BOSSI CEDE SULLA PREVIDENZA, LA LEGA SI DIVIDE
SALE LA TENSIONE TRA LEGA E PDL: LA LEGA CEDE SULLE PENSIONI E NEL CARROCCIO C’E’ APERTO DISSENSO VERSO BOSSI
Berlusconi insiste sulle pensioni: «Umberto, dobbiamo toccare l`anzianità con lo scalone e dobbiamo equiparare subito il ritiro dal lavoro delle donne a quello degliuomini». La risposta del Capo leghista è di quelle ruvide: «Silvio, vai a quel paese…».
Poi, poche ore dopo, l`appello del presidente Napolitano a rinforzare il decreto.
Passa la notte e i due soci del governo tornano a parlarsi.
È mezzogiorno quando il premier convoca il vertice di Palazzo Grazioli.
Poco dopo arriva la delegazione padana guidata da Roberto Calderoli. Con lui Rosy Mauro e Federico Bricolo.
Chi ha partecipato al vertice sponda lùmbard – racconta di una Lega che si impunta, che boccia i ritocchi sull`anzianità , sposta l`intervento sulle donne al 2014 e chiede che i soldi dell`Iva siano usati per consolidare i conti pubblici, non per fare spesa. Nella vulgata leghista Berlusconi accetta anche di reintrodurre la supertassa sopra i 300mila euro.
A quel punto Calderoli sente Bossi e Maroni dà l`ok.
Un accordo che però nel Carroccio lascia più di una ferita aperta.
Basta leggere il titolo di ieri della Padania, house organ leghista che per tutto agosto ha martellato i lettori con le vittorie delle camicie verdi, in particolare sulle pensioni. Ebbene, il giornale di Bossi apre con un freddo “Via libera alla manovra” senza alcun riferimento alle novità sulla previdenza.
Notizia nascosta. Commenta un deputato leghista di fede maroniana: «Abbiamo passato l`estate a dire che non avremmo permesso che si toccassero le pensioni del Nord e ora ci ritroviamo così…».
Un malumore che, è il timore di Via Bellerio, nella base potrebbe essere ancora più esplosivo.
Sarà un caso, ma fino a ieri sulla Padania per sabato prossimo era previsto un comizio di Bossi a Treviso.
Poi, improvvisamente, l`evento viene cancellato.
Gli stessi pretoriani del “Capo” dicono che preferisce «non esporsi» in una fase così delicata.
1 più maliziosi parlano apertamente di paura di contestazioni per la manovra.
Tanto che c`è chi mette in giro la voce che Bossi potrebbe disertare anche il raduno di Venezia del 18 settembre, il mitico rito dell`ampolla che nella liturgia leghista eguaglia Pontida.
Vero o no che sia, le anime del partito sono in fibrillazione.
Il partitone degli amministratori del Nord soffre. Nonostante i tagli a comuni e regioni siano stati alleggeriti, molti di loro la manovra la vivono come un cazzotto nello stomaco.
Uno di loro, e di peso, dice che «qui facciamo solo figuracce, dobbiamo uscire subito dal governo».
In molti si lamentano per un Bossi percepito come ormai evanescente e contraddittorio.
I veleni sono però incrociati.
Se molti parlamentari fanno notare (compiaciuti) l`assenza del capogruppo Reguzzoni sulla manovra, il suo entourage risponde che lui non ha condiviso la gestione dei negoziati e che si è volutamente defilato.
Per molti maroniani il ministro dell`Interno è scontento del testo finale, anche se chi ha negoziato con il premier giura il contrario.
Calderoli si spinge ad affermare che «la Lega ha riscoperto il gioco di squadra».
C`è infine chi sostiene che a essere scontento sia Giorgetti: non sarebbe stato informato in anticipo sulle decisioni.
Sia come sia, le tensioni nel Carroccio restano e il banco di prova sulla sua tenuta sarà il voto sull`arresto di Marco Milanese.
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