CHIARA, ALBERTO E IL GRUPPO DI GARLASCO: GLI ANNOIATI DI PROVINCIA TRA PARROCCHIA E DISCOTECA
QUALCUNO O QUALCUNA POTREBBE AVER PERSO LA TESTA, IMPUGNANDO UN MARTELLO, AL TERMINE DI UNA DISCUSSIONE SU QUALCHE “SEGRETO SCOMODO”? I “NERD” COME STASI, I “TRANQUILLONI” E QUEL VIAGGIO A LONDRA DI ALBERTO
C’era una volta una specie di demi-monde garlaschese. Ragazzi e ragazze di provincia annoiati dal tempo lento della Lomellina, studenti universitari, nerd, smanettoni, ma anche giovani ambiziosi, esuberanti.
Qualcuno è “figlio di papà”, altri vengono da famiglie più popolari. Hanno tra i 19 e i 26 anni, l’età di Chiara. Formano comitive che si incrociano e magari si mischiano. Fanno vacanze in Liguria e in Trentino, a volte coi genitori, a volte con gli amici. Anche a Londra, dove a luglio 2007 — un mese prima dell’omicidio — volano Alberto Stasi e l’amico del cuore Marco Panzarasa. Chiara li raggiunge per qualche giorno, una foto li mostra insieme.
Diciotto anni dopo quel 13 agosto 2007 che cambierà per sempre la storia di Garlasco, quei ragazzi e quelle ragazze sono uomini e donne laureate, con figli e inseriti in contesti professionali anche di prestigio. Ma i fantasmi del passato tornano a bussare.
Si ripresentano con l’abito del prelievo genetico: dopo Andrea Sempio, adesso tocca ad altri consegnare il Dna ai carabinieri di Milano. Alle gemelle Paola e Stefania Cappa — cugine di Chiara — a Panzarasa, ad Alessandro Biasibetti, diacono, a Mattia Capra e Roberto Freddi — questi ultimi tre erano amici di
Sempio e di Marco Poggi, fratello della vittima.
Nella memoria collettiva della meglio gioventù di Garlasco loro erano quelli che giocavano alla Play Station a casa Poggi. I “tranquilloni”. Poi c’erano i “festaioli”, il gruppo delle gemelle “K”. Discoteca, ville, feste.
Un mondo con cui Chiara Poggi — stando ai racconti di chi è cresciuto con lei — non era esattamente in sintonia. Ora. Perché gli investigatori, dopo quello del nuovo indagato Sempio, vogliono i campioni biologici di altre sei persone le cui vite — direttamente o indirettamente — lambivano la vita di Chiara?
“Questa è la fase investigativa che richiede di collocare ogni tassello al suo posto, e vedere se da quel posto — nel giorno dell’omicidio di Chiara e nei giorni che l’hanno preceduto — si era spostato, e per quale motivo”, è il ragionamento che fa un uomo impegnato nelle indagini.
Un mosaico. Tante tessere, ognuna con una storia. Bisogna immaginarsela così la cerchia amicale che, nei primi anni del terzo millennio, in quella che veniva chiamata “Las Vegas della Lomellina”, inglobava Stasi e i suoi amici, Sempio e il suo giro, le allora 26enni gemelle “K” con le loro esuberanze e fragilità, e certo lei, Chiara. La cugina timida, composta, super giudiziosa. Che insomma andava un po’ “trascinata”.
Se è vero come è vero che, anche per via della rete di relazioni dello zio, Ermanno Cappa, avvocato di fama e padre di Stefania e Paola, queste ultime erano più “di mondo”, assidue frequentatrici della discoteca “Le Rotonde” e invitate a ogni festa, è vero anche che Chiara era più casalinga, riservata e pudica. Lo sapeva bene Alberto, nemmeno lui era un viveur.
Con Marco Panzarasa erano compagni di classe nella sezione B del liceo Omodeo di Mortara. Dopo il diploma nel 2002 Stasi si iscrive alla Bocconi e Marco a Giurisprudenza. Nel 2007 si sentivano 10-15 volte al giorno (dai tabulati telefonici), più contatti di quanti Stasi avesse con Chiara (all’epoc
lingue maliziose avevano messo in giro voci — infondate — di possibili dissidi tra Chiara e Alberto proprio per l’amicizia stretta con Marco).
Dopo l’omicidio hanno interrotto i rapporti. L’amico fraterno di Stasi era a Loano: rientra in fretta e furia in treno, dopo avere saputo dell’assassinio. Mai stato indagato. Nemmeno le gemelle Cappa. E neanche i tre amici di Andrea Sempio.
Cosa cercano gli inquirenti? Un sospetto silenzioso, da quasi tre mesi attraversa i loro pensieri. Chiara Poggi potrebbe aver pagato con la vita uno o più rifiuti a partecipare a qualche situazione a lei sgradita? Qualcuno o qualcuna potrebbe aver perso la testa — impugnando un martello — al termine di una discussione durante la quale si sarebbe paventato il rischio di vedere infranto un segreto scomodo? Al momento è poco più di una suggestione, ma tant’è. Le comparazioni dei Dna, forse, parleranno.
(da Repubblica)
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