ELEZIONI IRLANDA DEL NORD, SI RAFFORZANO I NAZIONALISTI CATTOLICI
IN BILICO IL FUTURO DEL GOVERNO CONGIUNTO
Cresce in Irlanda del Nord il partito nazionalista cattolico Sinn Fein. È quanto emerge dai primissimi dati sull’affluenza alle elezioni per il rinnovo del Parlamento irlandese (i risultati definitivi non si avranno prima di domani, ndr).
L’appuntamento elettorale – determinante per il futuro della coalizione tra repubblicani e unionisti nata dagli accordi di pace del Venerdì santo – è considerato anche un test per la tenuta stessa del Regno Unito dopo la Brexit.
Secondo i media britannici, i nazionalisti del Sinn Fein sperano in un incremento di voti rispetto agli unionisti del Dup travolti dal recente scandalo della loro leader Arlene Foster, accusata di malversazione.
Una affermazione del Sinn Fein potrebbe avere tutta una serie di conseguenze, spiegano gli esperti, soprattutto di fronte alle prospettive della Brexit, rispetto alla quale i nordirlandesi hanno votato in maggioranza contro nel referendum del 23 giugno, e alla possibilità , per ora solo evocata da Dublino, di una unificazione con la vicina Irlanda.
A innescare il voto è stata le decisione del partito cattolico Sinn Fein di ritirarsi dal governo di unità , spingendo per una resa dei conti con i protestanti.
La crisi – ricorda Repubblica – è esplosa in gennaio, apparentemente per una questione secondaria: un dissidio su un programma per lo sviluppo delle energie rinnovabili.
Ma è bastato a provocare le dimissioni di Martin Mc Guinness, vice-premier e leader dello Sinn Fein, il partito cattolico, dal governo congiunto guidato dalla premier Arlene Foster, leader del Democratic Unionist Party (Dup), il maggiore partito protestante.
Ma il vero agente destabilizzatore è stato il sì al referendum sulla Brexit.
Scrive ancora Repubblica:
Nel referendum del giugno scorso, l’Irlanda del Nord (come la Scozia), ha votato per rimanere nell’Unione Europea, con una maggioranza del 56 per cento. Ma com’è noto a livello nazionale ha vinto, 52 a 48 per cento, il fronte per l’uscita dalla Ue.
Il problema è che l’Unione Europea, in Irlanda del Nord, è anche il garante della pace: ha fatto scomparire la frontiera tra le “due Irlande”, che facendo entrambe parte della Ue potevano sentirsi di fatto già unite.
E sono unite nella sostanza in tanti commerci, imprese, iniziative economiche, sociali, politiche. Senza la Ue, a meno che Londra e Bruxelles conferiscano alla regione uno statuto speciale, il confine risorgerebbe.
E con esso, predicono in molti, tornerebbero Troubles, i problemi, com’era eufemisticamente soprannominata la sanguinosa guerra civile. Peraltro mai scomparsi del tutto: soltanto nell’ultimo mese, a Belfast e dintorni ci sono stati due azzoppamenti e una bomba (fortunatamente disinnescata in tempo).
La questione chiave — spiega l’Associated Press — è vedere se Sinn Fein riesce a superare i democratici unionisti e diventare il primo partito nell’Irlanda del Nord, cosa mai accaduta prima.
Le regole locali richiedono che entrambe le parti superino le rispettive ostilità e collaborino in un governo di unità . In caso di fallimento, spetterebbe al governo britannico il compito di prendere il controllo.
Secondo i democratici unionisti, la nuova leader di Sinn Feinn, Michelle O’Neill, vuole sfruttare la crisi politica e l’eventuale successo del suo partito per ridare fiato alle proposta di un referendum per l’unificazione dell’isola: in pratica, per la secessione dell’Irlanda del Nord dal Regno Unito e per il suo ricongiungimento con la Repubblica d’Irlanda.
Un altro tassello verso la disgregazione del Regno.
(da “Huffingtonpost”)
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