BERLUSCONI: “ABBIAMO LE MANI LEGATE, ORA NON SI PUO’ FARE DI PIU'”
LA NOMINA DI ALFANO POTREBBE RIVELARSI UN FLOP SE NON SI RAGGIUNGE IL QUORUM NEL CONSIGLIO NAZIONALE… LA TOLLERANZA VERSO LE SPARATE DI BOSSI E’ VICINA A ZERO
Berlusconi, sconvolto perla morte dell’amico Romano Comincioli, senatore del Pdl, è volato l’altro ieri a Milano lasciandosi per un giorno alle spalle le difficoltà della politica, il braccio di ferro con Tremonti.
Dopo la botta delle amministrative e la “sberla”dei referendum, la speranza di risollevarsi è affidata aunicamente alla chimera della riforma fiscale, che già oggi il ministro dell’Economia dovrebbe consegnarli in una prima bozza.
Consapevole di non aver altre carte in mano, il capo del governo nelle ultime 48 ore ha riannodato i fili di un rapporto, quello con Tremonti, che sembrava sull’orlo di una frattura definitiva.
Ha compreso, ma forse non poteva essere altrimenti, che l’abbassamento della pressione fiscale non sarà il tema sul tavolo.
Tremonti su questo è stato lapidario: «Ti prego, non insistere sull’abbassamento delle tasse. Lo dico per il tuo bene».
Ha accettato il principio di una riduzione e razionalizzazione delle decine di agevolazioni fiscali, si è rassegnato a una rimodulazione dell’Iva che toglie un po’ da una parte ma aumenta un altro po’ dall’altra. Questo è tutto.
«Abbiamo le mani legate–ripete il premier in queste ore ai suoi stessi ministri – e di più, al momento, non possiamo fare. Avete sentito cosa dice Draghi sul rischio default? Intanto lanciamo un segnale, poi faremo il resto».
Berlusconi si consola con le notizie che arrivano dal Carroccio.
Certo, a Pontida Bossi farà fuoco e fiamme, «una Piedigrotta» dice un ministro napoletano.
Ma saranno, almeno per ora, fuochi d’artificio, di quelli che non fanno male a nessuno. «Non apriranno la crisi di governo», assicura un uomo vicino al Cavaliere, come se a palazzo Grazioli fossero giunte precise rassicurazioni.
Eppure il quadro resta instabile. La maggioranza è sull’orlo di una crisi di nervi.
Un moderato come Salvatore Cicu, berlusconiano doc, ieri si aggirava in Transatlantico furibondo: «Se non approvano un emendamento al decreto sviluppo che allenta le ganasce fiscali io, perla prima volta in vita mia, voterò contro il governo. Non ci piove».
Poco più in là Nucara, segretario del Pri, minacciava ritorsioni: «Se la Lega torna alla carica con questa cazzata dei ministeri al Nord, Berlusconi cade. Punto. E meglio che il Cavaliere si dimetta prima, altrimenti io e mezzo Pdl del Sud gli votiamo contro». Ecco, il clima è questo, questo è il Parlamento al quale il premier il 22 giugno dovrà spiegare cosa intende fare per andare avanti.
Anche nel Pdl la situazione è tesa. Ieri a via dell’Umiltà si è svolto un vertice segreto per preparare il Consiglio nazionale che dovrebbe ratificare la nomina di Alfano a segretario.
Dovrebbe appunto, perchè esiste il rischio fondato di un clamoroso flop.
Il quorum per modificare lo statuto è infatti molto alto, servono i due terzi degli aventi dirittoalvoto.
Si parla di oltre 750 persone da richiamare a Roma il primo luglio per dire sì a una scelta già presa, senza alcun dibattito interno.
Se mancasse il quorum, per Alfano sarebbe una figura terribile.
Ma c’è anche il rischio opposto: richiamando così tanta gente sarà difficile evitare che il Cn si trasformi in un grande “sfogatolo” contro il Capo.
Una prospettiva che fa gelare il sangue ai generali di via dell’Umiltà .
Bei Francesco
(da “La Repubblica“)
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