Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
INUTILE CHE LA MELONI DICA CHE SARA’ LEI, DOVRA’ RIPIEGARE SU UN NOME TERZO… IL CENTRO E IL PD FARANNO UNA CAMPAGNA PER RIPORTARE DRAGHI A PALAZZO CHIGI… E L’ESITO A QUESTO PUNTO NON E’ SCONTATO
Vediamo di esprimere alcune riflessioni sulla “tendenza” che si sta profilando in vista delle elezioni politiche di settembre che tanto scontate in realtà non sono.
Per una serie di ragioni che andremo ad elencare.
1) Il centrodestra è favorito solo perchè la somma dei tre partiti maggiori è intorno al 45% (in realtà lo è da una vita, anzi ha perso qualcosa negli ultimi mesi). Cambiano però i rapporti di forza all’interno.
Mentre prima (quando la Lega era oltre al 30%) il candidato premier era per tutti Salvini, da quando Giorgia Meloni ha effettuato il sorpasso la regola stranamente non pare più scontata.
Non a caso Lega e Forza Italia hanno tentato un’unione sperando di contenere l’avanzata di Fdi, ma ad oggi la Meloni è di poco avanti anche alla somma di Lega + Forza Italia, come avevamo previsto.
Il declino delle leadership prima di Berlusconi, poi di Salvini è inarrestabile, come avviene sempre in Italia (vedi Renzi e M5S). Una volta avviata non c’e’ ritorno di fiamma (varrà anche per la Meloni…)
Il centrodestra di fatto non potrà indicare un “sicuro” candidato premier perchè non sarà la Meloni, lo sa anche lei.
In caso di vittoria, la Meloni si limiterà a indicare una figura terza “presentabile” presso le cancellerie europee di oltre Oceano. Ma lo farà dopo le elezioni. Fermo restando che la Meloni con il 23% da sola non va da nessuna parte.
Conclusione: chi vota centrodestra, voterà al buio, convinto di votare una che non sarà mai premier.
2) Piccolo dettaglio istituzionale: poichè ogni partito si presenterà da solo è importante “chi fa primo” ai fini dell’assegnazione dell’incarico da parte del Presidente della Repubblica. Tradotto: se il Pd dovesse finire davanti a Fdi, Mattarella non potrebbe non indicare Letta come incaricato a formare un governo. Ovviamente se i numeri lo consentissero.
3) E’ vero che allo stato attuale i sondaggi danno una maggioranza risicata di seggi (tra uninominali e proporzionale) al centrodestra, ma abbiamo visto alle amministrative che contano anche i candidati che vengono proposti, non solo i partiti. Bastano dieci “sorprese” per non avere una maggioranza, per capirci.
4) Passiamo al Pd e ai centristi. Il Pd se aggrega Verdi-Sinistra-Leu-Mdp può raggiungere un 32-33%. I centristi oggi possono vantare un 10% (Azione+Europa. Italia Viva, Insieme per l’Italia e forze minori).
La somma delle due forze si avvicina al totale del Centrodestra.
Infine il M5S che finirà sotto il 10%, portando in solitaria in Parlamento solo gli eletti con il proporzionale.
5) Che campagna elettorale sarà e perchè il nome di Draghi potrebbe cambiare l’esito, rendendolo non scontato.
L’intenzione di Pd e centristi (vi sarà evidente nelle prossime settimane) è di indicare Draghi come futuro premier e questo cementerà i due schieramenti, fino ad oggi lontani.
Domanda: ma Draghi si esporrà? Risposta: no, ma non prenderà neanche le distanze.
Se il centrodestra dirà che “chi fa primo indicherà il premier”, nulla vieta al centrosinistra “di indicare” Draghi come premier ideale.
E non sarà un traino da poco, visto il trattamento che gli è stato riservato dai sovranisti e il credito personale e trasversale di cui gode in tutti i partiti (compresi Fdi, Lega e Fdi).
Una intelligente campagna elettorale di centristi e Pd potrebbe “spostare” il voto moderato verso nuovi lidi da parte di chi è rimasto disgustato dalla “cacciata” di una personalità tecnica che tutto il mondo ci invidia.
Necessitano due elementi: che i vari leader centristi mettano da parte il loro egocentrismo e si sacrifichino per la causa comune europeista e che si alzino i toni “politici” dello scontro, indicando chiaramente agli italiani una visione opposta e alternativa alla deriva sovranista che ci porterebbe nel baratro sociale, economico e valoriale.
In quel caso siamo convinti che, preso atto della volontà degli Italiani, Draghi non si tirerebbe indietro.
Ma le perplessità stanno nella considerazione che in Italia servirebbe un’altra sinistra e un altro centro, ad oggi caratterizzati da mille personalismi e distinguo.
Il tempo stringe e i putiniani sono alle porte. Se non volete finire come l’Ungheria datevi una mossa.
E’ tempo di eroi, non di servi.
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
PERMESSI FACILI PER I LOCALI DELLA MOVIDA E CARTE SCOMODE FATTE SPARIRE: TUTTE LE ACCUSE NEI CONFRONTI DELLA SINDACA DI TERRACINA ROBERTA TINTARI FINITA AGLI ARRESTI DOMICILIARI…IL RUOLO DI NICOLA PROCACCINI, EUROPARLAMENTARE DI FRATELLI D’ITALIA
Carte troppo compromettenti che dovevano sparire al più presto per evitare
conseguenze. Così la sindaca Roberta Tintari decise di intervenire personalmente occultando i verbali di una riunione di Giunta nei quali si parlava dell’abusivismo all’Arena del Molo di Terracina.
Era sotto osservazione e su questo si basa una parte delle accuse che la Procura di Latina avanza proprio nei confronti della prima cittadina finita agli arresti domiciliari con altre cinque persone. Sull’indagine che scoperchia la rete corruzione nel comune del litorale pontino ora vengono fuori nuovi particolari.
I PASTICCI
Era il 25 settembre 2019 e la Tintari era ancora sindaco facente funzioni (fu poi eletta nel 2020 dopo il ballottaggio): la Giunta comunale quel giorno si riunì per affrontare il problema dell’abusivismo all’Arena del Molo. La Guardia Costiera aveva già effettuato le sue verifiche e la Tintari, secondo la ricostruzione dell’accusa, tentò di insabbiare tutto, facendo sparire le carte più a rischio, probabilmente con l’aiuto di qualcuno. Secondo il giudice Castriota, che nell’ordinanza di custodia cautelare ne ha tracciato un profilo, la sindaca risulta «ottimamente inserita all’interno del sistema dì collusioni e interferenze tra imprenditoria e amministrazione comunale».
Anche quando ricoprì la carica di vicesindaco, quando l’attuale europarlamentare Nicola Procaccini era primo cittadino, Tintari dimostrò di «disporre della connivenza di colleghi, ai quali si è rivolta non solo per soddisfare richieste illegittime del proprio elettorato ma anche per soddisfare interessi privati a scapito degli interessi della collettività, facendo mercimonio della propria funzione e infrangendo il rapporto di fiducia con chi le ha accordato il potere pubblico» scrive il giudice nell’ordinanza descrivendo la sindaca come una «personalità spregiudicata e particolarmente propensa al reato pur di soddisfare i propri interessi». Gli incontri per pianificare favori e iniziative si organizzavano, in alcuni casi, anche all’interno del palazzo comunale
Tra le accuse della Procura c’è anche la realizzazione di un ponte ciclopedonale grazie a un finanziamento europeo, un progetto inizialmente previsto come miglioramento delle aree di sbarco dei pescherecci, ma poi indirizzato verso una pista ciclopedonale con un passaggio sopraelevato. Intanto si attendono gli interrogatori di garanzia che sono stati fissati per lunedì con i primi tre arrestati: Roberta Tintari, Gianni Percoco e Corrado Costantino.
I PERMESSI FACILI PER I LOCALI DELLA MOVIDA
«Tu mi devi solo dire con quante persone vieni, ci penso io a prenderti un bel gazebo e sabato mattina ti metto la benzina». Lo stabilimento più alla moda del litorale di Terracina, il Whitebeach, poteva contare sugli aiuti del Comune per risolvere ogni tipo di problema. Nelle carte dell’inchiesta giudiziaria sulla corruzione si fa spesso riferimento alle attività estive gestite da persone con agganci importanti.
Nell’agosto del 2019 la Guardia Costiera effettua un’ispezione nel locale Whitebeach contestando una serie di abusi, a cominciare da un allargamento dell’area utilizzata come cucina con una serie di pannelli di legno, piazzati senza alcuna autorizzazione. Successivamente anche i carabinieri del Nas effettuano i loro controlli nello stesso locale, riscontrando una serie di irregolarità che portano alla sospensione della licenza.
E a questo punto gli amici si mettono all’opera. «L’ordinanza – scrive il giudice Giorgia Castriota – prima ancora di essere notificata ai diretti interessati e agli organi di polizia amministrativa, fu comunicata dal dirigente Corrado Costantino al tecnico Giuseppe Zappone». Da qui i ringraziamenti per la soffiata, con l’offerta di gazebo e benzina, con il chiaro obiettivo di ottenere aiuti per risolvere il problema.
(da Il Messaggero)
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
IL LEGALE DEI DISSIDENTI GRILLINI POTREBBE CHIEDERE A UN TRIBUNALE L’APPLICAZIONE DELLA NORMA: I SENATORI POTREBBERO ESSERE TUTTI ESPULSI E NON RICANDIDATI
L’avvocato Lorenzo Borré ieri ha ricordato in un post: «Visto che il codice etico, utilizzato spesso e volentieri come una clava verso i dissidenti, imponeva la votazione a favore della risoluzione Casini (in quanto stabilisce l’obbligo di votare la fiducia a governi M5S, ndr ), ora che si fa? Si attua l’autoespulsione di massa?».
L’ipotesi di chiedere l’espulsione dell’intero gruppo di senatori – precludendo loro una futura rielezione o un incarico interno – è già al vaglio di attivisti e delusi.
In questo modo, verrebbero tagliati fuori da un futuro nel M5S contiano anche big come Paola Taverna o Vito Crimi, Ettore Licheri o Mario Turco.
Una situazione al limite del grottesco. C’è chi ricorda: «Paragone è stato cacciato proprio per non aver votato la fiducia».
Anche in questo caso, la strada si presenta tortuosa perché il collegio dei probiviri annovera tra le sue fila proprio due senatori (Barbara Floridia e Danilo Toninelli) e quindi sarebbe in conflitto di interessi per un giudizio sui colleghi di Palazzo Madama. Il duello tra fazioni, insomma, non è per niente concluso.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
L’EX DIRETTORE DEL RESTO DEL CARLINO: “PER ESSERE LIBERALI NON BASTA AFFERMARLO A PAROLE”
Il terremoto in Forza Italia, dopo che il partito ha negato la fiducia a Mario Draghi
uscendo durante il voto, coinvolge anche Andrea Cangini. L’ex direttore de “Il Resto del Carlino”, che ha votato la fiducia pronunciando un discorso molto duro, adesso lascia gli azzurri. “Una mossa del genere non è compatibile con la mia permanenza nel partito – spiega – non si votava una questione etica dove potesse essere lasciata libertà di coscienza, ma la decisione di mettere in crisi un governo che fino al al giorno prima veniva da noi descritto come il migliore dei governi possibili. Io la penso ancora così, credo che il governo Draghi in questa fase abbia salvato l’Italia”.
Dopo l’addio della ministra Maria Stella Gelmini, anche Cangini quindi lascia il partito di Silvio Berlusconi, dove è approdato da indipendente dopo una lunga carriera nel giornalismo. Il suo nome era stato fatto anche come “papabile” candidato sindaco di Bologna della coalizione di centrodestra, anche se alla fine Matteo Salvini scelse di puntare su Fabio Battistini, con deludenti risultati elettorali.
Ora si apre una nuova fase e in molti si chiedono se questa diaspora da Forza Italia darà vita a una nuova formazione politica. “Io non mi sono preoccupato di creare cordate o fare proselitismi – dice Cangini – seguo troppo la coerenza e i principi per questo genere di cose”.
Cangini si definisce liberale, come molti altri componenti del suo ormai ex partito. “Non basta dirsi liberali a parole, è un dato che va dimostrato nei fatti – dice Cangini – credo che basti avere un minimo di buon senso per capire che in una fase simile questo è il migliore dei governi possibili”.
Da fine giornalista politico, a Cangini non sfugge l’interesse elettorale della destra nel compiere questa scelta, ma comunque è molto critico. “Tra 6 mesi la destra avrebbe vinto lo stesso le elezioni – dice il parlamentare – ma adesso rischia di farlo in un paesaggio di macerie”.
Ieri Cangini in aula aveva argomentato così la decisione di votare la fiducia: “La demagogia si è mangiata la politica non solo a causa della velleità del M5S, del Pd che pone questioni identitarie, dell’approccio alla politica di Matteo Salvini. Non parlo di Fi per questione di stile. Dopo aver votato la fiducia per 55 volte al governo Draghi e sentito quello che ha detto oggi non v’è un fatto politico che cambi il mio voto. Voterò la fiducia”
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
AVEVA TROVATO UN ACCORDO CON LETTA E SPERANZA: “SÌ ALLA FIDUCIA, MA SUBITO DOPO I NOSTRI ESCONO DAL GOVERNO E QUELLO DEL M5S DIVENTA UN APPOGGIO ESTERNO” … DOPO LA REPLICA DI DRAGHI L’ENNESIMA CAPRIOLA… L’ULTIMA RIUNIONE: “MA SECONDO VOI MATTARELLA CHE COSA FA ADESSO?”
«Allora rimaniamo così, io farò di tutto coi miei per arrivare a questo punto. Noi votiamo la fiducia a Draghi ma ritiriamo i ministri dal governo. Tanto per evitare equivoci: diciamo sì alla fiducia ma il nostro, da stasera, diventa un appoggio esterno».
Dire dell’incredibile Luna park che è stata la giornata di Giuseppe Conte, lo starter che ha premuto il grilletto di una crisi di governo che ha preso pieghe imprevedibili, vuol dire raccontare cinque o sei personaggi a cui l’ex presidente del Consiglio ha prestato corpo e voce durante la giornata più lunga di una legislatura morente.
Il barricadero neo-leader dell’opposizione ma anche il placido cucitore di una tela governista, l’avvocato azzeccagarbugli che scandaglia le norme del regolamento del Senato ma anche il giudice severo che ripete «faccio come dico io», il totus politicus che elabora trame ma anche il capopopolo che le disfa. Tutto spalmato in quindici-sedici riunioni che si susseguono una dopo l’altra; tutto in una stessa persona.
A metà pomeriggio, si materializza la versione più governista del Conte degli ultimi mesi. L’ex presidente del Consiglio ha parlato a più riprese con Dario Franceschini e Francesco D’Incà, poi è arrivato il momento di ricevere nella stanza del Senato dove trascorre l’intera giornata — quella in uso alla capogruppo Mariolina Castelloni — gli altri due leader del vecchio campo largo, Enrico Letta e Roberto Speranza.
«Allora siamo d’accordo?», ripetono quasi all’unisono i segretari di Pd e Articolo 1, tentando di pescare l’unico jolly che può salvare il salvabile. «Siamo d’accordo, io ci provo», replica il capo politico del M5S. «Fiducia sì, ma subito dopo i nostri escono dal governo e il mio diventa un appoggio esterno».
Il miraggio dura una quarantina di minuti. Letta e Speranza, insieme a D’Incà e Franceschini, hanno giusto il tempo di recapitare il ramoscello d’ulivo contiano a Draghi e al Quirinale. Poi tutto torna indietro come le navi di Ulisse respinte dal vento proprio quando erano pronte ad attraccare a Itaca. Conte li chiama al telefono. E urla: «Ma l’avete sentito quello che ha detto Draghi nella replica? Io dovrei chiedere ai miei di votare la fiducia a una persona del genere? Qui non si tratta della mia dignità personale, quella non dipende certo da Draghi e comunque me ne fregherei. Qua si tratta di chiedere ai senatori del M5S di votare la fiducia a uno che ha appena calpestato la dignità politica di tutto il Movimento!».
Nella stanza della Castellone l’aria condizionata va e viene. Conte si toglie e si rimette la giacca cento volte, allenta la cravatta e poi la ricompone, la celeberrima pochette si trasforma in una specie di fazzoletto ai limiti dell’inservibile. Nelle riunioni che si susseguono una dopo l’altra — i vice, i capigruppo, la delegazione dei ministri — il capo politico fa la colomba coi falchi e il falco con le colombe. Stefano Buffagni, che entra ed esce dalla stanza alla ricerca di un’interlocuzione qualsiasi che possa salvare il salvabile, si attacca al telefono: «Che vi avevo detto? Ve l’avevo detto o no che se iniziava una crisi così al buio, poi finiva male? Io vivo in mezzo a gente che si spacca la schiena. Gli italiani ci impalano tutti, dal primo all’ultimo politico. E fanno bene».
Quando Draghi finisce di leggere la sua replica, gli spazi di manovra si annullano del tutto. Il centrodestra ha virtualmente staccato la spina. C’è l’ultimo filo di un gomitolo di trattativa che passa dalla scrivania di Conte. E Conte decide di farlo in mille pezzi. «Draghi ci ha insultato. Ha insultato le proposte politiche del Movimento. Ma non si è limitato a insultarci. L’ha fatto con livore».
Attorno a lui, c’è gente con le mani nei capelli. «Ohi, be’? Che vi aspettavate?», dice il capo politico quando l’assemblea permanente sta per sciogliersi, forse per sempre. «Non si tratta di me. Io mi porto appresso la responsabilità di un intero movimento». Qualche ora dopo s’è fatta sera, l’aria condizionata viene abbassata, le finestre aperte. Conte, dopo una giornata di risposte, passa alle domande. Dall’ultima riunione con la cerchia ristretta: «Ma secondo voi Mattarella che cosa fa adesso?». Sipario.
(da Il Corriere della Sera)
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
GRAMELLINI: “SCUSATE IL PENSIERO MALIZIOSO (SARÀ IL CALDO), MA CONSIDERATA LA POSIZIONE COMUNE DI CONTE E SALVINI SULLA GUERRA, IL VERO MISTERO NON È CHE IL GOVERNO SIA CADUTO, MA COME ABBIA FATTO A DURARE FINO A IERI”
Tra gli effetti nocivi del riscaldamento globale va annoverato l’impazzimento estivo
della politica italiana. Quando gli scienziati si decideranno ad affrontare seriamente la questione, non potranno che scoprire evidenti connessioni tra l’aumento delle temperature e il comportamento di Salvini e Conte, già protagonisti tre estati fa di un doppio colpo di teatro che – adesso si può dire – fu un doppio colpo di sole e portò l’uno a far cadere un governo di cui era ministro e l’altro a rimanere a Palazzo Chigi con il sostegno dell’opposizione.
Quanto è successo in questi giorni conferma i sospetti che alcuni climatologi avanzarono già allora: Conte si è sfilato dalla maggioranza d’emergenza non certo perché fosse finita l’emergenza, ma appena il barometro ha raggiunto i 38 gradi. Mentre Salvini ha aspettato che sfiorasse i 40 per sfiduciare un governo a cui aveva rinnovato la fiducia non più tardi di giovedì scorso.
Sarebbe però ingiusto affermare che il caldo abbia colpito soltanto loro: ha insidiato le berlusconiane Ronzulli e Gelmini, ridottesi a battibeccare in Senato come due automobilisti al semaforo, ed è arrivato a scalfire persino l’aplomb di Draghi, che, quando non ne ha potuto proprio più, ha cominciato a togliersi dei sassolini dalle scarpe che sembravano il Monte Bianco.
A proposito, scusate il pensiero malizioso (sarà il caldo), ma considerata la posizione comune di Conte e Salvini sulla guerra, il vero mistero non è che il governo sia caduto, ma come abbia fatto a durare fino a ieri.
(da il Corriere della Sera)
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
“FORZA ITALIA SI E’ APPIATTITO SULLA LEGA. AVRANNO ANCHE IL CONSENSO DEI TASSISTI MA NON QUELLO DI CHI CREDE NELLE RIFORME”… “IL CENTRODESTRA È ORMAI UN CARTELLO ELETTORALE POPULISTA E SOVRANISTA: SI UNISCONO PER VINCERE MA HANNO POSIZIONI DIVERSE SU TUTTO. AMMESSO CHE QUESTA DESTRA VINCA LE ELEZIONI, DIFFICILMENTE RIUSCIRÀ A GUIDARE IL PAESE”
Venticinque anni di fedeltà, l’ultimo in verità piuttosto contrastato è sfociato due mesi fa in un durissimo attacco al leader per il suo atteggiamento giudicato ambiguo sulla guerra in Ucraina.
Si è rotto in pochi mesi il rapporto di Mariastella Gelmini con il Cavaliere e il suo partito. E non si è mai più ricostruito, anche se sul suo futuro la ministra uscente degli Affari regionali non si sbilancia su un suo futuro approdo: «Non ho preso alcuna decisione, non so cosa farò. Rifletto, ci penserò».
Perché sbattere la porta?
«Quello che è successo ieri è gravissimo. La crisi si era aperta a causa delle convulsioni del M5S: non era facile riuscire a prendersi la responsabilità di portare il Paese al voto in mezzo a una crisi senza precedenti, con l’inflazione ai massimi da quaranta anni, e una guerra. La FI che ho conosciuto in questi venticinque anni di militanza e di impegno politico, sarebbe stata dalla parte di Mario Draghi, che ha fatto un ottimo lavoro, è un convinto europeista, e che certo non è di sinistra».
E perché non è successo?
«Vuole la verità? Lega e FI il governo lo hanno sempre sopportato e non supportato. E già dalla settimana scorsa la Lega ha cominciato a mettere paletti, fino ad arrivare a prefigurare la richiesta di sostituire un ministro come Lamorgese (che non è dei 5 Stelle!), senza che da FI si alzasse una sola voce critica. La gestione di ieri è stata la rappresentazione dell’appiattimento acritico sulla Lega ed è stato il colpo definitivo di una storia ultra ventennale di battaglie liberali, riformiste ed europeiste. Avranno anche il consenso dei tassisti probabilmente, ma non quello di chi crede nelle riforme, nell’UE, nel liberalismo e nella concorrenza. Non potevo restare un minuto in più in un partito che non riconosco».
Lega e FI si fonderanno per contrastare la Meloni?
«L’opprimente osmosi con la Lega era evidente da tempo. Mentre gli altri partiti di maggioranza riunivano i gruppi, le delegazioni di governo, i dirigenti, i vertici di FI parlavano solo con Salvini e con un ristretto cenacolo di dirigenti azzurri che meriterebbero la tessera ad honorem del Carroccio. I nostri parlamentari consultati solo a decisioni prese. E per quale risultato? Le elezioni ci sarebbero comunque state al più tardi in primavera: non far niente per impedirle adesso, mentre da ogni dove arrivavano appelli ad anteporre gli interessi del Paese, ha significato mettere a rischio gli obiettivi del Pnrr, la legge di bilancio, il nuovo decreto Aiuti che era in gestazione… Un danno enorme per il Paese e un passo che indebolirà il fronte occidentale. Putin sarà soddisfatto».
Però FI e Lega hanno proposto un nuovo governo senza i 5stelle.
«Sì, dopo che il premier ha ribadito che non ci sarebbe stato un altro governo da lui guidato… Potevano direttamente chiedere le urne. Sarebbe stato più onesto».
Però oggi FI e Lega, con FdI, sfideranno un «campo largo» di centrosinistra affondato da Conte: non era un’occasione da sfruttare?
«Il centrodestra non è più tale e non è neanche una destra-centro. È semplicemente un cartello elettorale populista e sovranista: si uniscono per vincere ma hanno posizioni diverse su tutto. Dai vaccini, alla politica estera. Lega, FI e FdI hanno sostenuto fino a ieri tesi diverse, pure sul Pnrr con la Meloni. Anche ammesso che questa destra, che è riuscita anche a “consegnare” Draghi alla sinistra, vinca le elezioni, difficilmente riuscirà a guidare il Paese verso la direzione giusta».
I suoi colleghi di governo come la pensano?
«Credo che siano come me basiti, ma non posso rispondere per loro. Certamente anche loro hanno sofferto la totale estromissione dalla gestione del partito. Siamo sempre stati per tutti questi mesi isolati al governo. FI anziché rivendicare i risultati di un esecutivo che le tasse ha iniziato a tagliarle, che ha gestito bene la pandemia, che ha avviato un’enorme opera di differenziazione energetica, ha continuamente messo i bastoni fra le ruote in Parlamento. Il buono che è stato fatto sulle riforme rischia di andare al macero. Chi voleva subito uno scostamento di bilancio per aiutare famiglie e imprese, ha affossato il decreto Aiuti che il governo stava predisponendo. Adesso se ne riparla dopo le elezioni… prima i voti, poi le famiglie…».
Che resta del suo rapporto con Berlusconi?
«FI si è disciolta nel populismo salviniano. La FI che ho conosciuto non avrebbe avuto dubbi nello scegliere fra Draghi e le pulsioni sovraniste di Salvini, e non avrebbe permesso che il presidente Berlusconi, che ha fatto grandi cose per il Paese, e che ha pagato per questo un prezzo alto, si allineasse a questa destra. Ho provato a convincerlo, ma è evidente che ha fatto la sua scelta, e io ho fatto la mia. Continuo a nutrire per lui stima e affetto. Pensare però che questa storia politica venga dissipata dentro la nuova destra trumpista e lepenista, mi addolora molto. Ma non posso far finta di nulla».
(da il Corriere della Sera)
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
LA PARLAMENTARE PUGLIESE AVEVA CRITICATO LA SCELTA DEL PARTITO DI NON VOTARE LA FIDUCIA A DRAGHI
All’indomani del voto di fiducia in Senato, che ha determinato la fine del governo
Draghi, si apre la resa dei conti nei partiti di maggioranza che ieri hanno deciso di non votare la fiducia all’esecutivo.
Nelle scorse ore la ministra Gelmini e il ministro Brunetta hanno annunciato il loro addio a Forza Italia, in aperto dissenso contro la decisione di abbandonare l’Aula durante il voto, come la Lega. Ma la ferita è aperta anche nel Movimento 5 Stelle che non ha partecipato al voto. E mentre il presidente del M5s Conte viene accolto con gli applausi all’assemblea dei deputati, arriva la notizia di una nuova fuoriuscita dal Movimento: quella della deputata pugliese Soave Alemanno, che negli ultimi giorni è stata fortemente critica verso la linea di Giuseppe Conte. Alemanno ha annunciato il suo addio al M5s in un post su Facebook, dicendosi «amareggiata» perché «quella scritta nell’ultimo periodo è una brutta pagina che non avrei voluto leggere» e definendo la mancata fiducia di ieri da parte del Parlamento, ma soprattutto del M5s una «scelta insensata e vigliacca», che «ha buttato all’aria il lavoro fatto finora, sottraendosi, di fatto, dalla responsabilità di cercare delle soluzioni». La deputata lascia il gruppo del M5s alla Camera e, scrive Ansa, aderisce a quello di Italia Viva.
(da agenzie)
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Luglio 21st, 2022 Riccardo Fucile
LUI SI COMMMUOVE PER L’ATTESTATO DI STIMA: “CERTE VOLTE ANCHE IL CUORE DEI BANCHIERI CENTRALI VIENE USATO”
Mario Draghi si è dimesso e il governo resta in carica per il disbrigo degli affari correnti. L’ex numero uno della Bce è salito al Colle per incontrare il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Durante il colloquio con il Capo dello Stato, come reso noto dal Quirinale, «il professor Draghi ha reiterato le dimissioni sue e del governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica ne ha preso atto. Il governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti».
Nel pomeriggio il presidente Mattarella riceverà i presidenti di Camera e Senato, rispettivamente Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Subito dopo il colloquio con Mattarella al Quirinale, il presidente Draghi ha incontrato sia la presidente del Senato, Casellati, sia il presidente della Camera, Fico.
In precedenza, prima di salire al Quirinale, Mario Draghi aveva tenuto un breve discorso alla Camera: «Certe volte anche il cuore dei banchieri centrali viene usato, qualche volta. Grazie per tutto il lavoro fatto insieme in questo periodo. Alla luce del voto espresso ieri del Senato della Repubblica chiedo di sospendere la seduta perché mi sto recando dal presidente della Repubblica per comunicare le mie determinazioni». Alla Camera dei Deputati, il presidente Draghi è stato accolto da un lungo applauso, all’indomani del voto di fiducia in Senato che ha determinato la fine dell’esperienza di governo con Lega e Forza Italia che hanno abbandonato l’Aula di Palazzo Madama durante il voto, mentre il MoVimento cinque stelle non ha partecipato, tenendo comunque in piedi il numero legale per la validità della fiducia.
(da agenzie)
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