ABOLITO PER DECRETO LO STRESS DAL SETTORE PUBBLICO: LA SICUREZZA SUL LAVORO VALE SOLO PER IL PRIVATO
IL RISCHIO STRESS DA LAVORO CORRELATO DIVENTA CARTA STRACCIA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CON LA MANOVRA DEL GOVERNO….NIENTE PIU’ TUTELA, COME SE NON POTESSE ESISTERE: INCAPACI DI VERIFICARE I CASI DI CHI NE APPROFITTA, SI SPARA NEL MUCCHIO
A pagina 27 dell’ultima versione della manovra del governo, si legge all’art 8, comma 12, che “gli articoli 28 e 29 del decreto legislativo 9 aprile 2008, numero 81, in materia di rischio da stress lavoro- correlato, non si applicano alle amministrazioni pubbliche”.
Tradotto in italiano corrente, vuol dire che gli obblighi in materia di stress da lavoro e mobbing cui nel settore privato sono tenuti i datori di lavoro, diventano carta straccia nel settore pubblico.
Il tutto, fatto con grande tempismo: il testo unico delle leggi sulla sicurezza sul lavoro prevede infatti che dal prossimo 1 agosto, i titolari delle imprese svolgano una valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato, indicando anche quali misure di prevenzione vengano adottate in azienda.
Una valutazione quindi che il datore di lavoro pubblico potrà fare a meno di svolgere, mettendosi automaticamente al riparo dalle possibili conseguenze. Trattandosi di norma già a lume di naso illegittima, non ci meraviglia che il procuratore Raffaele Guariniello, capo dei pm della Procura di Torino, abbia parlato di “discriminazione tra aziende pubbliche e private, e tra gli stessi lavoratori”.
Lo Stato, con questa norma, risparmia investimenti nel campo della sicurezza da un lato e dall’altro pensa di limitare le assenze per malattia derivanti da stress.
Il primo obiettivo mal si concilia con lo statuto dei lavoratori e le leggi vigenti in tutti i Paesi civili, il secondo non eliminerà il problema, in quanto farà sempre testo il certificato medico e la successiva visita fiscale.
Però si cavalca la solita teoria del dipendente pubblico fannullone, tanto caro a Brunetta e si colpisce sempre in maniera orizzontale, per ingraziarsi la folla di privati che maledicono da una vita il pubblico.
Per esperienza amministrativa, se tra i dipendenti pubblici esistono degli imboscati perenni vanno ricercati innanzi tutto tra i dirigenti, esentati dalla timbratura e protetti dal potere politico.
Sono gli stessi che intrallazzano sovente tra appalti e concorsi, favorendo un dipendente piuttosto che un altro, sulla base di criteri tutt’altro che meritocratici.
Non esiste grosso ente pubblico che non annoveri questi soggetti tra le proprie fila: inutile prendersela con le ultime ruote del carro se il cattivo esempio viene dall’alto.
In secondo luogo lo stress da lavoro è più facile trovarlo in certi settori pubblici a contatto con l’utenza che nel privato, protetto spesso da ampi e comodi uffici.
Ovvio che anche nel pubblico vi sia chi lavora al minimo e chi fa il doppio di pratiche degli altri, i primi magari sono “funzionali” al dirigente e, non essendoci mai ispezioni da nessuna parte, continueranno a non fare una mazza, i secondi da domani non potranno più sentirsi stressati in quanto non riconosciuta la possibilità per decreto.
Così inizieranno a lavorare di meno anche loro.
Mentre i beoti plaudono certe norme ridicole, convinti che il “giro di vite” e la “linea dura” risolleverà le sorti del nostro disastrato Paese.
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