AUMENTANO I PIGNORAMENTI E I CASI DI CHI SI VENDE L’ORO DI FAMIGLIA
I SEGNALI DELLA CRISI ECONOMICA CHE COLPISCE LE FAMIGLIE ORMAI SONO EVIDENTI DA MESI… A GENOVA NEL 2008 PIGNORAMENTI AUMENTATI DEL 33%… A MILANO I CASI DI CHI SI VENDE L’ORO PER NECESSITA’ SONO TRIPLICATI… E IL GOVERNO PENSA A “TAGLIARE” SENZA INTERVENIRE SUL CAROVITA
Il fondo della crisi ha il volto delle case dei quartieri della periferia degradata di una grande città , dove gli ufficiali giudiziari entrano per eseguire un pignoramento ed escono il più delle volte a mani vuote e con la tentazione di lasciare qualche euro, invece che pretenderlo.
Tali e tanti sono ormai i casi di fronte ai quali si sentono colpiti o impotenti. Quando procedono a un sequestro, il più delle volte si tratta di beni invendibili, divani lisi, tavoli e armadi usurati dal tempo.
E’ il mercato della disperazione finanziaria che ogni giorno vede gli ufficiali giudiziari testimoni del proprio tempo.
I numeri freddi della statistica dicono che a Genova, nell’ultimo anno, sono esplosi i pignoramenti immobiliari, con un aumento del 33%. Sono case sottratte per una buona metà a chi si è arreso alla rata del mutuo e, non potendola onorare alla fine di ogni mese, ha ceduto il passo alla banca.
Sono diminuiti invece dell’11% quelli mobiliari, i pignoramenti di serie B, perchè ormai di rado riguardano denaro in contante, gioielli o oggetti di antiquariato e sempre più spesso invece televisori usati, tavoli e comodini di scarso valore.
Sono cresciuti invece i pignoramenti presso terzi che colpiscono con maggiore efficacia il conto in banca, i crediti vantati e lo stesso stipendio, nella misura massima di un quinto.
La stessa agenzia di riscossione, Equitalia, dopo un periodo di linea dura, ha scelto da qualche tempo un approccio più soft: si prova prima con vari solleciti e si rateizza fino a 72 mesi il debito. Significativa la cifra di ben 6.000 genovesi che ne hanno fatto ricorso, segnale di un disagio ormai diffuso anche nei ceti medi che ormai medi non si sentono più.
Basti pensare che sono 19.500 i solleciti inviati da Equitalia l’anno in corso ad altrettanti clienti morosi e abbiamo un quadro della situazione più esaustivo.
Ma ci sono anche altri fenomeni che rappresentano un indice inequivocabile delle difficoltà economiche delle famiglie italiane. Sempre più italiani, vincendo imbarazzo e ritrosia, si rivolgono ai negozi specializzati per vendere quei pochi oggetti d’oro che custodivano in casa, ricordi spesso di famiglia e tramandati da generazioni.
E si assiste al boom dei negozi “Compra oro” che sono ormai trecento a Roma e duecento a Milano. Le motivazioni per cui molti vendono le raccontano gli stessi negozianti: problemi familiari, coppie giovani in difficoltà , anziani alle prese con la perdita del potere d’acquisto delle loro pensioni, problemi di salute a cui non si riesce economicamente a fare fronte.
C’e’ chi si presenta più volte nello stesso mese, chi vende anche la fede nuziale, i suoi ricordi, un po’ la propria vita…
L’età media sui attesta sui 37-40 anni, chi vende per necessità una volta era il 10%, ora si attesta al 34% dei clienti totali. Un business per molti operatori commerciali con il limite però previsto che a un certo punto ci si dovrà fermare, in quanto la domanda di oro nel mondo, non è certo proporzionale alla disponibilità di vendite di questo periodo.
Questi tasselli che poniamo in evidenza ci inducono sempre più a lamentare un inesistente approccio della nostra classe politica all’emergenza più grossa del nostro Paese, quella della perdita del potere d’acquisto delle famiglie di fronte al carovita e alle relative speculazioni.
Se non avevamo fatto sconti a Prodi, tanto meno ne facciamo a un Esecutivo di centrodestra che sta curando solo l’immagine. Non basta purtroppo la politica degli annunci per risolvere i problemi quotidiani, siamo stanchi di veder gestite (spesso male) tematiche come la sicurezza o la scuola, il controllo dell’immigrazione o la giustizia.
E nessuno che abbia il coraggio di proporre rimedi per l’unica, vera emergenza del nostro Paese: quella della soglia di povertà che ormai riguarda milioni di famiglie italiane.
Nessuno che ponga in essere iniziative di facile realizzazione, come un blocco, concordato con le grandi catene commerciali, per sei mesi dei prezzi di un centinaio di generi di prima necessità . Assistiamo a “tavoli di confronto” sulle peggiori stronzate, a disquisizioni su temi che non interesserebbero neanche all’assemblea di un condominio, a leggi e lodi a cui gli italiani non frega nulla, a spiegamento di forze e mezzi da superpotenza, a continui tagli ovunque.
Palazzo Chigi sembra diventata una grande sartoria politica, ora Brunetta vuole mettere pure i tornelli ai dipendenti pubblici per regolarne entrate e uscite.
Una semplice osservazione Brunetta… ma pensi veramente che se anche il fannullone lo costringi a fare l’orario d’ufficio, senza assenze o senza il caffè al bar, renderà di più? O chi non ha voglia di fare nulla non continuerà forse a fare una mazza anche in ufficio?
Ecco perchè il Governo dovrebbe dedicarsi esclusivamente per un mese a studiare misure efficaci contro il carovita e per ridare respiro alle famiglie. Ma non con promesse campate in aria o l’elemosina di 10 euro tra un anno. Occorrono misure forti ora.
Poi diciamo un’ultima cosa: se in Italia esistesse una Destra popolare, sociale e nazionale, non saremmo a questi punti. Qua ormai non solo non c’è una destra sociale, non esiste neanche una destra nazionale, si cede alle istanze ultraliberiste e a quelle localistiche abbassando sempre la testa, per imput dall’alto. Salvo fare della difesa della “bandiera” la battaglia più sbagliata.
La destra in Italia ha anticipato la fine che faranno molti italiani: si è messa col piattino all’angolo della strada a chiedere l’elemosina. Spiacenti ma noi non facciamo politica per conto terzi o per assecondare altri Fini, abbiamo l’orgoglio del nostro ruolo di destra, come gli italiani hanno la dignità della loro storia.
E, anche se siamo scomodi, non ci facciamo prendere per i fondelli, continuiamo a dire quello che la maggioranza degli elettori ( e molti eletti in colloqui personali) pensa.
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