ECCO COSA NON FUNZIONA NELLE ZONE TERREMOTATE: LA BUROCRAZIA RITARDA OGNI INTERVENTO
E IL VIMINALE “COMMISSARIA” CURCIO A FARINDOLA
La “riffa” ad Amatrice si è svolta stamattina, quando sono state sorteggiate le prime 25 “casette”, come era accaduto a Norcia qualche settimana fa.
Ci si affida al caso per gli alloggi, la lotteria della sventura che diventa metafora. Sergio Pirozzi, il sindaco, dice all’HuffPost: “È evidente che la macchina si intoppa, va a rilento. Vogliamo dire che tutto va male? Non è così. Vogliamo dire che siamo un popolo di cialtroni? Non è così. Per esempio i soldi sono stati stanziati, ma la lentezza c’è, e in un momento emotivo particolare, porta a dire tutto fa schifo. Il problema è la lentezza, che fa accumulare ritardi”.
All’Hotel Rigopiano il segnale di presenza, la faccia del governo è quella del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, cui spetta il compito di tenere il conto del dolore e della speranza: “Le persone — dice nel primo pomeriggio — sono sei — coltiviamo la fiducia di trovarne altre”.
Se non fosse stato colpito da una febbre da cavallo sarebbe partito l’attivo Minniti, simbolo dell’efficientismo di questo governo.
Il quale, evidentemente, nel mandare il suo vice assieme al capo dei Vigili del fuoco ha ravvisato problemi di coordinamento e di guida nelle operazioni.
Un parlamentare vicino al dossier spiega: “Finora il centro di comando è sempre stato la Protezione civile, anche nell’era Gabrielli. Stavolta la mossa del governo certo attesta una sua presenza, ma suona inevitabilmente come un atto di sfiducia verso la Protezione civile”.
E se c’è un filo che unisce Amatrice e Farindola è proprio questo intoppo nella catena di comando. Intoppo che determina situazioni diverse.
La macchina dei soccorsi in difficoltà a Farindola, tale da rendere necessario il Viminale per il cambio di passo.
L’incredibile lentezza delle casette ad Amatrice: “Speriamo — prosegue — Pirozzi — che si possano finire il prima possibile le opere di urbanizzazione circostanti come marciapiedi e similari, così arrivano le altre casette. Il problema è la macchina burocratica. Ti faccio un esempio. La regione fa la gara per stalle e per l’urbanizzazione, un blocco unico per 52 cantieri. Dico io: fallo a blocchi da 5 e fai prima, così c’è chi fa l’urbanizzazione e chi monta”.
E allora partiamo dall’inizio in una vicenda che ha dell’incredibile.
La gara di appalto per le casette è stata avviata dalla Consip — la centrale d’acquisti che fa capo al Tesoro — nell’aprile 2014, ovvero ben due anni prima dei terremoti che hanno devastato il centro Italia.
Gara che si conclude ad agosto dell’anno successivo. Se l’aggiudica il Consorzio nazionale servizi di Bologna, colosso della Lega delle Cooperative.
L’appalto prevede la fornitura, in caso di calamità , fino a 18mila casette per un periodo di sei anni e per un costo totale di circa un miliardo e 200 milioni di euro. Sull’Espresso in una documentata inchiesta Filippo Gatti, numeri alla mano, come il costo sia, le casette, di 1075 euro al metro quadro.
Scrive Gatti: “Ciascuna casetta di legno che costruiranno ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto la pagheremo perfino più di quanto in Abruzzo ci era costata la Protezione civile di Guido Bertolaso, l’ex capo dipartimento che si avvia felicemente alla prescrizione dei processi penali che lo riguardano”.
Dunque il 24 agosto — giorno del terremoto — è già pronto il contratto per le casette. Cinque mesi dopo ne arriva qualcuna da estrarre a sorte e nulla più, perchè l’operazione si “intoppa” in un groviglio burocratico.
Si legge nel contratto, in relazione alle tempistiche: “Entro e non oltre 30 giorni dalla data di consegna delle aree approntate per l’installazione delle Sae (soluzioni abitative in emergenza, ndr) e dotate dei basamenti”.
Ecco, i basamenti, ovvero le piattaforme di cemento dove passano i servizi. All’Aquila, le realizzò tutte il Genio Militare, sotto le direttive della Protezione Civile, nella fase del “modello Bertolaso”, che in quel momento aveva il ruolo di capo della Protezione civile, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, commissario per la ricostruzione.
Più di un parlamentare dem dice, a microfoni spenti: “Siamo passati dalla monarchia in cui la protezione civile faceva piscine e giochi del Mediterraneo all’anarchia. Occorrerebbe una via di mezzo”.
Ad Amatrice i primi cinque basamenti li ha fatti il genio, gli altri la Regione. Attraverso gare e non più in affidamento diretto.
Il senatore del Pd, Stefano Esposito, è il relatore del nuovo codice degli appalti. All’HuffPost dice: “Il 31 gennaio, in commissione Ambiente e Lavori pubblici di Senato e Camera su mia richiesta saranno auditi Errani e Curcio e in quella sede si capirà con chiarezza che un meccanismo di burocrazia regionale scappa alle responsabilità ed eccede in cautele di fronte all’emergenza”.
Il meccanismo è questo: i sindaci non hanno forza e poteri per opporsi alla burocrazia e sopra di loro c’è Vasco Errani. Il quale in Emilia oltre a essere il commissario per ricostruzione era anche il presidente della Regione.
In questo caso, invece, la Protezione civile, con nell’ordinanza 0394 dello scorso settembre, ha indicato come “soggetti attuatori le Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, nei rispettivi ambiti territoriali”.
Si legge all’articolo 1: “Le regioni provvedono all’esecuzione delle attività connesse e delle opere di urbanizzazione”.
E le regioni preferiscono fare le gare piuttosto che gli affidamenti diretti.
Prosegue Stefano Esposito: “Non mi si venga a dire che le lentezze sono colpa del codice degli appalti. Noi abbiamo chiuso la stagione Bertolaso, dei poteri speciali e delle deroghe senza controllo, ma questo non significa lentezza. L’articolo 163 prevede che in caso di catastrofi ed emergenze consente di procedere in affidamento diretto alla protezione civile, Commissari, funzionari dello Stato”.
Il problema, parlando i sindaci del cratere, è che un conto è la norma un conto è quel che succede.
Per paura di sbagliare, per paura che con una firma ti becchi un abuso di ufficio come se nulla fosse, il grosso è nelle mani delle burocrazie regionali.
Si è cioè rotta la catena di comando. Sulla ricostruzione come sulla neve:
“Ma lo sai — dice Pirozzi — quante riunioni si devono fare per mandare uno spalaneve? Secondo te, io devo fare una riunione per mandare lo spalaneve? E lo stesso su terremoto. Errani fa il decreto per ricominciare a ricostruire. Il decreto c’è ma oggi non è pronto l’ufficio. E se io ho un progetto per casa dove lo porto?”.
Ecco, dalla Protezione civile delle inchieste e degli scandali su Bertolaso alla palude. Con la Riffa ad Amatrice e la guida del Viminale a Farindola.
(da “Huffingtonpost”)
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