OTTANTA EURO, NAPOLITANO UMILIA RENZI E PARLA SOLTANTO CON PADOAN
TROPPE PROMESSE DA PALAZZO CHIGI, IL PRESIDENTE LO SCAVALCA E CHIAMA A RAPPORTO IL SOLO MINISTRO PER DISCUTERE DI COPERTURE E CONTI PUBBLICI
La bomba è esplosa alle 14:01 di ieri, quando l’agenzia Ansa ha battuto la seguente notizia: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è stato ricevuto al Quirinale per fornire “ulteriori chiarimenti” sul decreto Irpef, cioè quello che mette 80 euro al mese in più nella busta paga di chi guadagna tra gli otto e i 24 mila euro.
Quel testo, poi, Giorgio Napolitano l’ha firmato come da programma (è già stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale), ma il messaggio che intendeva dare era già arrivato a destinazione: l’interlocutore per le cose serie, il garante dei conti pubblici è il ministro, non il suo premier.
Una umiliazione in piena regola per Matteo Renzi, che infatti non l’ha presa affatto bene.
“Una cosa del genere non s’è mai vista”, ha commentato coi suoi a caldo, quando ancora non era chiaro se il capo dello Stato avrebbe persino firmato il decreto: “Se aveva bisogno di ulteriori chiarimenti, perchè il presidente non ha detto niente nei suoi colloqui di questi giorni con Padoan, Delrio o direttamente con me?”.
A Palazzo Chigi, ieri sera, circolava pure una voce maligna sulle ragioni che avevano spinto Napolitano all’irrituale convocazione del ministro: “Ai suoi amici superburocrati non è piaciuto il tetto degli stipendi a 240 mila euro l’anno”.
Difficile che il capo dello Stato abbia davvero di queste preoccupazioni e infatti di ben altro ha discusso con Pier Carlo Padoan, titolare dell’Economia soprattutto perchè il Quirinale lo ha voluto in quel posto.
È il garante degli accordi — primi fra tutti quelli europei — che i governi italiani hanno firmato in questi anni e, dunque, del rispetto dei vincoli di bilancio.
Il decreto — come sottolinea il governo — non è stato modificato ieri dopo il colloquio Napolitano-Padoan, ma non era certo un intervento diretto quello che voleva il Colle, quanto imbastire uno spettacolo dai sottili rimandi simbolici: il capo dello Stato torna al centro della scena e nomina suo “secondo” il ministro di via XX Settembre.
Le preoccupazioni della Ragioneria generale — è il messaggio — non sono rimaste inascoltate: Padoan s’è impegnato a fugarle, a fare quanto deve per rispettare gli impegni presi in Europa, foss’anche una manovra correttiva che il Quirinale giudica quasi inevitabile.
Non solo i soldi promessi agli italiani per quest’anno preoccupano il Colle, ma anche e soprattutto le tendenze del bilancio dello Stato, messo a rischio dai troppi impegni presi da Renzi in queste settimane.
Come ha spiegato la Banca d’Italia in Parlamento, una difficilissima spending review da 18 miliardi di euro nel 2015 non sarebbe comunque sufficiente per tenere i conti pubblici in ordine rispetto agli obiettivi fissati nel Def.
E ancora: una crescita sovrastimata nel biennio — e qui le perplessità sono quelle della Corte dei conti — rischia, una volta rivelatasi più bassa, di trascinare giù tutto l’impianto macroeconomico disegnato dal governo.
Il ministro Padoan — che martedì, quando il decreto sbarcherà in Senato, sarà a Londra per ingraziarsi gli investitori internazionali — ha provatoa rassicurare il presidente della Repubblica: il Tesoro monitorerà l’impatto delle norme contenute nel testo e il piano Cottarelli sulla spending review verrà presentato già in ottobre, in modo che possa essere analizzato con calma — anche dalla Commissione europea — insieme alla prossima legge di Stabilità .
Se servirà una manovra, insomma, il governo la farà .
La figura di Renzi, così centrale per i media, rimane sullo sfondo: con apposite veline il Quirinale e il Tesoro derubricano l’incontro a una formalità , ma lo schiaffo al golden boy di Palazzo Chigi rimane.
Resta pure la nuova centralità nel dibattito pubblico rivendicata ieri da Napolitano. Questo cambio di passo, dopo mesi di silenzio, ha molto a che fare con quelle “condizioni di maggior sicurezza” per le riforme istituzionali e l’equilibrio del bilancio che gli renderanno possibile un “distacco comprensibile e costruttivo” dalla carica a cui fu rieletto un anno fa.
Il capo dello Stato giudica la sua esperienza quasi conclusa: Padoan gli deve garantire i conti pubblici, il Pd una nuova legge elettorale e istituzioni rinnovate, Renzi di non rovinare tutto.
Marco Palombi e Stefano Feltri
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