA TESTIMONIAL ALL’AZIENDA DI CATERING DI LESINA… SARA’ UNO DEI NUOVI COMPITI ISTITUZIONALI DI UN MINISTRO DEGLI INTERNI?
Daniele Colaianni deve essere molto felice: la sua Azzurra Pescheria è infatti sulla bocca di tutti dopo che il ministro degli Esterni Matteo Salvini ha deciso di usare il suo catering per una giornata di pesce a Lesina, nella Tenuta Borgo Isola, insieme a Elisa Isoardi.
E per ringraziarlo Salvini ha avuto anche la bella idea di girare con lui un videospot.
Con l’eleganza che gli è propria e che è seconda soltanto alle sue capacità intellettuali, Salvini ha spiegato che il pranzo è stato “commovente”, alla fine di un “sontuoso percorso gastronomico”.
La Isoardi, che in effetti è una professionista e si vede, ha invece partecipato a un video didattico per l’apertura dei ricci che ha svolto con il suo talento indiscusso.
Purtroppo, a proposito di pubblicità , c’è da osservare che il video non è piaciuto a tutti: il titolare ha anche notato che qualcuno si è arrabbiato per la confidenza con il ministro degli Esterni e gli ha inviato “minacce, offese, false recensioni”.
In effetti nei commenti al video ci sono molti che non sembrano aver apprezzato granchè la scenetta di Salvini testimonial di una pescheria e annuncia intenzioni di boicottaggio accusando il titolare dell’azienda di aver usato troppa “confidenza” nei confronti del ministro degli Esterni:
Ma per fortuna c’è chi orgogliosamente difende il povero ministro che “non bada all’etica ma ad aiutare una pescheria” (?)
Insomma, Salvini ha un futuro da testimonial assicurato. Non appena mollerà la noiosissima politica e tutte le seccature ad essa connesse il posto lo ha già trovato.
Al limite c’e’ sempre da pulire il pesce per i clienti più esigenti.
(da “NextQuotidiano”)
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