DIETRO I GILET GIALLI FRANCESI L’INTERNAZIONALE NEO-NAZISTA
I MEDIA HANNO FINALMENTE CAPITO CHI MANOVRA LA PROTESTA DEGLI AMICHETTI DI DI MAIO E SALVINI
Le Monde ha pubblicato una foto a tutta pagina di un Gilet Giallo che fa il gesto della “quenelle” (che si era già visto tre giorni prima, il 15 gennaio, a Grand-Bourghtheroulde, il paesino della Normandia scelto da Macron per avviare il Grand Dèbat davanti a seicento sindaci della regione), ma soprattutto dà conto, unico grande giornale nazionale, di una riunione, il primo rendez-vous di tutta l’estrema destra radicale, violenta e antirepubblicana, proprio a margine dell’Atto Decimo di questa interminabile saga protestaria.
Non era mai accaduto prima, neanche negli anni Settanta e Ottanta.
È accaduto ora, in uno di questi fine settimana che si tingono di giallo, mentre Marine Le Pen, l’erede di Jean-Marie che ha ripulito (“de-diabolizzato” come dicono qui) il partito (cambiandogli perfino il nome in Rassemblèment National), e il suo satellite sovranista Nicolas Dupont-Aignan, leader del movimento Debout La France, si uniscono al coro anti-macroniano e accusano il presidente di aver portato la Francia nella “misère” (si è letto anche questo negli striscioni dei Gilet Gialli).
Mentre è noto che il welfare francese è uno dei più generosi al mondo, oltre 1.300 miliardi di euro di spesa pubblica, il 57% del pil, tutta concentrata nelle pensioni, nella sanità e in un numero sterminato di aiuti sociali, le cosiddette “allocation” di cui beneficiano milioni e milioni di cittadini (al confronto il “reddito di cittadinanza” grillino quasi sparisce).
È accaduto, ripetiamo, che nel giorno dell’Atto Decimo, il 19 gennaio a Parigi, si sono incontrati per la prima volta in una “reunion publique”, non come congiurati nell’ombra, personaggi inquietanti.
Leader, agit-prop, gestori di siti web, giornalisti e intellettuali che disprezzano la democrazia e sognano una “quenelle” all’incontrario.
C’erano, tanto per fare qualche nome, Alain Soral, 60 anni, ideologo nazista (è stato negli anni ’90 nel partito comunista e ora dichiara di essere un “national-socialiste franà§ais”), saggista, editore (ha fondato la casa editrice Kontre Kulture), animatore del sito razzista e antisemita “Egalitè&Reconciliation”, ma soprattutto eminenza grigia e consigliere culturale, se si può dire, del comico Dieudonnè, l’inventore della “quenelle”, condannato diverse volte (l’ultima giovedì 17 gennaio a un anno di “prison ferme”) per istigazione all’odio razziale.
Vincente Lapierre, un giovane free lance diventato “le chouchou des Gilets Jaunes”, come ha scritto L’Express, il giornalista più amato (e più convocato) dai Gilet Gialli, almeno dalla frazione violenta e ribellistica che fa capo a quell’Eric Drouet, il camionista mancato assaltatore dell’Eliseo (e per questo arrestato e rinviato a giudizio)
Ivan Benedetti, origine corsa, presidente dell’Å’uvreFranà§aise, il più vecchio movimento di estrema destra, fondato nel 1968 da Pierre Sidos, sodale di Le Pen padre, espulso da Marine nel 2011 perchè continuava a dichiararsi pubblicamente “antisemita antisionista antiebreo”.
Jèrà’me Bourbone, direttore del settimanale “Rivarol”
Hervè Ryssen, razzista e omofobo, professore di storia nei licei espulso dalla scuola per il tenore delle sue lezioni (ora si presenta come “professeur au chomage”, insegnante disoccupato), ex comunista come Soral, fondatore negli anni ’80 dell’Organisation Communiste Libertaire, passato a destra (al Front National) e poi all’estrema destra, animatore di un blog negazionista chiuso più volte per istigazione alla violenza razziale, ora eroe mediatico dei Gilet Gialli, da quando il settimanale Paris Match l’ha immortalato in copertina avvolto nel tricolore durante una delle ultime manifestazioni parigine (il settimanale si è poi scusato con i lettori ammettendo di non sapere di che pasta fosse il signor Ryssen).
Che cosa si siano detti tutti questi leader nel loro primo incontro parigino non si sa. Si sa, invece, che la protesta dei Gilet Gialli è diventata per la destra radicale francese una straordinaria occasione per uscire dal suo mondo virtuale fatto di blog violenti, di siti al limite della decenza, di giornali e pubblicazioni che fino a ieri si sarebbero definiti “underground”.
E che ora, invece, emergono come in una vera “contro-rècit”, una contro-narrazione che esce dall’ombra del web e diventa discorso pubblico come spiega una giovane storica belga, Marie Peltier, che ha studiato i movimenti di estrema destra e il loro linguaggio che utilizza scientificamente l’idea del complotto (il complottismo) come veicolo di propaganda.
Marie Peltier lo ha scritto nel suo ultimo libro, “Obsession.Dans les coulisses du rècit complottiste” (edition Inculte, 2018), in quello precedente del 2013, “L’ere du complotisme. La maladie d’une societè fracturè”, e lo ripete ora:
“Tutta questa collera contro le istituzioni democratiche, l’odio dei Gilet Gialli contro il presidente della Repubblica, è certamente frutto di un diffuso disagio sociale ma non si deve dimenticare che è anche il frutto di anni e anni di avvelenamento ideologico diffuso sulla rete da siti e blog della destra radicale, estrema e violenta”.
È qui che hanno preso corpo e si sono diffuse “fake news” come quella secondo cui l’Eliseo aveva reclutato poliziotti stranieri (europei, sic!) per massacrare i Gilet Gialli durante le manifestazioni.
Per non dire delle continue accuse antisemite contro Macron, ex dipendente di Rotschild e quindi rappresentante della finanza ebraica internazionale (una rappresentazione che piace molto ai Salvini e ai Di Maio).
Ora siamo al passaggio finale: il complottismo esce dalle “coulisse”, dai retrobottega del web e debutta sulle piazze e per le strade di Francia, tra “quenelle” e bandiere gialle.
È qui, per dire, che si grida contro l’accordo di Marrakech sull’emigrazione che “vende la Francia all’Onu”; contro il trattato franco-tedesco appena siglato ad Aquisgrana da Macron e dalla Merkel dietro il quale si celerebbe, secondo i complottisti, la prossima cessione dell’Alsazia alla Germania.
Contro il presidente che affama il suo popolo (lo ha detto anche Salvini, non dimentichiamolo.
Insomma, non si tratta più d’infiltrazioni o di derive.
Il gioco è scoperto e la maggioranza dei francesi, alla fine, non si farà ingannare.
(da agenzie)
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