I PALETTI DI MATTARELLA SUI MINISTRI
IL MINISTERO DEGLI INTERNI NON E’ UN SET DELLA PROPAGANDA E DEVE RAPPRESENTARE TUTTI GLI ITALIANI, QUINDI NO A UN LEADER POLITICO, SI’ A UN TECNICO… DI MAIO AGLI ESTERI E GUERINI ALLA DIFESA… UN TECNICO AL TESORO
Perchè poi, si sa che l’ultima parola spetta al Colle.
Ed è chiaro, come sempre è stato, che si stabilisce un’interlocuzione informale, ben prima che il premier incaricato salga per sciogliere la riserva. Appuntamento questo previsto al massimo entro la giornata di domani. In particolare sono due le caselle su cui c’è un’attenzione particolare, che ha già prodotto i suoi affetti nel negoziato tra i partiti: l’Economia, dove è gradita figura di provato europeismo ed autorevolezza in materia di conti pubblici (leggi qui Giuseppe Colombo) e Interni.
Sarebbe sbagliato dirla così: Mattarella vuole un “tecnico” al Viminale. È più corretto dirla in questo modo: Mattarella, secondo una lunga consuetudine repubblicana, non ritiene opportuno che al Viminale ci sia un leader di partito, dopo la parentesi di Matteo Salvini.
Perchè il Viminale non è un set della propaganda, ma un luogo dove si lavora e si appare poco, e chi lo ricopre deve essere vissuto più come una figura “istituzionale” che “di parte”, di cui si fidano anche gli avversari politici. Non è un caso che, nell’infinita saggezza democristiana, mai nessun leader di quel partito ha ricoperto il ruolo di ministro degli Interni.
Questa lunga premessa spiega perchè Di Maio, che ancora ieri sognava di andare in diretta Facebook contro il suo predecessore, seduto sulla sua sedia, al momento, nel negoziato, sia alla casella Esteri.
Non agli Interni e neanche alla Difesa, casella delicata anch’essa, dove si sono manifestate, sempre sul colle più al alto, alcune perplessità degli apparati su un ministro giovane, inesperto.
Al momento alla Difesa compare il nome di Lorenzo Guerini, del Pd. Più Pd che Renzi, nel senso che il “Forlani di Matteo” — così era chiamato per le sue doti mediatorie — ha da tempo rifiutato l’ipotesi scissionista ed è in grande collaborazione col nuovo corso.
Di Maio dunque alla casella che fino a ieri sembrava destinato ad Andrea Orlando, che invece resterà fuori dal governo e si dedicherà al partito come vicesegretario unico.
È complicato stoppare questa ambizione del capo politico dei Cinque Stelle che, pur non avendo esperienza di feluche e dimestichezza con le lingue, ha consentito lo sblocco della trattativa rinunciando al ruolo di vicepremier. E stoppato su Interni e Difesa.
Unico perchè l’altro vicesegretario, Paola De Micheli, invece entrerà . In una situazione di trattativa in corso, con liste che cambiano ogni ora, al momento è alle Infrastrutture, dove però i Cinque Stelle vorrebbero l’attuale capogruppo al Senato Stefano Patuanelli, ingegnere con approccio poco ideologico rispetto al predecessore Toninelli in materia di opere pubbliche.
C’è un punto fermo. L’idea di un governo di “discontinuità ” cara a Grillo è franata nella dinamica politica reale.
Di Maio ha inchiavardato nella trattativa i suoi fedelissimo Fraccaro (ai rapporti con Parlamento) e Bonafede, sul cui ruolo c’è una tensione, perchè per il Pd non è digeribile che possa rimanere alla Giustizia, in continuità con l’ultimo anno.
E il Pd non può permettersi di mettere nel governo figure di non provata esperienza, altrimenti rischia di non avere il controllo della situazione. Soprattutto ora che appare chiaro che palazzo Chigi sarà un luogo “autonomo”, in cui Conte non ha intenzione di condividere la sua sovranità .
Senza vicepremier, per la casella di sottosegretario alla presidenza, vero centro nevralgico dell’attività di governo (da Gianni Letta a Giorgetti) vorrebbe un suo “tecnico di fiducia”: il nome che ha in mente è quello di Roberto Chieppa, il sottosegretario generale della presidenza del consiglio.
Nome che cozza con le aspettative e le ambizioni di Vincenzo Spadafora. È uno dei tanti nodi ancora non sciolti. La dead line è domani mattina, quando Conte salirà al Colle con la lista.
(da “Huffingtonpost”)
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