ECCO BOCCHINO CHE RIEMERGE “TRICOLORE”
ANDREBBE PROPOSTO PER UN RUOLO APICALE AL MUSEO DELLA RIMEMBRANZA
Se davvero, dopo “Genny” Sangiuliano, ministro della Cultura, anche Alessandro Giuli è in orbita per una poltrona di pregio (si parla del Museo Maxxi), non si vede perché tra le penne al seguito del governo Meloni non si debba premiare colui che, a nostro modesto avviso, lo meriterebbe più di altri: Italo Bocchino.
Come un prezioso reperto di San Casciano, riemerso dal passato in uno stato di conservazione eccellente, Bocchino è assai assiduo nei talk televisivi alla ricerca di opinioni di destra da declinare con un certo bon ton, e senza per forza indossare la maglietta della Decima Mas. Nelle sue prime uscite, dopo l’Avvento di lui colpiva l’abbigliamento risalente al tardo berlusconismo, quello dei cravattoni a tinte forti, preferibilmente rosa shocking, su camicia azzurrina e completo blu o grigio (sulle Church ai piedi non sapremmo dire mentre ai Ray-Ban è approdato dopo un ventennio il candidato alla segreteria del Partito democratico, Stefano Bonaccini).
Del resto, a quei tempi, più che per il suo essere finiano, la fama di cui godeva nel Popolo delle libertà era quella del raffinatone, per cui si narra che Silvio Berlusconi lo interpellasse quando si trattava di dare una sistemata al vestiario di qualche famiglio un po’ troppo trasandato per i suoi gusti (“Portalo da quel tuo sarto napoletano”).
Oltre che per l’invidiabile capigliatura d’incontaminata tonalità, Italo Bocchino ci ha riportati a quegli anni ruggenti, esibendo come nuovo il tormentone tv “non m’interrompa, io non l’ho interrotta”, che per noi imbiancati è stato come un tuffo nella nostalgia di Emilio Fede e Colpo grosso.
Ultimamente, forse perché piccato dal sentirsi interpellare come voce di sicura osservanza meloniana, ha fatto outing esibendo una più sobria cravatta adornata però da un piccolo tricolore, marchio identitario di Palazzo Chigi.
L’altra sera, mentre veniva imballato e riposto in attesa di essere mostrato alle scolaresche, abbiamo pensato che anche nel suo generoso prodigarsi Bocchino appare superato dai tempi.
Per questo motivo, lo proponiamo per un ruolo apicale al Museo della Rimembranza.
(da Il Fatto Quotidiano)
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