Novembre 4th, 2013 Riccardo Fucile
“IO SONO PROPRIETA’ DI BERLUSCONI, QUELLO CHE LUI DICE IO FACCIO, ANCHE BUTTARMI SOTTO UN TRENO”
“Guadagno circa 12mila euro al mese, ho fatto sette legislature e mezzo, ma di soldi non mi
ritrovo niente”.
Lo afferma Antonio Razzi ai microfoni di “Un giorno da pecora”, su Radio Due.
Il senatore Pdl spiega così il suo stato economico: “La gente deve sapere che i nostri collaboratori li paghiamo col nostro stipendio. Io ne ho due che prendono circa 1500 euro al mese ciascuno. Mi restano 9mila euro, ma ci sono tante spese di rappresentanza, di riunione. Alla fine non so quanto mi resta in tasca, ma l’importante è che riesco a viverci”.
E sottolinea: “A Roma la vita è cara, gli alberghi non costano meno di 200 euro, io però sono sempre stato in un albergo alla mano, che costava 70 o 80 euro. Non prendo in affitto un appartamento, perchè l’ultima volta mi è costato 2mila euro al mese. E così non mi rimane più niente”.
L’ex parlamentare dell’Idv, come è sua consuetudine, recita un peana straripante di gratitudine per Berlusconi: “Io non sono nè falco, nè colomba del Pdl, ma solo proprietà di Berlusconi. Quello che lui mi dice io faccio, anche buttarmi sotto un treno. Ma per salvare l’Italia ovviamente. E sarei anche disposto a morire per lui. Di una morte veloce, come un infarto. Non tradirei mai Berlusconi, piuttosto che tradirlo preferirei morire”.
E aggiunge: “Siccome l’Italia è divisa tra nord, centro e sud, ci vorrebbe un Berlusconi al nord, uno al centro e uno al sud. Così sicuramente diventeremo la prima nazione al mondo, l’Italia diventerebbe il giardino del mondo”.
Nel finale Razzi si rende protagonista di una spassosa gag involontaria sulle nuove tasse, sul loro nome e sul loro significato. Unica sua risposta pervenuta: “E’ un servizio che si dà ai cittadini”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 4th, 2013 Riccardo Fucile
MA PER BRUNETTA “E’ PROPRIO L’ESECUTIVO A RISCHIO”
Fuori da Forza Italia se il partito dichiarerà guerra al governo sulla legge di stabilità . «Se tenteranno ancora una volta di farci cadere, noi a quel punto andremo per la nostra strada».
È la linea di demarcazione tracciata da Angelino Alfano ieri con i ministri Pdl, Lupi, Lorenzin e Quagliariello.
Un altolà che oggi il vicepremier ribadirà al telefono a Silvio Berlusconi prima di incontrarlo nell’ennesimo faccia a faccia di domani al rientro del capo a Roma.
Le cannonate sparate dai berlusconiani di Fitto e dai governativi per tutta la giornata sono la conferma che un accordo non c’è, anzi, pare lontano.
La dura nota di fine giornata di Maurizio Lupi a nome della delegazione pidiellina al governo sa di ultimatum.
«Anche oggi dai cosiddetti lealisti la solita alluvione di dichiarazioni sulla legge di stabilità e contro il governo, a cui ricordo abbiamo votato tutti insieme la fiducia il 2 ottobre» scrive.
E il ministro della Sanità Lorenzin: «Nel nuovo partito vi dovranno essere regole di democrazia interna che permettano una leale convivenza tra anime diverse ma non incompatibili, così come in tutti i grandi partiti bipolari d’Europa».
Messaggio rivolto a Fitto, ai falchi, ma tra i destinatari impliciti c’è anche il Cavaliere. «Il governo sulla stabilità e sulla decadenza è a rischio », avverte Renato Brunetta. Berlusconi a questo punto dovrà quindi decidere se dichiarare guerra al governo Letta o trovare un compromesso sulla legge di stabilità .
E dovrà decidere in fretta. Domani mattina il rientro a Roma, per definire la strategia, prima che mercoledì il premier Letta incontri i gruppi di maggioranza, Pdl compreso
Berlusconi ha mantenuto le distanze per qualche ora, ritirandosi a Villa Campari sul lago Maggiore, da dove è rientrato ieri a ora di pranzo.
Giusto in tempo per ascoltare l’affondo di Raffaele Fitto in tv a “In mezz’ora” e chiamarlo subito dopo per complimentarsi.
«Firmino tutti il documento dell’ufficio di presidenza per il passaggio e Forza Italia e il riconoscimento della leadership di Berlusconi, a cominciare da Alfano » aveva intimato il capocorrente pugliese da Raitre.
Una tregua tra il ministro degli Interni e il leader è vista come fumo negli occhi da quella parte dello schieramento. «Alfano ormai è minoranza nel partito e in Parlamento» è la traduzione brutale di Saverio Romano, altro vicino a Fitto.
«Ti pavoneggi come fossi un leader» gli risponde Cicchitto, vicino invece al vicepremier come pure Formigoni, che critica i lealisti, li sfida sui numeri e annuncia: «Noi abbiamo già raccolto le firme di oltre un terzo dei consiglieri nazionali e ci avviamo verso la metà ».
Sarà quella, con gli 800 consiglieri, la sede della resa dei conti.
In una data che Berlusconi vorrebbe ancora anticipare l’11 e il 16 novembre, comunque prima della sua decadenza, e che Alfano si ostina coi suoi a voler mantenere l’8 dicembre.
Il pasticcio di queste ore sono le doppie firme dei tanti peones locali che temono liste di proscrizione e firmano sia per il documento Berlusconi-Fitto che per Alfano.
«Guai a trasformarlo in una rissa all’ultimo voto – dice Enrico Costa, nella squadra del vicepremier – Troppi sperano di campare sulle divisioni».
Ieri sera ad Arcore a cena la Biancofiore e Santanchè, il direttore del Giornale Sallusti e l’eurodeputata Ronzulli.
Su Villa San Martino continuano a volteggiare i falchi.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 4th, 2013 Riccardo Fucile
“LEGGE DI STABILITA’ DA MODIFICARE”
Berlusconi e i suoi alla carica della legge di stabilità . È il primo terreno di scontro col
governo, alla portata, ed ecco in arrivo una valanga di emendamenti, quando giovedì scadranno i termini per la presentazione in commissione Bilancio del Senato.
Il premier Letta prova a correre ai ripari, dopo aver incontrato mercoledì il gruppo Pd, vedrà anche i pidiellini.
Alfano e i suoi ministri confermano ai colleghi di partito la disponibilità a modificare il testo ma sottolineando nei colloqui di queste ore che «i saldi dovranno restare invariati».
E siccome i conti finali non si toccano, i margini di manovra in realtà saranno strettissimi. Così, sulla legge finisce col riprodursi lo schema della guerra interna al Pdl-Forza Italia, con i “lealisti” da una parte e i filo governativi dall’altra.
Il là all’affondo raccontano lo abbia dato lo stesso Berlusconi dal quartier generale di Arcore, dove si è ritirato nel fine settimana.
Sta di fatto che ieri si contavano a decine gli attacchi al ddl finanziario 2014 da parte di tutta l’ala a lui più vicina.
Il pressing sulla stabilità finirà col diventare una delle pedine di scambio da far pesare nella trattativa che il Cavaliere ha aperto col vicepremier Alfano, quando martedì tornerà forse a incontrarlo per tentare una difficile tregua interna.
Berlusconi è intenzionato a pretendere comunque dal suo ex delfino una piena adesione, e a breve, al documento dell’ufficio di presidenza sul passaggio immediato a Forza Italia.
E con la stessa determinazione, spiega chi gli ha parlato in queste ore, vuole ancora anticipare il Consiglio nazionale del partito che invece il ministro degli Interni vorrebbe confermare per l’8 dicembre.
Molto, anzi tutto dipenderà dalla data della seduta sulla decadenza da senatore, che i capigruppo di Palazzo Madama fisseranno proprio martedì.
Il leader rivendica un’acclamazione nella kermesse di partito prima che venga espulso dal Parlamento. Favorevole a un anticipo anche il sottosegretario e berlusconiano di ferro Gianfranco Miccichè, convinto che l’unificazione dovrà passare innanzitutto attraverso una pacificazione «tra l’ala laica e quella cattolica» del partito.
Ma aggiunge: «Secondo me Fitto sarebbe un ottimo leader di una nuova Forza Italia, giovane, preparato, competente». Il muro contro muro continua.
«Il governo è impegnato a migliorare il ddl, i loquaci esponenti del Pdl dovrebbero evitare polemiche strumentali» è intervenuto a un certo punto della giornata il viceministro pd all’Economia, Stefano Fassina.
Ma l’assedio ormai non si ferma. Letta e ancor più il ministro Saccomani sono nel mirino. I toni sempre più pesanti.
«Solo tasse, io rispondo: basta, basta, basta. Questo governo è assolutamente indisponibile a valutare tagli di spesa e soluzioni in favore dei cittadini» attacca Giancarlo Galan. E come lui Daniele Capezzone, falco e presidente della commissione Finanze alla Camera sostiene che la «Stabilità è da riscrivere, una stangata sulla casa inaccettabile». È un’escalation.
«Le tasse aumentano, il governo cambi radicalmente rotta o continuare a sostenerlo sarebbe un esercizio di masochismo per noi e di sadismo verso gli italiani» avverte Anna Maria Bernini, senatrice.
Come pure la deputata Renata Polverini: «La manovra stabilizzerà pure il governo, ma destabilizza il Paese». Insomma, per dirla con Gasparri, «va completamente riscritta: meglio avviare Saccomanni verso la lauta pensione che purtroppo incasserà ».
Gli “innovatori” di Alfano sono in trincea, convinti di avere i numeri a Palazzo Madama per difendere il governo.
Formigoni si dice certo che più di trenta pidiellini su novanta stanno dalla loro parte. «La legge va modificata, ma gli ultimatum non servono» dice Barbara Saltamartini.
E il rischio, aggiunge Maurizio Sacconi, è che «il confronto nel Pdl danneggi la governabilità ». Un altro falco di peso come Sandro Bondi spera che si ritrovi l’unità «attorno alla leadership di Berlusconi», ma a quel punto, avverte, «si decida tutti insieme, democraticamente, la posizione da assumere sulla legge di stabilità ».
Col sottinteso che se prevarrà il no, i ministri si dovranno adeguare.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
SOLO IL CLIMA DI RISSA PUO’ RICOMPATTARE IL PDL, ECCO PERCHE’ QUALCUNO LO ALIMENTA….COME GRILLO AIUTERA’ BERLUSCONI
Il grande battutista Berlusconi è diventato vittima delle barzellette altrui, in qualche caso davvero crudeli.
Tra le cosiddette «colombe» furoreggia, ad esempio, quella del cane Silvio che vorrebbe raggiungere la ciotola del cibo ma la catena è corta per cui non ci arriva; eppure insiste, ringhia, prende fiato e poi ricomincia…
L’immagine fa ridere? Ai dissidenti tantissimo, a lui molto meno.
Realmente il Cavaliere vorrebbe tornare alle urne, convinto poi di vincere, però in Senato non ha voti a sufficienza per provocare la crisi, il 2 ottobre scorso se n’è accorto suo malgrado.
E tuttavia non demorde, con minacce e lusinghe ritorna alla carica nei confronti di colui che considera l’anello debole, cioè Alfano.
Se cedesse Angelino, nel fronte della dissidenza resterebbero 5-6 senatori non di più, e per il governo Letta scorrerebbero i titoli di coda.
Dunque l’altra sera nuovo match con il figlioccio ribelle. Berlusconi l’aveva invitato a pranzo o a cena, quello invece è arrivato a sera con Lupi senza sedersi a tavola.
Per prenderlo all’amo, come esca il Cav gli ha fatto balenare la nomina a vice-presidente di Forza Italia, che vorrebbe dire numero due a tutti gli effetti.
Secondo la versione alfaniana, Berlusconi si sarebbe perfino sbilanciato sulla durata del governo, «non è vero che voglio farlo cadere a ogni costo».
Ma siccome Angelino ormai non si fida più ciecamente come una volta, ha chiesto garanzie. Per non cadere preda dei «falchi» in agguato, ha posto la condizione seguente: tanto nello statuto di Forza Italia, quanto nella sua gerarchia interna, si dovrà prendere atto che ormai convivono due anime, una di «lealisti» berlusconiani e l’altra di «innovatori» facenti capo ad Alfano.
Se Berlusconi accetta, niente più scissione… Il solo parlare di correnti, a Berlusconi causa sfoghi di orticaria.
Comunque il personaggio ha traccheggiato, «rivediamoci la prossima settimana» ha detto.
I più smaliziati tra gli avversari interni non credono affatto che Silvio sia diventato improvvisamente buono.
Ritengono semmai che stia provando ad allungare la catena. Una volta agganciato Alfano, scommettono, il personaggio ritenterà la crisi.
Oppure, ecco la variante, mentre Berlusconi sta negoziando, i suoi «bravi» provvedono a riportare le pecorelle all’ovile, col risultato di far tornare i conti al Senato e lì causare la crisi.
Possibile? Certo, tutto può essere.
Ma poi bisogna prendere in mano il calendario, e vedere quanto tempo rimane al Cav per spezzare la sua catena.
Il Pd, secondo le ultime voci, pare orientato a non precipitare i tempi della decadenza di Berlusconi. Si voterebbe in questo caso dopo la legge di stabilità , in calendario dal 18 al 22 novembre.
Per cui l’ex premier verrà a trovarsi davanti a un bivio: se voterà contro la legge di stabilità , come Brunetta e Bondi minacciano ogni giorno, le 30 «colombe» in Senato prenderanno il volo e Forza Italia trascorrerà un periodo più o meno lungo all’opposizione.
Ma se la prospettiva di essere tagliato fuori da tutto a Berlusconi non fa gola, come potrà mandare tutto all’aria sulla decadenza, cioè appena due giorni dopo avere votato la fiducia al governo sulla legge di stabilità ?
La gente proprio non capirebbe. Per cui, paradossalmente, l’unico soccorso ai piani del Cavaliere potrebbe giungere dai grillini casomai, con l’avallo del presidente del Senato Grasso, volessero bruciare i tempi sulla decadenza, mettendola ai voti prima della legge di stabilità : Palazzo Madama si trasformerebbe in un’arena, Alfano e i suoi sarebbero messi nella condizione di piegarsi o di farsi marchiare a vita come «traditori».
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Novembre 2nd, 2013 Riccardo Fucile
LA SENATRICE CONTRO I GOVERNISTI: “NON C’E’ RICONOSCENZA UMANA”
Nella gran gabbia del Pdl, da cui uscirebbe confuso pure Konrad Lorenz – ormai ci sono vecchi
falchi: Verdini, Ghedini, Brunetta; nuovi falchi: Fitto, Minzolini, Nitto Palma; falchi spennati: Capezzone; colombe: Quagliariello, Lupi, Lorenzin, De Girolamo, Cicchitto; pitonesse: la Santanchè; cani: Dudù – ha fatto ingresso un nuovo esemplare di politico: Manuela Repetti, il cigno (la definizione è di un autorevole senatore del partito, che però preferisce mantenere l’anonimato un po’ per stile e un po’ anche per evitare di dover dare spiegazioni a Sandro Bondi, che alla Repetti è legato sentimentalmente: e sapete che Bondi, il mite Bondi, è anche capacissimo di tremende sfuriate).
Il soprannome, comunque, funziona. Per ragioni puramente estetiche: lei alta, bionda, 46 anni portati magnificamente, non comuni (specie nel Pdl) dosi di sobrietà nell’abbigliamento, una laurea in Lingue e letterature straniere.
Ma anche per ragioni etologiche: animale elegantissimo, il cigno può diventare molto battagliero, fino ad avere imprevisti scatti di aggressivita’.
In effetti, le dichiarazioni rilasciate dall’onorevole Repetti nelle ultime settimane sono sorprendentemente taglienti. La sua difesa del territorio politico di Silvio Berlusconi è diventata – a colpi di comunicati – opera quotidiana e tenace.
Esempi: «Il Pd calpesta la legge»; «Voto palese conferma strategia eliminazione fisica Berlusconi»; «Letta faccia le valige»
Il Cigno all’attacco.
«Beh, visti i soprannomi che circolano ultimamente nel Pdl poteva andarmi anche peggio…»
Cigno, no, non è male davvero
«Ah ah ah! Ora bisognerà vedere cosa ne pensa Sandro…».
Parliamo di politica: lei è diventata, improvvisamente, dura, intransigente.
«Mi sono adeguata al momento. Se penso a ciò che sta accadendo con la legge di Stabilità e con la cosiddetta decadenza di Berlusconi, io credo che da giorni avremmo dovuto trarre le conseguenze politiche necessarie…»
Può essere più esplicita?
«Questo governo è ancora il nostro governo? Possiamo stare seduti allo stesso tavolo del Pd?».
Secondo alcuni colleghi del suo partito, sì
«Quagliariello va in giro sostenendo di avere i numeri… È un mese che si tiene il foglietto in tasca, dal giorno che fu votata la fiducia a Palazzo Madama: è chiaro che si prepara ad andarsene. Ma non è nemmeno questo che mi indigna. Quando guardo Quagliariello e quelli come lui… la Lorenzin, la De Girolamo, Lupi… Sa a cosa penso? Vado oltre la politica, precipito nel sentimento e mi chiedo: ma la riconoscenza? Certi valori condivisi fino a due mesi fa? Possibile che per opportunismo, si possa ignorare il passato?».
E quando invece guarda Alfano?
«Alfano tribola, la sua pancia dev’essere un vulcano. Per come lo conosco, e per quanto è forte e affettuoso il suo rapporto personale con Berlusconi, Alfano sta certamente vivendo giorni di grande sofferenza… E quindi…».
E quindi?
«Mi auguro si accorga che c’è chi lo sta tirando per la giacchetta. Spero rifletta bene, e alla fine decida per il meglio».
(Manuela Repetti si congeda: deve andare di là , in salotto, dal suo Sandro. È un pomeriggio festivo, e di riposo, per entrambi. Certi giorni sono simili ai nostri anche in casa dei politici. Si riordina la libreria, si controlla se in freezer è per caso rimasto un gelato ).
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 31st, 2013 Riccardo Fucile
SILVIO A PRANZO CON FITTO PENSA DI ANTICIPARE IL CONSIGLIO NAZIONALE E FARE LA CONTA
Occhiali sulla testa, sigaretta mai spenta, Denis Verdini, l’uomo delle conte (spesso sbagliate) controlla il totale: “Abbiamo il 75 per cento, ma possiamo arrivare all’ottanta al consiglio nazionale. Il partito è con Berlusconi. Punto”.
È questo il verdetto che porta al pranzo di guerra a palazzo Grazioli.
Il Cavaliere all’alba ha alzato la cornetta per convocare i duri: “Voglio Sandro, Denis e Raffaele. Oggi si decide di accelerale. Voglio capire bene i numeri”.
L’idea è di anticipare, subito, la conta interna. Di non concedere tempo ad Alfano e alle colombe. Convocando il consiglio nazionale prima del voto sulla decadenza. E in quella sede chiamare il partito all’ordalia finale, in nome del ritorno a Forza Italia: “O con me o contro di me”.
Ci sono già un paio di dare sul calendario, il 9 o il 16 di novembre. Di sabato comunque, per render più agevole l’arrivo a Roma degli ottocento membri.
L’ex premier, però, prima di dare il via libera alle lettere di convocazione, chiede una mappa precisa delle forze in campo. I numeri, assicura Denis, ci sono.
La cartina è sul tavolo di Verdini, in San Lorenzo in Lucina. Su ogni regione vengono segnati i numeri. È un via vai per tutta la mattinata.
Arrivano i capibastone, territorio dopo territorio, con i fogli delle firme al documento che sancisce il ritorno a Forza Italia e la sospensione delle cariche.
Verdini segna, regione dopo regione. Come un conduttore tv che mette le bandierine la sera delle elezioni.
È l’ora della conta. Schifani a palazzo Madama ha invece il foglio dei senatori, per dare ad Alfano la cifra da portare al pranzo con Enrico Letta e Dario Franceschini.
Il menù, ufficialmente è la legge di stabilità . Ma il piatto più importante è, come a palazzo Grazioli, la scissione.
Tormentato, preoccupato, Alfano ha paura davvero.
Il pallottoliere sulla carta dice 28, ma Berlusconi ancora non ha iniziato a telefonare ai senatori in nome del “con me o contro di me”.
E a quel punto può succedere di tutto: “Chi vota contro Berlusconi?” è l’interrogativo che rimbalza tra i ministri. Quagliariello e Lorenzin ripetono alle truppe: “Prima il paese”.
Ma tra i senatori in cerca di conferme il ragionamento del tengo famiglia suona così: “Con Berlusconi la rielezione è certa. Alfano non ha voti. E non abbiamo garanzie che la legislatura duri”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
MARTEDI SI DOVREBBE DECIDERE IL GIORNO DEL VOTO IN AULA
“Guerriglia”. Si è da poco chiusa la riunione della giunta del Regolamento che ha stabilito che la non convalida dell’elezione di Silvio Berlusconi avverrà con un voto palese, e già tra i senatori del Pdl la parola inizia a girare senza mezzi termini. L’obiettivo della rappresaglia degli azzurri ha un nome e un cognome: Pietro Grasso.
Testuale: “Il presidente del Senato stavolta si è spinto troppo oltre. Ha avallato un abominio giuridico sulla pelle del Cavaliere. Questa volta non gliela faremo passare liscia”.
La rabbia degli azzurri è evidente già nelle parole scandite per mettere all’indice l’ex magistrato.
In chiaro è Lucio Malan a usare un lessico da classico dell’horror: “È una cosa che grida vendetta, un colpo di stato, un demoniaco rovesciamento del significato delle regole”.
Di “gravità inaudita” delle mosse di Grasso parla il Mattinale, il bollettino stilato giornalemnte da piazza san Lorenzo in Lucina, uscito in edizione speciale.
Il telefono di Renato Schifani è bollente. Berlusconi non ha digerito lo schiaffo che è arrivato dalla giunta, e il capogruppo del Pdl è sotto pressione.
Martedì, assicura ai suoi, alla ripresa dei lavori dell’aula, si alzerà e rivolgerà un violento j’accuse alla seconda carica dello stato. “E la guerriglia continuerà nei giorni successivi in termini che dobbiamo ancora valutare”, confida un autorevolissimo consigliere del Cav.
Lotta senza quartiere, dunque, con un’unico paletto (per ora) insuperabile: la richiesta di dimissioni.
Il Pdl non si vuole spingere fino a quel punto, sa che il cortocircuito istituzionale che ne deriverebbe farebbe avvicinare una crisi che, al contrario, va preparata e gestita nei modi e nei tempi. Qualunque altro atto per balcanizzare i lavori di Palazzo Madama sarà lecito.
A partire dalla totale ricusazione dei lavori della giunta per il Regolamento (non a caso presieduta proprio dallo stesso Grasso).
È Donato Bruno a delineare la strategia allo studio in queste ore: “Sia io che Roberto Calderoli che Anna Finocchiaro siamo stati nominati relatori delle modifiche da apportare al regolamento ed eventualmente prendere contatti con i colleghi della giunta del Regolamento della Camera per armonizzare i due regolamenti”.
Per Bruno non è possibile modificare il regolamento “solo con un voto di giunta e senza un passaggio in Aula” e “quando c’è la violazione delle regole la democrazia attraversa dei seri problemi”.
Un suo collega la mette giù più semplice: “Altro che interpretazione, la giunta ha votato una vera e propria modifica della costituzione del Senato, senza passare dal plenum. È una decisione che non si può riconoscere come valida”.
Angelino Alfano chiama all’adunata: “Ora, innanzitutto in sede parlamentare, lì dove si è consumato questo sopruso, sarà battaglia per ripristinare il diritto alla democrazia”.
Così gli azzurri non si spingeranno nel presentare comunque la richiesta di voto segreto, come si vociferava in mattinata nel Transatlantico di Palazzo Madama. La posta è più alta, e tocca lo scranno della presidenza e il disconoscimento della decisione avallata da Grasso.
Preoccupa poi il timing. Nessuna data è stata ancora fissata per la conferenza dei capigruppo che dovrà calendarizzare il voto su Berlusconi, ma nel Pd si parla già apertamente della prossima settimana (martedì o mercoledì le data più accreditate). Diventa così probabile che il Senato sia chiamato ad esprimersi in una data che va dall’11 al 15 novembre.
Questa sarà la richiesta del M5s e, ad oggi, sembra anche l’orientamento prevalente a via del Nazareno. E proprio su questo i berlusconiani sono pronti ad alzare nuove barricate.
Ieri in aula Schifani lo scandiva a chiare lettere: “Mi sembra chiaro che l’orientamento emerso nella capigruppo di oggi (martedì n.s.d.) sia quello di affrontare il problema dopo la legge di stabilità “.
Tradotto, tra fine novembre e inizio dicembre. Un era geologica, politicamente parlando, si profila tra i desiderata dei due schieramenti.
Così, all’orizzonte, si profila un ennesimo capito della guerra dei vent’anni.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
SCHIFANI E BRUNETTA MINACCIANO “CONSEGUENZE PER IL GOVERNO”
La decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, per effetto della legge Severino e a seguito della
condanna definitiva per frode fiscale, sarà votata dall’aula di Palazzo Madama con il voto palese.
I senatori dovranno esprimersi pubblicamente sul destino del leader di Forza Italia e, di conseguenza, assumersi la responsabilità di un eventuale voto in dissenso dalla linea del proprio gruppo parlamentare.
Lo ha deciso la Giunta per il regolamento, che dopo lo stop di martedì sera si era riunita di nuovo questa mattina per decidere sulla richiesta del Movimento 5 Stelle di una votazione pubblica.
La svolta è arrivata con la decisione della senatrice Linda Lanzillotta, ex Pd e ora Scelta Civica, di sostenere le ragioni del voto palese dopo che negli ultimi giorni aveva preso tempo riservandosi di ponderare al meglio la questione. Lo scorso 4 ottobre la Giunta per le autorizzazioni del Senato aveva dato parere favorevole alla decadenza.
IL PDL: «CI SARANNO CONSEGUENZE»
La decisione di Scelta Civica di optare per il voto palese, riferisce l’Ansa che cita fonti Pdl, avrebbe irritato Berlusconi a tal punto da far saltare un pranzo già fissato con il vicepremier Angelino Alfano e il resto della delegazione governativa pidiellina.
«Il fatto è che Berlusconi non ha più nulla da dire ai governativi» spiega un esponente del partito che l’Ansa mantiene anonimo limitandosi a definirlo «un big azzurro».
E fioccano le reazioni tra i cosiddetti «falchi»: «Una pagina buia per le regole parlamentari- dice il presidente del Senato Renato Schifani- . La giornata di oggi non potrà non avere conseguenze».
Anche il capogruppo Brunetta appare sdegnato: «Dalla Giunta una decisione assurda e senza precedenti contro Berlusconi. Una decisione contra personam e senza alcun senso. Inaccettabile».
BOTTA E RISPOSTA
Dopo lo stop di martedì sera, le posizioni in Giunta di Pd e Pdl erano sembrate inconciliabili. L’ex premier Silvio Berlusconi era tornato a chiedere al governo di affermare la «non retroattività » della Severino. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha ribattuto a distanza dai microfoni di Radio Anch’io:«La mia risposta sta nel discorso alle Camere del 2 ottobre. Ho chiesto la fiducia al Parlamento» ottenendo «un largo consenso e in quella richiesta il pilastro è che l’Italia ha bisogno di ripresa, di un governo e ci vuole separazione tra le singole vicende giudiziarie e l’azione dell’esecutivo».
BERLUSCONI RIUNISCE I SUOI
Silvio Berlusconi vedrà per pranzo a palazzo Grazioli i ministri del Pdl, riferiscono fonti interne al partito. L’appuntamento segue quello nella tarda serata di ieri con il segretario politico Angelino Alfano. Non è escluso che il cavaliere chiami a raccolta anche i `lealisti’ di Raffaele Fitto. Berlusconi, secondo quanto riferito, sta cercando in tutti i modi infatti di ricompattare il partito prima del voto nell’aula del Senato sulla decadenza da senatore.
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Ottobre 30th, 2013 Riccardo Fucile
“SENZA BERLUSCONI NON VANNO DA NESSUNA PARTE, CON BERLUSCONI IDEM”… POI ATTACCA SALLUSTI: “HA FATTO FORTUNA CON BOFFO”
“Sallusti? L’ho portato io al Giornale. Comanda lui, è il direttore, però mi lascia in pace e mi rispetta”. Vittorio Feltri è un fiume in piena.
Ospite ai microfoni de La Zanzara su Radio 24 parla di tutto e soprattutto del direttore de il Giornale, Alessandro Sallusti: “La sua fortuna l’ha fatta Boffo. Posso sospettare che sulla vicenda Boffo mi abbia dato una polpetta avvelenata, ma nei giornali può succedere. Magari in buona fede ha preso questo polpettone e mi sono avvelenato io”.
Poi Feltri parla anche delle vicende interne in casa Pdl/Forza Italia.
“Alfano è un tacchino, meglio Al Bano” –
Cruciani e Parenzo chiedono “ma bisogna avere una “paura tremenda” della Santanchè?”. E lui: “La categoria del tradimento non appartiene alla politica, in questo momento la teoria è “si salvi chi può”, ognuno va dove trova un tetto e Alfano va al Quirinale e a Palazzo Chigi. Senza Berlusconi non vanno de nessuna parte, con Berlusconi idem, ormai la situazione si è deteriorata”.
Poi una bordata per Alfano: “I falchi? Ho conosciuto polli e molte oche, ma nessun falco. Alfano poi non è una colomba ma un tacchino, è più popolare Al Bano”.
Feltri boccia pure il nuovo partito del Cav: “Forza Italia? Dagospia la chiama già Farsa Italia. Ecco, ci farei un titolo sul Giornale”.
(da “Libero”)
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