I MISTERI DELLA NOTTE DI DACCA
IL BLITZ, LE TORTURE, IL PROFESSORE…I TERRORISTI HANNO CERCATO DI FUGGIRE, SONO STATI UCCISI CON UN COLPO ALLA NUCA
Davvero erano solo cinque i terroristi? Chi sono in realtà ? Come possono le autorità bengalesi affermare tanto velocemente che non militano per Isis? E cosa raccontano i fermati?
Era inevitabile che un attentato terroristico grave come quello nel cuore di Dacca venerdì scorso, in cui sono coinvolti anche cittadini occidentali, sollevasse dubbi e interrogativi di ogni genere.
Misteri, ipotesi disparate dominano l’inchiesta. Ma occorre aggiungere che la tradizionale libertà opaca concessa con parsimonia dalle autorità in queste regioni del mondo non fa che complicare le cose.
La stampa locale viene censurata, le teorie del complotto vanno per la maggiore. «Pubblichiamo, ma non crediamo alle verità del governo», affermano i giornalisti a Dacca. I portavoce di polizia ed esercito non aiutano. Questi i punti oscuri più evidenti.
Isis o altro?
Da subito i capi dei servizi di sicurezza locali e poi la premier Sheikh Hasina hanno ribadito che il commando era legato a gruppi dell’estremismo islamico locale, e in primo luogo quello dei «Jamatul Mujaheddin Bangladesh», attivo da molti decenni. «Isis non c’entra per nulla», ci ha detto ieri Masudur Rahman, portavoce della polizia. In realtà , tutti i maggiori commentatori locali e stranieri puntano il dito proprio contro Isis.
Lo stesso Califfato ha pubblicato subito le foto di 5 attentatori, presentati come suoi fedeli militanti.
Alcuni di questi ultimi nei loro blog si proclamavano seguaci di Isis e pare lo abbiano ripetuto durante il massacro
I tempi dell’eccidio
Gli inquirenti dichiarano che gli ostaggi sarebbero stati uccisi tutti entro i primi 20 minuti del blitz, dunque più o meno alle 21 di venerdì.
Ma la cosa è smentita da tutte le fonti dirette. Ci si chiede inoltre come mai l’intera operazione è durata circa 12 ore.
Il Corriere ha parlato con Shishir Sharkar, un indù 26enne che lavora nella cucina del locale, che ha fornito questa versione: «Quando i terroristi sono entrati io ho trovato rifugio nella ghiacciaia con un giapponese. Dopo due ore, alle 22.30, ci hanno scoperti e obbligati ad uscire. Il giapponese è stato ucciso subito con una raffica al petto. Io sono salvo solo perchè ho detto di essere musulmano. Poi mi hanno spinto nel salone, dove erano riversi nel sangue gli ostaggi. Pochi minuti prima erano stati colpiti a raffiche. Davanti a me i terroristi si sono messi a tagliare le gole, ma anche braccia e gambe a quelli che ancora respiravano. Non credo vi siano sgozzati che prima non siano stati feriti. Qualcuno è stato poi pugnalato a petto, schiena e collo. Credo che gli sgozzati siano almeno 9. Tra loro anche 3 o 4 italiani».
I numeri?
Isis parla di cinque «martiri». La polizia di Dacca ne segnala invece sette, di cui uno sarebbe ferito, ma vivo e sotto custodia nell’ospedale militare. Di lui non è stata diffusa alcuna identità finora.
I commentatori locali azzardano l’ipotesi possa essere un falso delle autorità per poi poter diffondere con facilità la loro versione dei fatti.
Per esempio, non sarebbe vero che è stata la polizia a liberare gli ostaggi, ma sarebbero stati gli stessi terroristi a lasciarli andare prima dell’ultima battaglia.
A detta di Sharkar, il nostro intervistato, assieme a un altro collega, il 26enne Delwar Hussein, i terroristi sarebbero comunque stati volutamente uccisi dalle teste di cuoio governative nella scena finale del sequestro alle sette e mezza della mattina di sabato. Raccontano: «Alle sette in punto i terroristi ci hanno detto che noi musulmani potevamo uscire liberamente. Loro invece sarebbero morti combattendo e volati in paradiso. Ci hanno ingiunto di ricordare il loro sacrificio e mantenere la nostra fede in Allah. In realtà , hanno provato a fuggire dal retro del ristorante. Ma la polizia ha attaccato in forze. Alcuni sono caduti a terra feriti. Ne ho visti un paio che si trascinavano verso il muro di cinta con tracce di sangue sui pantaloni e le scarpe. La polizia allora li ha uccisi tutti sparando alla testa. Noi tredici sopravvissuti non siamo stati liberati dal blitz».
Il professore arrestato
Resta enigmatica la figura di Hasnat Karim, professore alla North South University (Nsu), una delle più prestigiose a Dacca. In un primo tempo era stato descritto come tra le vittime fortunate, che con moglie e due figli, sono sopravvissute all’inferno.
Ma al momento è sotto interrogatorio con il sospetto possa essere legato ai terroristi. Karim ha vissuto oltre 12 anni a Londra, dove ha tra l’altro studiato ingegneria alla Queen Mary University.
Nel 2012 era docente alla Nsu, dove pare abbia insegnato anche ad almeno uno dei terroristi, Nibras Islam. I sospetti nei suoi confronti sarebbero cresciuti quando gli inquirenti hanno sostenuto di aver trovato il suo nome e numero di telefono su di un bigliettino nella tasca dei pantaloni di un jihadista.
Inoltre, alle 5 di sabato Karim sarebbe stato filmato dalle telecamere delle forze dell’ordine mentre fumava una sigaretta chiacchierando amichevolmente con i sequestratori sulla terrazza del Holey Artisan Bakery.
Il pizzaiolo
Una storia simile è quella di Saiful Choukidar, 40 anni, di professione pizzaiolo, deceduto nello scontro a fuoco.
La polizia sospetta potesse essere il basista del commando nel locale e ne diffonde la foto col nome di battaglia: Akash. Tuttavia la sua foto non corrisponde con quelle diffuse da Isis.
Tra i reporter del quotidiano Daily Star , diretto da Mahfuz Anam, un intellettuale particolarmente critico del premier, è prevalente l’ipotesi che proprio la confusione sulle identità dei componenti del commando faccia parte di una precisa strategia del governo per annacquare le proprie responsabilità .
Lorenzo Cremonesi
(da “il Corriere della Sera”)
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