Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
LA CORTE COSTITUZIONALE CANCELLA IL DECRETO SALVINI; ECCESSO DI POTERE E LIMITI ALLA CONCORRENZA… UNA PAGINA VERGOGNOSA CHE IN UNO STATO NORMALE PORTEREBBE STASERA ALLE DIMISSIONI DEL MINISTRO DELLA LOBBIE DEI TASSISTI
Con la sentenza n. 163 del 2025, depositata questa mattina, la Corte Costituzionale ha
dichiarato illegittimo il decreto interministeriale n. 226 del 2024 emanato dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, relativo alla disciplina dei servizi NCC (noleggio con conducente).
Il ricorso era stato presentato dalla Regione Calabria, guidata da Roberto Occhiuto, che aveva sollevato un conflitto di attribuzione: secondo la Consulta, il provvedimento statale invadeva competenze regionali in materia di trasporto pubblico locale.
I giudici hanno rilevato che i vincoli imposti dal ministero risultavano sproporzionati e non giustificati dall’obiettivo di tutelare la concorrenza, favorendo di fatto i taxi e penalizzando gli NCC.
Tre divieti incostituzionali: tempi d’attesa, contratti e app obbligatoria
La Corte ha bocciato in particolare tre norme chiave del decreto Salvini:
Il vincolo dei 20 minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio, nei casi in cui l’auto non parta dalla rimessa.
Il divieto di stipulare contratti di durata tra operatori NCC e soggetti che svolgono attività di intermediazione (come hotel,
agenzie di viaggio o tour operator).
L’obbligo di utilizzare esclusivamente l’applicazione ministeriale per la compilazione del foglio di servizio elettronico.
Secondo la Consulta, tali restrizioni ledono la libertà d’iniziativa economica (art. 41 Cost.), violano il principio di neutralità tecnologica e limitano la concorrenza in modo discriminatorio.
Inoltre, il vincolo dei 20 minuti – già dichiarato incostituzionale nel 2020 con la sentenza n. 56 – rappresenta, per i giudici, un tentativo di riproporre un obbligo già bocciato, in contrasto con precedenti consolidati.
Le reazioni: “Salvini sopra la Costituzione”
Durissimo il commento di Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, che ha chiesto le dimissioni del ministro Salvini: “Il ministro, pur di fare un regalo alla lobby dei tassisti, ha violato una precedente sentenza della Consulta e innumerevoli decisioni del Tar, cercando di aggirare la Costituzione. È inaccettabile che si consideri al di sopra della legge”.
Dona ha definito il decreto “una siesta obbligatoria assurda” per gli NCC, sottolineando l’irrazionalità di regole che vietano di ripartire anche da comuni confinanti o di riprendere servizio dopo una pausa notturna.
“Salvini dovrebbe preoccuparsi della sicurezza stradale, non di imporre limiti illogici a un intero settore”, ha aggiunto il presidente UNC.
Codacons: “Una vittoria per gli utenti e per il mercato”
Soddisfazione anche dal Codacons, che ha accolto positivamente la decisione della Consulta.
“Le norme bocciate introducevano limiti assurdi e discriminatori – spiega l’associazione – lesivi non solo degli interessi della categoria NCC ma anche dei consumatori”.
Il Codacons sottolinea che tali restrizioni “favorivano i taxi e penalizzavano gli utenti, riducendo la disponibilità di servizi di trasporto pubblico non di linea”.
La pronuncia, prosegue l’associazione, “restituisce libertà di scelta ai consumatori e segna un passo avanti verso un mercato più moderno e competitivo, in un settore in cui l’Italia è ancora ferma al medioevo”.
Un richiamo alla legalità e alla concorrenza leale
La decisione della Corte Costituzionale rappresenta un severo richiamo ai limiti del potere esecutivo e riafferma il principio secondo cui la regolazione del trasporto pubblico deve rispettare le competenze regionali, i diritti economici delle imprese e la libertà dei cittadini di scegliere il servizio più efficiente.
Per il settore NCC, da anni in bilico tra norme confuse e tensioni politiche, la sentenza 163/2025 segna un punto fermo: il rispetto della Costituzione non può essere sacrificato a interessi di categoria.
(da agenzie)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
UN BEL BINOMIO, IL PATTO RISCHIANO DI FARLO ALL’UCCIARDONE
Un nuovo accordo politico aveva preso forma in Sicilia in vista delle prossime elezioni politiche del 2027, con un patto di collaborazione tra Salvatore Cuffaro, leader della Nuova Democrazia Cristiana, e Matteo Salvini, segretario della Lega. Durante la terza edizione della Festa dell’Amicizia, organizzata dal partito di Cuffaro, è stato ufficializzato un impegno a collaborare a livello nazionale tra Dc e Lega, con l’intenzione di portare la Sicilia al centro della scena politica italiana.
La strategia prevede la formazione di liste separate per l’Assemblea Regionale Siciliana, ma con una visione comune che mira a valorizzare il ruolo dell’Isola nel panorama politico nazionale.
A confermare l’accordo, il deputato regionale della Lega, Vincenzo Figuccia, ha sottolineato come la Sicilia rappresenti un nodo cruciale nel progetto del Carroccio. L’obiettivo, ha spiegato Figuccia, è quello di rendere la Lega il primo partito§dell’isola, un traguardo che si vuole raggiungere attraverso un’alleanza con forze centristi e cattoliche, basata su valori condivisi di responsabilità e sviluppo.
Tuttavia, l’intesa tra Cuffaro e Salvini è limitata alle elezioni politiche del 2027. Lo stesso Cuffaro ha chiarito che non ci sono piani di replicarla nelle prossime elezioni regionali. “Il nostro approccio è quello di umanizzare la politica, mettere al centro la persona e il bene comune, con una particolare attenzione ai più vulnerabili. La politica deve essere una sfida ideale, non una battaglia di potere”, ha dichiarato l’ex presidente della Regione Sicilia.
(da agenzie)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
SECONDO I PM “HA MESSO A DISPOSIZIONE LE PROPRIE ENTRATURE E LA SUA RETE DI CONOSCENZE AL FINE DI COMMETTERE UN NUMERO INDETERMINATO DI REATI” … AL CENTRO DELLE INDAGINI DEL ROS C’È L’APPALTO DELL’ASP DI SIRACUSA, IL CONCORSO PER L’ASSUNZIONE DI ALCUNI OPERATORI SOCIO SANITARI
Per la procura di Palermo, l’ex governatore Salvatore Cuffaro sarebbe stato al vertice di
un’associazione a delinquere: «Ha messo a disposizione le proprie entrature e la sua rete di conoscenze – scrivono i magistrati – al fine di commettere un numero indeterminato di reati, incidendo sugli esiti di concorsi, gare di appalto e procedure amministrative in modo da favorire imprenditori, e comunque i soggetti corruttori, e procurare loro indebiti vantaggi, o comunque in modo da conseguirli in prima persona al fine di rafforzare il proprio consenso politico»
L’associazione a delinquere avrebbe avuto «il precipuo scopo – si legge ancora nel capo d’imputazione – di consolidare un comitato d’affari occulto in grado di infiltrarsi e incidere sulle attività di indirizzo politico-amministrativo della Regione Sicilia e catalizzare il consenso elettorale del maggior numero di cittadini».
Al centro delle indagini del Ros, c’è l’appalto dell’Asp di Siracusa per i “servizi di ausiliariato, supporto e reception”, aggiudicato alla Dussmann service; poi, il concorso per l’assunzione di alcuni operatori socio sanitari, che sarebbe stato pilotato dall’ex direttore generale di Villa Sofia Cervello nominato col favore di Cuffaro. L’inchiesta ipotizza irregolarità anche in alcuni appalti del consorizio di bonifica occidentale della Regione siciliana.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, braccio destro di Cuffaro in questo comitato d’affari sarebbe stato il deputato regionale Carmelo Pace, ritenuto «organizzatore all’interno dell’associazione, implicato anche nella diretta commissione dei reati scopo del sodalizio criminale».
In particolare, avrebbe «coadiuvato l’organizzazione dei complessi rapporti corruttivi con privati, enti e imprese, intrattenendo continui contatti con i funzionari pubblici e con gli interlocutori politici, sia in sedi istituzionali che al di fuori».
Poi, ancora, Pace è accusato di avere «contribuito ad alimentare la fitta rete di cointeressenze fra Cuffaro e gli imprenditori o
interlocutori interessati alla sua opera di lobbysmo illecito, in maniera tale da assicurare la buona riuscita delle intese corruttive. Ancora – sostiene l’accusa – si interponeva in luogo di Cuffaro, ma pur sempre col suo avallo, nei rapporti con pubblici ufficiali e politici agendo in modo tale da far assumere loro, d’intesa con i privati per cui il comitato d’affari occulto stava intermediando, le posizioni maggiormente vantaggiose per il buon esito della mediazione».
Dell’associazione a delinquere avrebbero fatto parte anche Vito Raso, storico segretario di Cuffaro, oggi segretario particolare dell’assessora alla Famiglia, e Antonio Abbonato, indicato come un faccendiere
(da agenzie)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
L’AUDIZIONE DEL GIORNALISTA ALLA COMMISSIONE ANTIMAFIA: “NON HO RICEVUTO ALTRE MINACCE DOPO L’ATTENTATO. NON SO A QUALE CONTESTO RICONDURLO” … “ARIANNA MELONI? MI SEMBRA CHE NON ABBIA DETTO ANCORA NULLA SU GHIGLIA”
Una parte dell’audizione di Sigfrido Ranucci alla commissione Antimafia è stata secretata. In particolare, il giornalista di Report ha chiesto di spegnere audio e telecamere dopo una domanda dell’ex magistrato e senatore M5s, Roberto Scarpinato.
“Dopo una puntata di Report che riguardava la presidente del Consiglio Meloni, lei ha dichiarato di essere stato pedinato su richiesta del sottosegretario Fazzolari: ci vuole raccontare meglio questo episodio e farci capire se ci può essere se una connessione con quello che gli è accaduto?”, aveva chiesto il parlamentare.
“Non ho ricevuto altre minacce dopo quanto avvenuto ad ottobre. Io non so a quale contesto ricondurre questo attentato. Non era certo un fuoco d’artificio, emerge che comunque che era
qualcosa di importante. Quelle parcheggiate fuori alla mia abitazione erano macchine a gas che se esplose avrebbero buttato giù la palazzina”.
Lo ha detto Sigfrido Ranucci nel corso dell’audizione in commissione Antimafia. Il giornalista ha ricordato che due giorni prima aveva lanciato i “temi della prima puntata tra cui l’infiltrazione della ‘Ndrangheta nel business dell’eolico e sulle stragi”.
”A differenza di altri episodi legati ad inchieste” in questo contesto ”non so cosa pensare e a cosa attribuirlo”.
”Emerge che l’ordigno era qualcosa di un po’ più di rudimentale, si parla di un quantitativo di esplosivo abbastanza importante – continua – e sottolineo che si trattava di macchine a gas che, se esplose, avrebbero buttato giù una palazzina”.
“Mi sembra che Arianna Meloni non abbia detto ancora nulla, non ha detto dei contenuti di quei colloqui. Ha espresso però l’idea che secondo lei l’audio che noi abbiamo mandato non era di interesse pubblico”.
“Io mi chiedo da giornalista come fa a non essere considerato di interesse pubblico un audio in cui la moglie di un ministro, che non è una persona privata, ma è una collega Rai come lo sono io, chiede al ministro di intervenire sul suo capo di gabinetto altrimenti si sarebbe sostituita a lui nel chiedere di bloccare una nomina”, ha aggiunto.
(da agenzie)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO … STORCONO IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)
Messa in stand-by (in attesa di referendum) la riforma della Giustizia, il bordello vero
arriverà con la legge che riforma il sistema elettorale.
I partiti sono pronti a scannarsi sull’ultima proposta della Ducetta, riportata fedelmente dal fido Francesco Verderami, sabato sul “Corriere della Sera”: “Il nodo più intricato da sciogliere è l’indicazione del premier da inserire sulla scheda elettorale”
Ma ce ne sono altri di ostacoli, come il ridisegno dei collegi elettorali e il premio di maggioranza da attribuire alla coalizione vincente.
Con l’indicazione sulla scheda del nome del candidato premier, la Melona dei Due Mondi prenderebbe con una fava due piccioni: manderebbe nel caos il centro-sinistra, che finirebbe dilaniato più di quello che è, da eventuali primarie per la scelta del leader (i riformisti dem accetterebbero di finire a fare campagna elettorale per la gruppettara Schlein o, tanto meno, per il subdolo Conte premier?); e, nello stesso tempo, l’ex sfortunata compagna di Giambruno blinderebbe la sua leadership nel centrodestra
Intanto, va precisato, che la contrarietà del centrosinistra a tale disegno, che in principio aveva accarezzato l’egotismo di primadonna di Elly, è ormai finita nel cestino, dopo che erano stati ben avviati contatti con l’emissario della segretaria, Francesco Boccia, con l’inizio delle tornate elettorali regionali, che hanno fatto abbassare del tutto le penne e la boria alla Schlein che sognava di rottamare i “cacicchi” del Pd (eccola a Napoli a dare la manina a De Luca).
Ma anche già all’interno della maggioranza tira una pessima aria: sia i gruppi parlamentari della malconcia Lega che quelli di Forza italia non ci pensano proprio di finire cannibalizzati nelle fauci di Fratelli di Meloni. Risultato: il desiderio di farsi incoronare Regina d’Italia, per il momento, Meloni lo deve accantonare nel cassetto dei sogni.
Se il Carroccio, Salvini compreso, è nettamente contrario, la questione del simbolo elettorale ha fatto esplodere i neuroni degli orfanelli di Berlusconi che hanno scatenato una guerriglia nei confronti del paraculismo politico del loro segretario ciociaro.
Antonio Tajani, come racconta Verderami, ha sì spiegato, “il suo ‘niet’ in punta di diritto, perché senza la riforma del premierato il capo dello Stato potrebbe anche non tenerne conto durante le consultazioni per il governo”. Ma è sembrato comunque aperto al dialogo (e trattativa) sull’ipotesi cara a Lady Giorgia. Una parziale apertura che ha mandato in ebollizione non solo i gruppi parlamentari azzurri ma anche la Famiglia di Arcore.
Il tema è molto caldo in Forza Italia, perché l’indicazione del nome del candidato premier porterebbe, di fatto, al sacrilego cancellamento del nome Berlusconi nel simbolo del partito. Un affronto a Marina e Pier Sivio, “azionisti di maggioranza” di FI che viene mantenuta a galla con i famosi 99 milioni di euro di fideiussione al partito.
La “questione Tajani” ha innescato una ridda di voci avvelenate che sussurrano di uno scontro al calor bianco tra lo stesso segretario e vicepremier e Cristina Rossello, deputato di Forza Italia e molto, molto vicina alla famiglia Berlusconi (è stata avvocato di Silvio), in modo particolare a Marina, e per questo tenuta in altissima considerazione dalla family di Arcore e dagli azzurri.
Non è un mistero che la primogenita di Silvio propugni, nei suoi incontri milanesi con Tajani, un partito “più di centro, più liberale e pluralista”, auspicando le promozioni a capigruppo parlamentari di Debora Bergamini e Cristina Rossello, al posto della coppia Barelli e Gasparri, fedelissimi del ciociaro.
E quando la Rossello, proprio per la delicata questione del nome sulle scheda elettorale del premier, avrebbe osato chiedere di riunire la direzione del partito per un confronto politico, a Tajani sarebbe partito l’embolo.
La richiesta sarebbe stata giudicata un affronto insormontabile dal semolino ciociaro che, forse stordito dalla promessa meloniana (scritta sulla sabbia) di essere eletto presidente della Repubblica dopo Mattarella, avrebbe reagito a male parole.
Talmente si è incazzato, mostrando un inusuale animo ribelle che – raccontano – avrebbe risposto con una raffica di ”vaffa” condita da toni perentori della serie: “Non sto qui a prendere ordini dalla famiglia Berlusconi… i 99 milioni di euro di fideiussione se voglio li trovo in dieci minuti…”. Vero, falso o verosimile? Ah saperlo…
Malgrado i balsami di Verderami, la Statista della Sgarbatella deve guardarsi le spalle anche in casa: il suo partito, Fratelli d’Italia, una volta monolitico e quasi “stalinista” nella fedeltà al leader fin quando navigava tra il 4 e il 10%, una volta catapultato a primo inquilino di Palazzo Chigi, si è sciolto in tanti piccoli potentati, avidi di potere, in sotterranea guerra tra di loro.
La caccia a prendersi ogni posto messo a disposizione del potere esecutivo ha fatto sì che i Fratellini rimasti a bocca asciutta non l’hanno presa per niente bene, dopo aver portato l’acqua con la bocca al partito.
E così, la possibile riforma della legge elettorale in chiave “Sua Maesta Giorgia” stenta a raccattare l’applauso dei vari potentati interni, da quello di Lollobrigida a quello di Rampelli, passando per i Fratelli La Russa.
Ps. Resta il dubbio che la proposta meloniana sia stata solo un ballon d’essai lanciato, su commissione, per vedere l’effetto che fa..
(da Dagoreport)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
“C’È UN PATTO SEGRETO: NOI NON VI CHIAMIAMO FASCISTI, NON RICORDIAMO IL VOSTRO PASSATO ORRENDO CON LA RUSSA CHE HA IL BUSTO DI MUSSOLINI. NON È POSSIBILE CHE UNO COME GALLI DELLA LOGGIA CONTINUI A MENTIRE DAL PIÙ IMPORTANTE GIORNALE ITALIANO”… “MARIO SECHI NON COLLEGA LA LINGUA AL CERVELLO PERCHÉ STA FACENDO PROPAGANDA. MIELI HA UN ODIO PROFONDO VERSO I PALESTINESI”
Trascrizione dell’ospita di Rula Jebreal al podcast “Burnout” di Selvaggia Lucarelli
Rula Jebreal: La mia domanda non è cosa è successo in Israele, ma cosa è successo qui? Al nostro giornalismo, ma anche alla nostra comunità democratica in Italia.
Serena Mazzini: …soprattutto devo dirti che ho messo come suoneria del telefono tu che dici “lobbista di merda” a Bocchino,
mi motiva ogni volta che suona.
Rula Jebreal: il genocidio a Gaza ha fatto calare moltissime maschere. Io ogni tanto mi interrogo perché alcuni colleghi insistono a difendere Israele? Secondo me alcuni sono ricattati.
Selvaggia Lucarelli: Hai dei sospetti su alcuni in particolare? Italiani anche? Pensi proprio a ricatti specifici.
Rula Jebreal: Sì, secondo me sono ricatti. C’è una ministra israeliana dell’educazione che ha fatto un’intervista vent’anni fa e le hanno chiesto dell’antisemitismo: “Chi viene bollato di antisemitismo?”. E lei: “No, è una cosa molto semplice. Quando vediamo qualcuno che ci critica vediamo l’ambasciata di quel luogo, l’ambasciata chiama i nostri alleati, e subito cominciamo a chiamarlo antisemita. Distruggiamo la sua reputazione. Dobbiamo creare un’alleanza e dovremmo creare un’alternativa a questo giornalismo marcio, perché non è possibile che uno come Galli della Loggia continui a mentire spudoratamente dal più importante giornale italiano. Penso che Mario Sechi non collega la lingua al cervello perché semplicemente sta facendo propaganda, per lui non importano i palestinesi perché se questo fa piacere al governo, che è complice con Israele, e fa piacere a Israele lui è felice.
Mieli secondo me usa queste bassezze perché ha un odio profondo verso i palestinesi. Secondo me c’è un patto segreto: noi non vi chiamiamo fascisti, non ricordiamo il vostro passato orrendo con La Russa che ha il busto di Mussolini… Mi rivolgo direttamente a Mentana, Enrico guarda…”
(da agenzie)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
NEL 2024 HA DATO PARERE POSITIVO AL DECRETO DI SALVINI CONTRO UBER, BOCCIATO POI DAL TAR. E LO SCORSO GENNAIO HA PRESENTATO IL LIBRO DI GENNY SANGIULIANO A FIRENZE, PROPRIO MENTRE GLI ESPOSTI DELL’EX MINISTRO ERANO SUL TAVOLO DEL GARANTE (DUNQUE ANCHE SUL SUO)
Da giorni tutta Italia ha conosciuto Agostino Ghiglia, l’ex parlamentare di Fratelli d’Italia
che, prima di comminare la multa a Report, si è fiondato nella sede del partito per «parlare con Arianna», ha raccontato la trasmissione di Sigfrido Ranucci. Ma, ricostruendo il lavoro dei componenti del Garante della privacy, c’è un’altra persona che ha dimostrato una vicinanza politica molto forte.
E lo ha fatto attraverso i provvedimenti: è la vicepresidente Ginevra Cerrina Feroni, professoressa universitaria fiorentina diventata in pochi mesi un punto di riferimento per i salotti della destra romana. Nominata in quota Lega, nell’ultimo periodo si è avvicinata particolarmente a Fratelli d’Italia (a gennaio era corsa a presentare il libro di Gennaro Sangiuliano, nonostante si apprestasse a discutere il ricorso presentato dall’ex ministro) nella speranza, dicono, di rientrare nella rosa dei candidati alla Corte costituzionale.
Ma a imbarazzare, al di là delle simpatie politiche, sono alcune posizioni della Cerrina Feroni, in relazione anche ad alcune decisioni prese. La professoressa è una no vax convinta, almeno a giudicare da alcuni suoi tweet degli ultimi anni: punto di riferimento di tutto il movimento sovranista e negazionista.
È il 27 agosto quando scriveva su X: «Da tempo ritengo che sarebbe un atto di civiltà istituire nel nostro Paese una giornata in memoria dei morti e dei danneggiati da vaccino anti Covid. In attesa, ovviamente, dell’accertamento delle relative responsabilità e dei risarcimenti dei danni».
E ancora, crociate in pieno periodo Covid contro le decisioni del governo sull’obbligatorietà dei vaccini, proprio mentre il Garante doveva esprimere pareri sulle scelte fatte in tema di Green pass.
Ma ancora più clamoroso è quanto accaduto recentemente, su una norma per il vaccino, non obbligatorio, contro Papilloma virus per gli studenti voluta dalla regione Puglia. Il governo impugna la legge, e il Garante – ad agosto 2024, su input proprio della Cerrina (che lo pubblicizza sui suoi canali social) – firma un provvedimento di ammonizione, anche per non aver permesso ad alcuni tirocinanti senza vaccino Covid di entrare in corsia. Ad aprile però arriva la Corte costituzionale: la legge è regolare, dicono.
Un caso particolare è stato quello relativo a Uber, tanto caro al ministro Matteo Salvini. Nel decreto interministeriale sul servizio di noleggio con conducente, firmato nell’ottobre del 2024, si faceva riferimento al foglio di servizio elettronico. In sostanza, per ogni corsa, l’autista avrebbe dovuto riportare gli estremi del conducente e del cliente, la targa del veicolo e i dati relativi alla partenza e all’arrivo (luogo, data e chilometri) su una piattaforma digitale.
Un problema enorme di privacy che, però, secondo l’Autorità, era superabile, tanto che fu concesso un parere positivo. (A proposito: pare che i pareri alle norme del governo fossero, nel Consiglio, quasi esclusiva della Cerrina).
In questa maniera si aiutavano, e di molto, i tassisti tanto cari alla destra italiana, mettendo invece in grande difficoltà Uber sul mercato. Il Tar del Lazio, però, non è stato d’accordo: dopo lo sciopero degli Ncc e il ricorso presentato dagli autisti, i giudici amministrativi hanno smontato in toto il decreto, proprio per quelle norme da «ritenersi illegittime per eccesso di potere, violazione di legge e contrasto con i principi costituzionali ed eurounitari in materia di legalità, proporzionalità, libertà economica, protezione dei dati personali e concorrenza». Avvisate il Garante.
(da agenzie)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
“LA RUSSA E DELMASTRO SONO CONTRARI PERCHÉ VENGONO DA QUELLA STORIA LÌ. È UN CEDIMENTO A FORZA ITALIA, CHE VA IN PIAZZA CON LA BANDIERA DI BERLUSCONI”
Marco Travaglio: “Quando sentiranno Alfredo Mantovano difendere le ragioni del ‘sì’ (al referendum della giustizia), Mantovano è sempre stato per il ‘no’. Era il responsabile giustizia di Alleanza Nazionale, che ha bloccato la separazione delle carriere quando la voleva fare Berlusconi. Fini disse ‘di qui non si passa’.
La Russa e Delmastro sono contrari perché vengono da quella storia lì. È un cedimento a Forza Italia. Era una merce di scambio: Fdi aveva il premierato, ma ora è fuori dai radar. La ‘devolution’ voluta dalla Lega l’ha rasa al suolo la Corte costituzionale. Ora c’è solo Forza Italia con la foto di Berlusconi. Quella roba lì non mobilita il popolo di Fratelli d’Italia. Auguri!”
”Invidio Nordio! Fini e Casini impedirono a me e Berlusconi la separazione delle carriere”. Lo dice l’ex ministro della Giustizia e segretario del Partito popolare del Nord, Roberto Castelli.
(da agenzie)
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Novembre 4th, 2025 Riccardo Fucile
LA CRESCITA RIGUARDA SOPRATTUTTO LA MICRO-CRIMINALITÀ DI STRADA: FURTI, RAPINE E REATI DI DROGA … NELLA CLASSIFICA DEL “SOLE 24 ORE”, MILANO, FIRENZE E ROMA SONO IN TESTA PER DENUNCE IN RAPPORTO AI RESIDENTI – È BOOM DI MINORI DENUNCIATI: +30% RISPETTO AL PERIODO PRE COVID
Numeri alla mano, i delitti denunciati all’autorità giudiziaria dalle forze di Polizia in
Italia sono in aumento e la crescita riguarda soprattutto la micro-criminalità di strada. I reati segnalati nel 2024 sono stati 2,38 milioni, l’1,7% in più rispetto al 2023, in aumento del 3,4% sul 2019.
Cresce anche il peso degli illeciti rilevati dalle forze di Polizia nelle città metropolitane: Milano, Roma e Firenze occupano il podio della nuova edizione dell’Indice della Criminalità del Sole 24 Ore che misura le denunce ogni 100mila abitanti. E nelle prime tre grandi città si concentra il 23,5% degli illeciti rilevati. Seguono Bologna, Rimini e Torino, dove – anche in questo caso – ad alimentare lo stock di denunce è il passaggio quotidiano di centinaia di city user e turisti. Sono queste le principali evidenze messe in luce dalle statistiche della banca dati interforze del dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, fornite in esclusiva al Sole 24 Ore del Lunedì.
Il 2024 rappresenta, dunque, il quarto anno consecutivo di aumento delle denunce e diventa il secondo di fila in cui vengono superati i livelli di criminalità pre Covid (in sorpasso rispetto ai livelli del 2018).
«Tralasciando il brusco calo degli illeciti nel 2020 a causa delle restrizioni anti-contagio, fino al 2019 avevamo assistito a un calo progressivo e costante di tutte le tipologie di reato. Ora, invece, assistiamo a una risalita della curva», osserva Marco Dugato, ricercatore dell’osservatorio Transcrime dell’Università Cattolica di Milano.
«Gli incrementi di oggi – aggiunge il professore – possono essere considerati fisiologici a fronte delle criticità sociali ed economiche che il Paese sta attraversando. E anche le tensioni internazionali possono avere influenze sui fenomeni criminali».I trend nazionali In pratica, il 2024 consolida l’aumento della criminalità in corso post-pandemia, anche se dai dati provvisori dei primi sei mesi del 2025 arriva già un primo segnale di miglioramento (-4,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in base ai trend non consolidati del Viminale).
Nel 2024 i furti hanno riguardato il 44% delle denunce, in aumento del 3% su base annua. In particolare, a crescere maggiormente sono i furti in abitazione (+4,9%), i furti di autovetture (+2,3%), i furti con strappo (+1,7) e infine i furti con destrezza (+0,6%). «Bisogna sempre mettere questi dati in prospettiva», ricorda Dugato.
«Se confrontati con le statistiche del 2014 – spiega – i furti risultano comunque in calo del 33 per cento. In pratica, sul lungo periodo i trend più recenti indicano una sostanziale stabilità, in particolare con alcune fattispecie di reato in risalita. E queste specificità non vanno sottovalutate». Gli incrementi più elevati sono quelli dei delitti di strada, tra cui spiccano anche le rapine (+1,8%), i reati legati agli stupefacenti (+3,9%) e le violenze
sessuali (+7,5%).
Salgono del 5,8% le lesioni dolose, dell’1,6% i danneggiamenti. In controtendenza contrabbando (-38%), incendi (-5,3%) e le truffe informatiche (-6,5%) che invertono la rotta dettata dalla diffusione delle tecnologie digitali.
A destare maggiore preoccupazione, infine, è l’analisi geografica del crimine, che mette in luce una crescente concentrazione dei fenomeni criminali nelle grandi città. Tra le prime dieci province per numero di denunce ogni 100mila abitanti, figurano sette città metropolitane (si veda l’articolo a pagina 5). Dal lato opposto si distinguono per minore incidenza alcune province medio-piccole come Oristano, Potenza, Benevento, Enna, Sondrio, Treviso e Pordenone.
Resta più difficile, infine, stimare l’impatto della maggiore o minore propensione alla denuncia. Sono davvero poche – e datate – le indagini che misurano il tasso di vittimizzazione della popolazione. «Al netto di fenomeni per cui una maggiore sensibilità si traduce in più denunce, come violenze sessuali o bullismo, per il resto non abbiamo evidenza che la propensione degli italiani a denunciare sia cambiata nel tempo. È correlata a vari aspetti, che però sono rimasti pressoché stabili rispetto a 15 anni fa», conclude Dugato.
C’è uno spartiacque nel rapporto tra minori e criminalità in Italia: la pandemia. Dal 2020 al 2024 il numero degli under 18 denunciati, fermati e/o arrestati ha imboccato una direttrice di crescita a velocità sostenuta: l’anno scorso il dipartimento di
Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno ha registrato 38.247 segnalazioni di minori contro le 29.544 del 2019.
Il dato è superiore anche a quello di anni precedenti – è il più alto dell’ultimo decennio – e fotografa un vero e proprio boom: denunce, fermi e arresti di under 18 sono saliti di circa il 30% rispetto al pre Covid e hanno segnato un +16% rispetto al 2023.
Se a livello complessivo i minori segnalati sul totale sono poco meno del 5% del totale, denunce e arresti sono legati a tipologie di reati cosiddetti predatori: una segnalazione su cinque per rapina è riferibile a un minore e l’incidenza sale a una su quattro se si prende in esame la “sottocategoria” delle rapine messe a segno in pubblica via.
Il “primato” spetta alla provincia di Treviso dove su 9.120 persone denunciate o arrestate nel corso dell’anno scorso, gli under 18 sono stati il 9,5%, quindi quasi il doppio della media nazionale. A seguire, ci sono le province di Udine (8,2% di minori sul totale degli arrestati) e Mantova (7,9%) mentre agli antipodi ci sono province del Sud come Crotone (1,2%) e Avellino (1,2%), ma anche Napoli (3,1%).
«Dopo la pandemia ci sono stati alcuni episodi, legati allo spaccio di droga, che hanno acceso i riflettori su un crescente disagio giovanile sfociato in violenza – spiega il sindaco di Treviso, Mario Conte – e siamo corsi ai ripari: ho chiesto uno sforzo alle forze dell’ordine nel monitoraggio del territorio, con controlli a tappeto e, appunto denunce e arresti in caso di reato. Purtroppo il sistema sanzionatorio non è molto efficace: un
foglio di via o un daspo non incutono timore e, dunque, ci sono ragazzi con 10-15 denunce ancora a piede libero».
(da agenzie)
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