A MANI VUOTE
VON DER LEYEN A LAMPEDUSA: ATTO DOVUTO CON NESSUNA GARANZIA SUI SOLDI PER SAIED
La presidente della Commissione Ue ha accettato l’invito di Meloni per l’emergenza migranti Ma la tedesca non porta impegni temporali per l’erogazione dei 250mln di aiuti a Tunisi.
Quando è scoppiata (ancora una volta) la ‘bolla’ di Lampedusa, Ursula von der Leyen era in tutt’altre faccende affaccendata. La presidente della Commissione europea aveva appena richiamato ‘in servizio’ l’ex premier Mario Draghi, affidandogli l’incarico di elaborare un report sulla competitività europea ed era appena rientrata nell’alveo della sua storica maggioranza formata da Ppe, socialisti e liberali, puntando ad un secondo mandato a Palazzo Berlaymont dopo le europee con questa stessa cornice. Insomma, la leader tedesca era impegnata a sterzare dalle ultime frequentazioni con Giorgia Meloni, con la quale ha ‘cucinato’ per tutta l’Ue il memorandum con la Tunisia per frenare i flussi di migranti. Quando la premier l’ha chiamata per invitarla a Lampedusa a verificare con i suoi occhi la situazione fuori controllo per le migliaia di arrivi degli ultimi giorni, la leader tedesca non è stata contenta, ma non aveva altra scelta che dire di sì. E anche in fretta. Ma non porta altro che la sua presenza.
Non è poco. La premier può sfoggiare il risultato di essere riuscita a trascinare la tedesca in Italia, nell’epicentro del dramma. Ma oltre alla ‘photo opportunity’ c’è poco, almeno dal fronte lampedusano, dove tra l’altro la situazione è incandescente di proteste contro la scelta del governo di allestire una tendopoli in un’area militare dove chiudere i migranti.
Come spiegano dalla Commissione europea, “non siamo in grado di fornire una tempistica” sull’effettiva erogazione dei fondi concordati con il presidente tunisino Saied due mesi fa. Si tratta di 150 milioni di euro di assistenza immediata in settori quali l’energia e un primo embrione di riforme per dare stabilità finanziaria al paese. E altri 105 milioni di euro per progetti legati all’immigrazione, in modo da arrestare i flussi verso l’Europa.
“L’attuazione del protocollo d’intesa è in corso – dicono da Palazzo Berlaymont – Si stanno già svolgendo regolarmente incontri tecnici con le autorità tunisine. Il modo in cui funziona il bilancio dell’Ue in generale è che, in primo luogo, i fondi dell’Ue devono essere impegnati per azioni specifiche, prima che i progetti possano essere adottati e poi aggiudicati. Inoltre, a volte, i nostri partner esecutivi hanno ovviamente bisogno di un po’ di tempo per prepararsi al lancio di qualsiasi progetto”.
Questo è il quadro della situazione. Mentre il memorandum con la Tunisia viene criticato non solo dalla maggioranza delle forze politiche all’europarlamento (socialisti, liberali, sinistra e Verdi), ma anche dal mediatore europeo (Ombudsman) che conduce indagini su denunce presentate da cittadini e associazioni circa la legalità delle decisioni europee.
In una lettera a von der Leyen, la responsabile Emily O’Reilly chiede se la Commissione abbia verificato il “rispetto dei diritti umani” prima di firmare l’intesa con Saied e quali azioni intenda mettere in atto per monitorare che questo aspetto del dossier sia rispettato, man mano che il memorandum verrà messo in pratica.
E non ci sono schiarite con i partner europei che in questi giorni hanno chiuso la collaborazione con Roma sulla gestione dell’immigrazione dal nord Africa, nonostante la videoconferenza del pomeriggio tra i ministri Matteo Piantedosi, Antonio Tajani, il francese Gerard Darmanin, la tedesca Nancy Faeser, la commissaria europea Ylva Johansson.
La Germania conferma la scelta di non accogliere più i migranti in arrivo dall’Italia, fino a quando il governo non comincerà a riammettere i cosiddetti ‘dublinanti’, cioè coloro che hanno fatto domanda di asilo in Italia ma sono riusciti a spostarsi in altri Stati. Un debole segnale arriva da Parigi, dove la premier Elisabeth Borne dice che “è arrivato il momento della solidarietà con l’Italia, ma anche della mobilitazione dell’Unione Europea”.
Borne dice anche che il presidente Emmanuel Macron parlerà dell’ultima emergenza con la premier italiana Meloni che a sua volta torna a chiedere attenzione dal Consiglio europeo: “Se ne parli al summit di fine ottobre”, dice. Intanto però non c’è notizia di riapertura delle frontiere francesi, chiuse qualche giorno fa da Parigi. È possibile che il tema sia intanto affrontato dai ministri europei degli Interni, nella loro riunione in programma a Bruxelles il 28 settembre. Il presidente francese Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni “hanno discusso dell’azione congiunta che potrebbe essere svolta nel Mediterraneo centrale, della prevenzione delle partenze con i Paesi di origine e di transito e, infine, degli sviluppi da dare a livello europeo del quadro del Patto sulla Migrazione per rispondere ai flussi migratori irregolari su lungo periodo”, rende noto un comunicato dell’Eliseo in serata.
La difficoltà maggiore sta nel fatto che è iniziata la campagna elettorale per le europee. Ed è iniziata per tutti. Per chi come von der Leyen cerca un secondo mandato senza correre come candidata all’Europarlamento e per le forze politiche di ogni paese direttamente impegnate nella gara. La competizione è sfrenata in tutti gli Stati membri, tra le stesse forze al governo e con l’opposizione.
Una situazione che massacra i rapporti diplomatici tra Stati, già difficili con il governo Meloni. La mossa di Berlino contro i migranti in arrivo da Roma, per dire, scaturisce da ragioni di politica interna, spiegano fonti diplomatiche: l’estrema destra dell’Afd ha superato il 20 per cento nei sondaggi federali. Stessa cosa dicasi per le chiusure francesi: come negli episodi di tensione dello scorso inverno con l’Italia, è sempre la propaganda nazionalista di Le Pen ad attizzare il fuoco delle polemiche con Darmanin, che dunque si scarica su Roma.
Domani tra l’altro, mentre la presidente della Commissione europea sarà a Lampedusa, la leader del Rassemblement National sarà a Pontida al raduno della Lega. Il menu è ricco per ulteriori tensioni di coalizione tra Fratelli d’Italia e Lega.
È questo il cortocircuito che nei prossimi mesi, fino al voto di giugno, rischia di stritolare i meccanismi decisionali europei, che non hanno mai brillato per rapidità d’esecuzione. Von der Leyen non poteva che rispondere alla chiamata di Meloni. Rifiutare sarebbe stato peggio. Ma ormai è un tutti contro tutti con problemi grossi sul campo che però non aspettano.
(da Huffingtonpost)
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