CONTI CORRENTI, IL PRELIEVO AUMENTA TRA 1 E 170 EURO
LE STIME DELLA CGIA DI MESTRE SULLA NUOVA TASSA RENZIANA PER I CORRENTISTI
E’ polemica sull’aumento della tassazione delle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento che include anche le tasse sui conti correnti bancari.
Da Forza Italia si accusa il presidente del Consiglio Matteo Renzi di essere un “simpatico tassatore”, mentre si punta l’indice su quella che viene definita una “stangata”.
Il decreto Irpef, firmato da Napolitano, prevede infatti per il 2015 un gettito di circa 755 milioni su conti correnti, libretti postali e certificati di deposito (il 92,8 per cento delle famiglie possiede un deposito bancario o postale).
Ma quanto costerà agli italiani l’aumento delle tasse sul conto corrente?
I calcoli li ha fatti per Repubblica la Cgia di Mestre: per un conto corrente medio l’aggravio è di circa 1 euro all’anno.
Il focus della Cgia di Mestre spiega che in Italia ci sono 38 milioni di conti correnti con una consistenza pari a 453,2 miliardi.
Di conseguenza la giacenza media è di circa 12 mila euro. Considerando che il tasso di interesse attivo medio applicato in questa fascia è piuttosto basso, pari allo 0,13 per cento, cioè 15,5 euro l’anno, il rincaro della tassazione passerà da 3,10 (con imposta al 20 per cento) a 4,03 (con imposta al 26 per cento). Ovvero: 93 centesimi.
Il bilancio si aggrava per giacenze medie più alte. Ad esempio per chi ha un deposito tra i 10 mila e i 50 mila euro dovrà sostenere un onere aggiuntivo di 2,3 euro l’anno. Mentre Tra i 50 mila e i 250 mila si sale a 26,1 euro.
Più pesante la tassa per chi possiede oltre i 250 mila euro che si troverà a pagare 169,2 euro in più scatterà dal primo luglio prossimo.
Il rincaro dal 20 al 26 per cento interesserà anche i dividendi staccati successivamente, le plusvalenze di azioni e fondi, nonchè interessi su conti correnti e depositi postali. L’aumento non tocca i titoli di Stato, come Bot e Btp.
Complessivamente il gettito della misura, finalizzato come spiega Palazzo Chigi al taglio dell’Irap, sarà per quest’anno di 588 milioni, il prossimo di circa 3 miliardi e negli anni successivi si manterrà sullo stesso livello.
Come funziona all’estero?
Come al solito in materia di tasse molto spesso all’estero sono più severi, anche se con l’ultimo decreto l’Italia si adegua.
In Francia si paga il 30 per cento su dividendi e capital gain e il 18 sugli interessi, in Germania il 26,3 per cento e in Spagna il 21 per cento.
In tutti i paesi non esiste un’aliquota “ridotta” come in Italia per i titoli di Stato – che da noi restano al 12,5 per cento – che devono rispondere alla stessa tassazione di obbligazioni e azioni.
In Francia, ad esempio, dal 2012 la maggiorazione di tassazione sulle rendite finanziarie (Oats compresi) è utilizzata per coprire i costi delle assicurazioni sanitarie obbligatorie e i contributi pensionistici, in una sinergia tra finanza e Welfare.
Le tasse sul risparmio tuttavia sono in salita, anche per l’azione dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni.
Sui conti titoli (che comunque sono agganciati a un conto corrente) grava infatti la mini-patrimoniale, introdotta dal governo Monti per l’1,5 per mille nel 2013 e che il governo Letta ha elevato dal primo gennaio di quest’anno al 2 per mille.
Il gettito nel 2014 sarà di 5 miliardi, anche se i risparmiatori lo scopriranno solo a fine anno.
La tassa è un’imposta di bollo proporzionale che grava sui conti-titoli, di ogni genere, e che viene gravata sull’estratto conto.
Roberto Petrini
(da “La Repubblica“)
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