COME SPUTTANARE I SOLDI DEGLI ITALIANI: NEL DECRETO “TERRE RARE” IL GOVERNO HA FATTO UN REGALO ALLA SOCIETÀ “STRETTO DI MESSINA” E AL CONSORZIO EUROLINK: SARÀ POSSIBILE PORTARE I COSTI DI REALIZZAZIONE OLTRE IL TETTO PREVISTO DI 14 MILIARDI DI EURO
PROCEDERE CON I LAVORI A “STRALCI”, CIOÈ A PEZZETTI, E LE SOCIETÀ PRIVATE POTRANNO CHIEDERE PENALI FINO AL 10% DEL MANCATO GUADAGNO NEL CASO IN CUI L’OPERA NON VENGA TERMINATA
Nuove assunzioni, la possibilità di aumentare i costi a vantaggio dei privati e addirittura il via libera all’approvazione «a stralci», cioè a pezzetti, del progetto esecutivo della grande opera. Consentendo ai privati di avviare i lavori anche senza che l’iter autorizzativo sia completato e di chiedere penali fino al 10 per cento del mancato guadagno per gli stralci che non saranno realizzati.
Peccato che non parliamo di una strada, che può diventare percorribile e quindi di pubblico utilizzo a pezzetti, ma di un ponte: anzi del Ponte che non c’è per antonomasia, quello sullo Stretto.
«Il governo con questo decreto ha deciso di trasformarsi in un bancomat di Stato senza avere garanzia che il Ponte a campata unica possa realizzarsi, considerati gli imponenti rilievi tecnici mossi sull’opera anche da organismi dello Stato», dice il deputato di Alleanza verdi e sinistra Angelo Bonelli, firmatario dell’esposto che ha fatto aprire una indagine in procura a Roma sul piano “Salvini” per il Ponte.
Senza fare molto clamore nel decreto “terre rare” approvato in Consiglio dei ministri il governo Meloni fa un grande regalo alla società Stretto di Messina, rimessa in piedi per volere di Matteo Salvini, e soprattutto ai privati del consorzio Eurolink. Un regalo che modifica innanzitutto il decreto del 2023 per venire incontro alle difficoltà incontrate nell’iter autorizzativo di un’opera progettata ormai quasi venti anni fa
Ecco dunque che con il decreto appena varato in Cdm viene cancellato il riferimento al 31 luglio 2024 come termine per l’approvazione del progetto esecutivo. Il progetto potrà essere approvato anche per «stralci funzionali».
In sostanza i privati, in base al vecchio contratto, potranno subito avere il via libera per un primo stralcio e se poi il secondo stralcio non andrà in porto potranno chiedere il 10 per cento del valore della parte non realizzata: in sostanza con questa norma la Stretto di Messina potrà pagare i privati senza alcuna garanzia che l’opera verrà realizzata nel suo complesso perché magari, come si potrebbe scoprire, nei fondali si trovano sorprese.
Ma c’è di più: con il decreto “terre rare” non solo si consente alla Stretto di Messina di assumere altre cinquanta persone rispetto alle cento già autorizzate (con aumento dei costi per la spa pubblica di almeno 2 milioni di euro all’anno) ma si alza il tetto di spesa che era stato fissato a 14 miliardi di euro nella manovra di bilancio. Come? Inserendo dopo la frase «in base alle tariffe vigenti nell’anno 2023», la frase «laddove applicabili».
E chi stabilisce che nei contratti con i privati (al momento segretati e non pubblici) sia corretto aumentare i costi a carico dello Stato? Esperti nominati dal ministero delle Infrastrutture e non un organismo terzo dello Stato come la Corte dei conti o il Cipess.
(da La Repubblica)
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