Febbraio 14th, 2016 Riccardo Fucile
LA LEGHISTA LUCIA BERGONZONI HA FREQUENTATO PER ANNI IL CENTRO SOCIALE LINK…LA VICINA DI CASA: “VIAVAI NOTTURNI, MUSICA A TUTTO VOLUME, DEIEZIONI CANINE: HO DOVUTO CAMBIARE CASA”.. E SUI SOCIAL ALLUSIONI ALLA “SINDACHESSA DELLA FATTANZA”
Di rosso ora le sono rimasti solo i capelli. E tuttavia Lucia Borgonzoni, imposta da Salvini come candidata sindaco del centrodestra a Bologna, le tanto odiate “zecche rosse” dei centri sociali le ha frequentate a lungo negli anni giovanili.
Un vecchio conoscente dei tempi del Link (uno dei principali centri sociali bolognesi, ndr), Mauro, ha postato mesi fa su Facebook una vecchia foto del 2000, scattata in un “casale occupato”: birra, un vecchio stereo portatile, cd sparsi dappertutto.
Nel post, Mauro ironizza sulla nuova Borgonzoni e lancia l’hashtag #sindachessadellafattanza, termine che a Bologna ricorda certe notti passate in compagnia della marijuana.
La candidata, intervistata da Repubblica Bologna, conferma di essere stata per anni barista al Link, ma precisa che già allora “lo sapevano tutti che ero leghista”.
Oggi tutto è cambiato per la giovane consigliera comunale, con in tasca una laurea all’Accademia di Belle Arti : “Se diventassi sindaco i centri sociali li chiuderei, almeno come sono ora”. Poi ci ripensa. “Magari scopro che si fanno anche delle cose culturali dentro e allora non li chiudo. Ma ci credo poco”.
Un passato ingombrante, però, per la candidata di un partito che a quel mondo ha dichiarato guerra. E in effetti in città l’argomento è sulla bocca di tutti. Sui social network sono spuntati anche racconti di vicini di casa del tempo, nel centro storico. “Averla come vicina nella mansarda sopra il mio appartamento è stato indimenticabile”, racconta una signora. “Musica a tutto volume e viavai notturni da chiamare i Vigili per il rumore, cani che lasciavano le loro deiezioni sul mio/nostro pianerottolo e che nessuno puliva…la signora inavvicinabile fino alla tarda mattinata, perchè sai sta dormendo…ho cambiato casa”.
Non è proprio un profilo “legge e ordine”, quello che sta venendo fuori.
Ma la Borgonzoni sembra in buona compagnia, condividendo i trascorsi di Salvini al Leoncavallo e la sua lista interna “comunisti padani”.
Il rischio è evidente: che gli elettori del centrodestra non votino una candidata del genere, imposta da giochi di vertice tra Salvini, Berlusconi e Meloni.
(da agenzie)
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Febbraio 9th, 2016 Riccardo Fucile
SALVINI E MELONI NON HANNO NE’ L’ENERGIA RAMPANTE DEL RENZI CHE TRASFORMO’ LE COMUNALI DI FIRENZE IN TRAMPOLINO DI LANCIO NE’ LA PROPENSIONE ALL’AZZARDO DI FINI CHE NEL ’93 DIEDE LA SVOLTA CANDIDANDOSI A ROMA
Rita Dalla Chiesa e Alfredo Mantovano: alla fine frullano questi due nomi nel cilindro del
centrodestra per la candidatura a sindaco di Roma. E il solo fatto che siano in ballo l’anchor-woman di Forum e un magistrato pugliese da tempo tornato alla professione, rivela il mood di questa campagna elettorale.
La prima fila della politica non vuole metterci la faccia. Ma non vuole nemmeno dare un’opportunità alla seconda fila, che potrebbe montarsi la testa e scavalcarla.
Così, si va a cercare altrove, tra gli ex di pregio, quelli che hanno già scalato tutti i gradini del cursus honorum e un domani — persino se premiati dal risultato elettorale — non daranno fastidio nella vera partita della successione a Berlusconi e dell’attribuzione della leadership nazionale.
Ovviamente, tutti negano tutto. «Il nome vero uscirà tra pochi giorni», così come l’ufficializzazione della candidatura del city manager Stefano Parisi a Milano.
Ma già questa difficoltà , questo continuo rinviare, questo tentennamento, è indice del problemone che si deve rimuovere.
C’erano belle e pronte due candidature “naturali”: Salvini a Milano e la Meloni a Roma. I due leader, i due volti emergenti, quelli che stando a ogni sondaggio avrebbero garantito il risultato migliore.
I due che, anche televisivamente, hanno “messo la faccia” sul nuovo centrodestra post-berlusconiano, incarnandone la svolta dall’efficientismo manageriale alle pulsioni identitarie, dal “meno tasse” al “meno immigrati”, dal milione di posti di lavoro al milione di presepi nelle scuole.
E però i due sembra non se la sentano.
Non hanno ne’ l’energia rampante del Matteo Renzi prima maniera, quello che trasformò la campagna per Firenze nel trampolino di conquista del potere nazionale, ne’ la matta propensione all’azzardo di Gianfranco Fini, che nel ’93, persa per persa, si candidò a sindaco di Roma con le conseguenze che sappiamo.
I nuovi leader giocano in difesa, e già questa è una cosa bizzarra visto il loro temperamento apparentemente ardimentoso.
Ancor più strana se si considera che, a Milano come a Roma, lo spazio per trasformare le amministrative in evento rifondativo c’era, non tanto per i casini del Pd quanto per la scelta antipolitica dei Cinque Stelle e la loro decisione di scartare a priori le candidature che avrebbero potuto fare faville.
Che cosa succede a questa destra che si fa timida, ritrosa, che parte sbandierando i nomi popolarissimi di Sallusti, Del Debbio, Meloni, icone del suo elettorato, e ripiega su un’opinionista dei sentimenti, su un funzionario piuttosto oscuro, su un ex-sottosegretario da tempo dimenticato?
Nel background delle decisioni, oltre ai ragionamenti pratici di cui si diceva prima, c’è anche un evidente tema identitario. Potremmo ribattezzarlo operazione nostalgia.
La Dalla Chiesa, con quel cognome importante e il legame ancestrale con Mediaset, è un equo compromesso tra il vecchio corso berlusconiano e pulsioni securitarie della destra.
Parisi dovrebbe essere l’Alter-Sala di chi rimpiange vittoriosa era Albertini. Mantovano, di cui pure si è discusso, ha il profilo dei cattolici-cattolici, che ben corrisponde alla nicchia politica del Family Day.
Insomma, dopo aver rinunciato alla competizione con Renzi nell’area larga dei moderati liberali e a quella con i grillini nelle fasce estreme della contestazione di sistema, si punta sul ricordo dei tempi belli.
Tv, ordine, famiglia, e il dolce sapore degli anni Novanta, così gradito soprattutto nelle fasce over-60 che restano il principale bacino di riferimento.
È un’operazione ad alto rischio, soprattutto a Roma, dove la destra non è mai stata televisiva e vipparola ma popolare, persino proletaria, la destra dei Buontempo e degli Augello senjor, e vinse — quando vinse — intestandosi la riscossa delle periferie (Alemanno) o la liquidazione delle lobby democristiane (Fini), non certo rincorrendo le suggestioni del mondo Mediaset ne’ le parrocchie, che tra l’altro hanno sempre votato a sinistra.
Ma forse altro non si poteva fare. Perchè i sondaggi garriscono, ma la realtà è che a Roma, quando si votò nel 2013, Fratelli d’Italia prese solo il 5,9 per cento pur arrivando da posizioni di potere e avendo un candidato sindaco-bandiera come Gianni Alemanno.
E a Milano, nel voto del 2011, anche la Lega del capolista Matteo Salvini si fermò al 9,6 per cento.
Allora forse è meglio essere prudenti, non lasciare il certo per il possibile, mandare avanti questi strani nomi e prepararsi a dire — in caso di figuracce — che sono stati loro a non funzionare, rinviando la sfida vera alla tornata delle politiche, quando la faccia bisognerà mettercela per forza (sperando di arrivarci non troppo acciaccati).
Flavia Perina
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 24th, 2016 Riccardo Fucile
IL MONDO CAMMINA MA LA DESTRA ITALIANA NON SA CHE SCIMMIOTTARE IL PASSATO…LE SFIDE DEI NUOVI TEMPI NON SONO TERRENO DI REDUCI SENZA AUDACIA
C’era una volta l’ambiziosa visione della “destra liberale”, quella travolta dallo “tsunami” del Pdl e
dalle superficiali condotte di una “classe dirigente” incapace di conservarsi fedele ad una scelta che poteva essere davvero “epocale”.
Dopo la perdita di ogni riferimento “segno”, si ipotizza addirittura la rinascita della “fiamma”…
C’è poco da dire, purtroppo: tra FdI-AN, Azione Nazionale e la “nuova pseudo-creatura” rappresentata dall’annunciato, redivivo MSI, la destra “vetero-missina”, nazionalista e illiberale, è “nuovamente servita”.
Delusioni a frotte, soprattutto per il futuro del Paese che avrebbe bisogno di ben altro…
Il mondo “cammina”, infatti, va inesorabilmente avanti, in continua direzione verso il futuro.
Dovrebbe essere un dato pacifico “seguirlo” per esservi protagonisti, e invece…
In tanti, troppi, alla “nostalgia del futuro” contrappongono la reiterazione del passato, rifuggendo dal presente e “scappando via” dalle “sfide dei tempi”.
Imbelli. Senza audacia. Fuori dal loro tempo.
Troppo facile e fin troppo comodo “ripercorrere” la strada “dei padri”.
Lo fa solo chi non ha voglia di impegnarsi davvero perchè il futuro richiede impegno, studio, analisi, dialogo ed appassionata contrapposizione, di idee, di concetti e di azioni.
Saluto con tristezza “chi non ha voglia” o chi non è all’altezza della sfida.
Sorrido con folle ed appassionata tenerezza, invece, “ai visionari” irriducibili, ai romantici; a quelli che, a “stare fermi”, proprio non riescono. A quei “folli” come me. Meglio essere una “formichina” che prova a partecipare “al rivoluzionario moto” della storia che una “pietruzza” ferma nel “deserto”…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Gennaio 15th, 2016 Riccardo Fucile
IL CASO DEL VILIPENDIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E LA CORSA ALLE CONGRATULAZIONI
La Destra italiana per un giorno ha messo da parte il caso Marò (proprio quando sarebbe stato
necessario un approfondimento, alla luce delle trattative in corso) e la polemica sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina che la vede ovviamente schierata contro i rappresentanti della “legalità ” (dai magistrati alle forze dell’ordine) e appiattiti sulla demagogia da osteria di Salvini, per dedicarsi alle note di congratulazioni a Francesco Storace che ha rinunciato in appello alla prescrizione nel processo che lo vede imputato di vilipendio al capo dello Stato e per il quale è stato condannato in primo grado a soli 6 mesi con la condizionale.
IL REATO
I delitti di vilipendio politico erano già noti al Codice Zanardelli del 1889. Il Codice Rocco (1930) li mantenne come delitti contro la personalità dello Stato, entro il sistema penale dello Stato fascista.
Nonostante le pressioni di una dottrina giuridica generalmente abrogazionista, la Corte costituzionale rigettò la questione di legittimità dell’art. 290, chiarendo che il bene del prestigio delle istituzioni non solo meritava tutela, ma aveva rilievo costituzionale. In questo modo i reati di vilipendio trovavano la loro giustificazione anche nel nuovo regime democratico.
IL FATTO
I fatti risalgono al 2007, quando il presidente Napolitano aveva condannato con parole di grande indignazione una “goliardata” de La destra, l’allora nuovo partito del senatore Storace, fuoriuscito da Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini: spedire alla 98enne senatrice a vita Rita Levi Montalcini delle stampelle, per “sostenerla fisicamente” e come simbolo del fatto che quella maggioranza, a sostegno del secondo governo Prodi, si reggeva “solo con le stampelle dei senatori a vita”.
“Mancare di rispetto, tentare di intimidire la professoressa Rita Levi Montalcini, che ha fatto tanto onore all’Italia, è semplicemente indegno” aveva tuonato Napolitano in difesa della senatrice premio Nobel, che aveva già provveduto a difendersi da sola con una lettera a Repubblica.
Ed ecco le parole che hanno portato Storace alla sbarra per vilipendio.
“Non so se devo temere l’arrivo dei corazzieri a difesa di Villa Arzilla, ma una cosa è certa: Giorgio Napolitano non ha alcun titolo per distribuire patenti etiche. Per disdicevole storia personale, per palese e nepotistica condizione familiare, per evidente faziosità istituzionale. E’ indegno di una carica usurpata a maggioranza”.
Risulta evidente che gli estremi per contestare il reato vi erano tutti.
Ha invece ragione Storace sul fatto che lo stesso non sia stato contestato ad altri che hanno usato termini anche più volgari ( vedi il cinquestelle Sorial).
Storace successivamente chiese un incontro con Napolitano e si scusò per le frasi pronunciate: dopo un “chiarimento” di tre ore, il presidente accettò le scuse e dichiarò che per lui il caso era da considerarsi chiuso.
Nel frattempo il ministro della Giustizia di allora, Clemente Mastella, ritenne di doversi ugualmente procedere contro Storace per il reato di vilipendio, valutazione di sua competenza.
E da qui per oltre sette anni, tra sospensioni varie e polemiche, si è arrivati , per un reato che prevede la condanna fino a 5 anni di reclusione, a una sentenza di primo grado piuttosto mite: sei mesi con la condizionale, applicando varie attenuanti.
Due giorni fa l’appello che avrebbe dovuto sancire la prescrizione per i termini ormai scaduti e la rinuncia alla stessa da parte dell’imputato, con aggiornamento della corte al 1 giugno.
I COMMENTI
Scrive Gianfranco Fini su “Liberadestra” sotto il titolo “Onore al merito”: “Storace ha dato un bell’esempio di cosa voglia dire essere di destra in materia di legalità : aver fiducia, nonostante tutto, nella giustizia. Se si sbaglia si paga e se si è onesti, in questo caso intellettualmente, si chiede che ciò venga sancito in tribunale, affinchè tutti lo sappiano. Confidare nella prescrizione del reato per farla franca non è certo politicamente così censurabile come salvarsi grazie ad una legge ad personam. Anche per questo spiace che quasi nessuno a destra, aldilà della attuale collocazione, abbia sottolineato come la scelta di Storace sia stata bella e significativa.”
Stesso concetto espresso da Menia: “Il coraggio di affrontare il giudizio è un qualcosa che appartiene al bagaglio della destra alta e pulita, che rifugge la scorciatoia della prescrizione”. “Il concetto di libertà di espressione – aggiunge Menia – va tutelato da ogni forma di prevaricazione, cosi’ come accaduto in questo caso”.
Spicca il silenzio della Meloni, non pervenuta causa cattivi rapporti in corso.
Storace replica lamentandosi del “silenzio del centrodestra” e parla di “dignità che non si ammanetta», di “libertà di opinione e privilegi di casta in gioco”, di “condanna perchè ho osato dire a quel Capo dello Stato (nemmeno tutto) quello che penso”.
IL NOSTRO COMMENTO
Viene spontanea una riflessione: ma Storace non si era scusato? O è tutta una farsa?
Perchè i casi sono due (per un uomo di destra, come direbbero Fini e Menia).
O resti sulle tue posizioni, non vai a a scusarti con Napolitano e ti fai processare, col rischio di finire realmente in carcere, senza fare tanti appelli alla libertà di espressione, visto che eri ben consapevole dell’esistenza del reato contestato.
O, dopo che hai chiesto scusa (ammettendo quindi di aver fatto una cazzata), mantieni una posizione coerente e non fai la vittima: non ti hanno condannato alla fucilazione, ma a 6 mesi con la condizionale.
Tutti capiscono che rinunciare alla prescrizione in questo caso sia più facile che se la condanna fosse stata a 5 anni senza condizionale, suvvia.
E’ il nulla sul nulla.
La “destra alta e pulita” cui fa cenno Fini probabilmente si sarebbe vista meglio in altre circostanze, magari non votando leggi ad personam come hanno fatto in tanti a destra in tempi passati o non accettando alleanze spurie per mero calcolo politico.
L’onore e il merito sono due valori importanti: meritano un palcoscenico di livello, non il teatrino della politica, meglio non abusarne.
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Gennaio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
GIOCO A RIMPIATTINO TRA SILVIO, MATTEO E GIORGIA: NESSUNO VUOLE INTESTARSI LE SCELTE… OBIETTIVO ALZARE POLVERONI INTORNO A UNA PROBABILE SCONFITTA
Se Matteo Renzi può permettersi di spostare a fine anno il referendum sul suo governo
evitando le forche caudine delle Amministrative e trattandole come un test senza rilievo nazionale, Berlusconi, Salvini e Meloni non hanno questa chance: l’esame della vita, per loro, sarà l’elezione dei sindaci.
E qualunque siano i nomi e lo schema delle alleanze, senza un risultato significativo in almeno una delle grandi città , c’è per tutti e tre il rischio di essere travolti dai risultati.
È per questo che il leader leghista non ha voluto “mettere la faccia” sulla competizione milanese, e per lo stesso motivo la giovane segretaria di Fratelli d’Italia nicchia su Roma.
La giustificazione ufficiale di entrambi – come ha spiegato Giorgia Meloni a “Libero” – è che “è difficile per chi guida un partito nazionale” impegnarsi in una competizione cittadina, ma è una tesi fragile: fu proprio la candidatura a sindaco di un segretario nazionale della destra – Gianfranco Fini – il “detonatore” degli eventi che portarono alla costituzione del vecchio Polo della Libertà , e mai come in questo momento l’elettorato di destra avrebbe bisogno di chiari riferimenti, anche personali, per mobilitarsi in campagna elettorale.
Il gioco a rimpiattino fra i tre è figlio di una consapevolezza politica molto precisa.
Il modello del doppio turno è spietato. Se il centrodestra non riuscirà a conquistare almeno un ballottaggio importante, vedrà al secondo turno quel che resta del voto “moderato” fuggire verso il Pd mentre la restante quota del voto di protesta si incanalerà verso i Cinque Stelle.
E c’è un sapore di nemesi in questo rischio, perchè – a parti invertite – il destino degli ex-Pdl potrebbe somigliare a quello della Dc di Martinazzoli che vent’anni fa, nel ’93, si ritrovò terza nelle sfide “che contavano”, scavalcata dai candidati della Lega e del Msi in tante città , e vide i suoi consensi accasarsi altrove per non fare mai più ritorno.
Berlusconi, Salvini e Meloni, insomma, si giocano la loro carriera sul voto di giugno. Nessuno ha voglia di compiere atti di forza, di intestarsi in esclusiva le scelte sulle candidature, perchè tutti sanno che il king maker, in questo caso, rischia di essere anche il capro espiatorio di turno, quello che pagherà pegno per il possibile insuccesso e che un minuto dopo i risultati dovrà salire sul banco degli imputati.
Le amministrative saranno qualcosa di molto simile alle primarie che l’ex-Cavaliere non ha mai voluto, e l’intenzione al momento sembra quella di giocarle per interposta persona, attraverso gli alter-ego di candidati sindaci più o meno concordati ma senza una appartenenza specifica, per poter ammortizzare eventuali figuracce ed evitare di “contarsi” in modo troppo preciso.
Il rilancio di Silvio Berlusconi sulla pazza idea di correre con liste civiche, senza esporre il simbolo di Forza Italia, nasce dalla medesima esigenza.
L’ultimo sondaggio di Lorien Consulting diffuso oggi quota il partito del Cavaliere al 9 per cento su base nazionale, con la Lega di Salvini sei punti sopra, al 15 per cento. Ovvio che senza una vittoria in almeno una delle grandi città , magari senza neppure un ballottaggio, e per di più sorpassato dal suo aggressivo competitor nelle percentuali, il vecchio leader finirebbe malamente pensionato.
E sarebbe lui “il Martinazzoli” su cui scaricare le frustrazioni di un centrodestra uscito dai giochi che contano.
Alzare polvere intorno a una probabile sconfitta, confonderne le responsabilità , suddividerne il peso, è a questo punto la tentazione di tutti.
Perchè anche Salvini e Meloni non sono messi meglio.
Per Salvini, che si misurerà da capolista sul risultato di Milano, la “capitale morale” è stata sempre una piazza difficile: alle ultime amministrative, quando il Cinque Stelle era ancora un movimento irrilevante, la Lega strappò coi denti il 9 per cento pur venendo da importanti posizioni di governo cittadino con la giunta Moratti.
La Meloni, se non si metterà personalmente in gioco a Roma, rischia non solo la figuraccia ma pure l’accusa di scarso coraggio (che a destra basta per demolire ogni leadership).
Dunque, anche se l’occasione di usare il voto per importi e archiviare la leadership berlusconiana è fortissima, al momento prevale il tatticismo e nessuno tira fuori la sciabola.
Adelante con juicio, secondo il motto manzoniano di Don Ferrante, in cui sempre si rifugia la politica italiana quando rischia di rimetterci le penne.
Flavia Perina
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
ALEMANNO CONTRO LA MELONI: “IO CI METTO LA FACCIA, NON LE STATUINE DEL PRESEPE”…MA QUALCUNO OGNI TANTO NON POTREBBE ORGANIZZARE AIUTI PER GLI INDIGENTI E GLI SFRATTATI, MANIFESTARE CONTRO GLI EVASORI FISCALI O PER LA TUTELA L’AMBIENTE?… MAGARI DEVOLVENDO IL 30% DEL LORO STIPENDIO DI PARLAMENTARI E SENZA ATTINGERE DAI SOLDI DELLA FONDAZIONE AN?
La destra litiga anche sui maro’. L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno ha organizzato il flash
mob di Azione Nazionale davanti all’ambasciata indiana a Roma per chiedere il rilascio dei due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Poco meno di un centinaio di persone, militanti del movimento nato qualche settimana fa dalle sigle della destra diffusa, si è recato in via XX Settembre con un grande striscione con la scritta “Marò subito liberi”.
E sei di loro, per protesta, si sono incatenati fuori la sede diplomatica di Nuova Delhi.
Su twitter Alemanno lancia una frecciata al leader di Fratelli d’Italia: “Per #marosubitoliberi c’è chi mette due statuine nel presepe e chi invece ci mette la faccia #AzioneNazionale”.
Il riferimento è a Giorgia Meloni che nella serata di martedì scorso ha voluto presentare “il presepe partecipato” davanti la sede del partito, con tanto di centurioni in carne ed ossa.
Nel presepe della sede di Fratelli d’Italia la Meloni ha anche aggiunto due statuine dei due fucilieri di Marina.
Ma l’iniziativa del leader di Fratelli d’Italia non deve essere piaciuta ad Alemanno che ha colto l’occasione per sottolineare la poca incisività della collega.
“Tre anni di vergogna, il governo Renzi li ha cancellati dall’agenda del governo”, hanno gridato i manifestanti all’esterno dell’ambasciata indiana, intonando anche l’inno di Mameli.
Tra i presenti l’ex An Roberto Menia, l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno e il portavoce di Azione Nazionale Fausto Orsomarso, che avverte: “ritorneremo in centinaia, migliaia, finchè i due marò non saranno liberati. La diplomazia indiana non è gradita finchè non torneranno in Italia”.
“Da oggi ricomincia una lotta senza quartiere per riaverli in Italia”, rilancia Alemanno laddove Marco Cerreto, membro del consiglio direttivo di Azione Nazionale, accusa: “abbiamo un governo italiano che ha dimenticato due servitori dello Stato e un governo indiano che gioca sulla loro vita”.
Lotta continua: tra presepi e maro’, i problemi dell’Italia sono quelli.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 9th, 2015 Riccardo Fucile
INTERVISTA A GIUSEPPE TATARELLA: “I PARTITI SONO SCATOLE VUOTE DI CONTENUTI, VOLTI SOLO A GARANTIRE UNA POLTRONA”…”IL CAMBIAMENTO DEVE AVVENIRE DAL BASSO E TRAMITE DEMOCRAZIA INTERNA, NESSUN LEADER”… “PRIMARIE, LEGALITA’ E MERITO I PUNTI DA CUI RIPARTIRE”… SABATO A ROMA LA NUOVA INIZIATIVA UNDER 30
Sabato prossimo prende le mosse a Roma un’iniziativa che si è sviluppata nel corso degli ultimi mesi attraverso un serrato confronto sul web e che troverà un primo sbocco in questo incontro.
Ne parliamo con uno dei promotori, l’avv. Giuseppe Tatarella, classe 1985, famiglia che ha segnato la storia della destra italiana.
Avvocato, lei ha promosso il gruppo “Rottamiamo il centrodestra”, ambiente che peraltro conosce bene. Avete intenzione di salire anche voi a bordo di una ruspa?
Assolutamente no. Tecnicamente le ruspe demoliscono, la rottamazione prevede la sostituzione di veicoli mal funzionanti con veicoli nuovi e a norma per viaggiare meglio.
Ci sintetizza le ragioni per cui questo centrodestra va rottamato?
È un ciclo ventennale che sta giungendo al termine. I partiti sono scatole vuote di contenuti e classe dirigente. Sono diventati uno strumento per continuare a gestire piccolo potere finalizzato alla rielezione di parlamentari ed eletti che non hanno più nulla da dire. Basta guardare al rapporto con il governo e alle battaglie che vengono cavalcate quotidianamente. Ormai il centrodestra ha lasciato il ruolo di opposizione al M5S e non ambisce neanche più a governare.
La vostra è una rottura anche generazionale?
Non c’è una rottura generazionale, ma intergenerazionale promossa da persone che non si riconoscono più in questo centrodestra e si impegnano per cambiarlo dal basso partendo dai contenuti e dalle regole.
Ci permetta, non siete a primi a indicare questa strada, altri hanno fallito: su che basi vi proponete di operare il cambiamento?
È vero, altri hanno ci hanno provato senza riuscirci. Tutti i tentativi, seppur nobili, hanno fallito perchè erano posti dall’interno di un partito. Questi sono tutti di stampo leaderistico, quindi molto difficili da cambiare perchè privi di democrazia interna. Per questo è il centrodestra tutto a dover essere rottamato. È il piccolo sistema di potere che lo tiene in ostaggio per fini elettivi che va rimosso. Le basi su cui ci poniamo per portare un cambiamento sono quelle delle regole democratiche. Pensiamo alle primarie innanzitutto.
Tre ambienti diversi che, in tempi distinti, si sono proposti come alternativi a questo centrodestra: Fratelli d’Italia, Conservatori e Riformisti e Azione nazionale. Che contraddizioni trovate in loro ?
In realtà sono quattro, se aggiungiamo Ncd. Tutte queste realtà hanno un comun denominatore: sono pezzi di classe dirigente che provano a staccarsi dalla casa madre per salvare decine di seggi e per mantenere o giungere a posizioni di governo.
Il ciclo di Forza Italia è finito?
No. Forza Italia finirà quando Berlusconi non esisterà più politicamente. È un fenomeno politico che nasce e muore con lui.
Come vi ponete di fronte alla ruspa leghista?
Distinti e distanti. Salvini non è un personaggio credibile, riesce a cavalcare benissimo i mal di pancia degli italiani, ma senza fare alcuna proposta concreta e ridicolizzando quotidianamente le Istituzioni. Non vanno al contrario ridicolizzati alcuni temi di cui le forze populiste in Italia e in Europa si sono appropriati. Identita’, sovranita’ e multiculturalismo rappresentano temi dirimenti rispetto ai quali un centrodestra moderno ha il dovere di fornire risposte serie.
Parliamo di voi: che esperienze si troveranno a confronto sabato a Roma? Di che provenienza politica e geografica? Di che età ?
Ci saranno donne e uomini provenienti da diverse estrazioni politiche. Tante sigle e movimenti civici. L’idea è quella di creare una rete in cui possano convergere le intelligenze e le capacità inespresse che ci sono negli attuali partiti politici o nei movimenti civici. Per non parlare dei blogger e delle libere testate sul web che svolgono faticosamente un lavoro prezioso. Oggettivamente la fascia generazionale è under trenta, ma sarebbe infantile limitare l’accesso a quella generazione. Tutti possono e devono partecipare, sopratutto chi porta in dote un bagaglio di esperienze.
Che percorso prevedete e in che tempi? Pensate di partire con regole interne?
Prevediamo un percorso dal basso articolato in diversi step. A destra c’è una forte esigenza di costruire regole chiare e trasparenti. Di ripristinare democrazia interna e meritocrazia. Certamente uno dei temi che è quello dell’organizzazione di cui ci dovremo dotare, ma penso anche alla comunicazione e all’auto finanziamento che dovremo attivare.
Che forma partecipativa e organizzativa pensate di mettere a punto?
Questo lo decideremo insieme, ma posso permettermi di dire che dovrà essere il più partecipativa ed inclusiva possibile. Tutti coloro che decideremo di intraprendere questo percorso dovranno essere alla pari nella costruzione del movimento.
Mi pare di capire che il programma nascerà proprio dal confronto interno: primarie, legalità e merito saranno delle priorità ?
Certamente. Le primarie sono la cartina di tornasole per rigenerare il centrodestra. La difesa della legalità e la pulizia interna sono le pietre tombali di questo centrodestra. Il merito dovrà essere il punto di forza del movimento. Cosa che a destra ormai non vediamo più da tempo immemore.
Non pensa che la destra italiana abbia sottovalutato l’importanza della presenza sul web, rinunciando a confrontarsi e discutere con la societa?
Penso che abbia perso la grande occasione, ma sappiamo bene che per anni l’elettore del centrodestra è stato abituato ad ascoltare alcune reti televisive e poche testate di area politica. Oggi con il web tutto è cambiato. L’elettore vuole partecipare, poter dire la sua e confrontarsi direttamente con i vertici della politica. C’e’ tanta voglia di tornare ad incontrarsi, di confrontarsi dal vivo,di fare politica sul territorio. E in questo campo l’associazionismo deve tornare a giocare un ruolo da protagonista. Il centrodestra non è stato in grado anche in questo caso di comprendere la propria base e adesso ne paga le conseguenze.
Per un giovane è pesante portare il suo cognome: c’è qualcosa in particolare cui non rinuncerebbe degli insegnamenti morali della sua famiglia?
Non è mai stato facile. A sedici anni di distanza la figura di Pinuccio Tatarella è ancora viva nel ricordo e nel dibattito politico. Da sempre è un faro per molti di noi, una stella che continuerà a brillare nel firmamento della politica. Fra i tanti non rinuncerei mai all’insegnamento dell’umiltà , perchè credo sia alla base della politica e del rapporto con persone che costituiscono una comunità .
Ci faccia un’ultima confidenza… il nostro blog è notoriamente poco conforme e spesso molto critico: pensate di rottamare anche noi o per ora ce la caviamo?
Nel movimento che vogliamo costruire abbiamo bisogno di impegno e voci libere come le vostre per poter arrivare a quante più persone possibili. Complimenti e buon lavoro
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Novembre 28th, 2015 Riccardo Fucile
IL NUOVO MOVIMENTO ANNUNCIA AUTONOMIA DAL CENTRODESTRA, DEMOCRAZIA DIRETTA, CONSULTAZIONE DELLA BASE, LISTE CIVICHE E PRIMARIE… NESSUN LEADER (QUELLI VERI RESTANO DIETRO LE QUINTE)
Al teatro Quirino è andato in onda oggi il lancio ufficiale di Azione
Nazionale, nata dalla mozione dei “Quarantenni”, presentata all’ultima assemblea dei soci della Fondazione An.
Inno di Mameli e Marsigliese hanno aperto la manifestazione, poi gli interventi di Mario Ciampi (già segretario generale della Fondazione Farefuturo di Gianfranco Fini) e di Marco Cerreto (portavoce di Prima l’Italia, movimento vicino a Gianni Alemanno) del consiglio direttivo del movimento.
Hanno portato il loro saluto anche esponenti di Forza Italia, la fittiana Cinzia Bonfrisco e l’onnipresente Francesco Storace.
«Abbiamo invitato anche Giorgia Meloni, continuiamo ad essere aperti ad un progetto comune» con Fdi, spiega l’ex sindaco Gianni Alemanno, che assicura come, con Azione Nazionale «presentiamo una nuova classe dirigente, che parte dalla base e dal territorio».
Sui contenuti si sono sentiti discorsi in verità molto diversi, le posizioni della destra italiana sono notoriamente variegate e tali si ha l’impressione rimarranno.
Una novità sembra invece quella metodologica: in Azione nazionale non ci saranno leader (qualche maligno sostiene perchè già ci sono dietro le quinte) ma solo portavoci in carica per tre mesi, ogni circolo territoriale avrà la massima autonomia gestionale, nella aggregazione e presentazione locale delle liste.
Ogni decisione sarà sottoposta al voto degli iscritti via internet, una formula mutuata dai Cinquestelle: sicuramente una novità a destra, questa almeno l’intenzione annunciata, tutta da verificare.
Rispetto alla destra corrente è stata rimarcato finalmente la distinzione tra terrorismo e mondo musulmano, ma è apparsa anche la solita retorica dell’interventismo bellico senza un progetto futuro e la mancanza di analisi profonda del fenomeno, risolvibile per taluni con mere misure “di sicurezza”.
Sicuramente una novità positiva la battaglia contro il Ttip sul “libero commercio” e le «trattative segrete Usa-Ue, in difesa del Made in Italy e dei diritti dei lavoratori»
Come il richiamo di Urzi’ al “senso dello Stato”, priorità della destra, e quello di Santoro che ricorda che “la Lega non rappresenta la nostra destra”.
Per la prima volta si è sentito dichiarare che il Jobs Act è un bidone e non rappresenta la soluzione ai problemi del lavoro, ma è sola la istituzionalizzazione del precariato dopato dai contributi statali (cosa che, da soli, per troppi mesi abbiamo documentato nel nostro blog).
Ne prendiamo atto con piacere.
Al di là di certa retorica patriottica un po’ datata e del solito richiamo al quoziente familiare che tutti citano ma che nessuno ha mai tradotto in legge quando governava, segnaliamo una mancanza un po’ grave in questa prima uscita di Azione nazionale: fare della “Legalità ” un punto fermo e prioritario della battaglia politica.
Nessun accenno alla lotta alla criminalità organizzata, alla mafia, alla corruzione e all’evasione fiscale.
Resta poi il nodo dei rapporti con il centrodestra: il concetto “alleabili ma non malleabili” è uno slogan simpatico ma non chiarisce il percorso futuro.
Una “nuova destra” dovrebbe avere il coraggio di “marciare da sola” e differenziarsi dall’esistente: non può “nascere una destra nuova” per poi riproporsi a fianco di chi l’ha distrutta.
In conclusione abbiamo notato luci e ombre nel neonato movimento, ma abituati come siamo a rilevare solo il buio profondo, politico e culturale, dell’attuale centrodestra italiano, è già qualcosa.
Sperando che non si perda per strada.
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Novembre 22nd, 2015 Riccardo Fucile
LA PRESA PER I FONDELLI: MESI CHE PARLANO DI PRIMARIE DEL CENTRODESTRA E POI I SINDACI SE LI SPARTISCONO COME SEMPRE A PALAZZO GRAZIOLI
Da mesi le primarie sembrava essere la madre di tutte le battaglie per gli innovatori del
centrodestra, alias il sistemamogli e la cognata d’Italia.
Non è stato necessario passare sul loro corpo di indomiti e coerenti combattenti per far loro cambiare idea: è bastato un invito a palazzo Grazioli, come ai vecchi e mai rinnegati tempi.
Nonostante gli impegni sul fronte islamico (dove, è noto, loro sono i veri indomiti foreign fighter europei) in cui si rivelano piu’ feroci (a parole) dei peshmerga curdi, appena Silvio li ha chiamati a rapporto, hanno riposto i kalashnikov, si sono fatti belli (licenza poetica) e sono arrivati a Palazzo.
Dalle primarie sono passati all’entrata secondaria della servitu’.
Per certificare l’opposto di quanto hanno detto in questi mesi: la base non conta una mazza, decidiamo noi.
E chi meglio di loro può certificare la sconfitta?
Ecco allora la scelta del kamikake Sallusti, esperto di macchine belliche del fango, per essere certi di perdere a Milano.
Poi la discussione su Roma dove la Meloni non ha ancora deciso se indossare la cintura esplosiva e immolarsi alla vittoria dei pentastellati o nascondersi nel bunker in attesa di tempi e poltrone migliori.
L’importante pare sia impedire alle truppe marchiniane di conquistare terreno.
A Napoli si aspetta di trovare un altro aspirante suicida. mentre a Bologna Salvini ritorna alle sue origini di comunista padano.
Per uno che frequentava il Leoncavallo, chi meglio della Bergonzoni che serviva le bibite al centro sociale Link di Bologna?
Poi essendo i centri sociali noti covi di terroristi da chiudere, si presume almeno abbiano forgiato esperti in cinture esplosive da fornire alla loro ex adepta.
E le primarie?
Non stiamo a sottilizzare, suvvia, cosa c’entrano gli elettori?
Che importanza possono avere le primarie e le secondarie per chi ha inanellato 12 anni di fuoricorso all’università , siamo seri.
Forse che gli iman vengono eletti con le primarie?
Siamo di fronte a una marea di profughi che si rifiutano di affogare e stiamo a pensare alle primarie?
E’ il momento di combattere, cribbio: sovrani e divani a casa nostra.
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