IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D’ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI : L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA
TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO … STORCONO IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)
Messa in stand-by (in attesa di referendum) la riforma della Giustizia, il bordello vero
arriverà con la legge che riforma il sistema elettorale.
I partiti sono pronti a scannarsi sull’ultima proposta della Ducetta, riportata fedelmente dal fido Francesco Verderami, sabato sul “Corriere della Sera”: “Il nodo più intricato da sciogliere è l’indicazione del premier da inserire sulla scheda elettorale”
Ma ce ne sono altri di ostacoli, come il ridisegno dei collegi elettorali e il premio di maggioranza da attribuire alla coalizione vincente.
Con l’indicazione sulla scheda del nome del candidato premier, la Melona dei Due Mondi prenderebbe con una fava due piccioni: manderebbe nel caos il centro-sinistra, che finirebbe dilaniato più di quello che è, da eventuali primarie per la scelta del leader (i riformisti dem accetterebbero di finire a fare campagna elettorale per la gruppettara Schlein o, tanto meno, per il subdolo Conte premier?); e, nello stesso tempo, l’ex sfortunata compagna di Giambruno blinderebbe la sua leadership nel centrodestra
Intanto, va precisato, che la contrarietà del centrosinistra a tale disegno, che in principio aveva accarezzato l’egotismo di primadonna di Elly, è ormai finita nel cestino, dopo che erano stati ben avviati contatti con l’emissario della segretaria, Francesco Boccia, con l’inizio delle tornate elettorali regionali, che hanno fatto abbassare del tutto le penne e la boria alla Schlein che sognava di rottamare i “cacicchi” del Pd (eccola a Napoli a dare la manina a De Luca).
Ma anche già all’interno della maggioranza tira una pessima aria: sia i gruppi parlamentari della malconcia Lega che quelli di Forza italia non ci pensano proprio di finire cannibalizzati nelle fauci di Fratelli di Meloni. Risultato: il desiderio di farsi incoronare Regina d’Italia, per il momento, Meloni lo deve accantonare nel cassetto dei sogni.
Se il Carroccio, Salvini compreso, è nettamente contrario, la questione del simbolo elettorale ha fatto esplodere i neuroni degli orfanelli di Berlusconi che hanno scatenato una guerriglia nei confronti del paraculismo politico del loro segretario ciociaro.
Antonio Tajani, come racconta Verderami, ha sì spiegato, “il suo ‘niet’ in punta di diritto, perché senza la riforma del premierato il capo dello Stato potrebbe anche non tenerne conto durante le consultazioni per il governo”. Ma è sembrato comunque aperto al dialogo (e trattativa) sull’ipotesi cara a Lady Giorgia. Una parziale apertura che ha mandato in ebollizione non solo i gruppi parlamentari azzurri ma anche la Famiglia di Arcore.
Il tema è molto caldo in Forza Italia, perché l’indicazione del nome del candidato premier porterebbe, di fatto, al sacrilego cancellamento del nome Berlusconi nel simbolo del partito. Un affronto a Marina e Pier Sivio, “azionisti di maggioranza” di FI che viene mantenuta a galla con i famosi 99 milioni di euro di fideiussione al partito.
La “questione Tajani” ha innescato una ridda di voci avvelenate che sussurrano di uno scontro al calor bianco tra lo stesso segretario e vicepremier e Cristina Rossello, deputato di Forza Italia e molto, molto vicina alla famiglia Berlusconi (è stata avvocato di Silvio), in modo particolare a Marina, e per questo tenuta in altissima considerazione dalla family di Arcore e dagli azzurri.
Non è un mistero che la primogenita di Silvio propugni, nei suoi incontri milanesi con Tajani, un partito “più di centro, più liberale e pluralista”, auspicando le promozioni a capigruppo parlamentari di Debora Bergamini e Cristina Rossello, al posto della coppia Barelli e Gasparri, fedelissimi del ciociaro.
E quando la Rossello, proprio per la delicata questione del nome sulle scheda elettorale del premier, avrebbe osato chiedere di riunire la direzione del partito per un confronto politico, a Tajani sarebbe partito l’embolo.
La richiesta sarebbe stata giudicata un affronto insormontabile dal semolino ciociaro che, forse stordito dalla promessa meloniana (scritta sulla sabbia) di essere eletto presidente della Repubblica dopo Mattarella, avrebbe reagito a male parole.
Talmente si è incazzato, mostrando un inusuale animo ribelle che – raccontano – avrebbe risposto con una raffica di ”vaffa” condita da toni perentori della serie: “Non sto qui a prendere ordini dalla famiglia Berlusconi… i 99 milioni di euro di fideiussione se voglio li trovo in dieci minuti…”. Vero, falso o verosimile? Ah saperlo…
Malgrado i balsami di Verderami, la Statista della Sgarbatella deve guardarsi le spalle anche in casa: il suo partito, Fratelli d’Italia, una volta monolitico e quasi “stalinista” nella fedeltà al leader fin quando navigava tra il 4 e il 10%, una volta catapultato a primo inquilino di Palazzo Chigi, si è sciolto in tanti piccoli potentati, avidi di potere, in sotterranea guerra tra di loro.
La caccia a prendersi ogni posto messo a disposizione del potere esecutivo ha fatto sì che i Fratellini rimasti a bocca asciutta non l’hanno presa per niente bene, dopo aver portato l’acqua con la bocca al partito.
E così, la possibile riforma della legge elettorale in chiave “Sua Maesta Giorgia” stenta a raccattare l’applauso dei vari potentati interni, da quello di Lollobrigida a quello di Rampelli, passando per i Fratelli La Russa.
Ps. Resta il dubbio che la proposta meloniana sia stata solo un ballon d’essai lanciato, su commissione, per vedere l’effetto che fa..
(da Dagoreport)
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