Aprile 25th, 2014 Riccardo Fucile
POI ROMPE GLI ACCORDI CON IL PD: “ITALICUM E SENATO COSàŒ NO”. MA DOPO LA PUBBLICITà€ CI RIPENSA
La cadenza è biascicata, come se fosse riemerso da una sbornia. 
In una saletta che dà sul cortile degli antichi studi Rai di via Teulada, a Roma, molti giornalisti si guardano, stupiti, in faccia. “Ma è ubriaco?”.
Sono mesi, ormai, che Silvio Berlusconi si presenta in pubblico trascinando le parole. Un mistero, che qualcuno in passato ha tentato di giustificare così: “Ha una caramella in bocca”. Stavolta, però, non mastica nulla. Il custode dell’enigma è al terzo piano della palazzina dove si registra il ritorno di B. a Porta a Porta.
L’ex Cavaliere arriva con mezz’ora di ritardo ed è scortato dal suo medico personale, Alberto Zangrillo. Tutti i dipendenti sono affacciati. Che cosa ha bevuto il Condannato, su consiglio di Zangrillo, prima di entrare nello studio?
La registrazione inizia alle 17,30. Bruno Vespa è protettivo e riverente allo stesso tempo.
La sua liturgia da conduttore buono per tutte le stagioni ha una serie di parole tabù: condanna, servizi sociali, evasione fiscale.
“Lei adesso è un cittadino con diversi doveri, come gestirà questa nuova fase della vita? Si sente umiliato?”. Vespa incoraggia anche: “Qui lei manca da 14 mesi, nel frattempo è successo di tutto, ma stasera comincia la rimonta”.
Berlusconi fa fatica a carburare. E sull’esito delle Europee sembra rassegnato. Per ben tre volte ripete che lui guarda al traguardo delle Politiche, non al voto del 25 maggio per Strasburgo. È un’ammissione preventiva di sconfitta. “Ci sono solo 35 giorni, non pretendo molto”.
Nei manuali di campagna elettorale si chiama effetto underdog. B. fa il “cane bastonato” che deve inseguire i sondaggi in calo e spera così di catturare una fetta di indecisi.
“Il 50 per cento è deluso e disgustato dalla politica”. Così come “il 46 di quelli che hanno votato Grillo sono delusi dal M5S”.
Berlusconi è stretto nel solito doppiopetto blu. Parte un servizio sul centro di Cesano Boscone, dove Silvio svolgerà i servizi sociali. Il direttore specifica che B. non si occuperà dell’igiene personale degli ospiti disabili, la cui età media è 75 anni. Entrano gli ospiti, scaglionati.
Belpietro di Libero, Landò che dirige l’Unità , Polito del Corriere del Mezzogiorno. B. sembra più lucido.
Siamo in campagna elettorale e il patto del Nazareno con Matteo Renzi si frantuma a tappe. Prima tocca all’Italicum, la legge elettorale concordata con il premier: “È incostituzionale”. Poi al Senato: “Così com’è non la votiamo, prima del 25 maggio non passerà ”. Pausa pubblicitaria. Alla ripresa, B. smentisce se stesso: “Confermo tutti gli impegni con Renzi”. Smarrimento generale.
Il caos tocca vette imbarazzanti. B. confonde effetto serra e buco dell’ozono e intesta al Pli di Malagodi un fantomatico 7 per cento dopo il compromesso storico.
In realtà il boom liberale avvenne dopo il centrosinistra di Fanfani.
Landò tenta di parlare della condanna per evasione fiscale ma Vespa, timoroso dei patti con i legali e il cerchio magico di B., lo stoppa subito: “Non scendiamo nel personale, manteniamoci sul generale”. L’imbarazzo è a getto continuo.
Berlusconi s’infila in un pippone terrificante sul fiscal compact (colpa di Polito), sbaglia ancora un paio di parole, rimpiange il “Berlusconi d’antan” (quello dalla “grande capacità comunicativa”) e alla fine, dopo due ore estenuanti, piazza finalmente un colpo da Caimano: “Fini ha fatto quello che ha fatto, un tentativo di colpo di Stato, spinto da Napolitano”.
Stavolta è Vespa a vacillare. “Presidente è sicuro, lei può essere accusato per queste parole, questa è un lesione costituzionale?”.
B., piccato: “Pensa che io parli a vanvera? Ho 12 testimoni. Persone che Fini voleva convincere a passare con lui facendo ascoltare loro, dal telefono, la voce del capo dello Stato”.
Vespa si rassegna: “Lei vuol dire che se lei avesse perso nel dicembre del 2010, Napolitano avrebbe dato l’incarico a Fini?”. “Sì, ne sono certo”.
Lo stesso Fini replica in serata: “I complotti sono solo nella sua mente”.
Il Condannato contro Napolitano appare però più convincente di quello contro Renzi. Sulle invettive che a parole distruggono il patto del Nazareno bisognerà distinguere la fuffa propagandista dalla ciccia degli accordi.
Del resto, anche B. fa una distinzione sul premier: “Umanamente mi è simpatico, anche se adesso è diventato un simpatico tassatore e ha portato a casa la mancia degli 80 euro firmata da Napolitano”.
La diaspora azzurra, da Alfano a Bonaiuti, è derubricata a “situazioni personali”, anche se c’è stato tanto “dolore” e “le porte sono sempre aperte”.
Dolore e malinconia: “Bondi è poeta e spesso si abbandona alla malinconia. Gli voglio bene, sarà sempre vicino a me”. Fin quando dura.
E stavolta, non sarà tanto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 15th, 2014 Riccardo Fucile
“SENZA GUIDARE UN PARTITO E SENZA ENTRARE IN PARLAMENTO, MA ANCHE SENZA TORNARE INDIETRO”
A volte ritornano. Soprattutto in politica.
Stavolta tocca a Gianfranco Fini.
Sì, l’ex presidente della Camera, che nel 2011 ha tentato di far cadere il governo Berlusconi e ha fondato un nuovo partito, Futuro e Libertà , potrebbe rientrare presto in campo.
Ovviamente per costruire (pure lui) la nuova destra. Non più quell’area centrista che soltanto poco tempo fa aveva vagheggiato con Monti e Casini.
Dopo aver criticato l’operazione di Fratelli d’Italia, che ha recuperato il simbolo di An, e aver definito Ignazio La Russa e Giorgia Meloni «bambini viziati che scimmiottano la storia», Gianfranco Fini si è materializzato ieri con un tweet eloquente: «Sono pronto a raccogliere la sfida per costruire una nuova #destra».
Un proclama, che a molti sarà sembrata una minaccia, su cui Fini, ospite del programma tv «L’aria che tira» su La7, si è dilungato, abbozzando addirittura un programma: «Che oggi la destra sia in una condizione, ahimè, di diaspora è un dato di fatto – ha detto – Io ho le mie responsabilità e chi avrà la bontà di leggere il libro che ho scritto se ne accorgerà . Ma ripeto il concetto: non si mettono assieme i cocci. Non si può far finta di tornare indietro».
Insomma, no alle operazioni «nostalgia». Bisogna guardare avanti, ripete Gianfranco, anche nel libro «Il Ventennio», dove rivendica le sue scelte.
Ora spiega: «Io invito tutti coloro che mi dicono: “Rifacciamo la destra” a dire: “Io ci sto, io sono pronto. Da domani. Senza tornare in Parlamento, io ci sono stato trent’anni. Senza guidare un partito, si fa politica anche scrivendo un libro”».
Ma insiste: «Vogliamo capire che cosa è la destra? Perchè altrimenti continuiamo con questa logica del gioco degli specchi per cui continua l’anatema nei confronti degli altri».
Insomma, nota Fini, «sta cambiando tutto. Qualcuno può dire che Renzi è un comunista e che se vince c’è il pericolo della libertà ?».
L’ex presidente della Camera precisa anche che non accetterà mai l’epiteto di traditore.
Proprio per questo aggiunge: «Mi considero politicamente e culturalmente un uomo di destra».
Ed ecco il «programma»: «La mia idea di destra non prevede l’uscita dall’euro, la mia idea di destra non prevede di discriminare lo straniero soltanto perchè ha una pelle diversa».
Infine avverte: «Lasciate stare Fiuggi. Se volete rifare qualcosa di destra avete il diritto di farlo ma a condizione di chiarire che cosa si intende per politiche di destra».
Alberto Di Majo
(da “il Tempo“)
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Marzo 7th, 2014 Riccardo Fucile
“LA SMETTANO DI SCIMMIOTTARE LA STORIA, I SIMBOLI DA SOLI NON BASTANO”
“Fa riflettere il modo con cui i dirigenti di Fratelli d’Italia tentano di far risorgere Alleanza
Nazionale. Dopo aver furbescamente inserito il simbolo, seppur in formato bonsai, nel loro logo elettorale celebrano questo fine settimana il congresso nazionale a Fiuggi”.
Non le manda a dire Gianfranco Fini agli ex colleghi di An alla vigilia dell’Assise.
Il suo è un vero e proprio attacco, una tirata d’orecchie come non se ne sentivano da un po’. “Dico ai Fratelli d’Italia di smetterla di scimmiottare la storia. Per sopravvivere e superare il 4% alle europee serve loro qualcosa di assai più convincente che una scampagnata semiclandestina a Fiuggi. La storia di AN, di cui anch’essi fanno parte, non merita di ripetersi in farsa”.
“Mi sembrano bambini cresciuti, e viziati, che vogliono imitare i fratelli maggiori senza capire che le condizioni in cui si trovano sono completamente diverse. Rischiano di far piangere, di rabbia e non certo di commozione, chi venti anni fa era consapevole di quel che stava accadendo a destra”, conclude Fini.
“Anche per questo – rileva Fini nella sua riflessione – non comprendo come un uomo come La Russa, che nel 1994 c’era e con un ruolo da protagonista, non abbia ricordato a Giorgia Meloni, che all’epoca aveva 17 anni, solo poche verità :
1) A Fiuggi la destra italiana trasformò radicalmente se stessa perchè “uscì dalla casa del padre con la certezza di non farvi mai più ritorno”.
Il documento congressuale è entrato nella storia politica per il suo contenuto, per i valori che faceva propri, l’identità che definiva per il nuovo partito, i programmi che presentava agli italiani. Ne parlarono, spesso con scetticismo, i commentatori di mezzo mondo perchè nessuno credeva fossimo capaci di tanto.
2) Tutto fu possibile perchè la stragrande maggioranza della classe dirigente dell’epoca (Rauti fu la sola eccezione) capì che il grande successo dei candidati missini nelle amministrative del 1993 imponeva di passare dalla protesta alla proposta, dalla nobile testimonianza ideale alla concreta assunzione di responsabilità , dalla opposizione al sistema alla elaborazione di una cultura di governo.
3) Tanti italiani, anche autorevoli, che mai avevamo fatto politica a destra si unirono a noi per far nascere Alleanza Nazionale. A Fiuggi la destra non cambiò nome, mutò identità e prospettive”.
“Per evidenti ragioni di buon gusto – prosegue Fini – non sta a me chiedere quanto fu importante la leadership dell’epoca. Certo furono determinanti il momento storico, la congiuntura politica. Onestà vuole che si ammetta che non tutto andò poi come avevamo sognato. Ne ho scritto in altra sede (il libro ‘Il ventennio’) e mi sono assunto, traendone le conseguenze, le mie responsabilità
I simboli da soli non bastano. Alla destra servono idee nuove e prospettive credibili in materia di integrazione europea, mercato del lavoro e politiche economiche, welfare, legalità e sicurezza, diritti civili.
Soprattutto serve, certamente non ultima per importanza, chiarezza sulle future alleanze.
Ancora e ad ogni costo con Berlusconi, perchè altrimenti non si entra in Parlamento, oppure il congresso di Fratelli d’Italia indicherà un’altra prospettiva?
E quale, punto di domanda.
Senza una risposta era meglio convocare l’assise altrove.
Perchè il confronto con il passato sarà inevitabilmente impietoso”, conclude.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 5th, 2014 Riccardo Fucile
L’EX LEADER DI AN: “NESSUNA INTENZIONE DI RICANDIDARMI”… “IL PROBLEMA E’ RICOSTRUIRE UNA DESTRA DI CONTENUTI, NON UN CARTELLO ELETTORALE”
Casini torna all’ovile berlusconiano.
E Gianfranco Fini? No, lui no, ci tiene a precisarlo: “Non ho nessuna intenzione di ricandidarmi, nè di fare un partito, nè tantomeno di correggere l’antico “Che fai mi cacci?” con un “Che fai mi riprendi?””.
L’ex leader di An è parecchio perplesso sulle mosse dell’amico Pier: “Mi chiedo cosa ci fa uno come lui in compagnia di Storace che vuol abolire l’euro, della Lega che fischia Napolitano e di parte di Forza Italia così silente nei confronti delle intemperanze dei grillini. Forse illude se stesso”.
Presidente Fini non sente anche lei il richiamo della foresta?
“No, guardi la domanda è priva di senso. Qui non si tratta di tornare ma di continuare a ragionare su cos’è il centrodestra e che cosa potrebbe essere”.
Casini ha ragionato e ha preso la sua decisione.
“Non credo che abbia agito per interesse personale, ci sentiamo spesso, me ne aveva parlato. Lui espone due dati di verità con conclusioni a mio avviso molto dubbie se non sbagliate. Pier dice: questa nuova legge elettorale rende impossibile un ruolo al di fuori dei tre schieramenti attuali. O stai con Berlusconi, o con Renzi o con Grillo. Ed è vero. Come è vera l’altra considerazione: alle prossime elezioni Berlusconi non sarà il candidato per le note ragioni. Oggettivamente è così”.
Però?
“Però faccio a Casini due obiezioni. La prima è sulla legge elettorale, che io mi auguro si faccia, con alcune modifiche. Se ne parla poco ma il vero scoglio non è l’accordo sulla riforma, bensì il passaggio successivo in cui il Senato dovrà cancellare se stesso. Su questo Berlusconi non si è speso in ragionamenti ad alta voce. E invece, attenti: la nuova legge elettorale sta in piedi, ed ha una sua logica, solo se la Camera rimane l’unica assemblea legislativa eletta dal corpo elettorale e il Senato, come propone Renzi, diventa Camera delle autonomie. Se così non fosse, se il Senato rimanesse su base nazionale, occorrerebbero per esempio due ballottaggi, in quanto le due Camere hanno elettorati diversi…”.
Questo per dire?
“Che non darei per scontato che il Senato voti per suicidare se stesso”.
E’ un fatto comunque che Berlusconi uscirà di scena. Non è più ricandidabile.
“Anche qui Pier dice il vero. Ma nel centrodestra il dominus continua ad essere lui con la sua logica di un’alleanza del “tutti contro la sinistra”. Già visto: posizionamenti elettorali e non contenuti. Cosa c’entra Casini con Storace anti-euro, Maroni che resuscita il progetto delle Macroregioni di Miglio e strizza l’occhio al grillismo, al populismo, alle contestazioni contro il capo dello Stato? Difficile con un’alleanza così rifondare la casa dei moderati. Non ci sarà Berlusconi candidato premier ma, ammesso e non concesso che si facciano le primarie, il candidato sarà l’Unto del Signore, scelto secondo i desideri di Berlusconi e dei suoi media, sarà il signor Toti di turno, un clone berlusconiano, oppure verrà fuori la soluzione dinastica. Alfano e Casini rischiano di andare incontro ad una cocente delusione”.
Chiarissimo e lei si tiene alla larga.
“Ieri, a Salerno, ho presentato il mio libro, oggi, a Roma, ricorderemo Pinuccio Tatarella, ci saranno un po’ tutti. Ma io non prenderò la parola, ci vado per ricordare l’amico. Mi sto dedicando alla preparazione di un convegno in cui sarà presentato un Job Act di destra…”.
Non pensa che tra i suoi ex ci sarà qualcuno allettato dall’idea del ritorno all’ovile?
“Non lo so. Certo ci può essere qualcuno che pensa ad una futura candidatura, vede con simpatia l’ipotesi del rientro e alla fine mangerà questa minestra. Il problema è costruire una destra di contenuti e non un cartello elettorale. Farei una certa distinzione fra le aspettative del ceto politico e quelle dell’elettore”.
L’avrebbe messa la tagliola ai grillini?
“La tagliola è prevista dal regolamento. Come presidente non l’ho mai applicata ma mi è capitato di minacciarla. Convocai Pd e Forza Italia: vorrei non doverla usare, dissi. Uomo avvisato… Certo avevo a che fare con un’opposizione molto più responsabile ma forse l’attuale presidente ha difettato di esperienza e l’esperienza conta soprattutto di fronte alla strategia dei grillini. Per la prima volta l’atto eversivo, antisistema, è dentro il Parlamento e non fuori. A questo proposito ho sentito parole molto tiepide da parte di Forza Italia”.
Alessandra Longo
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 1st, 2014 Riccardo Fucile
A CASTENEDOLO CONFRONTO TRA FINI E D’ALEMA…”QUELLA SULLA MIA INCOMPATIBILITA’ E’ STATA L’UNICA VOTAZIONE DEMOCRATICA MAI FATTA NEL PDL”
La strana coppia si ritrova a cena in una pizzeria di Castenedolo.
Gianfranco Fini e Massimo D’Alema. In mezzo a loro, di rosso vestita, la giornalista Maria Latella.
Che scherza sul titolo del libro di Fini: «Non è che, adesso, ve ne ritroverete un altro, di ventennio berlusconiano?». «Chiedetelo a Renzi» ribatte l’ex presidente della Camera.
D’Alema trova il tempo di portare la sua solidarietà alle deputate Pd insultate dai grillini ed esprimere «preoccupazione per un movimento che pare aver preso una piega violentemente anti-istituzionale».
Poi, a cena finita (pizza, spigola, carpaccio di pesce e vino Lugana), tutti nella vicina chiesa sconsacrata dei Disciplini, per presentare, con Antonio Polito e l’ex sindaco di Brescia e senatore Pd Paolo Corsini, Il Ventennio. Io, Berlusconi e la destra tradita, firmato dall’ex leader di An.
Che non si rimangia il «Che fai, mi cacci?» a Berlusconi: «Anzi, ci aggiungerei anche qualcosa. Certo, non immaginavo che mi avrebbe preso in parola: oltretutto, quella sulla mia incompatibilità è stata l’unica votazione democratica mai fatta nel Pdl». Quanto a D’Alema, non risparmia una frecciata all’altra strana coppia, Renzi-Berlusconi: «La legge elettorale non riguarda certo due sole persone, oltretutto non parlamentari».
Ma quando Fini dice che «il verbo preferito di Berlusconi non è convincere, ma comandare» e la Latella, ricordando il caso-Cuperlo, gli chiede se non valga anche per Renzi, D’Alema nega: «Lo stile potrà dar fastidio, ma il Pd non è un partito padronale».
Quanto alla parabola di Fini, D’Alema la riassume così: «Ha cercato di fare della destra italiana una destra normale e non c’è riuscito».
L’ex presidente della Camera si appella alla galanteria del tempo, poi affonda: «Certi giornali mi hanno dipinto come il traditore della destra, ma se la destra è innanzitutto legalità , i traditori dovrebbero cercarli altrove».
Alla fine, però, concede: «Indietro non si torna e non si rimettono insieme i cocci. Non mi ricandido e non fondo partiti. Chi voterò alle Europee? Deciderò dopo aver visto programmi e candidati».
«La verità è che voi e i vostri partiti avete perso la battaglia politica di questo ventennio» chiosa Polito rivolto ad entrambe le metà della strana coppia.
Sipario.
Luca Angelini
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Novembre 12th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA: “IN MOTO LA MACCHINA DEL FANGO”
Berlusconi minaccia i suoi dissidenti: «Guardate come è andata con Fini…». Ecco, presidente Fini, ci
dica lei com’è andata.
C’è stato l’esito totalmente negativo alle elezioni di febbraio. Ne ho preso atto senza attribuire agli elettori la colpa, da quel momento ho riflettuto sugli errori commessi e sulle cose da fare in futuro. Ho dedicato questi mesi a scrivere per Rizzoli un libro che si intitola “Il ventennio” , dove ripercorro la storia del mio rapporto con Berlusconi; lo sto presentando tramite iniziative in tutta Italia. Ho dato impulso alla Fondazione Liberadestra con l’obiettivo di far lievitare la consapevolezza, specie tra i giovani, sui rischi che correrà l’Europa se non saprà rinnovare il suo appeal, oppure sui limiti dello Stato sociale come l’abbiamo conosciuto finora, o su tante altre idee ancora».
È il trampolino per rituffarsi nella politica?
«Se per politica lei intende fondare partiti, oppure bussare alla porta di quelli che già ci sono per ottenere un posto, non ci penso affatto. Men che meno ho intenzione di candidarmi alle prossime elezioni europee».
Che emozioni le suscita quanto accade nel Pdl?
«Mi conferma quanto è vero l’antico detto per cui “il tempo è galantuomo” e i nodi vengono al pettine. Si dimostra una volta di più che la mia polemica non era una ribellione sedata con la forza ma il tentativo di cambiare rotta al centrodestra italiano».
Un tentativo finito male, ne converrà col Cavaliere…
«Non ho difficoltà ad ammetterlo. Il disegno di Monti, mio e di Casini era viziato all’origine, perchè il terzo polo che ci riproponevamo di fare esisteva già , lo rappresentava Grillo. E noi di questo non ci eravamo accorti».
Che altro avete sbagliato?
«Fu un errore presentare la nostra alleanza come obbligata per via del sistema elettorale, con una lista al Senato e tre alla Camera, senza un progetto condiviso e mai una manifestazione in comune. Si diede il senso della disunione. C’è di più. Tanti elettori di destra, che avevano capito e condiviso le ragioni del dissenso con Berlusconi, non ritrovarono nel programma di Monti la destra che loro cercavano. E in effetti, di destra ce n’era ben poca».
Torniamo all’oggi, al dramma di Alfano…
«Capisco la sua angoscia. Lui e gli altri ministri Pdl sono stretti tra l’interesse del Paese e il loro rapporto con Berlusconi, al quale diversamente da me loro devono proprio tutto, mai sarebbero arrivati in Parlamento e men che meno al governo senza il Cavaliere».
Il quale ora pretende le loro dimissioni dal governo…
«Berlusconi fa quello che ha sempre fatto: dà ordini. La natura della sua personalità è incompatibile con opinioni diverse dalla propria. Chi non è d’accordo o viene cacciato o se ne va. Tutta intera la sua filosofia si riassume nella concezione aziendale, o padronale, o proprietaria: ognuno la chiami come vuole. Ma finchè si tratta del Milan e di Mediaset, passi. Non è invece accettabile nel caso di un partito politico».
Le «colombe» Pdl temono il «metodo Boffo», fatto di dossieraggi ai loro danni. Lei può dire di averlo sperimentato…
«Siccome la ferita è ancora aperta, tutto questo mi indigna. Ci sono quelli che solo oggi scoprono l’acqua calda, magari perchè hanno paura di restarne scottati».
Si riferisce ad Alfano?
«A tutti e a nessuno in particolare. Ma chi aveva gli occhi per vedere, già nel mio caso avrebbe dovuto denunciare l’uso di metodi intimidatori che nulla hanno in comune con la libertà dell’informazione. Si va a rovistare nel privato, si mette in moto una macchina del fango, si spargono rappresentazioni calunniose…».
C’è sempre la rivalsa dell’azione legale, non crede?
«Io alla giustizia ho fatto ricorso, e pure qualche giornalista è già stato condannato per diffamazione e sulla famigerata vicenda di Montecarlo, la Procura di Roma ha archiviato la denuncia a mio carico».
Secondo lei, Berlusconi è finito?
«Non è ancora fuori gioco. Nel Paese un consenso, sia pure calante, gli rimane. E sono convinto che lui controlli tuttora i due terzi del partito. Ma l’epilogo del ventennio è alle porte. E lo spazio invaso dal berlusconismo prima o poi verrà occupato da altri. Il mio auspicio è che siano i giovani a farsi protagonisti, perchè non esistono uomini per tutte le stagioni».
Ma perdoni se insisto: è proprio sicuro che la crisi del Pdl non le fa venire voglia di tornare in pista?
«Le ripeto di no, a ripropormi come uomo di partito non ci penso minimamente. Chi come me ha una storia alle spalle, può solo offrire un aiuto con l’esperienza e, se ne possiede, con le idee».
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Novembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
“SE FOSSI IN PARLAMENTO VOTEREI PER LA DECADENZA DI BERLUSCONI, MA COL VOTO SEGRETO”… “UN PPE ITALIANO IL PUNTO DI APPRODO”
Un punto di vista dietro le quinte, alle spalle di Palazzo Chigi e di Montecitorio.
Una libreria zeppa di foto, molte delle figlie Carolina e Martina, sette e cinque anni, si affaccia la grande, Giuliana.
Poi il Fini ministro degli Esteri all’Onu, due foto con Napolitano e nessuna con Berlusconi.
C’è il saluto con due Papi, Wojtyla e Ratzinger, manca quella con Bergoglio.
«Avremo anche quello», promette Rita, storica segretaria che lo segue da 35 anni. Quando tornerà a pieno titolo nella «polis».
Come ha vissuto gli ultimi eventi? Dalla rottura con il Pdl alla sconfitta con Scelta Civica. Prova rancore?
«Ho tanti difetti ma non sono rancoroso. Dalla rottura del 2010 alla fine della campagna elettorale nel 2013 mi sono sentito motivato, fino all’ultimo minuto. Certo quando si è sereni con se stessi si può fare anche autocritica. Per molti aspetti rifarei quello che ho fatto, anche perchè non me ne sono andato dal Pdl, sono stato cacciato. Anzi, dichiarato “incompatibile”. È stata l’unica volta che il Pdl ha votato un documento. Ora, preso atto del risultato elettorale, e sono contento di non avere approfittato del paracadute personale al Senato, ho raccolto le idee, ho scritto il libro per raccontare la mia versione dei fatti, come atto politico».
Tornerà a fare politica? In che modo? Si candiderà alle Europee?
Non sono in Parlamento, non intendo candidarmi, ma la politica è la “polis” il luogo del dibattito. Ho creato la Fondazione Liberadestra per alimentare il dibattito politico, non per creare l’ennesimo nuovo partito, è una bufala».
Di quali temi vuole discutere?
«Uno lo ha indicato Prodi pochi giorni fa: ci rendiamo conto che il limite invalicabile del 3% nel rapporto deficit-Pil è stato fissato a Maastricht vent’anni fa? È cambiato tutto. Prodi propone che alcuni Paesi, noi, Francia, Spagna, in sede comunitaria convincano la Germania a rivedere quel parametro. Una buona strada».
Prende in considerazione i movimenti della destra, La Russa e Meloni? L’hanno cercata? Concorda con l’iniziativa di Storace per la rinascita di Alleanza Nazionale ?
«Non credo di essere acrimonioso, con chi mi ha cercato ho parlato, con gli altri no. Sarei felicissimo se rinascesse una destra con degli ancoraggi culturali molto molto diversi da Forza Italia e dal Pdl: rispetto delle regole, legalità , solidarietà sociale, prestigio nazionale. Ora questi mi sembrano tentativi velleitari, bisogna capire cosa si intende per destra. Non dico che la destra in Italia non serva o che c’è già , perchè Fi è la negazione dei valori autentici della destra».
Se lei fosse in Parlamento voterebbe la decadenza di Berlusconi al Senato?
«La vicenda personale di Berlusconi non può essere nell’agenda del governo, ha ragione il premier. Il Cavaliere ha impedito la riforma, pur necessaria, della giustizia e ora vuole un salvacondotto. La rottura definitiva con me avvenne una settimana dopo che lui e Gianni Letta vennero nel mio ufficio a Montecitorio per chiedermi di convincere Giulia Buongiorno sull’opportunità di far camminare un provvedimento per accorciare i termini della prescrizione.
Io non sapevo che se questo fosse andato in porto la condanna della Cassazione non ci sarebbe stata. Gli dissi: non se ne parla nemmeno. E una settimana dopo eravamo al famoso “che fai mi cacci?”».
Sì, ma la decadenza la voterebbe?
«Sì, voterei a favore. Perchè la legge Severino è ineccepibile, molto chiara e la votò anche il Pdl. Però non sono d’accordo con l’interpretazione che ha dato la giunta per il Regolamento, perchè su casi personali il voto è segreto. La forzatura ha dato modo di dire al Pdl che è stata “contra personam”».
Secondo lei è possibile creare una destra europea con Berlusconi in campo?
«Ecco, tutti mi chiedono, ma Alfano romperà ? Dipende ancora una volta da quello che deciderà Berlusconi: se dopo la decadenza polemizzerà con il governo sulle questioni economiche, per Alfano sarà difficili dirsi diversamente berlusconiano. Gli diranno: tu vuoi restare vicepresidente del Consiglio».
Con Alfano potrebbe creare il nuovo soggetto di destra?
«Be’, più che di destra, è interessante il suo riferimento al Ppe. Alfano non è mai stato di destra. Secondo me in Italia è opportuna la nascita di una forza che si rifaccia ai principi del Ppe, perchè non è l’Internazionale Dc, è un partito plurale di centrodestra come sarebbe dovuto essere il Pdl, dove invece ogni dissenso viene represso».
Non se l’aspettava?
«Berlusconi conosce un solo modo di dirigere, nel Milan, a Mediaset, in Fi, nel Pdl: io sono il leader e si fa così, se non ti sta bene, accomodati…».
Ha più sentito il Cavaliere?
«No, da fine luglio 2010, no”.
Ma con chi lo farebbe questo «soggetto»? Con Alfano? Con Passera no perchè non ci sta. Montezemolo, Casini?
«Con Alfano, Passera, Paperino. Non mi riferisco alle persone, chi si ritrova su certi contenuti è compatibile con la mia idea di centrodestra. Siccome Alfano ha parlato di Ppe, bisogna capire cosa si intende per Ppe italiano».
Con lui può esserci un confronto?
«Sentiamo come la pensa, intanto».
Che fine ha fatto Fli? E chi gli era vicino? Bocchino, Flavia Perina?
«Lo gestisce Menia, visto che è in piedi un minimo di struttura sta lavorando con altri per capire se è possibile rimettere insieme la destra. Flavia ha fatto una scelta politico giornalistica. Bocchino? Lavora».
Dall’altra parte, come vede Renzi segretario del Pd?
«Avremo tre poli guidati da tre leader fuori dal Parlamento. È la prima volta. Io Renzi lo conosco poco, ma mi pare che sia molto post ideologico, trasversale, pragmatico. È di sinistra? Boh…. Dovrebbe avere più coerenza nei programmi, per esempio sulla previdenza. Deve studiare un po’».
Secondo lei Annamaria Cancellieri si sarebbe dovuta dimettere?
«Per me la cosa davvero imbarazzante è quella telefonata di solidarietà all’amica in cui parla così della magistratura. Certo con un governo così instabile sostituire il Guardasigilli è un’impresa titanica. E lei ha fatto bene a dire: se non ho la fiducia me ne vado».
È sempre convinto che serva un revisione alla Bossi-Fini?
«Di questa sostengo l’impianto sul punto in cui dice che puoi entrare in Italia solo con un contratto di lavoro, a parte lo studio o altro. Ma ora gli immigrati arrivano sperando di sopravvivere, non di lavorare. Allora, perchè non spingiamo in Europa perchè chi viene da quelle aree di guerra abbia diritto d’asilo per ragioni umanitarie? L’Europa, che nella vita del cittadino è spesso invasiva, su questo è latitante».
Di Natalia Lombardo
(da “l’Unità “)
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Ottobre 27th, 2013 Riccardo Fucile
“IL METODO BOFFO? COME L’OLIO DI RICINO E LE PURGHE”…”SPERO CHE MATTEO RENZI ARCHIVI LE IDEOLOGIE DI SINISTRA”
“Matteo Renzi ha ben chiaro che alcuni cascami ideologici che ci sono nella sinistra vanno archiviati. Ci riuscirà ? Speriamo”.
Sono queste le parole di Gianfranco Fini, ex presidente della Camera, tornato in televisione ospite del programma di Lucia Annunziata “In mezzora”.
“Anche il centrodestra – aggiunto – ha bisogno di uomini e donne nuove”.
“Non do consigli ad Alfano, ne capisco il travaglio” ma, spiega Fini “fino a quando potrà dirsi ‘diversamente berlusconiano? Si è visto che Berlusconi si rapporta in un certo modo con i suoi: o stai con lui o contro di lui”.
“Il governo Letta – dice Fini – deve continuare perchè è l’unico possibile, perchè affondare il governo Letta significa affondare l’Italia. Deve continuare fino al 2015 con il percorso scritto”.
Alla richiesta di quale sia la sua collocazione, Fini ha risposto: “Nel centro destra con una dimensione europea ed un profilo riformatore”.
“Non è importante – aggiunge – essere al governo è essenziale avere una cultura di governo”.
“Risultato elettorale di Fli disastroso”.
“Il risultato elettorale è stato un clamoroso insuccesso di Fli e ho sempre detto che non esistono uomini per tutte le stagioni”, dice Fini.
E annuncia che non si candiderà per le europee. “Sarei ipocrita se dicessi che sono lieto di non essere in Parlamento”, ma la politica è anche “la polis”.
Reato di clandestinità .
“Il reato di immigrazione clandestina non c’entra nulla con la Bossi-Fini. E’ stato introdotto nel 2009”.
Fini poi aggiunge: “E’ ininfluente. Personalmente non lo trovo infamante e lo manterrei, ma non incide di una virgola” su coloro che arrivano disperatamente nel canale di Sicilia.
“Uomini e donne – spiega l’ex presidente della Camera – che scappano non per cercare un lavoro, ma da guerre, epidemie e fame”. Io lancio un appello all’Ue, che è “una specie di fantasma”: “diritto d’asilo per ragione umanitaria. Poi i 27 paesi dell’Unione” si fanno carico di ospitarli.
(da “Huffington post”)
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Ottobre 26th, 2013 Riccardo Fucile
L’ANALISI DI ANNALISA TERRANOVA SU “SEGNAVIA”…PIU’ CHE CHIUDERE I CONTI CON I COLONNELLI PARE RIAPRIRLI… L’ESPERIENZA INNOVATIVA DI FLI LIQUIDATA, ADDIO DESTRA MODERNA, SI VA DOVE SOFFIA IL VENTO
Visto il libro di Gianfranco Fini. Sfogliato, più che altro. Ma qualcosa già si intuisce, più di qualcosa anzi. 
Innanzitutto sono importanti le conclusioni, là dove Fini fa esplicito riferimento ai tentativi in atto di rifondare la destra e propone un orizzonte problematico a questo schieramento di “reduci” che si rimette in cammino per incollare i cocci.
Guardare al futuro, fare i conti con il berlusconismo, superare le rozze contrapposizioni del passato, ragionare sulla partecipazione. Cose non nuove, del resto.
Colpisce il tono sbrigativo con il quale si assolve l’ex classe dirigente della destra il cui unico peccato non è stato certo solo quello di lasciarsi sedurre dal Cavaliere.
Non si risponde alla domanda di fondo: possono essere ancora quelli gli uomini adatti per rifondare la “cosa” di destra?
E che fine ha fatto la messa in discussione dell’etichetta di destra che pure timidamente Fini con Fli aveva intrapreso?
Il fatto che abbia scelto di sorvolare su questo fa comprendere che in realtà l’ex leader di An guarda con grande interesse ai movimenti in atto in quella che fu l’area della destra e che il mio sospetto che il libro servisse non a chiudere i conti con i colonnelli ma in realtà a riaprirli era assolutamente fondato.
La seconda cosa che colpisce è infatti l’esiguo spazio dato a Fli, che finisce con il coincidere solo con l’avventura dei parlamentari che lo seguirono nella scelta scissionista antiberlusconiana dopo la cacciata dal Pdl.
Il fatto di aver fatto coincidere Fli con il destino dei parlamentari finiani è stato il vero grande limite di quel progetto politico. Fini lo sa benissimo ma evita un ragionamento su questo aspetto.
Butta a mare, dunque, le ambizioni di quel progetto, comprese quelle venature “eretiche” che lo avevano reso interessante anche agli occhi di chi, già nelle file del Msi, contestava il recinto — soprattutto culturale — della destra e auspicava sintesi nuove all’altezza dei tempi.
Penso che questa scelta di Fini sia voluta e consapevole: non a caso nel libro evita accuratamente di citare tutti i nomi di coloro che più si sono spesi per dare al progetto finiano caratteristiche di avanguardia oltre la destra, i nomi, per essere più chiari, compromessi con il percorso rautiano o con quello della nuova destra.
E’ una scelta funzionale alla “pace” futura che si siglerà tra i reduci di cui parlavo all’inizio, i rifondatori di una casa comune che loro stessi, con diverse responsabilità , hanno contribuito a demolire, una casa che al tempo stesso non corrispondeva più — a mio avviso già dieci anni fa — alle reali necessità di un elettorato maturo e consapevole della caduta delle contrapposizioni novecentesche.
Una scelta che ha accantonato la sfida più interessante che Fli poteva incarnare, e cioè di essere una destra oltre la destra.
Per questo, le conclusioni del libro di Fini mi sembrano in singolare sintonia con un certo “racconto” che si va facendo dell’avventura finiana, che sarebbe stata rovinata e deturpata da quelli che stavano con Fini da posizioni di sinistra e che intendevano guardare al di là della triade Dio-patria-famiglia.
Sarebbero stati loro, con le loro fughe in avanti, con le loro logiche incomprensibili per l’elettorato di destra, a rovinare tutto.
Insomma, come dice La Russa, tutta colpa di quelli che sembravano usciti da una sezione di Rifondazione.
Fini sa bene che non è così (e anche La Russa lo sa) ma, per convenienza, per pigrizia e perchè in fondo ognuno ha la sua storia, sposa con il suo silenzio questa “narrazione”.
Così tutto torna a posto: Fini, i colonnelli, l’elettorato di destra, i finiani non trasgressivi, i berlusconiani pentiti.
E quelli che rovinano sempre tutto andranno a fare guai altrove perchè, diciamolo chiaramente, la rifondazione della destra è un po’ noiosetta.
Futuro e libertà ha avuto almeno accenti di “eresia” – vedi l’esperimento di Latina – che rendevano l’avventura un po’ divertente.
Cancellati quelli, dell’avventura finiana resta ben poco da salvare.
Almeno per chi scrive.
Annalisa Terranova
(da “Segnavia”)
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Il commento del ns. direttore
Nessuno è immune da sbagli, ma sarebbe buona norma, quando hai trascinato le truppe in un dirupo, circondandoti, in occasioni distinte, di pretoriani senza nerbo (sulla presenza di “cervello politico” meglio non soffermarsi…) lasciar giudicare il proprio operato da terzi ( o, se qualcuno volesse usare una parola grossa, dalla Storia).
Se poi proprio non si può fare a meno di scrivere le memorie, sarebbe auspicabile iniziarle con una seria autocritica, magari chiedendo scusa a tanti militanti che hanno avuto il torto di credere in una destra “eretica”.
Quella destra nei confronti della quale peraltro, fino alla nascita di Fli, non si può dire che Fini abbia mai mostrato interesse e attenzione nel suo percorso politico.
Non eravamo tra coloro che si aspettavano chissà che rivelazioni dal “libro natalizio” di Fini, magari solo qualche verità .
Quelle che sono state alle origini del fallimento del progetto di Bastia Umbra, ad esempio.
Fini invece pare voler “imbalsamare” quella destra eretica della legalità , dei diritti civili, della trasversalità , della solidarietà che aveva suscitato l’interesse di milioni di italiani, nel suo personale museo delle cere.
Per ironia della sorte si potrebbe dire, ai suoi tardivi laudatori, che è andato “talmente oltre” da ritornare al punto di partenza.
E chi torna indietro ha la disgrazia di ritrovare pure i “colonnelli di strada” e magari anche quelli che si perdono nei viali (non solo del tramonto).
Se il progetto di Fli è fallito non è certo per i suoi contenuti, ma per il fatto che se le idee camminano con le gambe degli uomini, affidarlo a degli azzoppati, incapaci di tradurlo di coerente prassi politica, non è stata la scelta migliore.
E ipotizzare di mandare alle prossime Olimpiadi una staffetta di rottamati dalla artrosi e dai compromessi, bombati da ri-costituenti e da plastiche facciali, fratelli “sole”e sorelle “lunatiche”, per poi magare allearsi con chi è la negazione quotidiana dei valori di riferimento della destra, non ci pare proprio la soluzione dei problemi .
Una speranza la conserviamo: che Fini non segua l’esempio di Bruno Vespa e non ci proponga un libro natalizio ogni anno.
Meglio un biglietto di auguri.
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