Marzo 7th, 2013 Riccardo Fucile
PARE CONFERMATO IL DISIMPEGNO DI FINI CHE SI CONCEDERA’ UNA LUNGA PAUSA DI RIFLESSIONE
Se nel quartier generale dell’Udc l’atmosfera è tesa e Casini non parteciperà oggi al
consiglio nazionale del partito (“L’Udc è morto, è stata una storia bella, ma è finita, inutile accanirsi”), in Futuro e Libertà è addirittura irrespirabile.
Dopo la batosta, Fini ha cancellato tutti gli appuntamenti, chiedendo ai suoi di non cercarlo: “Per favore, ne ho bisogno”.
Il presidente della Camera riunirà oggi il partito.
La tentazione di mollare tutto resta fortissima.
Probabilmente prenderà tempo, annunciando una lunga pausa di riflessione per accompagnare il ricambio.
Poi ascolterà i dirigenti. Alcuni lo imploreranno di restare in campo, altri invocheranno una svolta “di destra”.
Di certo Fini fotograferà la realtà di Fli, giudicato un partito “finito”.
E, indipendentemente da quanto deciderà di fare, non dovrebbe sancire un rompete le righe immediato.
C’è la tornata amministrativa di maggio, ma anche alcuni passaggi burocratici da consumare.
A partire dal destino della Fondazione di An – polmone economico della destra – sulla quale si cerca un accordo con i reduci della diaspora di via della Scrofa.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Marzo 6th, 2013 Riccardo Fucile
SALVO COLPI DI SCENA, IL PRESIDENTE DI FLI INTENZIONATO A ESCLUDERE OGNI SUO IMPEGNO DIRETTO NEL PARTITO… TRA GLI EX PARLAMENTARI CHI PENSA A UN NUOVO SOGGETTO POLITICO, CHI A CONFLUIRE CON MONTI, CHI IPOTIZZA UN’INTESA CON EX AN
Dopo un comunicato interlocutorio dato alla stampa il giorno successivo all’insuccesso elettorale,
Futuro e Libertà non ha dato segni di vita per una settimana, salvo finire sui giornali per il veloce trasloco dalla sede di via Poli, a Roma.
Domani Fini ha convocato una riunione degli ex parlamentari e dirigenti per comunicare le sue intenzioni circa il futuro del partito.
La decisione che starebbe maturando il presidente del partito è quello di esprimere la sua personale volontà di escludere qualsiasi suo impegno diretto nel partito.
Non a caso, nel primo e unico comunicato, vi era un riferimento a una forma di associazione culturale con cui far maturare, in un ideale passaggio di consegne, le giovani generazioni.
Con Fini disimpegnato, in Fli restano due alternative: lo scioglimento del partito se tutti fossero d’accordo su questa ipotesi o la sua consegna definitiva a Italo Bocchino che ha l’esclusiva notarile del marchio.
Ovvero a colui al quale il 90% della classe dirigente addebita di aver sfasciato il partito per mere ambizioni personali, sistemando ovunque i suoi uomini.
Bocchino potrebbe cercare di mantenere in vita Fli ancora per qualche tempo, in attesa del momento propizio per confluire in qualche diverso contenitore a lui adatto.
Per fare ciò cercherà di trattenere qualche nome conosciuto di Fli che non ha ancora operato scelte definitive.
C’è infatti chi pensa alla nascita di un nuovo soggetto politico in sintonia con le tesi originarie di Bastia Umbra, chi guarda con interesse a Scelta civica di Monti, chi non è insensibile ad aprire una discussione con chi auspica la ricostruzione di una nuova destra con gli ex An.
Diverse correnti di pensiero che Fini aveva tenuto insieme (con scarso esito elettorale peraltro) e che adesso invece, col declino del leader, potrebbero portare a scrivere la parola fine a un’avventura che, con una classe dirigente diversa, avrebbe meritato di finire meglio.
Nel merito, abbiamo già espresso il nostro punto di vista: Fli va sciolta e in subordine nessuno dei esponenti di vertice, a partire da Fini e Bocchino, sono riproponibili.
Finito un ciclo, se ne riaprirà prima o poi uno nuovo.
Possibilmente con una linea politica chiara.
Nel frattempo liberi tutti.
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Marzo 2nd, 2013 Riccardo Fucile
FUORI DAL PARLAMENTO, FINI RINVIA OGNI DECISIONE INVECE DI DIMETTERSI SUBITO, INSIEME A TUTTI I VERTICI DEL PARTITO
Il “dopo esito elettorale” in Futuro e Libertà pare caratterizzato da due aspetti: il silenzio dei
vertici che si sono limitati a un breve comunicato del presidente Fini in cui ogni decisione viene rinviata a un confronto con i suoi principali collaboratori e il dibattito in atto tra i militanti, allargato a coloro che avevano da tempo abbandonato Fli in dissenso vuoi per la conduzione organizzativa, vuoi per la linea politica.
Sono pochi i parlamentari uscenti che hanno espresso un’opinione ufficiale sul futuro del partito e si intuisce ovviamente che i punti di vista sono diversi: se la speranza di vedersi confermati in parlamento aveva fatto da tappo a tante perplessità , ora emergono le stesse critiche che avevano portato all’allontamento di tanti iscritti nell’ultimo anno.
Peraltro, se certe prese di posizione fossero state espresse nelle sedi opportune dai parlamentari a tempo debito, forse avrebbero fatto cambiare il corso degli eventi.
O forse no, vista l’impermeabilità dei vertici a cambiare metodi di gestione e linea politica.
A fronte della debacle elettorale, nessuno ci ha messo ancora la faccia con una qualsiasi argomentazione e conseguente decisione.
Con la consueta sincerità , dopo aver seguito il dibattito interno tra gli iscritti, riteniamo che l’esperienza di Fli debba ritenersi conclusa.
Restano validi i principi di Bastia Umbra, ma la classe dirigente si è dimostrata inadeguata.
Ci saremmo aspettati almeno lo stesso doveroso atto che hanno compiuto altrove Ferrero e Diliberto, ovvero le immediate dimissioni e la convocazione di un’assemblea degli iscritti, aperta a tutti coloro che sono stati emaginati nel tempo, alla ricerca di una nuova classe dirigente.
Ce lo saremmo aspettato dai principali responsabili della disfatta: Fini, Bocchino e relativa corte.
Ce lo saremmo aspettato il giorno dopo lo spoglio elettorale.
Così non è stato e così non sarà .
Ma il problema non è solo questo: ci sono anche tra i militanti di base troppe idee diverse sulla linea politica e manca una personalità credibile per rappresentare un’alternativa.
Ereditare un partito comporta intanto averne il titolo notarile e questo già non è.
Comporta non essere attaccabile su temi “sensibili” da parte della stampa berlusconiana e anche qua non è facile.
Necessita un’immagine pubblica credibile che in Fli attualmente vediamo solo in due donne, ma con controindicazioni .
Occorrono poi tante altre cose, compresa una politica a basso costo per evidenti ragioni di badget e una organizzazione territoriale affidata a referenti politicamente preparati, non al primo che bussa alla porta vantando amicizie e interessi.
Mantenere in vita Fli con le stesse persone che non ne hanno azzeccata una o che hanno fatto più danni della grandine non avrebbe senso.
Stessa cosa dare spazio a giovani raccomandati che hanno dimostrato di avere più difetti di chi li raccomanda.
Non parliamo poi di fondazioni o associazioni da reduci solo per mantenere visibilità in attesa di riciclarsi.
L’affermazione dei Cinquestelle ha cambiato la politica, chi non se n’è accorto in tempo si ritiri e non illuda più nessuno.
I tempi decisionali sono sempre più ristretti, i leader si bruciano prima, la politica o è movimentista e mediatica o non è, il nuovo diventa vecchio in pochi anni se non ci si rinnova velocemente.
Ecco perchè quei valori di destra moderna, eredità di Bastia, vanno veicolati in un nuovo contenitore con poche ma efficaci linee guida, una struttura agile, un supporto web adeguato e presenza politica territoriale aperta alla discussione e al contributo di tutti.
Una ventata di novità , facce nuove, cultura politica, scelta movimentista e slogan efficaci: il mix per chi vuole ricominciare a crederci.
E una linea autonoma, senza ricerca di alleanze: alleati solo col popolo italiano.
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Marzo 1st, 2013 Riccardo Fucile
DIAMO ATTO A FINI CHE ALMENO UN “CALCOLO” IN DUE ANNI L’HA AZZECCATO
Perchè Futuro e Libertà si sia ridotto allo 0,5% lo abbiamo analizzato in precedenti articoli e non torniamo sull’argomento.
Qua vogliamo fare un’osservazione che i media non hanno evidenziato, certi di fare felici quegli elettori trinariciuti che, invece che vergognarsi delle vicende giudiziarie giornaliere del Cavaliere, non sanno che bearsi della scomparsa di Fli, il “nemico principale” che aveva osato ribellarsi al “padrone delle olgettine”.
A costoro, i giornali del regime berlusconiano non hanno evidenziato un dettaglio: Fini sarà pure tracollato, ma una cosa è riuscita a farla.
A farli perdere, a tagliare la testa a quasi duecento deputati becerodestri che altrimenti sarebbero stati eletti grazie al premio di maggioranza alla Camera.
Eh sì, ecco i dati: il centrosinistra ha ottenuto 10.047.603 voti, il centrodestra 9.923.109.
La differenza è di appena 124.494 voti.
E sapete quanti ne ha raccolti Futuro e Libertà ?
Esattamente 159.429.
Pochi certo, ma sufficienti a metterlo in quel posto anche a chi vorrebbe mettersi nudo sul terrazzo a mostrare le proprie ottuagenarie miserie o a chi avrebbe voluto ubriacarsi.
I molestatori della becerodestra sono serviti: il pensiero che quasi duecento pidiellini-leghisti resteranno a casa allieterà le nostre giornate per tutta la durata della legislatura.
Per una volta, almeno questa Fini l’ha azzeccata.
Ai trombati padagni e ai nipotini di Mubarak giunga il nostro salutino come da foto.
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Febbraio 28th, 2013 Riccardo Fucile
LE URNE HANNO ELIMINATO LUI E IL SUO PARTITO, MA NON MOLLA… INTANTO PRESIEDERA’ DI DIRITTO LA FONDAZIONE DELLA CAMERA
Tra gli illustri perdenti che sono stati tagliati fuori dal parlamento ce n’è uno che spicca: Gianfranco Fini.
Il leader di Futuro e libertà si è scontrato contro numeri della prima prova nazionale che lo hanno condannato all’irrilevanza.
FLI, ZERO SEGGI.
Infatti il misero 0,46% di preferenze si traduce in zero seggi per Fli. È quindi andata delusa anche l’ultima chance nella ripartizione dei seggi per il miglior perdente della coalizione Scelta civica.
Il premio di consolazione è infatti andato a Pier Ferdinando Casini.
LE PROFEZIE SBAGLIATE.
Il leader futurista, però, era convinto che sarebbe andata diversamente.
Addirittura aveva azzardato previsioni grandiose per la coalizione Monti: «Può avvicinarsi al 20%, se non andare oltre».
Invece Scelta civica si è fermata alla metà , superando per un miracolo la soglia del 10% alla Camera.
LA DEFEZIONE DI RAISI.
E immediatamente si sono registrate già le prime defezioni.
Enzo Raisi, coordinatore dell’ Emilia Romagna si è dimesso a seguito della dèbà¢cle elettorale.
«Il risultato è stato pessimo e come tutti i capi mi ritengo responsabile», ha detto.
Per il finiano si tratta di un abbandono totale: «Ho fatto politica da quando avevo 14 anni. Queste sono state le mie ultime elezioni».
Fini però non molla.
“Nei prossimi giorni — ha dichiarato — con le amiche e con gli amici di Futuro e Libertà , che ringrazio comunque per il loro lavoro, valuteremo come dar vita ad una nuova stagione di impegno culturale e politico per consentire ad una generazione più giovane di continuare in prima persona a lavorare per una Italia migliore”.
Insomma le passeggiate al parco possono attendere.
Dopo otto legislature, Fini non potrà però festeggiare il personale record trentennale come parlamentare.
C’è da dire che sarà in buoan compagnia. Con lui restano a casa i fedelissimi Italo Bocchino, Fabio Granata, Chiara Moroni e Flavia Perina.
E non è andata meglio a quelli che avevano trovato un posto nella lista unica del Senato di Monti.
Eppure nel destino dell’ex leader di An non è previsto un ritiro dorato a Montecarlo, come molti maligni suggeriscono.
Neppure una sistemazione temporanea e meno chic al parco, in compagnia delle figlie Carolina e Martina.
Archiviato lo scandalo dell’appartamento monegasco della contessa Colleoni affittato dal fratello della sua compagna Elisabetta Tulliani, Fini resterà a Roma.
IL BUEN RETIRO ALLA FONDAZIONE.
Ma non sarà a lungo un disoccupato eccellente. Se non altro perchè sarà di diritto il nuovo presidente della Fondazione della Camera.
Anche se non si sa fino a quando, visto che l’ente è in via di scioglimento.
La Fondazione era stata creata da Pier Ferdinando Casini nel 2002 e da allora occupa gli ex presidenti di Montecitorio che non si annoiano e continuano a respirare l’aria di Palazzo.
Lo scopo ufficiale è «realizzare una più ampia conoscenza e divulgazione dell’attività della Camera, di promuoverne l’immagine, di favorire e sviluppare il rapporto tra i cittadini e l’istituzione».
Il tutto per il modico costo di 600 mila euro l’anno.
TAGLI SUI BENEFIT.
Nei vari tagli che hanno colpito il parlamento negli ultimi mesi, questa Fondazione non è stata risparmiata.
Quindi sono cambiati i benefit di cui possono godere gli ex presidenti della Camera. Dal 2023 non saranno più a vita ma si estingueranno dopo «10 anni dalla data di cessazione dalla carica di presidente».
Lo scorso ottobre, poi, ne è stata decisa la chiusura.
Fino a quando sarà attiva, però, Fini potrà avere a disposizione uffici, segretari e auto di servizio.
Il tutto nella comoda sede di Palazzo Theodoli-Bianchelli, giusto accanto alla Camera dei deputati.
Marianna Venturini
(da “Lettera43“)
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Febbraio 26th, 2013 Riccardo Fucile
SE OGGI BERLUSCONI NON E’ PIU’ PREMIER LO SI DEVE ALLA CORAGGIOSA PATTUGLIA DI FUTURO E LIBERTA’… E DA PARTE DI CHI NON E’ MAI STATO UN SUO FAN E’ GIUSTO IN QUESTO MOMENTO DISTINGUERSI DALLA MUTA DI SCIACALLI E DI INGRATI
C’è chi a destra a Gianfranco Fini deve molto, in termini di affermazione politica e di carriera personale.
Alla sua corte di “miracolati” hanno in passato messo radici personaggi di bassa cucina, ducetti di periferia, colonnelli che amavano guidare le truppe dalle retrovie, ma sempre pronti ad appuntarsi medaglie in caso di vittoria.
Venti anni di militanza nel Msi non sono pochi, tanti congressi combattuti o scontati, mai una volta che ho votato per te o per la tua mozione.
Sono al di sopra di ogni sospetto.
Dall’altra parte, dalla tua parte, ho visto passare una pletora di caporali di giornata: quelli che oggi gioiscono per la tua mancata rielezione in Parlamento.
Personaggi senza dignità e pudore che hai allevato e promosso, pensando che potessero costituire il ricambio generazionale della destra italiana.
Piccoli uomini che dopo aver ricevuto immeritate gratificazioni e prebende oggi fanno a gara a conquistare la prima fila degli aspiranti boia, tuonando volgarità dalle cucine dove pulivano fino a ieri le stoviglie.
Sono coloro che, anche grazie ai tuoi silenzi, hanno portato la destra italiana allo sfascio, che parlano di etica e coltivano solo clientele, che recitano a memoria valori che non applicano mai, che invocano criteri di meritocrazia purchè non si applichino a loro.
Sono quei cortigiani che per troppi anni ti sei tenuto accanto pensando che fossero sinceri, che hai difeso anche qundo erano indifendibili, sacrificando realtà locali a vantaggio dei capibastone.
Fino all’esperienza di Futuro e Libertà , il partito “diverso” che tale non hai saputo rendere, demandando a personaggi sbagliati e atti al compromesso incarichi che avrebbero dovuto essere affidati solo in base al tanto decantato merito.
Fino a disamorarti di questa creatura, a impostare una campagna elettorale spenta, quasi per dovere, in attesa di una rendita minimale che invece non è arrivata.
E’ mancato l’atto di coraggio di fare un passo indietro al momento giusto, subito dopo l’esito della votazione sulla fiducia al governo Berlusconi, affidando il partito ad altri e sottraendolo e sottraendoti alla quotidiana macchina del fango.
Troppi errori seriali, troppa incorenza tra principi enunciati e prassi politica per essere politicamente assolto.
Ma anche un gesto che non si può dimenticare: quel dito alzato contro l’arroganza del potere, contro chi si crede ingiudicabile, contro chi ha reso l’Italia la barzelletta del mondo, contro chi impedisce da venti anni che anche il nostro Paese possa avere una destra moderna, sociale e legalitaria.
Un gesto che rimarrà d’esempio alle giovani generazioni, perchè a destra non devono esistere servi e padroni, principi e sudditi, ma solo una grande comunità umana di persone oneste e pensanti.
Molti oggi dimenticano che senza quel tuo gesto Berlusconi sarebbe ancora ben saldo al suo posto di esecutore testamentario della destra italiana.
Hai pagato, tra tanti tuoi errori, anche quell’atto di coraggio e di dignità .
Che ha impedito, tra l’altro, vale la pena ricordarlo, assassini di profughi inermi e immunità speciali di fronte alla giustizia.
Oggi si chiude un ciclo, anche tuo personale, ma una vera destra sociale non potrà dimenticare e prescindere dal significato di quel dito alzato contro l’arroganza del potere.
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Febbraio 21st, 2013 Riccardo Fucile
MENTRE GLI SPAZI ELETTORALI DI FLI A GENOVA SONO GLI UNICI A RIMANERE PRIVI DI MANIFESTI, ANCHE LA COMPONENTE CHE AVEVA SUPPORTATO IL COORDINATORE REGIONALE CON QUALCHE TESSERA ABBANDONA LA TRAVERSATA NEL DESERTO
Futuro e Libertà in Liguria perde l’appoggio di “Gente d’Italia”. 
Il movimento aveva aderito alla causa di Fli, ma le scelte nazionali fatte di recente hanno convinto Enzo Assereto e un’altra decina di sostenitori a lasciare il partito di Fini.
«Credevamo che Fli fosse il partito giusto per dare spinta a una rivoluzione liberale e all’inizio i presupposti c’erano – racconta Assereto -. Ma la scelta di appoggiare il governo Monti, poi quella di sostenerlo alle politiche ci ha spinto fuori. Noi restiamo alternativi alla sinistra di Bersani e non disposti a inciuci».
Queste le motivazioni ufficiali che riportiamo.
Più probabile che abbiano inciso fattori più terreni, ovvero l’impossibilità di ottenere una gratificazione personale, visto l’indice al ribasso che caratterizza da tempo il grafico di Fli nei sondaggi nazionali.
Ricordiamo che la componente di “Gente d’Italia” era stata presentata dal coordinatore regionale Nan come una risorsa essenziale nel momento in cui erano stati cacciati centinaia di iscritti per le ragioni ben note.
A differenza di tanti militanti, a loro si erano persino dischiuse le porte di colloqui privati con Fini, con reciproci impegni.
“Gente d’Italia” avrebbe dovuto portare l’adesione di categorie dell’autotrasporto, secondo il coordinamento regionale: alla fine se ne vanno in dieci, non sappiamo se dopo aver gettato giù dal camion il “navigatore a vista”, abbandonandolo nel deserto.
La maggior parte di coloro che vedevano in Fli un tram in corsa su cui salire per raggiungere il capolinea di una poltroncina in similpelle sono ormai scesi a fermate intermedie, spesso cambiando linea e direzione.
Anche quelli che hanno impiegato un anno di governo per capire che la linea di Monti non era la loro.
E i disadorni cartelloni elettorali dove tutti i partiti normali hanno i propri manifesti, salvo Fli che a Genova non ha provveduto neanche a farli affiggere, ci fanno pensare che, putroppo per Fli, qualcuno è ancora rimasto.
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Febbraio 20th, 2013 Riccardo Fucile
ANGELO POLLINA NEL 2008 ERA CAPOGRUPPO PDL A SIENA… INTERROGATO SUI PRESUNTI ACCORDI TRA PD E PDL CON SPARTIZIONE DI POSTI NEI CDA E FINANZIAMENTI A IMPRESE AMICHE IN CAMBIO DI UN PATTO DI DESISTENZA TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE
“Non credo nei sondaggi, quindi sono sicuro che Fli sorprenderà molte persone” aveva dichiarato appena dieci giorni fa Angelo Pollina in una intervista rilasciata a un quotidiano di Chiusi.
Capolista in Toscana dopo Flavia Perina, ma soprattutto capolista in Liguria dove in effetti è riuscito a sorprendere tutti: non si era mai visto infatti un partito che, a tre giorni dalla fine della campagna elettorale, non avesse provveduto a coprire con i propri manifesti i 100 cartelloni a disposizione nella città di Genova con altrettanti “un metro per settanta”
Costo di affissione 120 euro, evidentemente troppi per la classe dirigente locale.
Ma Pollina è riuscito a sorprendere, anche se la notizia in Liguria non ha avuto finora eco sulla stampa locale, anche per la sua convocazione in Procura a Firenze per essere interrogato dai Pm fiorentini che indagano sul Credito cooperativo fiorentino di Verdini e dai magistrati senesi che indagano su Mps.
Pollina è stato capogruppo Pdl in Comune a Siena dal 2006 al 2010 ed è stato ascoltato come persona informata sui fatti.
I magistrati stanno valutando eventuali collegamenti tra le due inchieste e ricostruire i rapporti tra Pdl, PD e Mps.
Si parla di presunti accordi fra il Pd senese e il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini con scambio di posti nei consigli di amministrazione e finanziamenti a imprese amiche in cambio di desistenza nei rapporti fra maggioranza e opposizione. Si parla anche di un documento scritto, ma non è certo nè che esista nè – nel caso – che sia autentico.
Agli atti dell’indagine condotta dai pubblici ministeri Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso c’è la bozza di un patto, datata 12 novembre 2008, che impegnava Franco Ceccuzzi, parlamentare del Partito democratico e futuro sindaco di Siena, e Denis Verdini, coordinatore di Forza Italia, a concordare ogni mossa, ma soprattutto confermava per Andrea Pisaneschi la presidenza di Antonveneta.
Intanto le procure di Siena e di Firenze continuano a stringere il cerchio sui rapporti fra il Pd e il Pdl all’ombra del Monte dei Paschi.
In particolare rispetto a un presunto “patto segreto” attribuito a Denis Verdini (all’epoca coordinatore nazionale di Fi) e Franco Ceccuzzi (allora onorevole Pd e nel 2011 eletto sindaco di Siena)
Il documento, sul quale mancano le firme, è in mano ai pm che, finora, non avrebbero trovato conferme all’autenticità del documento.
Nel documento “l’onorevole Verdini si impegna a garantire supporto e sostegno all’attuale maggioranza locale, garantendo tutti quei canali necessari a livello di Governo nazionale per le problematiche relative alla Banca e Fondazione”, ottenendo la garanzia di un certo numero di posti fra cda della banca – oltre alla presidenza di Antonveneta – e deputazioni della Fondazione.
Nel testo si parla poi dell’impegno, in vista delle amministrative del 2009, “a ricercare una candidatura del Pdl per la presidenza della provincia di Siena che non tenti di sconvolgere gli attuali equilibri” e a rifuggire a “qualsiasi accordo destabilizzante con le liste civiche” in diversi comuni senesi che sarebbero andati al voto.
Ceccuzzi e Verdini hanno ovviamente smentito l’esistenza di un accordo a loro nome. Tutto sarà oggetto ormai delle verifiche della magistratura.
Alla luce di quanto sopra ribadiamo: non sarebbe stato meglio presentare una lista di sedici giovani futuristi che al massimo avrebbero avuto a che fare con la Giustizia solo perchè sostengono gli esami a giurisprudenza?
Ma mamma non vuole e Bocchino nemmeno.
Fate pure voi allora, grandi strateghi: scusate ma noi siamo allergici anche ai Pollini nei Fossati.
(da “il Cittadino on line” quotidiano di Siena e Provincia)
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Febbraio 18th, 2013 Riccardo Fucile
PICCOLO SPAZIO PUBBLICITA’ IN VIA D’AMELIO
In via D’Amelio, stasera, l’unico lembo autentico di memoria è l’albero, adornato con messaggi e ricordini
dei viaggiatori.
Disegni stesi da una mano di bambino, visi di ragazze in scatti depositati sulle radici come ex voto, fazzoletti di boy scout ad avvolgere il silenzio di fondo che dal diciannove luglio del ’92 non si è mai spento.
In quel silenzio, dopo l’esplosione, rimasero arsi e congelati il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.
L’alberello accanto al portone che il giudice non riuscì mai ad attraversare, mentre si accendeva una sigaretta, li protegge.
Il resto è marketing.
E’ marketing politico il breve comizio — Fabio Granata la definisce addirittura un’orazione civile — che Gianfranco Fini ha scelto di tenere in uno dei santuari del rispetto trasversale per la legalità .
Così via D’Amelio dovrebbe essere nelle buone intenzioni di tutti. Ma non lo è mai.
E non lo è, perchè svela la cicatrice di un furto continuato.
Paolo Borsellino e Giovanni Falcone subiscono un saccheggio, da destra e da sinistra, pressochè quotidiano.
I ladri sono le maschere del potere che strappano, piegano e umiliano per mera propaganda un bottino di esempi e di amore verso le istituzioni che i due magistrati nutrirono fino all’ultimo senza ricevere nulla in cambio.
Marketing politico e partitico.
Hanno un resistente e affannato argomentare i colonnelli di Fli, uniti in falange accanto al ritornello che abbiamo ascoltato in questi giorni: non ci saranno bandiere di partito, solo il tricolore.
Vero, però la scenografia è tipicamente da comizio.
Il tricolore, appunto. La musica del ‘Signore degli anelli’, patrimonio acustico della destra dura e pura. Un paio di bimbi con cartelli inneggianti a ‘Libertà e Futuro’.
Il mimetismo non riesce. Gianfranco Fini è qui per rivendicare, come capo di Fli, un legame esclusivo e identitario con l’insegnamento di Paolo Borsellino, più volte citato nei suoi passaggi celebri.
Un capolavoro di retorica in copia conforme. L’ennesimo atto di invasione di campo che ha uno scopo predefinito: dichiarare la preminenza del marchio, mettere il cappello sopra “un posto dell’anima” (sintesi di Fabio Granata) conservato gelosamente nel cuore dei siciliani di buona volontà .
Non è però la consueta retorica dei diciannove luglio, su cui noi cronisti abbiamo versato ettolitri di cattiva coscienza, scrivendo pezzi che titillavano l’enfasi, non spiegando niente.
E’ la campagna elettorale del 17 febbraio, a sette giorni dall’ora del giudizio.
E’ il riflesso di paura di una formazione che ha paura di non vedere tornare i conti.
E’ il gigantesco terrore, la strizza di chi detiene le leve del comando e sa che presto sarà costretto a cederle.
Allora rimane una strada disperata: aggrapparsi ai vettori d’emozione e d’impatto — via D’Amelio, Capaci, le mamme, gli arcobaleni di un esagitato Bersani vociante in Lombardia, gli occhiali fiduciosi di Monti, la corte dei miracoli di Berlusconi —, tentare la presa di un salvagente che ritardi l’inevitabile annegamento.
Marketing. Infatti c’è pure la scuola di ballo che si presenta con lo striscione, il numero di telefono e le specialità della casa. Dal liscio all’hip hop.
Domanda ai ragazzi che reggono la reclame: perchè siete qui.
Risposta: per Paolo Borsellino. Per chi altrimenti?
Con la pubblicità che muove al sorriso, visto che si mostra innocente nella sua mostruosa evidenza. Almeno non finge.
Non si tenta di sviare il discorso. Sì, piccolo spazio pubblicità . In via D’Amelio.
L’orazione civile del presidente della Camera è stanca.
Fini è ancora uno dei migliori oratori parlamentari della vicenda repubblicana. Tuttavia, stavolta, l’eloquio è chiaro, eppure gelido.
La gestualità non coinvolge. Lo sguardo non incalza.
E’ un passaggio fulmineo dalla “terra che sarà bellissima, quando saprà liberarsi dai condizionamenti” ad altri motti di scuola.
Non manca la campana del “per battere la mafia, si garantisca il lavoro”.
Siamo nello specchio senza alibi. Nell’epicentro della nostra vecchia politica terremotata.
Così, mentre Gianfranco e Fabio se ne vanno, tra scorta e flash, non c’è che l’alberello per recuperare un sorso di dolcezza.
Non c’è che ripercorrere la strada di Paolo, Emanuela, Agostino, Vincenzo, Walter e Claudio.
Dalle macchine al portone. Senza ritorno.
Non c’è che mormorare una preghiera per il fantasma di una sigaretta.
Roberto Puglisi
(da “Sicilia Live“)
FINI IN VIA D’AMELIO: “LA LEGALITA’ DEVE ESSERE UNA PRATICA QUOTIDIANA”
«La legalità dev’essere un valore condiviso da tutti, una pratica quotidiana». Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini sul palco montato in via Mariano d’Amelio, a Palermo, dove il 19 luglio ’92 avvenne la strage che uccise il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e 5 poliziotti della scorta, in una manifestazione «non elettorale ma politica» è stato detto per ricordare i valori incarnati da Borsellino. Prima di giungere in via D’Amelio Fini si è recato dalla vedova del magistrato, Agnese, e dal figlio Manfredi, per «rendere loro omaggio».
«Per battere la mafia – ha detto Fini – dobbiamo garantire lavoro».
Con lui vi erano anche gli esponenti di Fli Carmelo Briguglio, Fabio Granata, Nino Lo Presti, Alessandro Aricò, e Tina Montinaro vedova di un agente di polizia morto nella strage di Capaci.
Nella strada non vi erano bandiere di partito o manifesti elettorali ma solo bandiere col tricolore.
Il vice coordinatore di Fli, Fabio Granata, ha detto: «Siamo in via D’Amelio con Fini e la nostra comunità militante non per un comizio ma per rinnovare un giuramento e l’impegno solenne per la costruzione di una forza politica legalitaria e radicalmente antimafiosa, distante anni luce dal berlusconismo e dai suoi maggiordomi».
«Una forza che parli di patria, coesione sociale e unità nazionale: i valori per i quali siamo nati nel luglio del 2010 in via D’Amelio e sui quali molti hanno perso per sempre il diritto alla parola. Per tenere alta la bandiera di Paolo Borsellino», ha concluso Granata.
(da “Il Giornale di Sicilia“)
Il commento del ns. direttore
Sono tra coloro che ritengono che i “buoni maestri” vadano ricordati nella prassi politica di ogni giorno, possibilmente anche nello stile di vita personale.
Non amo le commemorazioni “obbligate” e i riti di chi, a sinistra come a destra, a distanza di decenni, porta ancora in processione icone a cui genuflettersi.
Se qualcosa Paolo Borsellino ha insegnato a tutti gli italiani è la coerenza fino al sacrificio, la sobrietà e la dignità di chi serve lo Stato oltre ogni compromesso.
Le polemiche sulla manifestazione di Fli in via Amelio a pochi giorni dal voto, con una parte dei familiari che tirava la coperta da un parte, i vertici di Fli dall’altra, al centro un’altra parte silente, penso che Paolo non le avrebbe apprezzate.
Proprio perchè nel manifesto di Fli delle origini è forte il richiamo alla legalità , non ritengo fosse necessario marcare il territorio proprio in campagna elettorale, atteggiamento semmai più tipico di quelle parti politiche che amano speculare sulle vittime della criminalità organizzata in prossimità del voto.
Chi “semina legalità ” non ha bisogno di organizzare la mietitura, il raccolto viene da sè se il percorso è stato lineare.
In politica conta anche lo stile che viene percepito dagli elettori più di quanto possano immaginare tanti aspiranti parlamentari, “stile di vita” in cui Paolo fu maestro.
Come conta la coerenza tra principi e prassi politica.
Ha ragione Fini quando afferma che “la legalità deve essere un valore condiviso, una prassi quotidiana”.
Chi crede in questi valori dovrebbe applicarli in primis nelle scelte politiche quotidiane del partito di cui fa parte, poco importante se segretario, dirigente o semplice militante.
Non ci sembra che nell’appoggiare in passato tante leggi ad personam il percorso politico di molti sia andato in questo senso: a titolo personale chiunque avrebbe potuto dissociarsi.
Magari gli sarebbe costata la riconferma in Parlamento, ma chi si richiama a Paolo e al suo sacrificio estremo, come può fermarsi di fronte a una piccola rinuncia personale?
Se Paolo si è opposto alla trattativa Stato-mafia, dettando la sua condanna a morte, altri avrebbero potuto impedire leggi vergognose rinunciando (forse) semplicemente a un seggio.
Ma giustamente si può anche sbagliare nella vita, soprattutto quando si sta all’interno di una alleanza.
Meno giustificabile quando si crea un partito ex novo, non un “nuovo partito”, ma un “partito nuovo”, come sottolineò giustamente Fini a Bastia Umbra, un partito fondato (anche) sulla legalità .
Ma è evidente che per poter parlare di legalità all’esterno, occorre in primis dimostrare di saper applicare l’etica politica all’interno del proprio mondo, senza compromessi.
Se questo fosse stato fatto, oggi Fli non sarebbe ridotto a quello che è.
Se in tante regioni non fossero stati fatti allontanare i dirigenti migliori per dare spazio a intrallazzoni, se di fronte a personaggi equivoci si fosse seguito l’insegnamento di Paolo, ovvero di accompagnarli alla porta, se si fossero “dati esempi” invece che “silenzi omertosi”, oggi Fli avrebbe quella credibilità che ha invece perso per strada.
E la credibilità non si riacquista con i pellegrinaggi e gli ex voto.
Occorrevano fatti e decisioni nette e coraggiose, troppi “ultimi tram” sono stati fatti passare con leggerezza.
Il mondo cambia, ma qualcuno non se n’è accorto.
Ed è rimasto solo alla fermata.
argomento: Fini, Futuro e Libertà, Giustizia | Commenta »