Destra di Popolo.net

QUOTA 100 E REDDITO FUORI DAGLI EMENDAMENTI, LA MANOVRA ANCORA NON C’E’

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

ALLA CAMERA NON SONO ARRIVATE LE MISURE CHIAVE DEL GOVERNO, ANCORA OSTAGGIO DEL BRACCIO DI FERRO TRA SALVINI E DI MAIO

Tanta attesa per nulla.
La lunga nottata della riscrittura della manovra – quella della trattativa tra Lega e 5 Stelle – si è conclusa in mattinata con l’arrivo a Montecitorio di un pacchetto di 56 emendamenti dove non c’è traccia di quota 100, reddito di cittadinanza e taglio delle pensioni d’oro.
È il segnale, tangibile, di un cantiere ancora nel caos. Perchè se la trattativa con l’Europa è oramai innestata sulla consapevolezza – ora anche del governo gialloverde – che bisogna portare il deficit dal 2,4% presumibilmente al 2,1 per cento, la contesa tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio è ancora lontana da un punto di caduta positivo. Spetta a loro, infatti, trovare le modalità  per sgonfiare e riscrivere la nuova legge di bilancio.
E ad oggi queste modalità  sono indefinite perchè legate a interessi elettorali di parte che vanno tutelati. Trattare senza tradire.
A oggi la fisionomia della nuova legge di bilancio per dare attuazione alla retromarcia politica con Bruxelles non c’è.
E così le proposte di modifica depositate dall’esecutivo e dai relatori in commissione Bilancio – dove la manovra è sotto esame in modalità  rallentatore – si riferiscono a norme per l’Accademia della Crusca piuttosto che alle farmacie.
Nulla, invece, su reddito e quota 100, che devono essere necessariamente ridimensionate per abbassare il deficit. Se ne riparlerà  durante il passaggio al Senato.
La natura del pacchetto degli emendamenti presentati alla Camera mette in luce il braccio di ferro tra Salvini e Di Maio.
Il vicepremier pentastellato ha provato fino all’ultimo a far prevalere un’eccezione di peso. È qui il cuore del dissidio tra il Carroccio e i grillini. Di Maio voleva inserire le norme per tagliare le pensioni d’oro già  nel passaggio della manovra a Montecitorio mentre i leghisti vogliono legarla alla quota 100, la misura che permetterà  di andare in anticipo in pensione con 62 anni di età  e 38 anni di contributi.
Non è una questione di tempi. È una questione di incassi, di misure realizzate da portare ai rispettivi elettorati.
Ed è anche un tema di equilibri di forza dentro il governo stesso, appunto tra i due azionisti. Insomma nessuno dei due coinquilini di governo vuole lasciare fare un passo all’altro senza seguirlo a ruota.
La dinamica è quella della tentata fuga con annesso pedinamento.
La Lega, dal canto suo, può contare su un vantaggio e cioè che l’emendamento per la quota 100 è pronto mentre le norme sul reddito di cittadinanza – anche alla luce dello sgonfiamento in cantiere – ancora no.
I 5 Stelle, in altre parole, non possono permettersi di dare spazio alla quota 100 già  alla Camera e in generale durante l’iter parlamentare perchè il reddito arriverà , con decreto, dopo la manovra, non subito.
Il rischio è quello di fare passare Salvini all’incasso e di restare poi scoperti con la misura più ambita e che paga di più elettoralmente.
Questo lo stato della trattativa nella trattativa. Il filo rosso che invece accomuna Lega e 5 Stelle è la necessità  di togliere risorse sia alla quota 100 che al reddito.
Il Carroccio i conti li ha fatti ed è pronto a scendere da 6,7 miliardi a circa 5. I pentastellati, invece, provano a tenere il punto: smentiscono il taglio dell’assegno promesso, di importo pari a 780 euro, ma per portare il proprio contributo al calo del deficit è necessario un intervento.
Che sia una decurtazione dell’assegno o un restringimento della platea dei beneficiari, il nodo è ancora tutto da sciogliere. Ed è legato a tanti altri nodi, da quelli interni a quelli esterni, da Salvini all’Europa.

(da “Huffingtonpost”)

argomento: finanziaria | Commenta »

UN VOLO DI STATO AL GIORNO

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO PEGGIO DELL’AIR FORCE DI RENZI

Ve li ricordate i cinque stelle che si stracciavano le vesti sui voli di Stato?
Il Fatto Quotidiano che pubblicava i dati che denunciavano gli sprechi dell’Air Force Renzi, Di Maio e Toninelli che mettono su quella ridicola sceneggiata a Fiumicino per sequestrare un aereo su cui Renzi non è mai salito?
Bene, sulla base di un’inchiesta del Fatto, in quattro mesi di Governo Lega-M5s sono stati effettuati 105 voli di Stato: quasi uno al giorno.
Un record per chi diceva che non sarebbe mai salito su un aereo blu.
I ministri 5 stelle usano la flotta di Stato esattamente come i loro predecessori, ed è giusto che sia così. Ma si tratta di un’enorme presa in giro degli italiani, l’ennesima dopo la truffa dell’Airbus di Stato tenuto fermo in un hangar a Fiumicino a spese dell’erario per dare seguito alla campagna propagandistica di Di Maio e Toninelli.
Non solo: il cosiddetto Air Force Renzi, che al momento è tenuto fermo in un hangar, ha ovviamente dei costi, che si scaricano su Alitalia e quindi sui cittadini italiani che stanno tenendo in piedi la compagnia con un prestito ponte da 900 milioni di euro.
I ministri fanno i viaggi intercontinentali in business class, con i loro staff: per le casse dello Stato è spesa doppia. E alla fine arriverà  anche la richiesta di risarcimento da 70 milioni di Etihad, mentre l’aereo non è usato da nessuno.
Grazie a Di Maio, paga Pantalone.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: la casta | Commenta »

TG2 DI REGIME: INCHIESTE SILENZIATE, DATI ECONOMICI NEGATIVI CANCELLATI

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

L’ATTUALE DIRETTORE E’ L’EX DIRETTORE DEL ROMA DI BOCCHINO ED EX VICE-DIRETTORE DI LIBERO, UNA GARANZIA DI IMPARZIALITA’

Mai visto niente peggio del Tg2, da anni.
Inviati che abbassano la voce perchè parla Tria, tutto bene madama la marchesa perchè parlano Conte, Salvini, Di Maio, inchieste silenziate, dati economici cancellati, servizi che sembrano provenire dalla fantascienza
Perfino la morte di Fantastichini relegata in una breve.
L’attuale direttore è un ex direttore del Roma di Bocchino, ex vice direttore di Libero con Feltri, assiduo frequentatore dei salotti di Mario Landolfi, Nicola Cosentino, Amedeo Laboccetta.
E inoltre ex candidato non eletto nella lista Casa delle Libertà , in particolare esegeta di Prezzolini. Quello che scriveva:”«L’Italia va avanti perchè ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi».
E mentre noi ci scanniamo se è meglio Dylan o Zappa, milioni di italiani guardano il Tg2 diretto da Gennaro Sangiuliano.
Gli stessi che prima o poi andranno a votare. Come fessi.

(da Globalist)

argomento: Costume | Commenta »

SI CHIAMAVA SURUWA JAITHE, AVEVA 18 ANNI ED E’ MORTO ARSO VIVO IN UNA BARACCA A SAN FERDINANDO

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

CERCAVA DI LAVORARE PER COSTRUIRSI UN FUTURO, E’ STATO GHETTIZZATO IN UNA BARACCOPOLI PUR ESSENDO UN “REGOLARE”… DA TRE ANNI SI ASPETTANO I MODULI ABITATIVI

Dietro un morto, una storia di speranza e disperazione: si chiamava Suruwa Jaithe aveva 18 anni ed era originario del Gambia il migrante morto questa notte in un rogo divampato in una baracca della tendopoli di San Ferdinando
Stava dormendo al momento dell’incendio, sviluppatosi probabilmente da un fuoco acceso per riscaldarsi dal freddo invernale della Piana di Gioia Tauro.
Suruwa Jaithe era stato ospite di un centro di accoglienza nel reggino a Gioiosa Ionica.
Il tragico episodio non e’ il primo che si verifica nell’area della cosiddetta ‘vecchia tendopoli’ di San Ferdinando, occupata da anni da centinaia di migranti, molti dei quali, impiegati come braccianti agricoli durante la raccolta degli agrumi
Parole dure arrivano dai sindacati. Ancora più preoccupanti dal momento che, con la legge razzista approvata da M5s e Lega, il numero delle persone mandate in mezzo a una strada aumenterà  e aumenteranno rifugi di fortuna dove passare la notte.
“Ancora un morto a San Ferdinando in un incendio, un ragazzo giovanissimo venuto qui per lavorare, come era già  successo un anno fa. Ancora una morte assurda e che poteva essere evitata. A San Ferdinando, come in altri luoghi, la situazione alloggiativa va risolta. E comunque in attesa di soluzioni più strutturate, i lavoratori che sono nella tendopoli, ormai trasformata in un indistinto campo di baracche, per il picco della stagione di raccolta di agrumi e kiwi vanno messi in condizioni di sicurezza minima”.
“C’è bisogno del senso di responsabilità  di tutti, ci sono migliaia di lavoratori ammassati in questi ghetti, luoghi dove mancano i servizi essenziali, acqua, bagni, un po’ di riscaldamento. A San Ferdinando sono tre anni che siamo in attesa dei moduli abitativi e invece nulla, mentre la tendopoli diventa ogni giorno di più un girone dantesco. Altro che Decreto sicurezza, che rende solo irregolare chi fino a ieri non lo era e quindi rende più insicuri tutti, qui servono misure serie per accoglienza e le soluzioni ci sarebbero. Utilizzo di tanti immobili abbandonati, progetti come Riace, per una accoglienza diffusa e quindi integrata. A San Ferdinando non ci sono clandestini o persone pericolose, ma solo persone che vengono a lavorare, spesso sfruttate e sottopagate, e assicurano sulle tavole natalizie imbandite aranci, mandarini e frutti di stagione. Non possiamo seguitare a piangere i morti, le istituzioni -conclude- devono intervenire con responsabilità  e umanità “.

(da Globalist)

argomento: denuncia | Commenta »

E SE FOSSE DI MAIO IL BURATTINO MANOVRATO DA CONTE E DALLA LOBBY CHE IL PREMIER RAPPRESENTA?

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

IL RETROSCENA: SULLE NOMINE DECIDE IL SUO MAESTRO ALPA, TERMINALE DI UNA FALANGE DI AVVOCATI, ALTI BUROCRATI, CONSIGLIERI DI STATO E L’EX PIDUISTA BISIGNANI

Giorgio Meletti sul Fatto oggi va all’attacco di Giuseppe Conte che, secondo il racconto del giornalista del quotidiano di Travaglio, non è per niente un burattino come lo dipinge certa stanza, ma è invece un bravo tessitore di trame, specialmente per quanto riguarda le nomine.
Meletti ricorda come   un sistema di potere collegato con il piduista Luigi Bisignani voleva Fabrizio Palermo al vertice della Cassa Depositi e Prestiti.
E Conte ha puntualmente eseguito l’ordine impartito — attraverso Casaleggio e il suo ambasciatore per gli affari romani Stefano Buffagni —da Claudio Costamagna, intimo di Bisignani e (paradossalmente) cacciato da Cdp dal governo del cambiamento. Questo perchè Conte gioca la partita in una squadra diversa da quella dei gialloverdi:
Il telecomando di Conte non ce l’ha Di Maio ma Guido Alpa, il grande civilista suo maestro, a sua volta al centro di una ragnatela di cui fanno parte altri avvocati, tra i quali spiccano Sabino Cassese e Andrea Zoppini, e una falange di alti burocrati, consiglieri di Stato e capi di gabinetto.
Conte è talmente abile nell’interpretare il ruolo del Giano bifronte che il suo stesso portavoce Rocco Casalino, quando si produsse nell’intemerata contro i “pezzi di merda”del ministero dell’Economia (con riferimento mirato al capo di gabinetto Roberto Garofoli), forse non aveva capito che stava insultando i danti causa del suo capo.
Lo stesso Cassese, che quasi ogni giorno tuona in tv e su tutti i giornali contro il governo, lo ha ammesso: “Lo Stato deve assicurare la continuità . L’attuale governo ha assicurato meglio del precedente la continuità  nei gabinetti ministeriali, riportando nei gabinetti i consiglieri di Stato”.
Quando Conte obbedisce, Cassese va in tv e lo elogia (“Sei meglio di Gentiloni ”). Anche quando ha sfoderato un’acrobazia giuridica per blindare la nomina alla presidenza del Consiglio di Stato di Filippo Patroni Griffi, Conte ha usato il giuridicamente svantaggiato Casalino per fargli dire due falsità  in una sola frase, cioè che Conte restaurava la prassi costituzionale.
Poi Meletti parla della nomina in Consob e dello strano atteggiamento di Conte sulla questione Minenna, e quello che scrive ci permette di comprendere anche chi sia così nervoso per l’attivismo nelle nomine del presidente del Consiglio:
Conte non ha restaurato niente, per due ragioni: anche Patroni Griffi, come il suo predecessore, è stato scelto in spregio a una prassi violata, in un secolo è mezzo, solo da Benito Mussolini e da Matteo Renzi; e dello scempio giuridico del 2015, che Conte dice di aver riparato, egli fu uno dei protagonisti, in un’epoca aurea in cui qualsiasi uomo di sia pur minime ambizioni non poteva non dirsi renziano.
Adesso c’è l’appuntamento con la presidenza della Consob. Salvini e Di Maio hanno un accordo sulla nomina di Marcello Minenna.
Ma idanti causa di Conte,che non hanno digerito le dimissioni dell’amato e fidato Mario Nava, ancor meno digeriscono Minenna, giudicato poco incline al dialogo con i boss del capitalismo di relazione e i loro avvocati.
L’obiettivo è nominare Mirella Pellegrini, docente di Diritto alla Luiss della scuderia Alpa.
Per spianare la strada a lei o al vero candidato celato dietro il suo debole curriculum, Conte ha fatto sua, anche in riunioni private coi ministri, la fake news già  diffusa a mezzo stampa amica: su Minenna ci sarebbe un veto del Quirinale.
Anche stavolta il professore la figura del burattino la vuol far fare a Di Maio.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: governo | Commenta »

COME CONTE POTREBBE DIVENTARE CANDIDATO PREMIER DEL M5S

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

IN CASO DI ELEZIONI ANTICIPATE, CON DI MAIO FUORI DAI GIOCHI, L’ESPERTO IN CURRICULUM POTREBBE RAPPRESENTARE L’UNICO VOLTO PRESENTABILE

La Stampa racconta oggi in un retroscena a firma di Federico Capurso il piano del MoVimento 5 Stelle per candidare Giuseppe Conte in caso di elezioni anticipate allo scopo di aggirare il problema del secondo mandato espletato da Luigi Di Maio, che in teoria alla chiusura di questa legislatura dovrebbe ritornare al suo lavoro (ma tutti sappiamo che sarà  difficile).
Conte sta diventando, in termini di consenso, il vero anti-Salvini del Movimento 5 stelle.
Secondo gli ultimi sondaggi di Emg, il gradimento nei suoi confronti, arrivato al 46 per cento, è ormai superiore a quello di Di Maio, fermo al 43, e sfiora il leader leghista che raccoglie il plauso di 49 italiani su 100. Non solo.
L’idea di una guida in continuità  con la presidenza attuale piace anche alle truppe parlamentari M5S
Le sue radici, lontane dal movimentismo grillino (dichiarò di non aver mai votato per i Cinque stelle), un tempo sarebbero state un ostacolo.
«Ma ormai non si può più considerare come un estraneo — dice il sottosegretario M5S di Palazzo Chigi, Vito Crimi — Si è totalmente integrato nel Movimento e in quello che il Movimento rappresenta culturalmente».
E che Giuseppe Conte si sia perfettamente integrato con i grillini è oggettivamente vero: all’ONU lo hanno appena sperimentato visto che il presidente del Consiglio italiano un paio di settimane fa aveva annunciato la firma dell’Italia sul Global Compact e la settimana scorsa se l’è rimangiata per volere della Lega.
Chi è più integrato di così nel grillismo, a parte Dibba col TAP?
Le regole interne dei Cinque stelle, oltre a imporre il limite del doppio mandato, definiscono anche i criteri con cui si conquista la guida del partito. La votazione online che portò Di Maio sul trono ebbe il sapore della democrazia bulgara, ma da quelle stesse primarie interne dovrà  passare anche Conte. Non un problema.
«Di certo non avrebbe problemi a superare le parlamentarie», scommette Paragone. Che allontana l’idea di dare l’addio a Conte una volta finita la legislatura. E accarezza l’ipotesi di una sua futura candidatura: «Non butterei via l’esperienza che ha maturato da presidente del consiglio».
L’ultimo interrogativo sarà  il «modello di Movimento» che i vertici decideranno di portare alle prossime elezioni.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: elezioni | Commenta »

PERCHE DI BATTISTA SE N’E’ ANDATO E NON TORNA PIU’ (PER ORA)

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

PERCHE’ DOVREBBE TOGLIERE LE CASTAGNE DAL FUOCO A GIGGINO? MEGLIO ASPETTARE IL MOMENTO MIGLIORE… PROSEGUIRA’ LA COLLABORAZIONE CON IL FATTO

Aldo Grasso sul Corriere di oggi si concentra sul caso Di Battista e ci spiega come l’ex onorevole del MoVimento 5 Stelle non abbia nessun interesse a tornare nella mischia italiana:
Perchè mai dovrebbe tornare in Italia per togliere le castagne dal fuoco a Giggino, vittima quotidiana della sua fragilità  e dell’attivismo di Salvini? Torna, non torna? Anche l’attesa messianica sembra un fake. Al Corriere risulta che tornerà  per ripartire poi verso altri lidi barricaderi. Nel frattempo, continua a sfornare opinioni, che è sempre il modo migliore per eludere l’obbligo di pensare.
Tommaso Labate ci svela l’arcano:
Perchè autorevoli fonti interne al Fatto quotidiano confermano che la società  titolare della piattaforma Loft e Di Battista sono già  d’accordo a proseguire anche nel 2019 l’avventura iniziata quest’anno.
Che sia «in India» (come sostengono le fonti del Movimento 5 Stelle) o «in Africa» (come azzardano al Fatto) – probabilmente le opzioni in campo sono più d’una, e ci sarà  ancora tempo per decidere su quale nuovo angolo del mondo concentrarsi dopo l’esperienza in Centroamerica – il leader dell’ala movimentista non lascia il lavoro iniziato nell’anno in cui ha deciso il distacco dall’Italia.
Al contrario, è possibile che i reportage che Di Battista realizzerà  l’anno prossimo per Loft possano approdare, oltre che sulla piattaforma di web tv del Fatto quotidiano, anche su Sky (i colloqui tra le parti sarebbero già  stati avviati, a breve si capirà  dove porteranno.
Insomma, Di Battista rimarrà  a fornire l’appoggio esterno senza entrare nella mischia italiana, dove ha ancora un secondo mandato da spendere mentre Giggino e la gran parte degli altri invece no. Così non potrà  aiutare il governo, mentre potrebbe liberarsi in caso di elezioni anticipate.
Lì servirebbe il suo contributo, perchè la campagna elettorale è il suo forte: quelli del TAP ad esempio lo sanno benissimo…

(da “NextQuotidiano”)

argomento: Costume | Commenta »

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