IL LIBRO DI FINI E LA “PACE” FUTURA CON I COLONNELLI: ADDIO ERESIE, RITORNA L’IMBALSAMATORE
L’ANALISI DI ANNALISA TERRANOVA SU “SEGNAVIA”…PIU’ CHE CHIUDERE I CONTI CON I COLONNELLI PARE RIAPRIRLI… L’ESPERIENZA INNOVATIVA DI FLI LIQUIDATA, ADDIO DESTRA MODERNA, SI VA DOVE SOFFIA IL VENTO
Visto il libro di Gianfranco Fini. Sfogliato, più che altro. Ma qualcosa già si intuisce, più di qualcosa anzi.
Innanzitutto sono importanti le conclusioni, là dove Fini fa esplicito riferimento ai tentativi in atto di rifondare la destra e propone un orizzonte problematico a questo schieramento di “reduci” che si rimette in cammino per incollare i cocci.
Guardare al futuro, fare i conti con il berlusconismo, superare le rozze contrapposizioni del passato, ragionare sulla partecipazione. Cose non nuove, del resto.
Colpisce il tono sbrigativo con il quale si assolve l’ex classe dirigente della destra il cui unico peccato non è stato certo solo quello di lasciarsi sedurre dal Cavaliere.
Non si risponde alla domanda di fondo: possono essere ancora quelli gli uomini adatti per rifondare la “cosa” di destra?
E che fine ha fatto la messa in discussione dell’etichetta di destra che pure timidamente Fini con Fli aveva intrapreso?
Il fatto che abbia scelto di sorvolare su questo fa comprendere che in realtà l’ex leader di An guarda con grande interesse ai movimenti in atto in quella che fu l’area della destra e che il mio sospetto che il libro servisse non a chiudere i conti con i colonnelli ma in realtà a riaprirli era assolutamente fondato.
La seconda cosa che colpisce è infatti l’esiguo spazio dato a Fli, che finisce con il coincidere solo con l’avventura dei parlamentari che lo seguirono nella scelta scissionista antiberlusconiana dopo la cacciata dal Pdl.
Il fatto di aver fatto coincidere Fli con il destino dei parlamentari finiani è stato il vero grande limite di quel progetto politico. Fini lo sa benissimo ma evita un ragionamento su questo aspetto.
Butta a mare, dunque, le ambizioni di quel progetto, comprese quelle venature “eretiche” che lo avevano reso interessante anche agli occhi di chi, già nelle file del Msi, contestava il recinto — soprattutto culturale — della destra e auspicava sintesi nuove all’altezza dei tempi.
Penso che questa scelta di Fini sia voluta e consapevole: non a caso nel libro evita accuratamente di citare tutti i nomi di coloro che più si sono spesi per dare al progetto finiano caratteristiche di avanguardia oltre la destra, i nomi, per essere più chiari, compromessi con il percorso rautiano o con quello della nuova destra.
E’ una scelta funzionale alla “pace” futura che si siglerà tra i reduci di cui parlavo all’inizio, i rifondatori di una casa comune che loro stessi, con diverse responsabilità , hanno contribuito a demolire, una casa che al tempo stesso non corrispondeva più — a mio avviso già dieci anni fa — alle reali necessità di un elettorato maturo e consapevole della caduta delle contrapposizioni novecentesche.
Una scelta che ha accantonato la sfida più interessante che Fli poteva incarnare, e cioè di essere una destra oltre la destra.
Per questo, le conclusioni del libro di Fini mi sembrano in singolare sintonia con un certo “racconto” che si va facendo dell’avventura finiana, che sarebbe stata rovinata e deturpata da quelli che stavano con Fini da posizioni di sinistra e che intendevano guardare al di là della triade Dio-patria-famiglia.
Sarebbero stati loro, con le loro fughe in avanti, con le loro logiche incomprensibili per l’elettorato di destra, a rovinare tutto.
Insomma, come dice La Russa, tutta colpa di quelli che sembravano usciti da una sezione di Rifondazione.
Fini sa bene che non è così (e anche La Russa lo sa) ma, per convenienza, per pigrizia e perchè in fondo ognuno ha la sua storia, sposa con il suo silenzio questa “narrazione”.
Così tutto torna a posto: Fini, i colonnelli, l’elettorato di destra, i finiani non trasgressivi, i berlusconiani pentiti.
E quelli che rovinano sempre tutto andranno a fare guai altrove perchè, diciamolo chiaramente, la rifondazione della destra è un po’ noiosetta.
Futuro e libertà ha avuto almeno accenti di “eresia” – vedi l’esperimento di Latina – che rendevano l’avventura un po’ divertente.
Cancellati quelli, dell’avventura finiana resta ben poco da salvare.
Almeno per chi scrive.
Annalisa Terranova
(da “Segnavia”)
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Il commento del ns. direttore
Nessuno è immune da sbagli, ma sarebbe buona norma, quando hai trascinato le truppe in un dirupo, circondandoti, in occasioni distinte, di pretoriani senza nerbo (sulla presenza di “cervello politico” meglio non soffermarsi…) lasciar giudicare il proprio operato da terzi ( o, se qualcuno volesse usare una parola grossa, dalla Storia).
Se poi proprio non si può fare a meno di scrivere le memorie, sarebbe auspicabile iniziarle con una seria autocritica, magari chiedendo scusa a tanti militanti che hanno avuto il torto di credere in una destra “eretica”.
Quella destra nei confronti della quale peraltro, fino alla nascita di Fli, non si può dire che Fini abbia mai mostrato interesse e attenzione nel suo percorso politico.
Non eravamo tra coloro che si aspettavano chissà che rivelazioni dal “libro natalizio” di Fini, magari solo qualche verità .
Quelle che sono state alle origini del fallimento del progetto di Bastia Umbra, ad esempio.
Fini invece pare voler “imbalsamare” quella destra eretica della legalità , dei diritti civili, della trasversalità , della solidarietà che aveva suscitato l’interesse di milioni di italiani, nel suo personale museo delle cere.
Per ironia della sorte si potrebbe dire, ai suoi tardivi laudatori, che è andato “talmente oltre” da ritornare al punto di partenza.
E chi torna indietro ha la disgrazia di ritrovare pure i “colonnelli di strada” e magari anche quelli che si perdono nei viali (non solo del tramonto).
Se il progetto di Fli è fallito non è certo per i suoi contenuti, ma per il fatto che se le idee camminano con le gambe degli uomini, affidarlo a degli azzoppati, incapaci di tradurlo di coerente prassi politica, non è stata la scelta migliore.
E ipotizzare di mandare alle prossime Olimpiadi una staffetta di rottamati dalla artrosi e dai compromessi, bombati da ri-costituenti e da plastiche facciali, fratelli “sole”e sorelle “lunatiche”, per poi magare allearsi con chi è la negazione quotidiana dei valori di riferimento della destra, non ci pare proprio la soluzione dei problemi .
Una speranza la conserviamo: che Fini non segua l’esempio di Bruno Vespa e non ci proponga un libro natalizio ogni anno.
Meglio un biglietto di auguri.
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