BOERI: “IN ITALIA MANCA UN PIANO CONTRO LA POVERTA'”
“FALSO CHE I MIGRANTI RUBANO LAVORO AI GIOVANI”… “GLI IMMIGRATI VERSANO OGNI ANNO ALL’INPS 8 MILIARDI E NE RICEVONO 3″…. “GRAZIE A QUELLI CHE NON RISCUOTERANNO MAI LA PENSIONE, CONTRIBUISCONO ALL’1% DEL PIL NAZIONALE”
Una riforma del sistema pensionistico lunga 40 anni, vitalizi e pensioni d’oro, scarsa informazione e mancanza di un vero programma nazionale di lotta alla povertà . Il presidente dell’Inps Tito Boeri, nel colloquio con Tonia Mastrobuoni al Festival di Repubblica delle idee, spara a zero sul sistema pensionistico italiano e sulle riforme che si susseguono ciclicamente per tamponare le iniquità emerse dopo la legge Dini del 1995, col passaggio dal modello retributivo a quello contributivo.
Una riforma, come sottolinea Mastrobuoni, indispensabile per rendere il sistema più sostenibile, visto il miglioramento dell’aspettativa di vita e al tempo stesso l’uscita dal mondo del lavoro molto presto.
“La precarizzazione del lavoro, la diminuzione del tasso di sostituzione, vitalizi e pensioni d’oro, rendono questo sistema solido ma iniquo” sottolinea la giornalista. “Come fare per renderlo meno iniquo?”.
Una riforma lunga 40 anni.
Boeri non ha la bacchetta magica per risolvere in tempi brevi il problema ma l’analisi è spietata: “Il passaggio dal calcolo della pensione basato sulla contribuzione e non sulla retribuzione a fine carriera è avvenuto con una riforma, quella del 1995, che ha richiesto una transizione troppo lunga che terminerà nel 2032 (40 anni) mentre in Svezia, dove è stata fatta una riforma dello stesso tipo ci sono voluti solo 10 anni”.
In questo lasso di tempo sono stati necessari aggiustamenti automatici, leggi, “uno stillicidio”, lo definisce Boeri.
“Non solo, la riforma ha portato a una situazione di stridente iniquità sociale, di constrasto, con categorie che godono di un trattamento pensionistico ad hoc, per effetto di scelte politiche e della maggiore forza di alcuni contratti collettivi nazionali. Abbiamo già sottolineato come prefetti, militari, lavoratori del settore dei trasporti e delle telecomunicazioni godano di trattamenti migliori”.
La preoccupazione di Boeri è che questo sistema, se non ci si mette mano, crei non solo una iniquità finanziaria ed economica ma soprattutto sociale, perchè il sistema pensionistico si fonda su un patto generazionale in cui i giovani pagano le pensioni a chi esce dal mondo del lavoro.
“Se il sistema viene avvertito come iniquo non regge” continua il numero uno dell’Inps. “Ridurre di poco le pensioni più alte può aiutare a ridurre questa iniquità “.
L’informazione mancata.
Boeri punta il dito contro l’assoluta mancanza di informazione in un passaggio così delicato e fondamentale nella vita degli italiani come quello di 20 anni fa.
“C’è stato un motivo politico per cui non è stata fatta una campagna informativa perchè se le persone si fossero rese conto che il vecchio sistema era più generoso, non avrebbero votato la forza politica al potere in quel momento e che ha reso possibile l’entrata in vigore della nuova legge”.
Ma Boeri non si arrende: “Ci siamo resi conto di questa mancanza di consapevolezza con l’invio delle tanto criticate buste arancioni: la gente ha scarsa consapevolezza del sistema pensionistico, perciò vorremmo fare ora quella campagna che doveva essere fatta venti anni fa”.
I vitalizi col contributivo valgono la metà .
Un argomento scottante quello delle buste arancioni, su cui Boeri è voluto tornare, riprendendo anche la polemica scoppiata a seguito della sua affermazione sui vitalizi dei parlamentari che per essere giusti, sulla base dei contributi versati, dovrebbero essere dimezzati.
“Chi parla male delle buste arancioni non le ha mai ricevute e mai le riceverà perchè si tratta di politici, il cui trattamento pensionistico non è gestito dall’Inps. Siamo stati criticati perchè abbiamo affermato che i vitalizi, sulla base dei nostri calcoli basati sul modello contributivo, varrebbero la metà . A chiederci il nostro parere è stata la commissione parlamentare: per noi i politici si sono concessi trattamenti pensionistici più generosi di qualsiasi altra categoria lavorativa”.
Il presidente dell’istituto si è anche reso disponibile a certificare il calcolo delle pensioni dei parlamentari, invitandoli a farne richiesta: “Non è venuto nessuno!” ha detto Boeri, scatenando un applauso. Dimezzando i vitalizi ci sarebbe un risparmio per le casse dello Stato di 200 milioni di euro l’anno, pari all’ammontare dei sussidi ai disoccupati erogati nel 2015.
Manca piano anti-povertà .
Il sostegno ai disoccupati, soprattutto over 55 e giovani, e la mancanza di un concreto piano contro la povertà sono i tasti dolenti del welfare italiano. “Si parla di pensioni minime troppo basse ma prima di dirlo bisogna considerare il reddito complessivo lordo e da quando vengono percepite” spiega Boeri, che per spiegare meglio la situazione fa notare che negli anni della crisi il numero di persone povere è aumentato nella fascia d’età 55-65 anni e tra i giovani, mentre è rimasto stabile tra gli over 65.
“Il vero dramma è quello degli esodati che non possono contare su uno zoccolo duro di protezione dalla perdita del lavoro. Per far fronte a questo problema avevamo proposto al governo l’introduzione nel disegno di legge delega per il contrasto alla povertà di un reddito minimo per le famiglie con un 55enne che ha perso il lavoro. Sembrava di essere sulla strada buona ma dall’inizio dell’anno a oggi è ancora tutto fermo, per cui sto diventando scettico che il progetto venga realizzato”.
Mastrobuoni sottolinea come in Italia sia parli poco di povertà , soprattutto rispetto ad altri Paesi europei.
“Da noi solo il 3% dei trasferimenti inidirizzati al sociale è destinato al 10% della popolazione più povera” spiega Boeri. “In Europa siamo rimasti i soli a non avere un vero piano di contrasto alla povertà , persino la Grecia ne ha uno. In Italia ci sono solo iniziative di singoli Comuni ma questo non basta, serve una legge. Noi ci siamo candidati a gestirlo ma è dal centro che deve venire il finanziamento”.
I migranti sono una risorsa.
La giornalista lo incalza con domande che riguardano un tema di grande attualità , quello dei migranti e la strumentalizzazione che le destre populiste in Italia e in Europa ne fanno in termini di ricaduta sociale e lavorativa: “La destra cavalca la tesi del turismo sociale, cioè che i migranti approfittano del sistema dei Paesi in cui arrivano, è vero?”
Per Boeri, dati alla mano, si tratta di una percezione sbagliata: “Gli immigrati versano ogni anno nelle casse della sicurezza sociale dell’Inps 8 miliardi e ne ricevono 3, quindi il saldo per noi è più che positivo, non è vero che drenano le nostre risorse. Anzi. Spesso versano i contributi ma per una serie di motivi poi non riscuotono la pensione per cui il loro ‘dono’, perchè di questo si tratta, è pari a un punto del pil”.
Per l’economista favorire la mobilità dei giovani e dei migranti in Europa, soprattutto ora che la forbice delle differenze occupazionali tra un Paese e l’altro si è allargata, sarebbe la soluzione per riportare in equilibrio il mondo del lavoro.
“Invece al contrario si stanno alzando barriere” commenta Boeri. “Abbiamo anche proposto di creare in Europa un numero unico di sicurezza sociale, come avviene negli Stati Uniti, in modo da poter controllare che chi riceve sussidi di disoccupazione in un Paese non lavori in un altro, e in tal caso, togliere il sussidio. Questo sarebbe un primo importante passo verso la libera circolazione dei lavoratori”.
E sulla possibilità della gestione del sussidio di disoccupazione a livello europeo Boeri si dice scettico: “Sarebbe un sogno, bisogna essere realistici. Però si potrebbe inserire un meccanismo per cui se un Paese attua delle riforme indicate dalla Ue possa poi avere accesso all’estensione del tempo di fruizione del sussidio durante le crisi economiche, come avviene già in alcuni Stati Usa”.
I migranti non tolgono lavoro ai giovani.
Boeri invita tutti a usare il simulatore dell’Inps per il calcolo della pensione, a partire dai giovani che devono dimenticare il modello dei genitori: “Oggi è importante quanto si versa all’inizio e non quanto si guadagna alla fine della carriera” dice il presidente Inps. “Purtroppo i dati sulla disoccupazione e sull’emigrazione giovanile non sono incoraggianti. Preoccupante è anche il fatto che spesso laureati italiani invece di restare qui preferiscono andare a Londra a fare i camerieri perchè così guadagnano di più che a fare i ricercatori in Italia. Questo è uno spreco di risorse e competenze. Nè il problema si risolve con l’aiuto economico della famiglia. Occorre cambiare le regole di ingresso nel mondo del lavoro e assicurare una maggiore mobilità in Italia”.
E smentisce l’idea che i migranti tolgano lavoro ai giovani: “Le tensioni all’ingresso si possono verificare ma nei lavori meno qualificati e non è il caso dei giovani, che invece sono qualificati. Semmai il problema è quello dell’integrazione sociale che va gestito. I giovani hanno avuto problemi nel 2011 quando la legge Fornero ha imposto alle imprese il blocco all’uscita: da uno studio che abbiamo fatto nelle aziende con il blocco delle uscite dei lavoratori non si sono assunti giovani, al contrario di quelle in cui invece i blocchi non ci sono stati”.
(da “La Repubblica”)
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