ADDIO CHUCK BERRY, LEGGENDA DEL ROCK
DA SPRINGSTEEN A JAGGER, CORDOGLIO SOCIAL: “ERA IL PIU’ GRANDE”… AVEVA 90 ANNI: “JOHNNY B. GOODE” TRA LE CANZONI PIU’ FAMOSE”
“La mia voce è andata, i miei polmoni non funzionano più bene, non ci vedo molto. Ma voglio ancora fare musica”. Aveva detto così pochi mesi fa Chuck Berry, in ottobre, quando aveva compiuto novant’anni.
Era nel suo stile, era il suo modo di vivere, era il suo modo di intendere il rock’n’roll. E il suo stile, il suo suono, le sue parole, hanno contribuito a cambiare in maniera radicale la musica popolare alla metà del secolo scorso.
Musica che dopo l’avvento di Chuck Berry, di Elvis Presley, di Little Richard, di Jerry Lee Lewis, non è stata più la stessa.
Berry, uno dei grandi padri fondatori del rock’n’roll è morto, ieri, a Saint Louis, la città che lo aveva visto nascere nel 1926.
E per il mondo della musica è davvero un grande, immenso, lutto. Perchè senza Chuck Berry non avremmo avuto gran parte della musica popolare dagli anni Cinquanta ad oggi, non avremmo avuto il rock, quantomeno nella forma in cui fino ad oggi lo abbiamo conosciuto.
“Se volete chiamare il rock in un altro modo chiamatelo Chuck Berry”, aveva detto John Lennon sottolineando come lui e una intera generazione di musicisti in tutto il mondo aveva “visto la luce” attraverso il bacino roteante di Elvis e la chitarra elettrica di Chuck Berry.
E ancora di più attraverso i testi delle canzoni di Berry, che avevano per la prima volta trattato i temi e gli argomenti cari alla gioventù, ad una categoria sociale che solo pochi anni prima, non esistevano nemmeno.
Parlando di musica siamo certi che Brian Wilson non avrebbe potuto scrivere gran parte dei primi e fondamentali hit dei Beach Boys, Keith Richards e i Rolling Stones non avrebbero scritto gli stessi hit, John Lennon non sarebbe stato il “working class hero” del rock inglese.
Perchè Chuck Berry ha costruito le fondamenta della musica popolare moderna ed è stato ma uno dei principali responsabili della rivoluzione sociale, culturale e artistica che dalla metà del Novecento ha cambiato il volto dell’occidente, usando una chiave semplice, diretta, immediata, imbattibile, quella della musica, quella del rock’n’roll.
Dei suoi novant’anni, settanta li aveva passati nella musica, nel blues, nel rock, in quella straordinaria miscela di musica bianca e nera che lui stesso aveva contribuito a creare e che, dagli anni Cinquanta aveva dominato come autore, cantante e chitarrista. Suonava e cantava da quando era bambino, ma non era un ragazzo tranquillo, di quelli cresciuti cantando nelle chiese.
No, Chuck aveva frequentato le prigioni da giovanissimo e poi, una volta uscito, aveva fatto molti lavori diversi, continuando quella di musicista come seconda attività .
Come nelle migliori leggende fu Muddy Waters, il re del blues, a indirizzarlo verso Leonard Chess, straordinario discografico chicagoano, che gli fece incidere il 21 maggio del 1955 il suo primo hit, Maybellene, seguito da Roll over Beethoven, Rock’n’roll music, Sweet Little Sixteen e soprattutto da Johnny B. Goode, il suo brano più famoso e importante, pietra miliare della musica popolare moderna e del rock’n’roll.
Tutto bene fino al 1959, quando Berry finì nuovamente in galera, accusato di aver fatto sesso con una minorenne. Quando ne venne fuori gli anni Sessanta avevano fatto fare un lungo giro all’orologio della musica, erano arrivati i Beatles, i Rolling Stones, e soprattutto i Beach Boys, che avevano preso la musica di Berry e l’avevano trasformata, facendola diventare beat, surf, e poi rock.
Berry inizialmente fatica a tornare al successo, nonostante scriva ancora canzoni memorabili, come You never can tell e No particular place to go.
Ma saranno proprio i nuovi eroi del rock, Lennon e Richards su tutti, a riportarlo all’attenzione del pubblico giovanile, permettendo ad altri brani come My ding a ling e Memphis Tennessee di diventare dei classici, interpretati da centinaia di artisti in tutto il mondo.
Berry ha continuato negli anni la sua attività di musicista, fino al 1979, e proprio di recente era tornato a realizzare un album, a novant’anni, intitolato semplicemente Chuck.
Era un uomo difficile, rabbioso, solitario, non aveva mai voluto avere una band, e anche quando altri lo avevano aiutato, come Lennon e Richards, non aveva mai abbassato la guardia, convinto com’era di essere il re, il più grande, quello che aveva aperto la porta a tutti gli altri.
Ma era anche un genio assoluto, la sua musica, le sue canzoni, i riff della sua chitarra, hanno modellato parte dell’immaginario popolare degli anni Cinquanta e Sessanta, e per molti versi dovrebbero essere insegnati come l’abc ad ogni aspirante musicista in ogni parte del mondo.
(da “La Repubblica”)
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