IL BLUFF RAGGI: ECCO COME LA DEMOCRAZIA “DIRETTA DA MILANO” HA IMPOSTO LA SINDACA DI ROMA
UN’ANTICIPAZIONE DI “SUPERNOVA”, IL LIBRO DEGLI EX DI CASALEGGIO SVELA I RETROSCENA DELLA CANDIDATURA
Roma, inverno 2017. Ci sono due uomini che camminano. Uno è giovane vestito di nero. Parla per formule matematiche. Dice di conoscere la verità delle cose.
L’altro è anziano e macilento, ma lucidissimo. Capisce prima degli altri come cambiano le cose.
Il giovane ha un’ossessione. Prova a spiegarla. «È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità ».
Vuoi una pillola rossa? – chiede al vecchio.La risposta è quasi un lamento, lontano, secco. «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi… il peccato che non perdoniamo mai è semplicemente quello di “fare”. […] il sonno è ciò che vogliono».
Ecco, per raccontare la Roma di oggi, la sua suburra immortale e i suoi nuovi regnanti, le bugie, gli inganni e le speranze, servirebbero davvero due come loro.
Da una parte Morpheus, l’eroe che in Matrix combatte la realtà simulata e creata dalle macchine, dall’altra il Principe Fabrizio Salina, l’antieroe cinico e disincantato del Gattopardo.
Entrambi hanno a che fare con una realtà virtuale, entrambi, da posizioni opposte, combattono contro i fake, i falsi, le ipocrisie.
Perchè di questo stiamo parlando, di Roma e di come è diventata un fake. Roma è falsa, perchè non può cambiare. Perchè la città piu bella del mondo non può cambiare.E se Roma è falsa, tutto è falso, il mondo è falso. E chi la vuole per sè è anche lui falso.
Guardare Roma, e Torino, è come avere in mano la visione a raggi X di cosa è il Movimento.
Come viene gestito, chi lo usa, come si avvicina al potere, come viene avvicinato dal potere. Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino, sono due facce della stessa medaglia.
Anche se per pochi mesi una si trovava nell’inferno delle critiche mentre l’altra veniva salutata come il volto nuovo della politica, entrambe sono legate dagli stessi fili.
Entrambe nascono all’interno dei poteri delle loro città . Raggi da uno degli studi legali più potenti della Capitale, quello dei Sammarco amici e sodali di Cesare Previti.
In quello studio, distillato del generone romano, Raggi per qualche mese è presidente di una società la Hrg di Gloria Royo, braccio destro di uno dei protagonisti dell’inchiesta di Mafia Capitale, ex-ras dei rifiuti a Roma.
Nessun problema se non fosse che questo, ed altro, non finirà nel suo curriculum. Perchè?
Chiara Appendino nasce nel cuore della Fiat, nella società sportiva di famiglia, la Juventus.
Entrambe non muovono un passo senza i loro Rasputin: Renato Marra per la Raggi (salvo poi scaricarlo come «uno dei 23 mila dipendenti comunali» al momento dell’arresto per corruzione), Paolo Giordana per l’Appendino.
Entrambe sono state elette per ridare il potere ai cittadini facendo leva sui ceti popolari, sulle istanze dal basso, per poi finire a corteggiare e farsi corteggiare dal sistema, tradendo ampie fette dell’elettorato di riferimento e i loro stessi programmi. Entrambe hanno i loro “protettori”.
La Raggi e i suoi consiglieri hanno demandato alla Casaleggio Srl qualsiasi scelta sulle politiche amministrative firmando – caso unico al mondo – un contratto di natura privata con la casa madre, secondo il quale queste dovranno essere «preventivamente sottoposte a cura dello staff…» e la comunicazione ufficiale dovrà passare attraverso i canali ufficiali del Movimento.
Un contratto in nove punti che prevede anche una clausola per chi non dovesse rispettarlo, 150 mila euro di penale.
Casaleggio amava dire «non si combattono le guerre che non sai di vincere».
E c’erano certe guerre che non voleva nemmeno sfiorare. Una di queste riguardava il Movimento a Roma. Per capire il contesto bastano queste poche istantanee, frame racchiusi nella parte della memoria che fa più male, quella del rimpianto.
Il rimpianto, qui, ha nome e cognome: quello di Marco Agostini.
Quando si avvicina al Movimento ha quarant’anni, soddisfazioni lavorative, tre figli. È il prototipo dell’attivista old style, lontano anni luce dagli haters della rete. Agostini ha rapporti diretti e amichevoli con Casaleggio e quando a Roma arriva il momento di presentarsi alle elezioni – siamo alla fine del 2012 – è lui che organizza le primarie on line per le elezioni comunali.
Non sulla piattaforma della Casaleggio srl ma su un server autonomo: cittadini informati e democrazia diretta come stelle polari.
L’affluenza è buona, per i candidati a sindaco si organizza anche un confronto pubblico. Tutto è pronto per scegliere chi sfiderà Ignazio Marino.
Dopo il successo di febbraio alle elezioni politiche c’è chi crede che è possibile conquistare anche il Campidoglio. L’unico a non crederci, anzi a sperare che non questo non succeda è proprio Grillo. «Se la tenessero Roma…», dice di fronte a molti testimoni.
Sa che il Movimento non è attrezzato a quel salto, stare all’opposizione è in fondo più comodo, almeno in quel momento. E da Milano arriva l’ordine, puntuale.
«Fu deciso», racconta Agostini, «contro ogni logica di far votare il candidato sindaco sulla loro piattaforma. Provai a parlarne con Gianroberto ma fu irremovibile. Ma quello che mi sorprese fu altro. Quando gli chiesi se pensava di far verificare le votazioni on line da un ente terzo la sua risposta arrivò come un maglio: “Col cazzo che faccio entrare una società estranea nel mio database…”».
A Roma dopo anni di diaspore e divisioni, c’è comunque un candidato forte: si chiama Daniele Frongia.
Il suo sfidante è meno conosciuto ma è appoggiato da Roberta Lombardi, in quel momento capogruppo e presidente del M5S alla Camera.
A Roma, l’attivismo ha una frattura: o stai con Roberta o sei suo nemico. Il suo candidato è Marcello De Vito: apprezzato sì ma a dire di molti – tra cui anche Grillo – privo di fascino.
Agostini è molto legato a Frongia. E il giorno delle votazioni sul blog è sulle spine. «Decidono i cittadini, decidono i Romani, non i partiti». È uno degli slogan del Movimento. «Per questo», continua Agostini, «quando ricevo la chiamata da Milano rimango di sasso. Era Filippo Pittarello che voleva avvertirmi che Daniele era nettamente in testa…».
Agostini è sorpreso perchè questo significa che il software della Casaleggio permette a chi ha le password di osservare in tempo reale chi vota, come vota.
Il pensiero di Agostini torna a quel diktat, alla decisione di trasferire le votazioni da un server indipendente a quello della Casaleggio.
E le sorprese non finiscono qui. Per tutto il pomeriggio da Milano confermano il trend su Frongia, ma pochi minuti dopo la chiusura delle votazioni Agostini riceve un’altra chiamata da Milano. Al telefono è sempre Pittarello: «Mi spiace Marco, comunica a Daniele che non ce l’ha fatta, ha vinto Marcello…».
Dalle urne romane di maggio – quelle vere – uscirà vincente Ignazio Marino.
Uno dei suoi primi atti sarà coinvolgere nella sua giunta i consiglieri M5S e per questioni di immagine propone che sia Virginia Raggi il volto di questa operazione: in quella risicata pattuglia si apre il dibattito, accettare o meno l’offerta?
La questione viene chiusa dal blog, con un post molto violento di Grillo e Casaleggio. Sarà l’ultimo momento di notorietà per la Raggi fino al 2015.
È nell’autunno di quell’anno che Virginia riceve una telefonata. In quei due anni e mezzo è sparita mediaticamente e dal punto di vista dell’attività di consigliere è coperta dall’attivismo di Frongia e De Vito.
«Abbiamo pensato a te per la candidatura a sindaco di Roma. Te la senti?». La voce è quella di Gianroberto Casaleggio e quella è un’investitura, chiara, netta.
Ma è anche un gigantesco insulto alle regole e ai principi che lui stesso ha inventato.
Per creare la candidatura della Raggi e poi lavorare su quell’illustre sconosciuta, bisogna sgombrare il campo, metterla in condizione di non avere rivali interni.
La logica vorrebbe che possa essere Frongia il candidato con più possibilità di essere scelto dagli attivisti. E quindi Frongia deve essere convinto.
Solito metodo quindi, la linea telefonica, altro che voto dei cittadini. Ma stavolta a chiamare è Davide Casaleggio che da tempo conosce Frongia con cui condivide la passione degli scacchi.
Frongia non può tirarsi indietro dalle comunarie ma l’accordo è siglato, Virginia sindaco e Daniele suo vice.
È la democrazia diretta.
Nel senso che è diretta da Milano.
(da “L’Espresso”)
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