ECCO IL TESTO DELLE TELEFONATE TRA MANCINO E IL QUIRINALE
“ADESSO IL PRESIDENTE PARLERA’ CON GRASSO”…IL CONSIGLIERE INFORMAVA MANCINO: “MA IL SUPERPROCURATORE ANTIMAFIA NON VUOLE FARE NIENTE”
Il presidente della Repubblica s’interessava agli sviluppi delle inchieste sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia, alla loro conduzione, ed era informato di ogni mossa.
Preoccupato di possibili discrasie tra le diverse Procure, spingeva per trovare soluzioni.
È ciò che riferisce il suo consigliere giuridico, il magistrato Loris D’Ambrosio, all’ex ministro dell’Interno, ex presidente del Senato ed ex numero due del Csm Nicola Mancino, all’epoca testimone oggi inquisito a Palermo per falsa testimonianza.
Il telefono di Mancino era sotto controllo per verificare la genuinità delle dichiarazioni rese e che avrebbe dovuto rendere negli confronti con gli ex colleghi Scotti e Martelli sollecitati dai pubblici ministeri nel processo all’ex generale dei carabinieri Mario Mori. Confronti che Mancino voleva evitare in tutti i modi.
Il 12 marzo scorso chiama D’Ambrosio che gli dice: «Io ho parlato con il presidente e ho parlato anche con Grasso (il procuratore nazionale antimafia, ndr). Ma noi non vediamo molti spazi, purtroppo perchè non… Adesso probabilmente il presidente parlerà con Grasso nuovamente eh… vediamo un attimo anche di vedere con Esposito… ».
Mancino: «Ma visto che Grasso coordina Caltanissetta (una delle Procure interessate alla «trattativa», insieme a Palermo e Firenze, ndr), non può coordinare tutte e due le Procure?».
D’Ambrosio: «Ma io gliel’ho detto pure oggi a Grasso. Mi ha risposto va bene, ma io in realtà … (…) In realtà è lui che non vuole fare…».
Mancino: «Eh… capito… E io non lo so dove vogliono andare a finire… 20 anni, 25 anni…».
D’Ambrosio: «Per adesso, dunque, mi ha detto il presidente, di parlare con Grasso, di vederlo eh… e vediamo un po’ (…)».
Mancino: «Eh, perchè non è che anche sul 41 bis (il carcere duro per i mafiosi, che per alcuni non fu prorogato alla fine del ’93, dopo le stragi di mafia, ndr) indaga Caltanissetta, che fa? Caltanissetta va in una direzione e quelli possono andare in un’altra direzione? Ma non lo so se c’è serietà …».
D’Ambrosio: «Ma… ripeto, dopo aver parlato col presidente riparlo anche con Grasso e vediamo un po’… lo vedrò nei prossimi giorni… però lui… lui proprio oggi parlandogli mi ha detto: ma sai, lo so, non posso intervenire… (…) Tant’è che il presidente parlava di… come la Procura nazionale sta dentro la procura generale, di vedere un secondo con Esposito».
«Non si sa dove vogliono arrivare»
Vitaliano Esposito era il procuratore generale della Cassazione prossimo alla pensione. Mancino gli avrebbe telefonato di lì a pochi giorni, e a D’Ambrosio dice: «L’ho sempre ritenuto molto debole, non è forte (…)».
D’Ambrosio: «Però ecco, questo è quello che vede il presidente, adesso evitare il contrasto».
Mancino: «Anche se non si sa dove vogliono arrivare questi, che vogliono fare…».
D’Ambrosio: «No, ma è chiaro che… che non si capisce proprio, ma non si capisce più neanche più la trattativa… Io l’oggetto della trattativa mica l’ho capito… Mi sfugge proprio completamente… (…) Riparlerò con Grasso perchè il presidente mi ha detto di risentirlo. Però io non lo so… francamente… lui è ancora orientato a non fare niente, questa è la verità ».
Mancino: «No, perchè poi la mia preoccupazione è che… ritenere che dal confronto… Martelli ha ragione e io ho torto e mi carico implicazione sul piano, diciamo, processuale».
D’Ambrosio: «Ecco, io, insomma noi, ecco, parlando col presidente, se Grasso non fa qualcosa la vediamo proprio difficile qualunque cosa. Adesso lo possiamo rivedere, magari lo vede il presidente uno di questi giorni».
Mancino: «Va bene, ma anche per la storia del Paese, ma che razza di Paese è… se non tratta con le Brigate rosse fa morire uno statista. Tratta con la mafia e fa morire vittime innocenti. Non so… (…) o tuteliamo lo Stato oppure… (…)».
Più avanti D’Ambrosio ribadisce che il confronto con Martelli «processualmente diventa inevitabile», e Mancino accenna ai carabinieri del Ros guidati da Mori: «Ma questi hanno trattato diciamo, per conto loro, di loro iniziativa, come in effetti io ritengo, ma non posso provare…». D’Ambrosio insiste che bisogna vedere se si muove Grasso, che lui ritenterà nei prossimi giorni, ma la situazione è «molto, troppo confusa».
«Non è giusto che io sia emarginato»
Il 5 marzo l’ex ministro aveva detto esplicitamente «io vorrei evitare che venisse accolta l’istanza di un ulteriore confronto con Martelli», e si lamentava: «Una persona che ha fatto il suo dovere… ma perchè devo essere messo in angolo…». Sospettava che qualcuno volesse prendersi la rivincita su di lui per il caso de Magistris (l’ex magistrato messo sotto inchiesta al Csm quando lui ne era il vice-presidente): «Ora facciamo pagare a Mancino… ma Mancino può essere anche emarginato, ma non è giusto (…) Guardi io non sono più il Nicola Mancino di tra anni fa, quattro anni fa… Nicola Mancino è stato distrutto (…) Io sono tenuto emarginato da tutti, perfino nel partito democratico… nessuno mi parla…».
D’Ambrosio ribadisce che l’unica possibilità è parlare con Grasso, e in questo quadro Mancino partorisce l’idea di scrivere una lettera in cui lamenta le differenti valutazioni delle tre Procure che indagano sulla trattativa, preannunciata a D’Ambrosio in una conversazione del 27 marzo.
Il 3 aprile l’ex ministro richiama, e si lamenta che il pm Di Matteo ha chiesto i confronti tanto temuti: «A mio avviso c’è un abuso grande quanto una montagna… (…) ma lui non sta facendo un processo contro il favoreggiamento del colonnello Mori…». (…)
D’Ambrosio: «Sulla sua lettera stiamo ragionando… va bene?».
Mancino: «E… veda un poco… perchè la cosa è terribile… ecco… perchè a me fa perdere non solo il sonno, ma anche, diciamo…».
D’Ambrosio ripete che stanno ragionando, Mancino insiste e il consigliere Napolitano aggiunge: «Il presidente è orientato a fare qualcosa… (…) ma per ora non le posso dire nulla (…) sto elaborando un pochino le cose… però la decisione l’abbiamo già presa… adesso presidente è in Giordania, quando torna si decide insieme… faccio la mia proposta e vediamo un attimino».
Più avanti spiega che cosa intende dire nella lettera al procuratore generale: «Il coordinamento consiste anche nell’utilizzare una strategia comune, nel compiere atti insieme… (…) Tutto questo non sta accadendo, per cui c’è una valutazione che poi alla fine può essere anche diversa da parte dell’autorità giudiziaria…».
A Grasso diciamo: «Fai il tuo lavoro»
Il magistrato in servizio al Quirinale illustra le possibili complicazioni derivanti da valutazioni diverse degli stessi fatti, o di dichiarazioni delle stesse persone sentite in momenti diversi sugli stessi temi. E il 5 aprile, leggendo a Mancino la missiva al pg della Cassazione, chiarisce: «Il presidente percepisce questa mancanza di coordinamento e ti dice: esercita i tuoi poteri anche nei confronti di Grasso. Perchè qui il problema vero… Grasso si copre, questa è la verità (…) Perchè è una gran cretinata l’avocazione, perchè lui la prima cosa a cui deve pensare è il coordinamento (…) Non solo lo scambio degli atti, ma anche il compimento di atti congiunti e l’individuazione della strategia congiunta. (…) Cioè gli dice: dovete coordinarvi, cioè tu Grasso… fai il tuo lavoro, ecco».
Ma alla riunione convocata il 19 aprile dal nuovo procuratore generale Ciani, succeduto a Esposito, Grasso spiega che un anno prima, il 28 aprile 2011, ha riunito i procuratori interessati alle indagini sulla «trattativa», impartendo direttive che da quel giorno sono state rispettate. Nel verbale di quella riunione di legge: «Il procuratore nazionale evidenzia la diversità dei filoni d’indagine e la loro complessità (accentuata anche dalla contemporanea pendenza di processi in fase dibattimentale): precisa di non avere registrato violazioni del protocollo del 28 aprile 2011 tali da poter fondare un provvedimento di avocazione».
Il procuratore aggiunto di Roma
Il 15 marzo 2012 Mancino riceve una chiamata dal procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi, per una questione che non ha nulla a che fare con l’indagine sulla trattativa. S’intuisce che il magistrato risponde a una precedente richiesta sulla vicenda giudiziaria della cosiddetta P3, che coinvolge l’ex giudice tributario Pasquale Lombardi, irpino come Mancino. L’indagine romana era chiusa da tempo, e Rossi parla così: «Guardi, le dico questo, altrimenti non le posso dire niente ma… cosa di cui lei si può completamente disinteressare».
Mancino: «Interessa altri».
Rossi: «Disinteressare, disinteressare… una cosa del tutto, cioè… insomma è un’altra vicenda (…)Non le posso dire ma… insomma comunque non… va bè (…) Guardi lei non si preoccupi, lei pensi… di questo non si preoccupi assolutamente».
Giovanni Bianconi
(da “Il Corriere della Sera“)
Leave a Reply