GIULIA BONGIORNO: “PREMIER ACCECATO DALL’ODIO ANTI-TOGHE, OGNI NUOVA NORMA SEMBRERA’ AD PERSONAM”
LA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA: “RIBADISCO IL MIO IMPEGNO PER IL DIRITTO DI CRONACA, FACCIO APPELLO AL SENSO DI RESPONSABILITA’: SE UN GIORNALISTA HA SOLO LE TELEFONATE SCELTE DAI PM, NON DOVREBBE TRATTARLE COME VERITA’ ASSOLUTA”
Adesso che lo scontro sulle intercettazioni si riapre, mentre legge i resoconti sull’inchiesta di Napoli e i verbali delle conversazioni, resta contro il premier. “Qui si fanno sempre e solo leggi per proteggere lui e i suoi uomini” chiosa. Ma ai giornali dice: “Non offrite ai lettori le intercettazioni come se fossero verità assoluta”.
Mai un passo indietro, Giulia Bongiorno.
Da presidente della commissione Giustizia della Camera e da alter ego di Fini sulle questioni giuridiche, per due anni è stata la spina nel fianco di Berlusconi.
Dall’interno della maggioranza, ha contrastato il collega avvocato Ghedini e bloccato il tentativo di cancellare gli ascolti.
Ora, dall’opposizione, continua a farlo.
Il Pdl riprova a fare una legge proteggi-casta, che ne dice?
Sarà percepita così per colpa del premier. È accecato dall’odio verso le toghe. Quando avevamo l’occasione di fare una legge equilibrata sulle intercettazioni non lo ha permesso: si ostinava a volerne una che le cancellasse. Chi insegue l’impossibile alla fine non ottiene niente. Se non ci si è arrivati la responsabilità è solo sua e del suo pallino di fare piazza pulita.
C’è davvero bisogno di una riforma delle intercettazioni o, come dice Di Pietro, basta la legge che c’è?
È innegabile che ci sono stati eccessi nel disporle. Questo non giustifica il chiodo fisso di Berlusconi – che ho fortemente contrastato – di cancellarle: restano uno strumento indispensabile di cui la magistratura non può, e non deve, fare a meno. Ma bisogna garantire che siano autorizzate solo quando sono effettivamente imprescindibili. Piaccia o non piaccia, è a questo che si deve arrivare. I gip non devono fare i notai e ratificare sempre l’operato dei pm, ci si aspetta che facciano i dovuti controlli. Serve una buona legge, ma serve anche che la si applichi con scrupolo.
Oggi si discute soprattutto del diritto di cronaca. Non è necessaria l’uscita delle telefonate di personaggi pubblici?
Purtroppo ai non addetti ai lavori sfugge che, quando si pubblicano ascolti all’inizio delle indagini, si tratta di una porzione minima dell’esistente ed è quella prescelta dagli organi inquirenti. Potrebbero mancare telefonate di contenuto opposto rispetto a quelle pubblicate, solo perchè non sono state ancora trascritte. Ecco perchè il rischio di travisamenti è molto alto.
Due anni fa lei scrisse all’Ordine dei giornalisti e alla Fnsi per assicurare l’impegno per il diritto di cronaca. Lo rifarebbe?
Certamente sì. L’ho difeso con grande convinzione quando si è cercato di mettere il bavaglio alla stampa. Ora però farei un appello al senso di responsabilità . Se un giornalista ha in mano solo le telefonate selezionate dai pm, non può offrirle al pubblico come verità assoluta. Si tratta di frammenti di colloqui. E si tratta di materiale spesso ancora incompleto.
Tra chi, nella maggioranza, vuole tornare al testo della Camera e chi opta per la Mastella (un solo articolo sui limiti alla pubblicazione e sulle multe) da che parte sta?
Come al solito, si cercano soluzioni-tampone. I giornalisti dicono che, se si aspetta il processo, non c’è più interesse a far uscire le telefonate. Senza dubbio è vero, ma questo non legittima una discovery precoce. Bisogna piuttosto limitare il più possibile i tempi del processo e creare subito le udienze-filtro di cui si parla da tempo, anche nel Pd”.
Questo filtro che conseguenze avrebbe?
Il materiale divulgato sarebbe meno parziale. Mi spiego. Nell’udienza-filtro i difensori possono chiedere di escludere le intercettazioni irrilevanti, o di farne trascrivere altre. In questa maniera ci sarebbe in circolazione solo il materiale rilevante, e soprattutto potrebbero esserci intercettazioni a favore degli indagati o di terzi, che invece al momento non ci sono.
Ma se si tratta di uno strumento che tutela gli imputati e avrebbe potuto evitare alcune delle pubblicazioni di questi giorni perchè Berlusconi non l’ha introdotta?
Berlusconi ha fatto del garantismo la sua bandiera, ma i fatti dimostrano che quando si è troppo occupati a pensare a se stessi è impossibile essere garantisti per tutti.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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