FRANCO CARDINI: “GOVERNO FIGLIO DEL MANUALE CENCELLI E DELL’ANSIA DI LEGITTIMAZIONE DELLA MELONI”
“I QUADRI DI FDI SONO SCADENTI, MELONI AL SERVIZIO DELL’ESTABLISHMENT”… “PER IL POTERE E’ DIVENTA PIU’ ATLANTISTA DEGLI ATLANTISTI”… “INVECE CHE LA LOTTA AI MIGRANTI LA FACCIA AGLI EVASORI FISCALI”
“Non mi aspettavo nulla di meglio dalla squadra di governo: è figlia del manuale Cencelli e dell’ansia da legittimazione di Giorgia Meloni”. Franco Cardini è un apprezzato storico e saggista che condivide la militanza giovanile con molti dei volti noti di Fratelli d’Italia, avendo avuto in tasca la tessera del Movimento sociale italiano (parliamo degli anni 50 e 60).
Conferma la stima per Meloni (“le voglio bene”), ma scorre con disincanto la lista dei ministri, conseguenza della necessità “di essere al tempo stesso volpe e leonessa”, per citare Machiavelli. E cioè non tradire la propria storia – portando con sé alcuni fedelissimi – ma assecondare anche le richieste di rassicurazione dell’establishment e delle cancellerie internazionali.
Professor Cardini, che impressione le ha fatto la squadra scelta da Meloni?
Mi aspettavo qualcosa di simile, perché sapevo che la mia amica Giorgia ha alle spalle dei “quadri” generalmente scadenti. Ha preso qualche buon nome, come Crosetto o Valditara, e per qualche altro si è affidata al manuale Cencelli, come per Bernini all’Università. Sappiamo benissimo poi che sul ministero degli Esteri pesa il pensiero di Washington e dunque non mi meraviglio che ci sia finito Tajani
Meloni ha sofferto un’ansia da legittimazione nei confronti dell’establishment?
Sì, ma capisco sia così, è giusto se vuole governare. Per un motivo semplice: nel 2014 Meloni fece un discorso contro le sanzioni alla Russia; credete che se non si fosse rimangiata quelle parole avrebbe potuto fare la presidente del Consiglio? Tutto ha un costo e il suo costo è stato diventare più atlantista degli atlantisti. E con questa mossa ha fregato anche quelli che confidavano di poterla fermare accusandola di fascismo.
La “protezione” di Draghi ha aiutato?
Senz’altro. Molti dei suoi non l’avranno capita, ma da questo punto di vista Meloni ha dovuto essere volpe e leonessa, come direbbe Machiavelli.
Anche a costo di cambiare idea su alcuni dei temi chiave della sua ascesa? All’economia, per esempio, appare difficile che Giorgetti possa scostarsi molto dall’indirizzo di Draghi.
Per motivi che mi sfuggono, Giorgetti – così come Calenda, anche se con meno meriti – gode di grande credito. Ma sull’economia mi pare che Meloni non potrà andare dietro a Lega e FI come faceva una volta, come quando insistevano sulla flat tax, che tra l’altro è un principio sbagliato sia per motivi tecnici che sociali. E mi auguro che non affronti la crisi imminente con la retorica dei porti chiusi e della colpa agli immigrati tanto cara a Salvini.
Molti degli attuali ministri erano nell’ultimo governo Berlusconi, 15 anni fa. Che segnale è?
Di uno scarso ricambio nella classe dirigente dei partiti, prima di tutto. Abbiamo una classe politica deteriorata, che in questi anni ha confuso semplicità e semplicismo, un male comune a gran parte della nostra stampa, come si è visto soprattutto nelle prime settimane di guerra.
Sulla guerra in Ucraina lei è molto distante da Meloni. Da mesi si batte per la pace e lo stop all’invio di armi.
Per me Meloni è una serva atlantica, mentre io per lei sono un servo del tiranno (ride, ndr). Questo però sarà un rischio per la premier nei prossimi mesi: sempre più italiani, con la tremenda crisi in arrivo, non riusciranno a fare la spesa e si diffonderà sempre più il malcontento per essersi infilati in una guerra per fare un piacere a Biden. Credo che a quel punto, senza rinnegare il suo atlantismo ma interpretandolo in maniera critica, Meloni dovrà porsi il problema di come sfilarsi da questa guerra, ridiscutendo il ruolo dell’Italia.
Sarà la guerra a decidere il destino politico di Meloni? A cos’altro dovrà prestare attenzione?
Non dovrà cedere alle provocazioni sul fascismo, pur sapendo che qualunque cosa dirà sarà attaccabile. Tra poco ci sarà il centenario della marcia su Roma: da una parte l’accuseranno di essere ipocrita e di aver rinnegato per finta il fascismo, dall’altra diranno che è ancora una nostalgica. Non dovrà snaturarsi, difendendo con fermezza le proprie idee. L’altro rischio è quello legato al mondo cattolico. Non può permettersi di perdere quest’appoggio e dunque dovrà evitare di fare l’errore di Salvini, che finì per mettersi contro il Vaticano per rincorrere la campagna anti-migranti. Se posso dare un consiglio a Meloni, invece che con i migranti rispolveri una dura lotta all’evasione fiscale.
(da il Fatto Quotidiano)
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