“DIBBA” SHOWMAN, l’ATTORE IN TV DEI CINQUESTELLE CHE GRIDA: “LA GENTE HA FAME”
DI BATTISTA IN REALTA’ NON E’ UN UOMO, E’ SOLO UN FORMAT TV
Dove c’è una telecamera, spunta lui. Dove c’è casino, lui è nel mezzo, con la barba curata e il ciuffo in ordine.
Dove c’è Cuperlo, c’è “Gianni! Io ti rispetto Gianni!”.
Dove c’è Buttiglione c’è “Rocco”, perchè lui chiama quasi tutti per nome in Transatlantico. Dove c’è Servizio Pubblico, c’è lui, Ale Di Battista, super applaudito dalla platea, che ringrazia, educato, “Buonasera e grazie per avermi invitato”.
Datemi una telecamera e vi solleverò il mondo.
E pensare che all’inizio della legislatura, quando ancora non era caduto il divieto di rispondere alle domande e di partecipare alle trasmissioni televisive, e i cronisti gli si avvicinavano, lui rispondeva “no, lo sapete, niente dichiarazioni”.
Ora invece, appena salta fuori un obiettivo, Di Battista è lì, ma forse era lì già da dieci minuti e non ve ne eravate accorti.
Per dire, forse era lì già da dieci minuti prima che Roberto Speranza arrivasse in sala stampa dove c’è stato il vivace scambio di “opinioni”.
Niente, con Di Battista, sembra essere lasciato al caso. Neanche un litigio.
La mano, stile Robert De Niro in Taxi Driver, appoggiata sul petto — “ma dici a me?, ma dici a me?, ehi con chi stai parlando?” — la camicia con il primo bottone slacciato, la giacca blu, la barba corta e curata, i capelli ben pettinati.
La voce che esplode all’improvviso (“Gli italiani hanno fame e voi gli avete tolto il pane agli italiani!” urla a Speranza).
Ma soprattutto gli occhi, che si stringono come se stesse per versare qualche lacrima dopo che il capogruppo del Pd alla Camera gli ha detto “siete dei fascisti”, nella saletta per la registrazione delle dichiarazioni, a Montecitorio.
“I cittadini italiani sanno che persone come lui sono schiave di lobby, schiave di potenti, stanno violando la Costituzione e hanno paura di stare qui per parlare. Fanno la legge elettorale — dice Di Battista guardando dritto in camera, come un consumato Paolo Bonolis ai tempi di Tira e Molla — con un condannato fuori dal Parlamento, hanno fatto una votazione in dieci secondi. Gli italiani hanno fame e voi gli avete tolto il pane agli italiani! Non sei degno di dire quello che vogliono gli italiani! Gli italiani hanno fame e questa gente fa gli accordi assieme a Berlusconi e ai condannati e grida fascista, grida fascista a me che mi sento un dipendente del popolo italiano insieme ai miei colleghi che stanno facendo un lavoro eccezionale”.
E insomma, “guardategli gli occhi a questa gente, bisogna guardare gli occhi a gente come Speranza, a Brunetta, a Sisto, a Berlusconi, a Renzi, per capire che vogliono fare gli interessi esclusivamente dei banchieri, dei lobbisti e purtroppo del crimine organizzato”.
C’è poco da fare, Ale Di Battista è un grande showman: “Chi guarda questi occhi sa che io dico la verità !”. La gente insomma “ha fame!”, lo grida di nuovo Di Battista, stavolta dopo aver fatto irruzione in commissione Affari Costituzionali.
E dopo un po’ che lo senti, da Santoro, lo vedi dal vivo alla Camera, dopo un po’ che guardi la sua collezione di foto sui social network (su Facebook, Di Battista è il mago del selfie, dell’autoscatto, dell’autoritratto), capisci. “Io sarei disposto a morire per questo Paese”, dice a Servizio Pubblico.
“Ci auguriamo che il presidente della Repubblica non sarà Giorgio Napolitano, che io non stimo. Io rivendico il diritto di non stimare una persona”.
Più lo ascolti e più capisci. “Io una volta votavo Pd, poi mi sono disintossicato”.
Lo capisci dalle foto che ritraggono il “cuy, topone senza coda, prelibatezza peruviana”, lo capisci quando mette foto di dipinti da Bogotà , dalla Fundacion Botero, e scrive che “il culo resta sempre il culo”, quando posta quella di una signorina vista di spalle, “guardare è un diritto! Culi che parlano e uomini che si voltano”, a Turbo, in Colombia, quando mette una foto di se stesso a petto nudo “a pesca con l’etnia indigena Kuna”.
Insomma, lo capisci. Di Battista il cooperante — a giro per il Guatemala — in realtà lo avevi già incontrato prima.
Lo avevi incontrato a scuola, quando era ottobre, era tempo di occupare il liceo e c’era Di Battista, che all’epoca aveva i capelli lunghi.
Lo avevi incontrato a quell’iniziativa sul Sud America, e lui, Di Battista, aveva già deciso che il suo futuro sarebbe stato in Cile a fianco del popolo Mapuche.
Lo avevi visto una volta a calcetto, era il cugino del proprietario del pallone, ma sembrava che il pallone fosse suo, nonostante quella maglietta con la falce e il martello che lasciava intendere spiriti comunitari.
Non era lui, naturalmente, ma cosa importa: Di Battista è un format.
È quello che smarmittava sul cinquantino e un tempo dormiva con la maglietta di Che Guevara. Quello che diceva in continuazione: “La gente ha fame!”.
(da “Huffingtonpost”)
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