BERSANI DOPPIA ROSA DI NOMI PER IL QUIRINALE
“IO NON SONO CANDIDATO”… FINOCCHIARO IN POLE POSITION
«Toglietevelo dalla testa, è una gigantesca cavolata. Io non sto brigando per una poltrona, cerco di trovare una soluzione per l’Italia».
Bersani spazza via il suo nome dal toto-Quirinale e lo fa davanti a Roberto Maroni che invece gli offre i voti della Lega per il Colle.
«Gli esterni non devono essere della partita. Noi vogliamo alla presidenza della Repubblica – spiega il leader del Carroccio – un politico puro. Sappi che Berlusconi considera l’idea. Per quanto mi riguarda, la scelta perfetta è il capo del partito di maggioranza. Cioè, tu».
Il rifiuto di Bersani è netto e addirittura risentito. «Di colli mi interessano quelli piacentini », dice a denti stretti.
Ma dal messaggio di Maroni e dai segnali che arrivano dal Pdl si capisce che la larga condivisione può essere raggiunta solo intorno a una personalità di «alta tenuta politica».
Ecco perchè da ieri si lavora su due rose di nomi.
Quella più vasta prevede anche Paola Severino e Luciano Violante.
La prima però ha poca esperienza e farebbe fatica a guidare una fase così difficile.
Il secondo invece ha gli strumenti ma un consenso ballerino soprattutto dentro il centrosinistra. Poi, c’è la rosa ristretta, ma non definitiva.
Giuliano Amato, Franco Marini, Pietro Grasso e il nome che al momento appare più probabile, Anna Finocchiaro.
L’ex capogruppo al Senato corrisponde a molti tratti dell’identikit che ha in mente Bersani e gli consentirebbe di non scivolare sul piano inclinato del Pd in tensione.
Tiene unito il partito, ha estimatori nel centrodestra e nel Carroccio, è una novità assoluta in quanto donna e avrebbe, giocoforza, il placet di Massimo D’Alema, un altro dei papabili in corsa.
La Finocchiaro infatti è una pupilla dell’ex premier, una scelta alla quale non potrebbe dire di no.
In realtà , in un gioco di specchi e di false piste, da Bersani arriva un invito a essere prudenti, «a fare uno sforzo ulteriore di fantasia.
Tutti i nomi usciti finora sono adeguati, ma non è detto che una figura politica debba essere quella dello stretto giro dei soliti noti».
Un depistaggio, forse. O un’allusione all’ipotesi di Mario Draghi, oggi presidente della Bce. Nome inattaccabile che permetterebbe a Bersani di evitare errori fatali lungo il sentiero che deve portare al governo di cambiamento.
Berlusconi non sta alla finestra. Gioca su più tavoli.
Ieri Fabrizio Cicchitto ha lanciato Violante.
Un sostegno sincero, ma talmente scoperto da lasciare il dubbio di un candidato “nascosto”. Ossia, D’Alema.
Quello che è certo è che il Cavaliere vuole una figura autorevole e di polso per il Quirinale.
Non ostile, capace di decisioni anche impopolari.
Che non si chiamano amnistia o salvacondotto, ma avrebbero il profilo di qualcosa che assomiglia molto a queste vie d’uscita.
Da giorni, Berlusconi confida ai suoi interlocutori il suo vero obiettivo: un riconoscimento politico con la nomina a senatore a vita.
Non è una garanzia assoluta rispetto alle questioni giudiziarie che lo travolgono.
Lo dimostra il caso di Giulio Andreotti, promosso al laticlavio nel ’91, ma finito lo stesso in processi per mafia e omicidio.
Ma sarebbe il suggello offerto dal Quirinale alla sua traiettoria politica.
Se si troverà un candidato condiviso, il giorno giusto per l’ufficialità è martedì.
Fino ad allora i contatti non si fermeranno.
Ieri sera alle 19, Gianni Letta è stato visto uscire dal portone del Quirinale.
Per conto di Bersani, Vasco Errani ed Enrico Letta sentono gli ambasciatori del Pdl, sfogliando petali ed eliminandoli uno ad uno.
Il braccio destro del segretario Pd Maurizio Migliavacca continua a sondare i parlamentari del Movimento 5stelle per capire quanto sono grandi le spaccature i dissensi.
E oggi i capigruppo Luigi Zanda e Roberto Speranza chiederanno un colloquio ai capigruppo grillini, dopo la prima scrematura della selezione online.
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica“)
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