Destra di Popolo.net

LA BONINO SI SCHIERA CON SALA: “COLLABORO PER FERMARE SALVINI E GRILLO”

Giugno 14th, 2016 Riccardo Fucile

SE VINCE SALA FARA’ LA CONSULENTE PER I RAPPORTI INTERNAZIONALI

Emma Bonino dice sì alla proposta del candidato di centrosinistra a Milano, Beppe Sala, di averla come consigliera per la politica internazionale.
“In questo momento è in corso in Europa uno scontro vero tra europeisti e nazionalisti – spiega Bonino motivando il suo sì – e mi pare che questo scontro sia avvertibile anche in Italia, dove a livello nazionale c’è da battere un’alleanza di fondo, sostanziale, tra l’euroscetticismo di Salvini e quello di Grillo. Per questo credo sia importante che le più grandi città  italiane diano un messaggio di apertura, in chiave federalista-europea, laica, capace di governare con l’inclusione anche fenomeni difficili come ad esempio quelli migratori. Quindi da questo punto di vista non solo sono disponibile, ma sono anche interessata a collaborare con tutti coloro che si pongono questo obiettivo, pur essendo una tendenza a oggi minoritaria”.
In un’intervista a Repubblica Sala, pensando al ruolo da offrire alla Bonino in caso di vittoria, ha spiegato: “Diventerà  la mia principarle consigliera per la politica internazionale”.
Nella stessa intervista, il candidato spiegava anche di volere in squadra anche Linus (“ha una grande conoscenza dei giovani, può fare tanto per la creatività , gli eventi su cui Milano deve continuare a puntare, lo sport” ad esempio) e Ambrosoli (“può dare una mano sulla partecipazione, le regole, sulla Città  metropolitana e il rafforzamento dei Municipi”).
“L’apertura non è solamente commerciale o economica, ma riguarda città  aperte agli scambi culturali, universitari – prosegue l’esponente radicale – e da questo punto di vista credo che Sala abbia intenzione di fare un buon lavoro. Per cui se ritiene utili i miei consigli io, senza oneri operativi, sono più che interessata a questa battaglia culturale tra chiusura e apertura, tra ritorni indietro e sguardi sul futuro, nella capacità  di governare anche fenomeni difficili e senza populismi e illusioni. Da questo punto di vista mi interessa collaborare e credo che interessi a tutti gli europeisti non dare un messaggio di grandi città  italiane chiuse in se stesse o comunque con questo tipo di sentimento”.
Emma Bonino parla dell’apparentamento che i Radicali hanno chiesto a Sala pensando a convergenze su temi come il “piano di riconversione degli immobili sfitti e invenduti in alloggi sociali senza consumo di suolo, alla questione dei Navigli e alla questione della partecipazione dei cittadini ai referendum. Quello che a me preme e interessa è di dare questo segnale di una città  che vuole continuare ad essere aperta in chiave federalista europea, in chiave laica e di inclusione e non invece di esclusione o semplicemente di chiusura, che sono quanto mai inutili e soprattutto illusorie”.

(da agenzie)

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LA SQUADRA DI SALA: “CON LINUS E AMBROSOLI CHIAMERO’ LA BONINO”

Giugno 13th, 2016 Riccardo Fucile

“L’EX COMMISSARIO UE CI DARA’ UNA MANO SU INVESTIMENTI E TURISMO ALL’ESTERO”

Lo aveva promesso: «Prima del ballottaggio, inizierò a delineare la mia squadra per dare la possibilità  agli indecisi di avere un elemento in più per votarmi».
Una foto di gruppo in cui è già  entrato l’ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo, chiamato a guidare un comitato per la legalità  e la trasparenza.
E ora ecco i primi nomi che — in caso di vittoria affiancherebbero Beppe Sala.
Due assessori come il direttore di Radio Deejay Linus e il capo del centrosinistra in Regione Lombardia, Umberto Ambrosoli.
E l’ex ministro Emma Bonino: «Diventerà  la mia principale consigliera per la politica internazionale», dice il candidato sindaco di centrosinistra.
Perchè Milano dovrebbe avere bisogno di una sorta di “ministro degli Esteri”?
«Basterebbe pensare all’area del Mediterraneo e al Medio Oriente per capire le enormi possibilità  di investimento, crescita turistica e capacità  di fare rete tra università  e ricerca che ha Milano. E non c’è nessuno come Bonino che conosca questi pezzi di mondo. Verificheremo più avanti il suo grado di coinvolgimento istituzionale, ma lavorerà  con me».
E Linus e Ambrosoli?
«Linus può aiutare la città  su molti fronti: ha una grande conoscenza dei giovani, può fare tanto per la creatività , gli eventi su cui Milano deve continuare a puntare, lo sport. Ambrosoli può dare una mano sulla partecipazione, le regole, sulla Città  metropolitana e il rafforzamento dei municipi. E poi c’è il rapporto con la Regione: è fondamentale se vogliamo curare i problemi profondi delle case popolari, ragionare su larga scala di mobilità  e trasporti, fare dell’area Expo un’occasione».
Ha detto di volere accanto anche Giuliano Pisapia: come?
«Vorrei che la sua esperienza mi aiutasse a cominciare dal coinvolgimento della società  civile nella politica».
E le donne? Lei avrà  una vice: non fa un torto a un assessore come Pierfrancesco Majorino che nel Pd ha fatto il pieno di voti?
«Majorino è un protagonista decisivo. Confermo l’intenzione di avere una vice, ma i conti definitivi li faremo dopo. Quello che prometto sin d’ora è che le donne saranno la metà  della giunta e avranno deleghe di peso».
A proposito di deleghe: quale terrà  per sè?
«Mi sono speso così tanto per un serio piano di investimento, che vorrei gestire in prima persona le periferie».
Il suo avversario, Stefano Parisi, non farà  nomi di giunta. Dice: «Voglio la mia autonomia».
«Il sindaco non è un amministratore delegato, un uomo solo al comando. I milanesi sanno che sono determinato, ma i tempi del ghe pensi mi sono passati. Parisi ha l’attitudine del “faccio tutto io”.
Ma guardate i suoi alleati: come farebbero ad andare d’accordo? Io punterò sulla squadra».
Si è apparentato con i Radicali: il loro 1,8% può fare la differenza? Non teme di sembrare troppo “politico” o di allontanare la sinistra che non vede bene la vendita delle società  comunali?
«Non sarà  decisivo, ma è importante. Le partecipate sono fuori dall’accordo e terrò io le deleghe. Ci siamo trovati sulle azioni per la casa, ambiente e referendum, alla luce del sole».
A Milano il M5S non ha sfondato, la Lega e la sinistra non sono andate bene. Non sarebbe stato meglio parlare ai moderati?
«Sì, qui ha prevalso più che altrove un voto moderato. Nei miei confronti c’è stato un certo pregiudizio da parte della sinistra. Lo capisco, ma dico: “Guardate i programmi davvero di centrosinistra e ciò che mi anima”. E poi è importante recuperare chi non è andato a votare».
Come?
«Andando molto in giro per la città , sottolineando le differenze con Parisi in termini di idee e compagine. Ho sofferto l’accusa del “sono uguali”: non è vero e lo sto dimostrando».
Sala, è sicuro di vincere?
«Sono sicuro che la mia capacità  di recuperare voti tra gli astenuti è più grande. Non è più il momento di guardare ai sondaggi, ma di farsi guidare dall’istinto ed essere veri. Io ho più spazio. E sono in vantaggio».

Alessia Gallione
(da “La Stampa“)

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SALA CALA LA CARTA GHERARDO COLOMBO: A CAPO DEL COMITATO PER LA TRASPARENZA

Giugno 10th, 2016 Riccardo Fucile

COLPO AD EFFETTO DEL CANDIDATO SINDACO: UN POOL PER LA LEGALITA’… E PARTE L’OPERAZIONE CALL CENTER

La corsa per il ballottaggio entra nel vivo. E a Milano l’uomo del Pd Giuseppe Sala cala la carta di Gherardo Colombo, ex magistrato simbolo di Mani Pulite e personalità  indiscussa della cosiddetta “società  civile”, di cui è uno storico esponente.
Proprio il suo nome era circolato tra i possibili candidati della lista di sinistra, poi guidata da Basilio Rizzo.
Ad affiancarlo sarà  un pool di tre nomi di peso raccolti in un comitato che lavorerà  a titolo gratuito: Mara Brassiolo, presidente di Transparency e imprenditrice, Stefano Nespor, avvocato e giornalista pubblicista fondatore di greenlex e direttore della Rivista Giuridica dell’Ambiente (RGA) e infine Federico d’Andrea, esperto contabile con una lunga e prestigiosa carriera in Guardia di Finanza (fu chiamato da Guido Rossi nell’Ufficio indagini della Responsabile del comando provinciale di Bergamo Figc, affidato alla guida dell’ex capo del pool di Mani Pulite, Francesco Saverio Borrelli).
E’ un colpo ad effetto quello che il Pd milanese e il suo candidato piazzano in vista del ballottaggio sul filo di lana con Stefano Parisi, distaccato di un solo punto che non lascia tranquilli i maggiorenti del partito.
Le ragioni di questa scelta, recita una nota, sono legate a un “ambizioso piano di opere pubbliche”, segue elenco: riqualificazione delle periferie, ristrutturazione di molti complessi di edilizia residenziale di proprietà  del Comune, implementazione delle linee di trasporto con almeno 30 nuove stazioni nei prossimi dieci anni, riqualificazione degli ex scali ferroviari etc.
“Le risorse necessarie alla realizzazione di queste opere saranno ricavate anche grazie alla cessione di quote di partecipazione possedute dal Comune in importanti società  municipali”.
Riferimento alla Milano-Serravalle le cui partecipazioni però sono attualmente invendibili.
“Queste partecipazioni — prosegue il comunicato — costituiscono un patrimonio collettivo e quindi la loro parziale cessione richiede la garanzia più assoluta che il ricavato venga utilizzato con le più ampie garanzie sotto ogni profilo”.
Da qui, l’operazione dei garanti con Colombo in testa: una mossa che dal punto di vista elettorale può fare breccia sugli elettori che al primo turno hanno scelto Basilio Rizzo e (nelle speranze dei democratici) Gianluca Corrado.
La posta in gioco è così alta che anche il telefono squilla.
Oltre ad allargare il consenso Sala punta a fidelizzare quello già  ricevuto con un’operazione “call center”.
Per il porta-a-porta non c’è tempo (e poi costa).
Così il Pd milanese ha deciso di battere la strada delle telefonate a tappeto a tutti i 50mila concittadini che alle primarie hanno lasciato il proprio numero di telefono.
Per l’impresa vengono mobilitati una ventina di volontari che si avvicendano al Comitato di Sala in via Casati.
Si alternano anche a big locali e nazionali, come l’assessore Pierfrancesco Majorino e il parlamentare Emanuele Fiano.
La telefonata segue un protocollo da piazzisti di aspirapolveri e contratti telefonici. “Buongiorno signora, mi scusi se la disturbo”: è l’incipit, con qualche istante di sospensione per capire l’umore dell’interlocutore.
E poi, subito, l’accorato appello — “ogni singolo voto per Beppe Sala è necessario” — seguito dalla richiesta di mobilitare ancue amici e parenti.
Dalle 10 del mattino alle 8 di sera, fino all’ultimo minuto e all’ultimo numero utile.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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COMUNALI MILANO, LA SORPRESA: LA GELMINI BATTE SALVINI

Giugno 6th, 2016 Riccardo Fucile

PER L’EX MINISTRO 11.990 PREFERENZE CONTRO LE 8.025 DEL LEADER DEL CARROCCIO (CHE NE PERDE 1.100 RISPETTO AL 2011)… E FORZA ITALIA PRENDE IL DOPPIO DELLA LEGA: 20,2% CONTRO L’ 11,7%… DELUSIONE PER LUPI E ALBERTINI

Cinque anni dopo, nessuno si avvicina a Silvio Berlusconi. Nel 2011 il Cavaliere raccolse oltre 28mila preferenze. Ma domenica lo scettro di recordman è rimasto comunque in Forza Italia.
Con la capolista Mariastella Gelmini che ha incassato la fiducia di 12mila milanesi (11.990, per l’esattezza).
Di nuovo battuto il «Capitano» del Carroccio.
Il risultato personale di Matteo Salvini certifica la delusione di una Lega che, al contrario di sondaggi e aspettative, non decolla: 8.025 voti. Nel 2011 furono 9.105.
Nella squadra di Stefano Parisi vanno bene anche gli azzurri Pietro Tatarella (5.512) e Silvia Sardone (2.319).
Non sfondano invece Maurizio Lupi (Milano Popolare), che raccoglie 1.525 preferenze, e l’ex sindaco Gabriele Albertini (civica di Parisi), che si ferma a quota 1.376.
Riccardo De Corato (FdI) dimezza le sue preferenze rispetto a cinque anni fa: 2.362 contro 5.834.
Nel centrosinistra, il successore di Stefano Boeri, l’allora recordman con 13.100 preferenze, è il capolista pd Pierfrancesco Majorino. Che ottiene 7.582 voti (nel 2011 erano 2.743).
L’assessore uscente è seguito dal resto della pattuglia di giunta targato dem: Pierfrancesco Maran (5.193), Marco Granelli (3.183) e Carmela Rozza (3.075).
Male Daria Colombo. La moglie di Roberto Vecchioni, scelta dal sindaco Giuliano Pisapia per guidare la lista <arancione> di Sinistra per Milano, con 821 voti, è superata da sei compagni di lista. A partire dall’assessore Filippo Del Corno (1.950).
Stesso discorso per Fiorenzo Galli, alla testa della civica di Sala, che è scelto soltanto da 637 milanesi, contro i 1.285 che preferiscono l’assessore Cristina Tajani.
Infine, la capolista a cinque stelle Patrizia Bedori incassa 1.286 voti.

(da “il Corriere della Sera”)

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GRAN PRIX DI MILANO: FOTOFINISH PER FAN SALLE E PARISIENNE

Maggio 27th, 2016 Riccardo Fucile

CORSE CLANDESTINE: SOLO TERZO COMBAT DE TAUREAU

Non c’è Grand Prix ad oggi più atteso: sotto lo sguardo discreto della Madunina si sfidano due purosangue di altissimo livello.
Dopo aver vinto le corse eliminatorie interne alla sua scuderia, la squadra di Fan Idòle ha scelto di calare l’asso Fan Salle.
Il cavallo è molto noto in città , essendo stato Direttore dell’Ippodromo cittadino qualche anno fa e soprattutto Gran Cerimoniere dell’Esposizione Internazionale di Cavalli&Segugi che si è tenuta a Milano qualche mese fa.
Sarebbe stata per lui una galoppata di salute, se non fosse che Burlesque ci ha messo lo zampino.
Il simpatico fantino brianzolo, storico capo della scuderia Varenne, è riuscito a riunire attorno a un unico tavolo il nordico e bizzoso Groom de Bootz, il centrista Ipsòn de le Scipiòn e il destrorso Frères Tricòlor.
Scongiurato il rischio di corse separate come nel Grand Prix di Roma, i vecchi componenti della prestigiosa Maison Libertè hanno scelto di affidarsi alla sorpresa Parisiènne, un cavallo molto apprezzato dagli addetti ai lavori e con ottimi riscontri tra il pubblico che sta affollando i suoi allenamenti al grido “Io trotto per Milano”.
Il risultato della mossa di Burlesque si è visto subito e nella corsa a cui abbiamo assistito la partita del primo giro è finita in assoluta parità .
Nemmeno i cronometristi dell’ippodromo sono stati in grado di risolvere l’arcano e hanno dovuto ufficializzare la parità : Parisiènne e Fan Salle sono arrivati sul traguardo entrambi in 38 secondi netti.
Saranno loro due, quindi, a sfidarsi per la seconda manche che assegnerà  l’oro del Grand Prix di Milano e visto l’equilibrio, tutto può succedere.
Terza piazza per il pentastellato Combat de Taureau: il candidato di Igor Brick chiude il miglio in 16 secondi, un tempo in media con quello che i pronostici gli assegnavano.
Quarto posto, molto distaccato dai primi per Basilic Bouclès: il candidato che parte dalla sinistra dello schieramento rosicchia secondi preziosi a Fan Salle, chiude in 5″ netti, ma non sembra in grado di impensierire i cavalli più veloci.

ORDINE D’ARRIVO
Parisiènne 38″
Fan Salle 38″
Combat de Taureau 16″

(da “The RightNation”)

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MILANO, IL CANDIDATO SINDACO CHE NON PAGA 10.000 EURO DI SPESE CONDOMINIALI

Maggio 24th, 2016 Riccardo Fucile

LUIGI SANTAMBROGIO, CANDIDATO DI ALTERNATIVA MUNICIPALE, HA RICEVUTO IL DECRETO INGIUNTIVO

Dopo un ex sindaco come Gabriele Albertini che amava definirsi “amministratore di condominio”, ora a Milano è tempo di un candidato sindaco che a un condominio crea problemi. Il suo condominio.
Tanto da avere ricevuto un decreto ingiuntivo per oltre 10mila euro di spese non pagate.
Lui è Luigi Santambrogio, l’uomo con un passato nella giunta Formentini che Alternativa municipale ha scelto per puntare soprattutto a quegli elettori di centrosinistra che non si riconoscono in una coalizione guidata da Giuseppe Sala. Ecco la prima cosa che dice al telefono quando gli si chiede conto dei soldi non versati: “Il pagamento è in corso con un assegno circolare che arriverà  all’amministratore domani o dopo domani”.
Grana quasi risolta quella dello stabile signorile di via Goldoni, almeno stando alle promesse via cornetta.
Ma perchè arrivare a questo punto, con il rischio per gli altri condòmini di farsi carico del debito? Beghe condominiali, sminuisce Santambrogio: “Visioni diverse su alcune spese straordinarie che si vogliono realizzate nel condominio. Ho iniziato a lesinare i pagamenti, per evitare che si arrivasse a un sovradimensionamento delle spese per il tetto. Molti condòmini ritengono che non sia necessario il rifacimento del tetto per un milione di euro”.
Peccato che il decreto ingiuntivo non dica una parola del tetto, ma attribuisca la morosità  a spese straordinarie per l’ascensore, spese straordinarie per l’impianto di riscaldamento e spese di ordinaria manutenzione.
Non c’è dietro anche una questione di senso civico?
“Di senso civico ne ho tantissimo — ribatte Santambrogio — Nelle relazioni è più quello che ho donato di quello che ho ricevuto. La mia generosità  è nota. Ancor più nota nella mia vita pubblica. Ora stiamo parlando di un condominio privato in cui c’è stata tensione su alcune spese. Non c’entra nulla il civismo rispetto al mio impegno civico nella realtà  milanese”.
Già , perchè “civico” è una delle parole chiave di Alternativa municipale, lista che lo stesso Santambrogio ha definito come “l’unica forza civica, l’unico vero progetto indipendente per un municipalismo vero e partecipato”.
Una lista nata in quell’area di centrosinistra che dopo il risultato delle primarie ha provato in un primo momento a fare sintesi su un’unica soluzione anti Sala, per poi dare origine a tre diverse candidature: Basilio Rizzo per Milano in Comune, Marco Cappato per i Radicali e, appunto, il nostro Santambrogio, assessore alla Mobilità  e ambiente ai tempi del leghista Marco Formentini ed ex presidente regionale di Italia Nostra.
Tra i suoi sostenitori c’è il socialista Roberto Biscardini, consigliere comunale uscente ed ex senatore, mentre il capolista di Alternativa municipale è Felice Besostri, uno degli avvocati che con un ricorso alla Consulta ha fatto dichiarare incostituzionale il Porcellum e oggi una delle principali voci contro l’Italicum e contro la riforma della Costituzione targata Renzi.
Sicuri che amministrare una città  sia più facile che amministrare un condominio?
“Io l’ho amministrata per quattro anni dal ’93 al ’97, in piena Tangentopoli, con partiti importanti con cui sono state fatti scelte importanti — dice Santambrogio -. Non sono l’amministratore del mio condominio, sono uno degli azionisti. E ci sono state delle divergenze di opinioni. Fa tutto parte di una dialettica relazionale”.

Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano“)

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SONDAGGIO IPSOS MILANO: SALA 38,8%, PARISI 37,1%, CORRADO 17%, RIZZO 3,9%

Maggio 20th, 2016 Riccardo Fucile

I PARTITI: PD 23%, M5S 19,3%, LEGA 15,6%, FORZA ITALIA 10,2%, SINISTRA PER MILANO 6%, FDI 2,8%

Un sondaggio – l’ultimo prima del silenzio pre-voto –   di Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera parla di un centrosinistra al 27% contro un centrodestra di un punto percentuale sotto.
Sala ha un vantaggio risicato che, in un eventuale ballottaggio, si riduce.
Molto alta la percentuale di incerti e indecisi che sono al 41%.
Al primo turno oggi Sala prevarrebbe su Parisi 38,8% a 37,1% con un vantaggio (+1,6%) quasi identico a quello registrato in aprile (+1,7%).
A seguire Corrado con il 17% e Rizzo con il 3,9%.
Gli altri candidati, tutti insieme, raggiungono il 4,2%. Astensione e indecisione sono in aumento (+3,2%), come spesso accade all’ approssimarsi della data delle elezioni, quando molti cittadini (soprattutto quelli più distanti dalla politica) iniziano ad informarsi ma si mostrano incerti su chi votare.
Al ballottaggio, stando a questo sondaggio, al momento prevale Sala su Parisi i (51,2% a 48,8%), con un vantaggio (2,4%) che si è leggermente ridotto rispetto ad aprile, quando era pari a 3,2%.
Due terzi dei sostenitori di Corrado (65,7%) manifesta l’ intenzione di astenersi mentre i restanti elettori privilegerebbero Parisi (20,6%) a Sala (13,7%).
Tra gli elettori di Rizzo gli astenuti al secondo turno sarebbero molti meno (32%) e la maggioranza voterebbe per Sala (60%) rispetto a Parisi (8%).
Per quanto riguarda invece i partiti il Pd si conferma in testa con il 23%, seguito dal M5s (19,3%), dalla Lega Nord (15,6%) e da Forza Italia (10,2%).
A seguire, Sinistra per Milano (6%) e le due liste dei principali candidati appaiate al 5,9%. Milano in comune si attesta al 3,4%, Fratelli d’ Italia al 2,8% e Milano popolare all’ 1,8%.
Ogni confronto con i precedenti sondaggi risulta difficile per la presenza delle liste civiche di appoggio ai candidati che nel corso della campagna assumono maggiore notorietà  e fisionomia drenando o cedendo voti ai partiti principali.
La partita milanese è ancora tutta aperta e a fare da ago della bilancia saranno proprio gli indecisi.

(da “il Corriere della Sera”)

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LA GAFFE DI PARISI: “MAI VISTO PISTE CICLABILI SULLA 5TH AVENUE”, MA SOLO A MANHATTAN VE NE SONO PER 386 CHILOMETRI

Maggio 19th, 2016 Riccardo Fucile

A NEW YORK PIU’ DEL DOPPIO DELLE CORSIE RISERVATE ALLE DUE RUOTE DI MILANO

«Mi piace andare in bici ma avete mai visto una pista ciclabile sulla 5th Avenue a New York?».
Stefano Parisi ha riassunto così, durante un incontro pubblico trasmesso in diretta da La Stampa , i suoi dubbi sulle politiche per le due ruote portate avanti a Milano dalla giunta Pisapia.
Ma il candidato di centrodestra non poteva scegliere un esempio più sbagliato.
Le strade di New York potranno anche ricordarci le nostre autostrade per dimensione, ma le biciclette ci vanno eccome.
Anche, con buona pace di Parisi, sulla 5th Avenue.
Basta prendere Google Maps e andare a controllare per rendersene conto, come ha fatto Marco Mazzei, cicloattivista e candidato in una delle liste dello schieramento di centrosinistra per Beppe Sala.
Il punto, però, non è solo la 5th Avenue. La New York presa a esempio da Parisi è la stessa che ha 1585 chilometri di piste ciclabili divisi nei cinque borough (Manhattan, Bronx, Brooklyn, Queens e Staten Island), su un’area urbana di 785 chilometri quadrati. A Milano ci sono 140 km di piste su 182 chilometri quadrati di territorio urbano.
Nella Grande Mela, in rapporto, ci sono più del doppio delle piste ciclabili del capoluogo lombardo.
Quella delle ciclabili sulla 5th Avenue, però, deve essere un’argomentazione cara allo schieramento di cui fa parte Parisi.
L’ha tirata fuori in questi giorni anche Simona Tagli, ex soubrette candidata al consiglio comunale con Fratelli d’Italia.
La Tagli è convinta che Milano sia piena di piste: «Ma in bicicletta andiamoci al parco, per carità !».
Forse non sa che le due ruote sono un mezzo usato sempre di più per andare al lavoro (per chi ci va) e che i ciclisti a Milano sono in continuo aumento.
L’ultimo censimento fatto da Fiab Ciclobby nel 2014 parlava di un incremento del 26% in sei anni.
Il problema è che se mancano le infrastrutture si creano disagi alla mobilità  e aumentano i rischi.

Francesco Zaffarano
(da “La Stampa”)

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ROMA, LA METRO PIU’ COSTOSA AL MONDO BLOCCATA DA SCAVI, CAUSE E 45 VARIANTI

Maggio 17th, 2016 Riccardo Fucile

LA LINEA C, INIZIATA NEL 2016, RISCHIA DI NON FINIRE MAI… SPESE AUMENTATE DEL 23% E LAVORI INDIETRO DI UN ANNO

C’era una caserma. Una grande caserma per i legionari di Roma, a pochi passi da quella che è oggi Porta Metronia.
L’hanno scoperta durante gli scavi per la stazione della linea C della metropolitana. Un ritrovamento sensazionale. Che però, da un altro punto di vista, è solo l’ultimo guaio per quella che si sta profilando come l’opera pubblica più costosa del dopoguerra.
Ci sono le camerate e le stanze degli ufficiali: alcune affrescate, altre con i pavimenti di mosaico. Era stata costruita quando a Roma regnava l’imperatore Adriano, ma un secolo più tardi l’avevano abbattuta, rasandola fino a un metro e mezzo da terra e poi interrandola, perchè nel frattempo avevano tirato su le mura aureliane e quel quartiere militare era rimasto fuori dalla cinta.
Sepolto per quasi 18 secoli, ci è voluta la metro C per farlo venire alla luce.
Ma le sue dimensioni sono così imponenti da chiedersi: com’è stato possibile che nessuno se ne sia accorto prima, quando hanno fatto i carotaggi?
Perchè i carotaggi, ovvero i saggi in profondità  per appurare se nello strato archeologico ci sono dei resti, sono sicuramente stati fatti, vero?
Domanda inevitabile, se si considera che il castro imperiale dell’Amba Aradam, com’è stato battezzato, occupa una superficie pari a metà  di quella della stazione che dev’essere realizzata lì sopra.
Sfortuna, dicono a mezza bocca in cantiere. Avranno bucato dove non c’era niente, chissà . Appunto.
Non può non tornare alla mente quella relazione dell’Autorità  anticorruzione, dove il presidente Raffaele Cantone sostiene che la superficialità  con cui sarebbero state condotte le indagini preliminari avrebbe «determinato una notevole aleatorietà  delle soluzioni progettuali da adottare nella fase di esecuzione e, ad appalto già  in corso di esecuzione, rilevanti modifiche rispetto alle previsioni contrattuali, in particolare l’effetto della nuova tipologia esecutiva delle stazioni»
Ed è qui, con ogni probabilità , il cuore del problema.
C’entrano l’accuratezza delle indagini e la qualità  dei progetti: lo dice l’Anac.
Difficile spiegare solo con la sfortuna le 45 (quarantacinque) varianti in corso d’opera, con un costo lievitato da 3 miliardi e 47 milioni dell’aggiudicazione a 3 miliardi 739 milioni: 692 milioni di differenza, più 22,7 per cento, per un’opera iniziata dieci anni fa e che non è neppure a metà .
Mentre i costi continuano a salire inesorabilmente e i tempi, altrettanto inesorabilmente, ad allungarsi.
C’è un documento di qualche giorno fa nel quale è descritto uno stato di cose che dovrebbe preoccupare assai chiunque si dovesse sedere fra un mesetto sulla poltrona di sindaco della capitale. È la relazione del collegio sindacale di Roma Metropolitane, la società  del Campidoglio che gestisce l’appalto della Metro C con 180 persone.
Lì dentro si racconta che sei mesi fa il general contractor Metro C, di cui fanno parte Astaldi, Vianini del gruppo Caltagirone, il consorzio Cooperative costruzioni e l’Ansaldo Finmeccanica ha fatto causa alla stessa Roma metropolitane chiedendo altri 348 milioni. Il bello è che 71 milioni la società  comunale avrebbe già  dovuto pagarli da tempo, e per altri 152 aveva riconosciuto di doverli pagare.
Per non parlare di un paio di «atti aggiuntivi» a causa dei quali Metro C avanza la pretesa di una ventina di milioni. Non bastasse, lo stesso documento informa che i lavori alla stazione San Giovanni sono stati interrotti il 21 ottobre 2015: «sospensione», c’è scritto, «che ancora oggi impedisce l’avanzamento delle opere».
Ragion per cui, continuano i revisori, «i lavori della tratta dalla stazione San Giovanni fino al Colosseo registrano, al 31 ottobre 2015, un ritardo di 316 giorni rispetto al termine di fine lavori stabilito al 22 settembre 2020 con ingentissime riserve già  iscritte da Metro C».
Il risultato? L’area archeologica fra le più importanti del pianeta, parliamo di quella intorno al Colosseo, è destinata a restare un cantiere con monumenti quali la basilica di Massenzio avvolti dai ponteggi almeno fino al 2022: quando il mandato del prossimo sindaco sarà  già  finito da un pezzo. Per la maggior gioia dei milioni di turisti che nei prossimi sei anni arriveranno a Roma.
E la colpa non è certo di quel clamoroso ritrovamento archeologico, che forse poteva (e doveva) essere previsto.
Quella scoperta, anzi, potrebbe paradossalmente contribuire a dare una scossa a una vicenda dai contorni comunque inaccettabili per qualunque opera pubblica: a maggior ragione se c’è in ballo, come di sicuro in questo caso, una figuraccia planetaria.
La metropolitana più cara del mondo sta naufragando in un delirio di varianti, arbitrati, riserve e contenziosi. Di tutti contro tutti. Roma metropolitane fa causa al proprio azionista, il Comune di Roma, a colpi di decreti ingiuntivi, rivendicando 45 milioni. Il consorzio Metro C porta invece in tribunale Roma Metropolitane, chiedendone quasi 350. E anche all’interno stesso di Roma Metropolitane volano gli stracci: con il presidente Omodeo Salè che denuncia per diffamazione il collegio sindacale e il collegio sindacale che a sua volta denuncia il presidente alla Corte dei conti per danno erariale. Senza dire di alcuni strascichi maleodoranti, puntualmente citati nella relazione dei sindaci che contestano nuovamente, ad esempio, l’affidamento diretto a Metro C dei lavori per la pedonalizzazione dei Fori imperiali, inizialmente previsti in 2,2 milioni e poi ridimensionati a 700 mila euro.
Ce ne sarebbe abbastanza per mandare tutti a casa, chiudere la partita e ricominciare daccapo.
Ma ci vorrebbe la bacchetta magica solo per uscire dal groviglio delle carte bollate. Come sa bene il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, che ha messo l’ex assessore ai Trasporti della Regione Campania Ennio Cascetta al posto di responsabile della struttura di missione per le grandi opere un tempo guidata da Ercole Incalza.
E sta facendo sentire sempre di più il proprio peso sul dossier. Tanto che non ci sarebbe da meravigliarsi se la regia si trasferisse dal Campidoglio al ministero.
Anzi, dopo quello che si è visto finora dovremmo forse augurarcelo.
Peggio di così, certo non potrebbe andare.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)

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