Agosto 23rd, 2017 Riccardo Fucile
LA GOCCIA CHE HA FATTO TRABOCCARE IL VASO E’ “LA CAMPAGNA DI DENIGRAZIONE CONTRO LE ONG IMPEGNATE A SALVARE VITE UMANE”
Gad Lerner annuncia il suo addio al Pd e lo fa con un post sul sito Nigrizia.it. 
Il giornalista, tra i fondatori del partito ed ex membro del Comitato promotore 14 ottobre e della Commissione per l’Etica dell’Assemblea costituente nazionale, ha messo nero su bianco le motivazioni che lo hanno portato a lasciare il partito del segretario Matteo Renzi denunciando “un vero e proprio disarmo culturale sui diritti umani”.
“Per me — ha scritto il conduttore televisivo — la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la campagna di denigrazione mossa contro le ong impegnate nei salvataggi in mare. Culminata in accuse di complicità con gli scafisti e tradotta nella pretesa governativa di sottometterle a vincoli non contemplati dal diritto internazionale nè dai codici di navigazione“.
A Lerner non è piaciuta neanche “l’impressionante subalternità psicologica alle dicerie sparse dalla destra”, con riferimento alla Lega Nord e alle prese di posizione di Matteo Salvini sui migranti.
“Ho ben presente — spiega Lerner — l’importanza dell’unità dentro un partito grande e plurale. So anche che nel Pd continuano a essere numerosi coloro che hanno a cuore gli ideali oggi deturpati. Ma io che avevo visto male la scissione, nè ho considerato motivi sufficienti per un divorzio le riforme istituzionali e il Jobs act, ora, per rispetto alla mia gerarchia di valori, mi vedo costretto a malincuore a separarmi dal partito in cui ho militato dalla sua nascita. L’involuzione della politica del Pd sui diritti umani e di cittadinanza costituisce per me un ostacolo non più sormontabile”.
La notizia dell’uscita dal Partito Democratico era nell’aria.
Lerner aveva accettato di condurre la manifestazione “Insieme” del 1 luglio scorso a Roma per sostenere la nascita di un nuovo movimento di centrosinistra unito attorno alla figura dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.
“E’ venuto il momento di formulare anch’io un mio bilancio di fine legislatura su una materia, quella dei diritti umani, dei diritti di cittadinanza, dei rapporti presenti e futuri fra le due sponde del Mediterraneo e di un contrasto efficace al terrorismo, che considero di importanza cruciale. Non solo in quanto ebreo, ex apolide, figlio fortunato di più migrazioni. Ma proprio come cittadino italiano che, dieci anni fa, è stato fra i promotori di un Partito democratico i cui valori fondativi vedo oggi deturpati per convenienza”.
Il giornalista mette “in fila l’operato degli ultimi tre anni che lo spingono a lasciare il Pd: “la revoca dell’operazione Mare Nostrum con la motivazione che costava troppo e con limitazione del raggio d’azione della nostra Marina Militare. La mancata abrogazione del reato di immigrazione clandestina, per ragioni di opportunità . La soppressione, solo per i richiedenti asilo, del diritto a ricorrere in appello contro un giudizio sfavorevole. La promessa non mantenuta sullo ius soli temperato. E, infine, la promulgazione di questa inedita oscena fattispecie che è il ‘reato umanitario’ mirato contro le organizzazioni non governative”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 23rd, 2017 Riccardo Fucile
IL PARTITO: “DOMINIO SCADUTO, MANCANO I FONDI”… UN SITO DI E-COMMERCE HA PRESO IL POSTO DEL PD CON LO STESSO INDIRIZZO
Nei tempi dei social e di internet si dice che chi non è sul web non esiste. E il Pd valdostano è
sparito definitivamente da qualche settimana. Non, però, il “dominio” di Aruba che era stato del partito del sindaco Fulvio Centoz e dei consiglieri regionali Pierre Guichardaz e Paolo Crètier.
Il sito www.pdvda.it, però, ora vende scarpe e vestiti via internet con sconti anche del 60 per cento.
Ad acquisirlo alla scadenza, infatti, è stata un’azienda turca di vendite online che ha subito provveduto a cambiare il “core business” del sito, pur mantenendone l’indirizzo per procacciarsi nuovi clienti.
Non si tratta di una nuova mission dei Democratici, insomma, ma di uno spiacevole disguido, come spiegano i vertici del Pd.
“Il dipendente che si occupava del sito ha vinto un concorso e cambiato incarico – spiega la responsabile della comunicazione Simona Campo – Tra l’altro il nostro sito era in manutenzione da dicembre quando il sito era stato hackerato, tanto è vero che avevamo caricato sulla home page il simbolo dei lavori in corso aspettando i fondi per poterlo rinnovare. La comunicazione del dominio in scadenza deve essere arrivata via mail ma non è stata vista e così abbiamo perso il dominio che è subito stato riacquistato”.
E’ il secondo in pochi mesi, tuttavia, perchè già a gennaio era scaduto anche il dominio www.partitodemocratico-vda.it, subito registrato da un’azienda della California che ne ha fatto una piattaforma di e-commerce per la vendita di scarpe in saldo da uomo e da donna.
“In ogni caso ci stiamo già attivando per avere in poco tempo un sito provvisorio, poi in futuro cercheremo di creare una pagina Valle d’Aosta collegata al nostro sito nazionale” assicura Biagio Fresi, presidente del Pd valdostano.
Tutto, però, dipende dai fondi: che per adesso, spiegano al partito, da Roma non arrivano.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
QUELLA NEOLIBERISTA TRAVESTITA DA TERZA VIA BLAIRIANA, QUELLA LEGGE & ORDINE DI MINNITI E QUELLA POPULISTA DI RENZI… SE IL CENTRO E’ QUESTO COME E’ POSSIBILE UN CENTROSINISTRA?
Disumano. Tutto, in questa terribile estate 2017 ci pare disumano.
Il caldo mostruoso e il fuoco che divorano l’Italia: e le piogge che iniziano a sgretolarlo, al Nord. E disumano appare un discorso politico che di fronte alla più grande questione del nostro tempo, la migrazione di una parte crescente dell’umanità , reagisce invocando la polizia.
Un muro di divise che faccia nel Mediterraneo quello che vorrebbe fare il muro di Trump al confine col Messico.
Eppure no: è tutto terribilmente umano. È stato l’uomo a cambiare il clima. È stato l’uomo a innescare la grande migrazione: sono state la diseguaglianza, l’ingiustizia, la desertificazione, lo sfruttamento selvaggio dell’Africa, la stolta politica internazionale e le guerre umanitarie. “Ascoltate, e intendetemi bene: è dal cuore dell’uomo che escono i propositi di male”, dice Gesù nel Vangelo di Marco.
Umano, dunque: terrificantemente umano. Di una umanità sfigurata dalla paura, dalla rabbia, dall’avidità .
Parliamo di tutto questo quando parliamo della vittoria della becerodestra: peggio, di una egemonia culturale che si estende sul discorso pubblico. Una egemonia culturale che domina — piaccia o non piaccia: è un fatto — il maggior partito italiano: già di centro-sinistra, oggi inequivocabilmente vittima del pensiero unico della becerodestra della paura e dell’odio.
E ci sono almeno tre differenti tipi di destra che si stanno mangiando oggi il corpo del Pd.
La prima è quella che ha dominato il pensiero unico del centrosinistra negli ultimi decenni: quella del neoliberismo appena travestito da terza via blairiana.
Quella per cui ormai siamo non solo in una economia, ma in una società , di mercato. A cui non c’è alternativa.
Per esempio: nella legge sulla concorrenza approvata la settimana scorsa c’è un articolo che distrugge alla radice l’idea stessa di tutela dei beni culturali. Che si potranno esportare con una semplice autocertificazione basata sulle soglie di valore.
Il denaro come unico metro, la totale libertà dell’individuo, l’abdicazione dello Stato.
Un articolo esplicitamente scritto dalla lobby dei mercanti d’arte, un cui rappresentante sedeva nella commissione, nominata dal ministro Franceschini, che ha scritto la legge.
Un provvedimento settoriale, certo: ma che confermando ancora che il denaro è l’unica misura della libertà chiarisce molto bene l’orizzonte anti-umano di questo “centrosinistra”.
La seconda destra è quella, più tradizionale, del ministro Minniti. Una destra law and order che vuole mettere la polizia a bordo delle navi Ong: una destra perfino un po’ grottesca, perchè vorrebbe resuscitare la faccia poliziesca dello Stato avendo però smontato del tutto lo Stato.
Se non è la Guardia Costiera a governare la situazione, nel Mediterraneo, è perchè centrodestra e centrosinistra hanno indistinguibilmente distrutto lo Stato, definanziando e disprezzando tutto ciò che è pubblico, dalle forze di polizia alla scuola, dalla sanità alla forestale, dalle biblioteche ai pubblici ministeri.
E non è certo militarizzando le Ong che si ricostruisce lo Stato. Come non è con il reato di immigrazione clandestina che si può sperare di affrontare l’età delle migrazioni.
La terza destra è quella di Matteo Renzi.
Una destra anarcoide, individualista e populista. Una destra che sostituisce allo Stato una somma di gated communities: comunità separate dai soldi, divise per censo.
Una destra che non ha nessuna chiusura verso le libertà individuali, anzi le incoraggia in chiave antisociale. Gratificando privatamente i cittadini a cui si toglie ogni dimensione pubblica, sociale, comunitaria.
E, come ha scritto Guido Mazzoni in una analisi molto fine:
Se un certo fondo di anarchismo unisce la destra populista al modello liberale classico, ciò che li separa è l’ethos. La destra populista costruisce se stessa attorno a un’antitesi netta, identitaria, fra Noi e Loro. … Il senso comune cui la destra populista si richiama nasce dall’arcaico: è l’ethos dei primi occupanti, che separa i legittimi dagli illegittimi, i normali dagli anormali, gli autoctoni dai barbari. Il gruppo dei primi occupanti trasforma la propria identità nel corso del tempo, includendo gruppi di secondi occupanti radicati, o mostrandosi più tollerante verso identità di genere e comportamenti che fino a qualche anno fa avrebbero portato all’esclusione, ma non viene mai meno l’asimmetria fra chi viene-prima e chi viene-dopo.
È esattamente questa la chiave culturale che permette di comprendere l’affermazione di Renzi sull'”aiutiamoli a casa loro”.
Dove il punto è la contrapposizione delle case: la nostra, la loro. Un fortissimo richiamo identitario: il conflitto tra “Noi” e “Loro” che prende il posto del conflitto di classe e di censo, negato, rimosso, depotenziato.
E questa terza destra, si badi, non è solo del leader: la mutazione riguarda tutto il partito, come dimostrano le affermazioni di una esponente della segreteria Pd sulla “razza italiana” da perpetuare, quelle di un senatore sul fatto che salvare vite umane non è un obiettivo (perchè sono le Loro vite, beninteso), quelle della sindaca che aumenta le tasse a chi accoglie Loro.
Mi pare che se non si prenda atto di questa triplice involuzione destrorsa del Partito democratico tutti i discorsi sul futuro della Sinistra italiana non faranno i conti con la realtà . È davvero possibile un centrosinistra se il centro è questo?
E una forza come Mdp (che vota la legge sulla concorrenza e sostiene il governo del Codice Minniti) ambisce a contrastare l’egemonia culturale di questa nuova destra espansiva, o ne è a sua volta vittima? Sono questi i nodi da sciogliere.
Mai come in questa estate essere e restare umani appare un obiettivo rivoluzionario.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 27th, 2017 Riccardo Fucile
IL PARTITO MINACCIA DI PUBBLICARE SUL SUO SITO L’ELENCO DI CHI NON VERSA 1.500 EURO AL MESE
Il Partito Democratico ora passa alle minacce. Ogni eletto dem, secondo il regolamento, deve al partito 1.500 euro al mese ma sono un centinaio i deputati e senatori morosi: se non si metteranno in regola il PD pubblicherà i nomi sul sito.
Dell’ideona, facendo anche alcuni nomi, parla oggi Claudio Bozza sul Corriere della Sera:
Ma la campagna elettorale è alle porte e Renzi, che si giocherà il suo futuro, sta già organizzando una «macchina» che si preannuncia assai costosa.
Oltre al sostegno della Fondazione Open, dove dopo l’addio a Palazzo Chigi i finanziatori sono crollati, serve quindi un partito«in salute». Così Bonifazi ha accelerato anche sul recupero crediti verso deputati e senatori.
Ognuno di loro, da regolamento, deve al partito circa 1.500 euro al mese. Tra i morosi ci sono anche nomi eccellenti. Il senatore Sposetti, che detiene le chiavi della cassaforte ex Ds, dovrebbe oltre 75 mila euro; l’ex ministro dell’Istruzione Giannini circa 40 mila; il deputato Gutgeld (inventore degli 80 euro) 40 mila.
Ci sono poi i parlamentari Martino (75mila) e Valiante, fedelissimo di Emiliano, con un debito simile; mentre Khalid Chaouki sarebbe in rosso per oltre 50mila euro.
Ad aprile il tesoriere Bonifazi ha inviato a tutti i morosi una lettera per invitarli a mettersi in regola: tra questi anche ministri, che hanno rimediato.
Quella missiva ha fruttato però soli 500mila euro: ne mancano ancora 3 milioni.
La «pena» per chi non paga? L’articolo 40 dello statuto parla chiaro: la lista completa dei morosi sarà pubblicata sul sito del partito.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 24th, 2017 Riccardo Fucile
SONO I DEBITI DELLA CAMPAGNA REFERENDARIA
Wanda Marra sul Fatto Quotidiano racconta oggi che il Partito Democratico deve ancora pagare i fornitori per la campagna referendaria. La cifra precisa è di 7 milioni e 767mila euro, come si evince dai bilanci del partito
Il partito deve ancora pagare i fornitori della campagna referendaria: non pochi spiccioli, ma quasi 8 milioni di euro (per essere precisi 7 milioni e 767mila).
La campagnaperil Sì è costata ben 14 milioni di euro, se si mettono insieme i quasi 12 milioni a bilancio nel 2016 e i circa 2 milioni spesi dai gruppi di Camera e Senato (come scritto dal Fatto quotidiano). Un salasso fallimentare che ha messo il partito in una situazione di non ritorno, con 9 milioni e mezzo di rosso. E una serie di debiti ancora da saldare.
A fine 2016 —secondo il rendiconto chiuso alla fine dell’anno —il Pd aveva 4, 607 milioni di debiti con i fornitori da pagare entro fine 2017 (l’anno prima erano solo 837mila).
A questi, vanno aggiunti altri 3,160 milioni: il Pd sostiene che li pagherà nel 2018 “se”sarà raggiunto l’accordo con i fornitori. Che potrebbero chiedere anche di pagare subito, non un anno dopo.
Al conto si aggiungono i 9 milioni di rosso in bilancio già certificati per il 2016 e gli annunci di cassa integrazione per i 184 dipendenti che lavorano per il partito.
In questo clima non stupisce il fatto che in molti credano che Renzi stia pensando di liquidare il Pd così com’è e di dar vita a qualcosa di diverso: uno scenario sempre smentito ufficialmente dal segretario e dai suoi fedelissimi, ma che potrebbe essere l’ultima ratio in una situazione ormai irrecuperabile.
Il tema economico e quello politico vanno insieme: comunque vada, ci saranno le elezioni nei primi mesi del 2018. Come farà un partito ridotto in questo modo ad affrontare le spese e le tensioni politiche di una campagna elettorale?
(da agenzie)
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Luglio 14th, 2017 Riccardo Fucile
INTERVISTA A ELISA SIMONI: “RENZI HA DETTO CHI NON E’ D’ACCORDO CON ME VADA E IO VADO DOVE STA ANDANDO IL NOSTRO POPOLO”
A metà della conversazione Elisa Simoni si ferma, resta in silenzio per una manciata di secondi e
poi piange: “Me ne vado dal Pd”.
Nota come la “cugina” di Renzi, in virtù di una parentela familiare, la Simoni è una toscana tosta.
Toscana, come il sigaro che fuma, e che gira tra le mani, mentre parliamo in un bar a due passi dalla Camera.
Assessore di Renzi ai tempi della Provincia, la più votata alle primarie della volta scorsa, Elisa è cresciuta a pane e politica. Politica con la P maiuscola che è un tutt’uno col mito del grande partito, anch’esso con la P maiuscola, quello di “Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer”:
“Ieri sera — dice sempre stressando il sigaro – ne ho parlato coi compagni da me in toscana. Prima con i miei genitori, comunisti da una vita. Non è stato facile”
Perchè?
Mi hanno detto: “Elisa, ma il partito… Il partito non si lascia, si combatte da dentro…”. È la vecchia impostazione del Pci, della sinistra. Ma qui sta il punto. Quella roba li non c’è più. E non c’è un “campo” di sinistra al cui interno discutere e combattere.
Si è compiuta la mutazione genetica
Sì, il Pd è diventato ormai un’altra cosa. Più simile a Forza Italia del ’94 che al Pd del Lingotto. Nelle politiche mi pare evidente, e non da oggi, il tentativo di inseguire il famoso voto moderato. È complicato spiegare ai nostri elettori che il Pd non ha cambiato natura mentre il segretario usa le ricette peggiori della destra declinate attraverso il vocabolario del populismo M5S.
Si riferisce a migranti e polemica con l’Europa?
Pensiamo di recuperare consensi inseguendoli sull’anti-europeismo e dicendo “i migranti a casa loro”? Alla fine, gli elettori tra l’originale e la copia votano l’originale e penseranno che la vera fake news sia Renzi e il Pd che immagina.
Questo processo però, lo diceva lei, non è iniziato oggi. Perchè lei lascia oggi?
Mi fa male dirlo. E come vede non nascondo le emozioni di un momento complicato. Emotivamente complicato e intenso. Ma nel Pd è finita sia l’agibilità politica sia la funzione politica di chi dissente il giorno. All’ultima direzione lo ha detto Renzi: io vado avanti come un treno, chi non è d’accordo se ne vada.
E lei che non è d’accordo...
Appunto, ne traggo le conseguenze. Pensi a che punto siamo, essendo io considerata una mediatrice.
Anche se però la chiamano la “zarina”.
Una “zarina” che da anni ha svolto la funzione politica di mediazione tra Renzi e la sinistra. Quella agibilità politica è finita. Veda, un mediatore, sebbene di minoranza, è figura organica perchè lavora per il bene del partito e del segretario favorendo, per quanto possibile, l’unità . Ma quando il segretario ha l’obiettivo dichiarato e scoperto di far uscire chi dissente, l’unità è impossibile.
Secondo lei l’obiettivo è questo: via chi critica?. Sta descrivendo un epuratore.
Beh, il libro che ha scritto, invece che “Avanti”, lo poteva chiamare “vendetta”, col sottotitolo, “guardando indietro”. Mi dice chi non ha attaccato in questa sindrome dell’uno contro tutti? L’unico capitolo che doveva scrivere non l’ha scritto.
Quale?
Quello sul vuoto a sinistra fatto di milioni di elettori persi, in questo susseguirsi di sconfitte, tra amministrative e referendum. E del suo fallimento complessivo. All’epoca in cui diventò segretario, Berlusconi e il centrodestra erano spariti dalla scena e Grillo governava solo Parma. Ora Grillo governa importanti città italiane, Salvini gioca a vincere e Berlusconi viene riabilitato come argine democratico al populismo di destra. Sono addolorata, furiosa. Vogliamo negare la realtà e continuare a cantare Menomale che Renzi c’è?
A Renzi lo ha detto?
Sì, certo, gli ho mandato un messaggio su whatsup come fa lui. Ho avvisato prima Andrea Orlando, che ho sostenuto al congresso, e Roberto Speranza, della mia adesione al suo gruppo. In questo sono all’antica. Vivo il travaglio da sola e poi si fanno i passaggi politici necessari.
Non è facile.
Dopo anni in cui hai militato, ci hai creduto. Ma a un certo punto mi sono detta: quando sei nel dubbio, segui gli ideali della tua giovinezza. Si ricorda? Lo diceva Berlinguer?
Già .
Questi significa andare a riprendere, assieme ad altri, quei milioni di elettori che ci hanno abbandonato. Poi si vedrà l’assetto, la leadership a sinistra del Pd, ma il punto è questo: se gli elettori non vengono da te devi andare dove gli elettori sono e convincerli con una proposta di governo credibile e soprattutto alternativa a quella del populista di destra.
Ideali è una parola bellissima. Quale è l’ideale di Renzi?
Vedo che il Pd è diventato un partito che spesso, nella mentalità , confonde il governo col potere. E infatti ha perso un pezzo rilevante del suo popolo.
Che le hanno detto i suoi compagni in toscana.
Si va. La storia ci darà ragione.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 10th, 2017 Riccardo Fucile
“SUBALTERNITA’ CULTURALE ALLA DESTRA PIU’ RETRIVA”…”INACCETTABILE, STIAMO VIRANDO A DESTRA”
“Un’uscita infelice”, certo. “Un pastrocchio comunicativo”. Ma non solo: dietro a quell’“aiutiamoli a casa loro” rilanciato nelle scorse ore da Matteo Renzi c’è di più. C’è “la dimostrazione che il partito sta virando a destra”, che “la svolta politica sul tema dell’immigrazione è già avvenuta, senza alcuna consultazione della base”. Questo, almeno, sostengono i dirigenti dei Giovani democratici, che dimostrano la loro insofferenza rispetto al post pubblicato dalla pagina ufficiale del Pd: quello che riprendeva un breve stralcio di “Avanti”, il libro del segretario del partito prossimo all’uscita.
Un’insofferenza che si fa protesta esplicita, nelle segreterie regionali e provinciali dei Gd di tutt’Italia, ed è condivisa perfino da alcuni di quei Millennials che Renzi aveva deciso d’includere nella direzione nazionale del Pd come segnale di rinnovamento dei vertici.
Tra loro c’è Ludovica Cioria, 28 anni, segretaria regionale dei Gd piemontesi. “Mi piange il cuore a vedere che lo sforzo che il partito compie sul territorio in favore dell’integrazione viene svilito per una semplificazione inaccettabile da parte di chi gestisce la comunicazione”.
Cioria, che è anche consigliera di circoscrizione del Pd in Piemonte, spiega al fattoquotidiano.it di aver già fatto notare a Renzi i problemi legati alla gestione dei social: “All’ultima direzione, quella senza streaming, pur non intervenendo ho espresso delle lamentele in modo plateale durante la relazione del segretario. Ma il problema resta: va bene provare ad essere più presenti sul web, ma se poi sui social ti muovi da cretino è normale che gli altri ti diano del cretino”.
Riferimenti a qualcuno in particolare? “Il responsabile di quel pastrocchio sull’immigrazione non ce lo dicono. E fanno bene: sanno che se lo becchiamo lo ammazziamo”, scherza Cioria, sostenitrice della mozione Renzi all’ultimo Congresso
Poi torna seria: “Al Pd non serve un megafono di propaganda, e non serve nemmeno quell’orrendo carrozzone inguardabile che è Matteo Renzi News, che andrebbe debellato dalla faccia della terra”.
E cosa serve, invece? “Qualcuno che comprenda la complessità dei tremi trattati. E poi, mi chiedo: possibile che all’interno dell’ampio vocabolario italiano, ci siamo ridotti a pescare nel lessico caro a Salvini?”.
Il riferimento è ovviamente a quell’“a casa loro”, rifiutato dai Giovani democratici del Piemonte. Che non a caso hanno risposto subito all’uscita di quel post. Coi fatti. Proprio sabato 8 luglio, all’indomani dello scoppio della polemica, hanno aderito ufficialmente a Ero Straniero, la campagna lanciata da Emma Bonino e dai Radicali in favore del superamento della Bossi-Fini. “Era già in programma, ma l’averlo fatto a poche ore dall’uscita di quel post ha dato un valore aggiunto alla nostra scelta”. Provocatoria? “No, direi semmai una replica costruttiva”, spiega Cioria.
Gli altri gruppi dei Gd, in effetti, per ora si sono limitati a iniziative di protesta sui social network e a comunicati ufficiali.
Come quelli milanesi, che sabato hanno inviato a Renzi una lettera aperta — ripresa e commentata su Facebook da altri direttivi regionali — in cui affermano di trovare “inaccettabile che dichiarazioni di un certo tenore provengano dai nostri canali ufficiali”.
I giovani dem milanesi denunciano come si sia “deciso di affidare a una gestione sgangherata la comunicazione sui social network, diffondendo messaggi ambigui e talvolta persino offensivi”. Ma non è solo una questione di forma: “Dietro alle parole — prosegue la lettera — inevitabilmente si celano delle scelte”.
Ed è questa la linea condivisa da molti dirigenti dei Gd in Italia.
Del resto lo stesso segretario nazionale, Mattia Zunino, su Facebook scrive: “Aiutiamoli a casa loro? Anche alla subalternità culturale c’è un limite”.
Vanno oltre i Gd modenesi, che sui loro canali social sono inequivocabili: “vergognoso e indecoroso” il post del Pd, scrivono, aggiungendo però che “no, non ci rassegniamo all’idea di sentirci dire che è un problema di comunicazione, che pure c’è e deve essere risolto. Qua il problema è squisitamente politico. In un libro il segretario del partito ci informa che subiremo un cambio di visione sui flussi migratori, che andremo a scimmiottare Salvini, e che li aiuteremo a casa loro (i migranti), tutto questo senza una discussione interna”.
Stessa posizione della segreteria provinciale di Catanzaro, all’interno della quale c’è Gianmarco Cimino. Che non ha dubbi: “Non è solo un errore di comunicazione. È il segno di una strategia politica: il partito su certi temi sta virando a destra”. Claudio Mastrangelo è segretario provinciale dei Gd di Pescara, e condivide: “Le derive di metodo sottendono sempre a derive di merito.
Quel messaggio è sintomatico di una svolta politica”. E neppure i Gd toscani nascondo il loro disagio: “Ci siamo vergognati e sentiti fuori posto”, scrivono su Facebook in riferimento al post rilanciato e poi oscurato dal Pd.
E c’è, poi, chi non esita a dar voce alla propria protesta neppure dopo aver subito ripercussioni per le lamentele espresse in passato.
Spiega Guido Staffieri, segretario provinciale dei Gd di Roma: “Quel post dice tutto di chi gestisce la comunicazione del partito: una grafica demenziale, un linguaggio sbagliato. Ma è il problema è un altro: quella roba esce perchè c’è qualcuno intorno al segretario che la ritiene accettabile”.
La franchezza con cui Stafferi parla non è scontata. A fine maggio, per aver commentato in maniera ironica un post diffuso dalla pagina Facebook del Pd nazionale in merito all’addio al calcio giocato di Totti, tre dirigenti dei Gd laziali erano stati bannati.
“Furono riammessi solo dopo una nostra protesta formale. Speravamo che Renzi avesse quantomeno capito la lezione sui social. Evidentemente non è così”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
VISTO CHE UNA COALIZIONE DI SINISTRA NON AVREBBE UNA MAGGIORANZA ORLANDO CON CHI VOGLIA ALLEARSI NON LO DICE, SIAMO ALLE BATTUTE IN LIBERTA’
Un referendum fra gli elettori del Pd per pronunciarsi sulla “inquietante” ipotesi di una nuova
legislatura di larghe intese con Silvio Berlusconi.
A chiederla è il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, nel corso dell’intervista con Maria Latella su Sky Tg24.
“Dovremmo chiedere ai nostri elettori cosa ne pensano di un’alleanza di altri cinque anni con Berlusconi, senza neanche la prospettiva delle riforme. A me sembra una prospettiva inquietante. Anche Renzi ha detto che la prospettiva non è l’alleanza con Berlusconi – assicura Orlando – ma penso che dovremmo attivare il meccanismo del referendum che è previsto dallo statuto ma non è mai stato utilizzato perchè non c’è un regolamento che lo disciplini. Noi intanto abbiamo chiesto di predisporre questo regolamento, poi pensiamo che sia giusto chiamare i nostri elettori, come facciamo per le primarie, anche a pronunciarsi su questioni di merito”.
Orlando farebbe un referendum anche in altri casi? Perchè visto che allo stato attuale un “nuovo Ulivo” la maggioranza non l’avrebbe o stesso, dovrebbe spiegare con chi si dovrebbe alleare il Pd. Con il M5S ? Sempre dover aver consultato gli iscritti? Certo che a sinistra non mancano le uscite estemporanee.
Le reazioni sui due fronti.
“L’unico governo con Berlusconi il Pd l’ha fatto con Bersani segretario e Orlando era nel gruppo dirigente: non ricordo come andò quella volta il referendum tra gli iscritti” afferma il coordinatore del Pd Lorenzo Guerini, interpellato dall’Ansa.
“Siamo alternativi a Forza Italia, non è all’ordine del giorno nè in programma un’alleanza con Berlusconi, lavoriamo per essere autosufficienti e per giungere con un Pd che si fa centrosinistra largo il 40%. Orlando sarà sicuramente impegnato con noi in questa battaglia” gli fa eco il capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato.
Orlando si trova a svolgere un ruolo di pontiere fra Renzi e Pisapia.
Critico con la linea della maggioranza del Pd, ma anche con la strada di chi è uscito dal partito per intraprendere un nuovo percorso.
Oggi Roberto Speranza lo critica, difendo che “Orlando non può stare con il piede in due staffe”. Il ministro è però convinto che sia possibile far convergere le due strade. “Non vedo una contrapposizione” spiega, “se stiamo ai contenuti e si riesce ad andare oltre le contrapposizioni personali e le questioni politicistiche, ci sono le condizioni per ricomporre il centrosinistra attorno ai problemi delle persone e dei lavoratori”. Orlando osserva inoltre “toni diversi fra Pisapia e Bersani” nei confronti di Matteo Renzi.
“Non mi aspetto che due soggetti che partono verso una ricucitura abbiano da subito un’armonia, c’è tanto da fare, ma i problemi vanno messi da parte davanti al rischio di una vittoria della destra”. Il Pd da solo “non fa più il 40%”, c’è “un elettorato di sinistra che non è andato a votare a queste elezioni amministrative e noi dobbiamo chiederci perchè”.
Il 6 luglio Orlando non potrà essere presente alla Direzione Pd per “impegni europei”, ma “ci faremo sentire”, assicura.
“Chiediamo di modificare la legge elettorale, non ci rassegniamo al proporzionale”. Inoltre “costruire la coalizione di centrosinistra mettendo insieme forze che oggi si guardano con diffidenza, è un passaggio inevitabile per ricomporre un popolo e mettere al centro l’uguaglianza sociale”.
Un passaggio su Romano Prodi: “non solo può fare il Vinavil, ma può aiutare sui contenuti. Su temi come l’Europa, le diseguaglianze, il mondo che cambia, può essere il riferimento del centrosinistra largo e plurale che vogliamo ricostruire”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 2nd, 2017 Riccardo Fucile
DALLA LOMBARDIA ALLA PUGLIA, FINO ALLA CALABRIA: AMMINISTRATORI E ISCRITTI HANNO LASCIATO IL PARTITO DOPO IL VOTO
Due consiglieri regionali in Lombardia, 103 tra amministratori e militanti in Puglia, 42 tra
iscritti e rappresentanti locali in Liguria, 9 tra consiglieri comunali e iscritti a Firenze, uno a Modena e ben 300 in Calabria: il Partito Democratico soffre un’emorragia di iscritti “di peso” che nelle ultime settimane hanno annunciato il ciaone al PD per andarsene in massima parte dentro Articolo Uno — MDP, il movimento di Bersani.
Ma non solo, racconta oggi il Corriere della Sera che dedica un’infografica al fenomeno: a Lerici, in provincia di La Spezia, hanno semplicemente abbandonato il partito e anche la corrente di Andrea Orlando che li invitava alla battaglia interna.
In Puglia invece alla fine sono stati 103, tra cui l’ex segretario provinciale Salvatore Piconese e una lunga lista di sindaci ed ex sindaci della zona. §
A Bagno a Ripoli, cintura fiorentina (alle ultime primarie un plebiscito per il segretario, superato l’82%), venerdì in 9, tra cui due consiglieri e il presidente dell’assemblea comunale, hanno restituito la tessera perchè «il partito è ormai al servizio del leader, non il leader al servizio del partito». E nella diaspora si vedono anche i big:
Martedì al Consiglio regionale della Lombardia è stata annunciata l’uscita dal gruppo Pd di Massimo D’Avolio e Onorio Rosati, che è diventato coordinatore per Milano di Mdp. E mentre in Campania sarebbe in atto un corteggiamento serrato dell’«altra sinistra» all’eterno Antonio Bassolino, in Abruzzo si aspettano le mosse future del potente assessore regionale Donato Di Matteo.
Insofferenza non solo di vecchi militanti, ma anche delle nuove generazioni.
A Reggio Calabria l’ex segretario provinciale e 300 iscritti dei Giovani democratici hanno salutato il Pd e aderito a Mdp.
«È stata trasformata una comunità politica in un popolo di tifosi – ha spiegato Alex Tripodi –. Abbiamo cercato fino all’ultimo di rimanere nel partito per il quale abbiamo speso una parte della nostra vita. Non accettiamo la mutazione genetica per la quale il Pd si èinesorabilmente e drammaticamente trasformato in un partito a vocazione personale, in cui a predominare è l’idea del capo».
(da agenzie)
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