“GRILLO VUOL SOLO PIEGARCI”: SE NE VANNO I DUE DEPUTATI “CINQUESTELLE” FURNARI E LABRIOLA
ARRIVANO ALTRE DUE DEFEZIONI NELLA CASERMA CINQUESTELLE E I RIBELLI VANNO ALL’ATTACCO
La crepa si aprirà stanotte, al massimo domani.
Alessandro Furnari e Vincenza Labriola potrebbero sciogliere la riserva e lasciare il Movimento 5 stelle alla Camera.
Senza entrare in polemica con Grillo e Casaleggio, senza «fare i dissidenti».
Le loro motivazioni vogliono affidarle a un post su Facebook. La destinazione prescelta sarà il gruppo misto.
Non hanno avvisato gli altri “malpancisti” della loro decisione, i due deputati tarantini.
Non hanno preso parte a cene o incontri semiclandestini. La loro è una scelta autonoma, delle ragioni non vogliono ancora parlare.
Quel che è certo è che non si trovano più a loro agio nell’assemblea.
E che il malcontento avevano cominciato a manifestarlo nei giorni in cui si era discusso della restituzione della diaria: come tanti, avevano raccontato di non condividere un’imposizione che va al di là di quello che i parlamentari a 5 stelle si sono impegnati a fare (dimezzarsi l’indennità base).
«Non è una questione di soldi», dice Furnari a chi è riuscito a parlarci.
«Il problema è un altro – spiega una deputata che comprende la loro scelta – quello della diaria è solo l’inizio. Grillo e Casaleggio sanno che una volta ceduto su questo punto, su cui ovviamente tutti sono molto sensibili, finiremo per cedere su ogni cosa. Per farci imporre ogni decisione».
Così, il probabile abbandono dei due tarantini si unisce al malcontento di chi – da almeno un mese – è in cerca di vie di fuga.
«Sono buffi – racconta Pippo Civati – mi danno appuntamenti segreti, negli anfratti, dietro i vicoli, e poi arrivano i giornalisti a dirmi: hai parlato con tizio? Hai visto caio?».
Eppure il deputato Pd è certo che qualcosa si stia muovendo nella giusta direzione: «È ovvio che sarà un fatto esterno a far prendere loro una decisione. Magari una sentenza che faccia venir voglia a Berlusconi di mettere in pericolo il governo. Io ne conto in uscita 7 sicuri più 5 incerti alla Camera, e un’altra dozzina al Senato. Se Monti non facesse scherzi, per essere autonomi dal Pdl a Palazzo Madama basterebbero 20 voti: sono certo che davanti allo spettro delle elezioni anticipate ci si arriverebbe tranquillamente».
L’emorragia potrebbe cominciare dopo le riunioni cruciali di questi giorni.
La vicenda dei soldi non è affatto conclusa, il fondo dove mettere l’eccedenza di stipendi e rimborsi ancora non c’è (bisognerà aspettare un travagliato iter del ministero dell’Economia).
La creazione di un «salvadanaio temporaneo» non piace ai dissidenti.
Non si fidano: «Perchè dovrei affidarli a qualcun altro? Chi dovrebbe gestirli? chiede uno di loro – E se poi me ne vado? O se mi cacciano?».
In più c’è il problema delle leggi.
Il fatto che le proposte che vanno oltre il programma saranno sottoposte al blog prima di essere presentate è ormai assodato. Sullo ius soli, ad esempio, sta lavorando la commissione Affari Costituzionali, e il 5 stelle Giorgio Sorial fa parte di un intergruppo che conta di arrivare a qualcosa mettendo insieme le diverse sensibilità che esistono sul tema in Parlamento.
E però, racconta Federica Dieni, «credo che prima dovremo fare un sondaggio sul blog. La nostra proposta passerà prima da lì».
È il punto focale del malcontento dei dissidenti, l’autonomia.
È quello di cui ha parlato ai parlamentari Stefano Rodotà quando è stato alla Camera, la parte del suo discorso che ha dato più fastidio a Beppe Grillo.
Li ha invitati a scoprire il confronto, la mediazione. Li ha spronati a cercare di ottenere dei risultati uscendo dal solipsismo.
Non è che questa, la colpa di cui si è macchiato agli occhi del capo politico.
Ma non è in disarmo, il professore. Tutt’altro.
Adriano Zaccagnini e Tommaso Currò – in contatto costante con Civati continuano a guardare a lui e al movimento dei «beni comuni» come possibile approdo.
Oggi Civati andrà a trovarlo a un convegno della fondazione Basso, di fronte al Senato.
Gli parlerà ancora di un progetto che potrebbe vederlo protagonista. Rifletterà con lui sull’incontro che la rivista Left sta preparando già per la prossima settimana, invitando un fronte trasversale di Pd, Sel e 5 stelle.
Così, anche se ieri – prima della riunione – Zaccagnini diceva di voler proporre un armistizio ai “talebani”, una sorta di patto fondato sul «tornare a decidere tutto in assemblea», il piano B rimane dietro l’angolo.
La crepa aperta da Furnari e Labriola potrebbe diventare una voragine.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
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