GUERRA, LA SITUAZIONE SUL CAMPO E’ CRITICA PER LA RUSSIA
COSA CI SI DEVE ASPETTARE NELLE PROSSIME SETTIMANE, PRIMA DELL’ARRIVO DELL’INVERNO
Al momento, la situazione sul campo resta estremamente critica per i russi, con gli ucraini che continuano ad avanzare su almeno due direzioni – nel nord della regione di Luhansk e nel nord della regione di Kherson, dove nell’ultima settimana ci sono stati i movimenti principali.
Inoltre, stando a diverse fonti il comando ucraino si starebbe preparando ad aprire un nuovo fronte nella regione di Zaporozhye con l’obiettivo di liberare Melitopol e Berdyansk e tagliare così in due il corridoio terrestre che collega la Crimea alla Federazione Russa.
Si tratterebbe, nel caso di successo, di un vero e proprio colpo del ko per le chance russe di mantenere il controllo dei territori occupati e recentemente illegalmente annessi.
Da parte sua, in attesa che la mobilitazione porti a qualche risultato concreto, il comando russo spera nel “Grande Fango” in arrivo, che dovrebbe rendere molto più complesse le future avanzate ucraine visto che i campi e le strade diventeranno a quel punto più difficili da percorrere con i mezzi blindati.
Ma anche il meteo sembra essere dalla parte di Kyiv: le piogge non inizieranno prima del 20 ottobre in direzione di Kherson, e non sono previste piogge serie prima del 19 neppure nella zona di Svatovo nel nord della regione di Luhansk. Quindi gli ucraini hanno ancora una congrua finestra temporale da usare per proseguire l’offensiva.
L’obiettivo del comando ucraino è duplice: a sud liberare tutta la regione di Kherson sulla riva destra del Dnjepr, compresa la città di Kherson, e, nel nord est, liberare tutti gli insediamenti della regione di Luhansk occupati dopo il 24 febbraio, vale a dire Svatovo, Starobelsk, Shchastye, Severodonetsk e Lysychansk.
Ciò permetterebbe agli ucraini di ottenere un importantissimo risultato: raggiungere la vecchia linea di contatto prima del 24 febbraio ed allo stesso tempo azzerare tutti i guadagni territoriali ottenuti nel Donbass dai russi a caro prezzo durante l’offensiva estiva.
Per cercare di fermare l’avanzata ucraina prima dell’arrivo del “Grande Fango”, i russi hanno iniziato da subito ad inviare in prima linea a Luhansk anche una parte di coloro che sono stati mobilitati nelle ultime settimane. Trattandosi in molti casi di soldati inviati al fronte senza praticamente nessun addestramento, si sono anche moltiplicati i casi di resa.
Il punto è che la efficacia di queste nuove truppe in combattimento, per usare un eufemismo, è quantomeno molto discutibile, ed è improbabile che queste tattiche disperate possano consentire ai russi di poter migliorare la situazione velocemente.
Il dato di fatto è che, al momento, l’Ucraina ha una risorsa a disposizione che manca disperatamente alla Russia: 400.000 soldati con esperienza di combattimento e bene armati già schierati sul campo, oltre a molti altri in fase di addestramento in Occidente pronti ad essere schierati al fronte come riserve se necessario per rafforzare la capacità di penetrazione nel territorio nemico.
Questa situazione favorevole a Kyiv, almeno teoricamente, potrebbe non durare a lungo: la Russia, infatti, ha una capacità potenziale di mobilitazione molto più elevata di quella dell’Ucraina, fosse solo per la sua popolazione in età militare.
Come afferma Igor Kurtukov, storico militare russo, dal punto di vista strettamente militare “se la Russia fosse davvero in grado di schierare ed armare una forza tre volte superiore, gli ucraini avrebbero ben poche chance di farcela. L’unica speranza, che però non è infondata, è che la Russia non sia in grado di farlo”.
Permane molto scetticismo, infatti, sulla possibilità che la mobilitazione annunciata da Putin abbia davvero successo. Non passa giorno che non venga riportata la morte di qualche soldato mobilitato “per suicidio” nei vari campi di addestramento del Paese. Inoltre, continuano a circolare video di soldati mobilitati in situazioni difficili, costretti a dormire per terra o che si lamentano di mancanza di cibo e beni di primaria necessità.
Tutto ciò, ovviamente, non può che impattare negativamente sul loro morale anche prima di essere schierati sul campo di battaglia. Non per nulla l’Ucraina ha deciso di approfittare di questa situazione istituendo una hotline apposita per consentire a coloro che sono stati mobilitati di poter arrendersi immediatamente non appena schierati in Ucraina. La hotline in oggetto ha un nome che da solo è un programma: “Voglio vivere”.
Se la situazione continuasse a peggiorare nonostante la “mobilitazione parziale”, prima di arrivare alle atomiche Putin avrebbe comunque a disposizione altre opzioni: ad esempio potrebbe anche dichiarare la guerra totale e una vera e propria mobilitazione generale, mettendo l’intera economia del Paese al servizio dello sforzo bellico, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Dopo tutto, si tratta di ciò che aveva già fatto a suo tempo l’Unione Sovietica nel 1941 quando era stata invasa dai nazisti. Ma ora la situazione è ben diversa: sono i russi ad invadere un altro Paese. Di conseguenza, è estremamente difficile poter ottenere lo stesso grado di mobilitazione popolare condotta dall’Unione Sovietica durante quella che ancora oggi i russi definiscono la “Grande Guerra Patriottica”.
Uno dei problemi a cui la Federazione Russa andrebbe incontro in questo ultimo caso è, inoltre, l’impatto che l’immensa massa di mobilitati avrebbe sulla stabilità politica del Paese: “Questa massa di persone ha bisogno di essere nutrita, trasportata. La mobilitazione continua è proprio ciò che ha portato alle rivoluzioni in Russia all’inizio del XX secolo”, fa notare Kirill Mikhailov di Conflict Intelligence Team (CIT).
(da Fanpage)
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