Destra di Popolo.net

VENETO, TUTTE LE MACERIE CHE LASCERA’ ZAIA

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

ASSENTEISTA RECORD, I PESTICIDI, LE TEMPESTE: LA NARRAZIONE APOLOGETICA SI SCONTRA CON LA REALTA’

Adesso che Luca Zaia non c’è (non ci sarà) più, chi potrà raccontare un Veneto che non è mai esistito se non nella narrazione illusoria e consolatrice di un mondo perfetto? In attesa che il governatore entri nell’albo d’oro della Regione Veneto – tre mandati, 15 anni di potere, come solo Giancarlo Galan è riuscito a fare – merita di gettare uno sguardo sullo Zaiastan, con le sue promesse e le sue macerie.
Bostik & Poltrona.
Diceva: “Lavorerò pancia a terra fino alla fine per i veneti”, ma si è aggrappato all’ultimo dei Viceré meridionali sperando nel via libera al terzo mandato (per lui il quarto). Irriducibile, ha anche chiesto al Consiglio di Stato di spostare il voto al maggio 2026, guadagnando nove mesi.
Assenteista record.
Su 158 convocazioni del consiglio regionale, si è presentato solo 12 volte su 158 (7.06%). Tasso di assenteismo al 92,9%, che sale al 99,7 considerando le 16 votazioni (su 6359) a cui ha partecipato. Gli altri governatori viaggiano tra il 57 e il 95% di presenze.
La madre delle battaglie (perse).
L’autonomia è Zaia, Zaia è l’autonomia. Peccato che la riforma sia impantanata, otto anni dopo il referendum del 2017. In mezzo ci stanno 3 legislature, 5 governi (3 con ministri leghisti) e per 2 volte Matteo Salvini vicepremier.
Partito negletto.
Ha detto: “Sono un amministratore, non un politico”. Infatti si è interessato a intermittenza della Lega senza contrapporsi a Salvini, come molti dei suoi gli chiedevano. Risultato: la Lega alle Europee 2019 aveva in Veneto il 49,8%, è sprofondata al 13,1 nel 2024.
Il sorpasso.
Nonostante Zaia, Lega ridicolizzata in Veneto da FdI. Politiche 2022: 32,6% contro 14,6. Europee 2024: 37,6% contro 13,1. Sorpasso storico, perciò Meloni vuole la Regione.
Covid in diretta.
Zaia ha governato emergenze, Vaia e inondazioni. Con il Covid ha costruito un consenso mediatico che nel 2020 lo ha premiato: rieletto con uno stratosferico 76,8%.
Pedemontana colabrodo.
Ha finito la Pedemontana Veneta da 2,5 miliardi, ma si è accollato il rischio pedaggi. In 39 anni la Regione pagherà al concessionario 12 miliardi di euro (300 milioni all’anno) e siccome il traffico scarseggia, solo in 9 mesi del 2024 il “buco” pubblico è stato di 47 milioni di euro. Si profila una perdita di qualche miliardo.
L’ultima pista.
“Iconica” e “bella come il museo Guggenheim” (testuale) la pista da bob di Cortina sarà l’ultima della storia (lo ha detto il presidente del Cio). Il governatore l’ha fortissimamente voluta e se la gode, tanto i 124 milioni di euro li paga lo Stato, non la Regione (che nel 2019 aveva promesso di farsene carico).
Colline ai pesticidi.
Un vanto il riconoscimento Unesco (2019) delle Colline del Prosecco quale patrimonio dell’umanità. Con un record di pesticidi in Veneto: 16 milioni di kg nel ’23; 3,3 kg per abitante.
Acque maledette.
Altro che “tolleranza zero” con i Pfas. La Miteni di Trissino, nell’indifferenza degli enti pubblici, ha inquinato falda e acquedotti di tre province (Vicenza, Verona, Padova) e un territorio dove vivono 350 mila persone.
Terra divorata.
Il Veneto è “maglia nera” per consumo del suolo, prima della Lombardia: 891 ettari in più nel 2023, con percentuale di occupazione all’11,8.
Scandalo Mose.
Zaia se ne è sempre chiamato fuori, ma le tangenti proliferarono quando lui stava in Regione, vice di Giancarlo Galan.
Banche amiche.
Quando Bankitalia ispezionò Veneto Banca, prima del crac, Zaia disse: “È dittatura finanziaria”. E 200 mila risparmiatori (con PopVicenza) sono finiti sul lastrico
Sanità privata.
Sanità pubblica da 11,8 miliardi che funziona, ma arretra su quella privata, che nel 2022 tocca 3,8 miliardi di euro, con un costo pro-capite di 790 euro. Incide sul 15,6% dei ricoveri ospedalieri e sul 13,7% di prestazioni specialistiche. Le lunghe attese sono una piaga non ancora eliminata.
Tasse Zero.
Zaia si è vantato: “Veneto tax free, non metto le mani nelle tasche dei veneti”. Nel 2024 ha aumentato l’Irap per le aziende (50 milioni di euro, da rivedere al rialzo) anche per i buchi della Pedemontana.
(da ilfattoquotidiano.it)

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IN VINO VERITAS

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

LOLLOBRIGIDA E LA REVISIONE DEL NUOVO TESTAMENTO… NORDIO A QUANDO LA TESI SUGLI OSPEDALI SOVRAFFOLLATI A CAUSA DEI PAZIENTI CHE HANNO I CATTIVO GUSTO DI AMMALARSI E DEI MEDICI COLPEVOLI DI OPERARE?

Dal vangelo secondo Lollo abbiamo appena appreso che Gesù moltiplicò il vino, ma è preferibile sospendere ogni giudizio, almeno fino a quando il ministro dell’Agricoltura con delega al buonumore non completerà la revisione del Nuovo Testamento rivelando che alle nozze di Cana l’acqua venne tramutata in pani (e la gasata in pesci).
Vale invece la pena soffermarsi sulle dichiarazioni non meno miracolose rilasciate al Senato dal suo collega della Giustizia, Nordio.
Se le carceri sono affollate, ha detto, «la colpa non è del governo, ma di chi commette reati e della magistratura che li mette in prigione». Il ragionamento non fa una grinza, anzi, si può agevolmente estendere ad altri settori. La sanità, per esempio: se gli ospedali sono affollati, la colpa è dei pazienti che si ammalano e dei medici che li operano.
In effetti, se nessuno rubasse o uccidesse non ci sarebbe più alcun bisogno di costruire nuove carceri, e anche le vecchie, opportunamente ristrutturate, verrebbero riconvertite in airbnb.
Poiché però la trasformazione degli esseri umani in cherubini potrebbe ancora richiedere qualche millennio, il modo più rapido per ridurre l’affollamento degli istituti di pena non consiste nell’aumentarli di numero, ma nello smettere di mandarvi i condannati. Senza contare che l’idea di moltiplicare le carceri è un indice infallibile di pessimismo.
Meglio non pensarci, e moltiplicare il vino.
(da corriere.it)

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SONDAGGIO IPSOS: LA GUERRA DEI DAZI PREOCCUPA IL 70% DEGLI ITALIANI, SOLO IL 18% POCO O NULLA

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

LA MAGGIORANZA E’ PER UNA RISPOSTA COMUNE EUROPEA, SOLO IL 28% VORREBBE UNA TRATTATIVA DIRETTA CON TRUMP (OVVIAMENTE I SERVI SOVRANISTI)

L’imposizione di dazi da parte di Trump ha provocato un profondo e drammatico sommovimento nei mercati, nelle borse, nella politica e nell’economia. Una tempesta che sembra richiedere un profondo riposizionamento degli attori mondiali ed evidenzia plasticamente il modificarsi del paradigma che per ottant’anni circa ha retto, con andamenti pur complessi, il sistema mondiale. L’impatto dell’avvio dei dazi è stato però tale da consigliare una moratoria: proprio nel giorno in cui scriviamo i dazi sono sospesi per 90 giorni, ridotti al 10% (ad eccezione della Cina, Paese per cui vengono inaspriti) in attesa di trattative.
Timori diffusi
Occorre innanzitutto specificare che la gran parte delle interviste di cui esponiamo oggi i risultati sono state svolte prima dell’annuncio di sospensione dell’incremento delle tariffe.
Detto questo, quali sono le opinioni degli italiani sulla guerra commerciale avviata (o annunciata) da Donald Trump? La scelta di procedere all’imposizione dei dazi crea un’elevatissima e trasversale preoccupazione tra i nostri connazionali: il 34% si dichiara infatti molto preoccupato, il 36% abbastanza, solo il 18% se ne preoccupa poco o per nulla.
Inquietudine trasversale: questa opinione prevale infatti nettamente in tutti gli elettorati. Solo due segmenti elettorali, pur facendolo prevalere, attenuano questo orientamento: gli elettori di Fratelli d’Italia, che per il 31% non se ne preoccupano, e gli elettori della Lega, dove la tranquillità arriva al 35%.
Effetti negativi
Maggioritaria la convinzione che i dazi non porteranno benefici a nessuno: il 58% pensa infatti che la guerra commerciale danneggerà tutti allo stesso modo, mentre solo pochi (15%) pensano che, nonostante le roboanti dichiarazioni del presidente americano, ciò potrà portare effettivi benefici agli Usa.
Anche in questo caso emerge una vasta trasversalità. Solo gli elettori leghisti non esprimono la maggioranza assoluta per l’idea che i dazi produrranno problemi per tutti.
Di fronte a questo attacco, come sarebbe meglio che l’Italia si difendesse? Dovrebbe esserci una risposta comune con l’Europa o è meglio che il nostro Paese si muova autonomamente?
In questo caso le opinioni sono meno nette, ma prevale l’idea che occorra lo scudo europeo: il 49% pensa infatti che il nostro Paese dovrebbe concordare una strategia con l’Europa, mentre il 28% opta per una trattativa diretta con gli Stati Uniti.
Posizione che si enfatizza sino a diventare maggioritaria tra gli elettori leghisti (51%), mentre gli elettori di FdI e FI, pur apprezzando questa opzione, vedono prevalere l’idea che sia meglio coordinarsi con l’Europa. Nell’opposizione sono i 5 Stelle a gradire di più (36%) l’ipotesi di rapporto privilegiato con gli Usa.
Rapporti internazionali
Complessivamente si pensa che l’Italia deve cercare di essere vicina all’Europa (46%), più che non agli Stati Uniti (17%), ma con un’elevata area di incertezza (37%). Anche in questo caso con caratterizzazioni simili a quelle evidenziate in precedenza: più filo-statunitensi gli elettori di centrodestra a partire dai leghisti dove l’opzione diviene prevalente (40%), seguiti da chi vota FdI (31%) e FI (24%). In questi ultimi due elettorati però prevale comunque la vicinanza all’Europa.
Da sottolineare che nell’opposizione sono gli elettori M5S, per quanto non in misura eclatante, a manifestare maggiore vicinanza agli Usa. È diffusa la convinzione che per Trump il nostro Paese sia secondario nello scenario internazionale, visto il nostro minor peso economico e militare: lo pensa il 47% dei nostri intervistati. Il 24% invece vede l’Italia come un paese strategico in virtù dei buoni rapporti che vi sono tra il presidente americano e la premier Giorgia Meloni e il vicepremier Salvini.
La situazione è davvero mutevole in questi mesi, e le opinioni sono soggette alla stessa mutevolezza. Sembra però chiaro da quanto emerso che la questione del
rapporto con gli Usa evidenzia differenze importanti nella maggioranza, con gli elettori leghisti molto più spostati verso Trump e molto più diffidenti verso l’Europa. In maniera meno evidente ma apprezzabile, un atteggiamento simile viene, tra le opposizioni, evidenziato dagli elettori

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“LA VICENDA PARAGON È IL WATERGATE ITALIANO”: MATTEO RENZI CONTINUA A INFILZARE IL GOVERNO SULLA VICENDA DELLO SPIONAGGIO SUL GIORNALISTA FRANCESCO CANCELLATO

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

“IL DIRETTORE DI UNA TESTATA CHE HA ATTACCATO FRATELLI D’ITALIA SI RITROVA UN TROJAN NEL TELEFONINO. E QUESTO TROJAN È IN USO SOLO AL GOVERNO. È LA STORIA SU CUI MELONI HA RIFIUTATO DI RISPONDERE IN AULA” … “PIÙ PENSANO CHE RIUSCIRANNO A FAR CALARE IL SILENZIO SU QUESTE STORIE, PIÙ MI IMPONGO DI LAVORARCI SODO. E A BREVE ARRIVERANNO LE PRIME NOVITÀ”

“Come in troppi stanno facendo con Paragon e con l’utilizzo proprietario delle Istituzioni. Questa vicenda è sempre più il Watergate italiano: il direttore di una testata che ha attaccato Fratelli d’Italia si ritrova un Trojan nel telefonino. E questo Trojan è in uso solo al Governo.
È la storia su cui Giorgia Meloni ha rifiutato di rispondere in Aula dicendo che non voleva fare pubblicità al mio libro, ricordate? Ne parleremo anche oggi in conferenza stampa. Dico solo questo: più pensano che riusciranno a far calare il silenzio su queste storie, più mi impongo di lavorarci sodo. E a breve arriveranno le prime novità, non facili da spiegare soprattutto per un Governo che su questi temi cerca lo scontro anziché il dialogo istituzionale. Ne vedremo delle belle. O delle brutte. Dipende dal punto di vista”. Lo scrive sui social il leader di Iv Matteo Renzi.
(da agenzie)

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L’UNICA COSA SICURA NEL CASO DEI “PAESI SICURI” È CHE LA DUCETTA HA FATTO UN BEL CASINO: L’AVVOCATO GENERALE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, NELLE SUE CONCLUSIONI SUL CASO SCATURITO DAL PROTOCOLLO ITALIA-ALBANIA, HA DICHIARATO CHE “UNO STATO MEMBRO PUÒ DESIGNARE PAESI D’ORIGINE SICURI MEDIANTE ATTO LEGISLATIVO”, MA DEVE METTERE A DISPOSIZIONE DEI GIUDICI LE INFORMAZIONI IN BASE ALLE QUALI HA PRESO LE SUE DECISIONI

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

TRADOTTO: DA UN LATO DA’ RAGIONE AL GOVERNO ITALIANO PER IL DECRETO “PAESI SICURI”, DALL’ALTRO SI SCHIERA CON LE TOGHE CHE NON HANNO CONVALIDATO IL TRATTENIMENTO DEI MIGRANTI …LE CONCLUSIONI NON SONO VINCOLANTI, MA INDICATIVE IN VISTA DELLA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA ATTESA TRA UN MESE

Da un lato dà ragione al governo Meloni, che ha stabilito con una legge quali sono i Paesi in cui i migranti possono essere rimpatriati perché sono da considerare «sicuri», dall’altro condivide le questioni sollevate da alcuni tribunali quando dice che l’Italia deve mettere a disposizione dei giudici le informazioni in base alle quali ha deciso che quei Paesi sono sicuri: le conclusioni dell’avvocato generale della Corte di giustizia europea non sono vincolanti, ma i giudici di Lussemburgo potrebbero non discostarsene troppo nella sentenza prevista per il mese prossimo.
Le questioni furono sollevate in autunno dai giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma (poi seguiti da altri) che sospesero i procedimenti di rimpatrio di due immigrati del Bangladesh che erano stati portati nei centri di permanenza temporanea allestiti in Albania in attuazione del protocollo con Tirana.
Le commissioni territoriali decidono in tempi molto rapidi, quasi sempre negando l’asilo, e se i migranti fanno ricorso sostengono spesso con i loro legali che lo Stato italiano non dà ai giudici le informazioni necessarie su come è arrivato a decidere che un dato Paese è sicuro perché possano valutare se la situazione personale del singolo migrante ne garantisca la sicurezza e, in caso contrario, concedergli l’asilo.
L’avvocato Jean Richard de la Tour ha anche affermato che uno Stato che viene ritenuto sicuro può non esserlo per alcune categorie specifiche di persone, che potrebbero essere esposte al rischio di persecuzioni o violazioni gravi, come la comunità Lgbtq+

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PURGHE TRUMPIANE: LA RESPONSABILE DELLA BASE AMERICANA IN GROENLANDIA, IL COLONNELLO SUSANNAH MEYERS, È STATA LICENZIATA PER AVERE CRITICATO LE DICHIARAZIONI DI JD VANCE SULL’ANNESSIONE AGLI STATI UNITI DELL’ISOLA, PRONUNCIATE DURANTE LA VISITA DEL VICEPRESIDENTE IN GROENLANDIA

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

IL PENTAGONO FA SAPERE CHE “LE AZIONI VOLTE A SABORE IL PROGRAMMA DEL PRESIDENTE TRUMP NON SONO TOLLERATE”

La responsabile dell’unica base americana in Groenlandia, il colonnello Susannah Meyers, è stata licenziata a causa della sua critica alla politica dell’amministrazione Trump nei confronti dell’isola artica: lo hanno annunciato ieri le autorità militari americane.
“I comandanti sono tenuti a rispettare gli standard più elevati di condotta, in particolare per quanto riguarda l’imparzialità nell’esercizio delle loro funzioni”, ha scritto in un comunicato lo staff della Forza spaziale degli Stati Uniti.
Su X, un portavoce del Pentagono, Sean Parnell, ha sottolineato che “le azioni volte a minare la catena di comando o a sabotare il programma del presidente Trump non saranno tollerate nel Dipartimento della Difesa”.
Secondo il sito military.com, Susannah Meyers aveva preso le distanze dalle critiche espresse dal vicepresidente JD Vance durante la sua visita alla base il 28 marzo. Vance aveva infatti denigrato l’azione della Danimarca in Groenlandia, accusandola di aver trascurato la sicurezza del suo territorio autonomo.
“Non pretendo di capire la politica attuale, ma quello che so è che le preoccupazioni dell’amministrazione americana discusse dal vicepresidente Vance non riflettono quelle della base aerea di Pituffik”, ha scritto Meyers in una e-mail a tutto il personale della base, civile e militare, rivelato da military.com.
(da agenzie)

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ADDIO ALLE GITE SCOLASTICHE: I PROF SI SONO ROTTI LE PALLE DI RISCHIARE PER LE VOSTRE BRAVATE, LE VISITE CULTURALI SONO SEMPRE PIÙ UN MIRAGGIO PER GLI STUDENTI ITALIANI

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

A RENDERLE IMPOSSIBILI È IL “NO” DEL 48,8% DEGLI INSEGNANTI CHE NON VUOLE ASSUMERSI LE RESPONSABILITÀ LEGALI E MORALI DEI RAGAZZI IN VACANZA … IL 27,7%, HA INDICATO COME CAUSA LA GESTIONE COMPLICATA DELLE CLASSI MENTRE IL 21,7% PUNTA IL DITO CONTRO I RIMBORSI SIMBOLICI

Le gite scolastiche, un tempo attese con trepidazione da studenti e docenti, stanno diventando un’esperienza sempre più rara. Tuttavia, un numero sempre crescente di insegnanti si rifiuta di vivere questa avventura insieme alla propria classe. La Tecnica della Scuola ha lanciato un sondaggio che ha coinvolto 2.055 lettori, di cui 1.938 docenti.
I risultati parlano chiaro: alla base del rifiuto ci sono motivazioni pratiche ed emotive, quindi non solo legate a diarie praticamente inesistenti. Dall’indagine è emerso che in
prevalenza i docenti hanno dichiarato di evitare le gite e le visite culturali, che non possono essere imposte dalla dirigenza scolastica, per via dell’alto rischio legato a eventuali incidenti, che comportano enormi responsabilità legali e morali: rientrano in questa situazione – che prevede un carico di responsabilità non sostenuto da una tutela adeguata – ben il 48,8% di coloro che hanno partecipato al sondaggio.
Il 27,7%, invece, ha indicato come causa la gestione complicata delle classi, che negli anni si sono fatte via via più difficili da contenere, soprattutto in contesti fuori dall’ambiente scolastico. Il 21,7% ha puntato il dito contro i compensi irrisori, che non giustificano l’impegno richiesto: accompagnare una classe vuol dire, infatti, rinunciare al proprio tempo libero, lavorare ben oltre l’orario d’obbligo, con una retribuzione quasi simbolica.
Infine, l’1,8% si è lamentata per l’assenza di riconoscimenti di carriera verso chi svolge attività extra, come pure le gite scolastiche: un disincentivo ulteriore, quindi, in un sistema che fatica a premiare l’impegno aggiuntivo.
(da agenzie)

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ALLA FACCIA DELLA “SVOLTA GREEN”, SOLAMENTE IL 9,5% DELLE 400 MILIONI DI TONNELLATE DI PLASTICA PRODOTTE A LIVELLO MONDIALE NEL 2022 È STATA RICAVATA DAL RICICLO

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

SOLO IL 27,9% DELLA PLASTICA È STATA AVVIATA ALLA SELEZIONE E AL POTENZIALE RICICLO (ANCHE SE MENO DELLA METÀ È STATO EFFETTIVAMENTE RICICLATO): IL RESTO È STATO SMALTITO IN DISCARICA, INCENERITO, OPPURE DISPERSO NELL’AMBIENTE

Appena il 9,5% della plastica prodotta a livello mondiale nel 2022 è stata ricavata dal riciclo: nel complesso la produzione globale di plastica annua è stata di 400 milioni di tonnellate, di cui la gran parte è stata poi smaltita in discarica, incenerita oppure dispersa nell’ambiente. A dirlo è l’analisi pubblicata sulla rivista Communications Earth & Environment sotto la guida di Quanyin Tan, dell’Università Tsinghua in Cina.
Lo studio prova a dare uno sguardo globale sul settore della plastica mettendo insieme i dati nazionali, non sempre completi e trasparenti, e le informazioni raccolte in vari rapporti. Quello che emerge è che la produzione di plastica ha raggiunto 400 milioni di tonnellate nel 2022, con una previsione di 800 milioni l’anno entro il 2050. Lo studio indica inoltre che solo il 27,9% della plastica nel mondo è stata avviata alla selezione e al potenziale riciclo, ma poi solo meno della metà della plastica selezionata è stata effettivamente riciclata.
Delle 268 milioni di tonnellate di plastica smaltite nel corso dell’anno il 36,2% è stato inviato direttamente in discarica e il 22,2% all’incenerimento, il resto è stato trasferito attraverso vendita di rifiuti oppure disperso nell’ambiente.
Lo studio sottolinea infine che il più alto consumo pro capite di plastica, con una media di 216 kg di plastica consumata a persona all’anno, è negli Stati Uniti dove si stima che solo il 5% venga riciclato: un dato tra i più bassi tra i Paesi industrializzati e in calo significativo rispetto al 9% del 2015. La nazione con il consumo di plastica più elevato in assoluto, 80 milioni di tonnellate all’anno, è la Cina, mentre i più virtuosi del riciclo con tassi vicini al 15% sono i 28 Paesi europei.
(da agenzie)

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COME SI COMBATTONO GLI HACKER? CON ALTRI HACKER! FRA I NUOVI 210 ISPETTORI CIBERNETICI DELLA POLIZIA POSTALE CONTRO I REATI INFORMATICI, LA SICUREZZA NAZIONALE E I RAGGIRI ONLINE, CI SONO ANCHE PIRATI INFORMATICI CHE HANNO DECISO DI LAVORARE PER LO STATO

Aprile 12th, 2025 Riccardo Fucile

LE PAROLE DEL DIRETTORE DELLA POLIZIA POSTALE IVANO GABRIELLI: “LA TRUFFA INFORMATICA È UNA MINACCIA VASTA ACCOMPAGNATA DALLA CAPACITÀ DI RICICLAGGIO DELLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI”

Oltre 200 ispettori cibernetici pronti a entrare in servizio nella polizia postale per fronteggiare il cybercrime che, sempre più spesso, cerca di sfondare anche nel perimetro della sicurezza nazionale.
Fra loro non solo studenti universitari e informatici, ma hacker che hanno deciso di fare il salto dall’altra parte.
«Quelli che avevamo scelto all’inizio erano 177, ma poi siamo arrivati a 210. Hanno superato le selezioni e sono pronti a prendere servizio nei nostri 18 centri operativi e 82 sezioni provinciali: una ramificazione unica sul territorio che è bene non toccare», spiega Ivano Gabrielli, direttore del servizio di polizia postale e comunicazioni.
Una novità importante, quasi una rivoluzione, nel giorno del 173° anniversario della fondazione della polizia di Stato, con la cerimonia oggi a piazza del Popolo a Roma e la medaglia d’oro al Merito civile alla bandiera per i poliziotti che dal 1943 al 1945 «si opposero al regime di occupazione e alla legislazione razziale». Ottant’anni dopo proprio in Europa lo scenario è tornato preoccupante e gli attacchi informatici, come le minacce ibride, sono un concreto pericolo anche per l’Italia.
«Dai nostri dati — sottolinea Gabrielli — possiamo dire che sono costanti quelli dei reati cibernetici contro le persone (in particolare i giovani: challenge, istigazione al suicidio, adescamenti online, pedopornografia) e dei cyber-attack (alle istituzioni e alle infrastrutture critiche, alle piccole e medie imprese), mentre sono in netto aumento le truffe online di ultima generazione». Quelle seriali, che partono dalle scam city in Africa occidentale e nell’Estremo Oriente, vere e proprie centrali
operative da dove scattano massicci attacchi di phishing , falsi trading , fino alle truffe romantiche e ai bonifici fatti a sconosciuti.
«Un fenomeno criminale collegato al traffico di droga, armi ed esseri umani dove vengono investiti i guadagni dei raggiri», dice ancora Gabrielli, che sottolinea come le violazioni di banche dati e anche siti della pubblica amministrazione vengano spesso portate a termine «da hacker nigeriani e ivoriani in Africa, ma anche sul nostro territorio, in Campania e in Calabria, in ambienti contigui a quelli della malavita organizzata. Gli stessi boss possono contare sul know how di queste persone che sono perfino garanti delle loro comunicazioni con i sistemi criptati».
Ormai la truffa informatica non è solo un raggiro — che comunque può mettere in crisi intere famiglie, soprattutto le persone anziane, anche da un punto di vista psicologico — ma è una minaccia più vasta. «Accompagnata dalla capacità di riciclaggio delle organizzazioni criminali attraverso le criptovalute — che restano un bene rifugio nonostante il terremoto finanziario in atto —, i prestanome, i trasferimenti immediati di grosse somme di denaro da una parte all’altra del mondo: non è sempre facile individuare chi possiede i wallet», avverte il direttore della Postale.
(da agenzie)

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