IL BULLETTO OGGI RISCHIA UNA LEZIONE, MA SI PREPARA A BARARE
SENATO, LA LEGA (E IL SEGRETO) SPAVENTANO IL GOVERNO … OGGI ANDRà€ AL VOTO L’EMENDAMENTO SULLA RIDUZIONE DEI DEPUTATI CHE LA MAGGIORANZA (CON L’AIUTO DI GRASSO) VORREBBE APPROVARE A VOTO PALESE
Adesso il governo ha paura.
In arrivo stamattina c’è l’emendamento del leghista Candiani, il più pericoloso di tutti (e per questo nei corridoi di Palazzo Madama si vocifera che l’abbia scritto Calderoli), quello che — con una formulazione tanto astrusa, quanto insidiosa — mette insieme la riduzione dei deputati a 500 e le minoranze linguistiche. E trattando di minoranze, è possibile il voto segreto.
“Stanno facendo di tutto per evitarlo, perchè hanno paura di andare sotto”, denuncia la senatrice-regina-dell’ostruzionismo, Loredana De Petris (Sel).
Ci sarebbe in programma un’altra Giunta per il Regolamento, proprio per decretare la non legittimità dello scrutinio segreto.
Vedremo. In effetti, gli uffici di Palazzo Madama, da giorni, stanno cercando un modo per neutralizzarlo.
Scorporarlo? Difficile, perchè è scritto troppo male (o troppo bene).
Alla fine, il governo prenderà le sue contromisure, e si rimetterà al voto dell’Aula: in altre parole, per paura di andare sotto, non esprimerà parere contrario.
Perchè i senatori sono anche vendicativi: perchè loro vanno di fatto aboliti (e sostituiti da consiglieri regionali e sindaci) e i deputati invece possono rimanere gli stessi?
Il Pd in Senato ostenta sicurezza: “Anche se passa qui, lo cambiamo alla Camera”.
E però, questo come minimo vuol dire una lettura in più delle quattro previste.
Con i tempi che si allungano.
Il dibattito in Senato, intanto, procede così, tutto a colpi di ostruzionismo, di strattoni, e di applicazioni del regolamento.
Ieri mattina, i dissidenti dem, capitanati da Felice Casson, denunciano: “Il canguro non si può applicare per le riforme costituzionali”.
Il canguro è un tormentone, con tanto di peluche che appare in Aula nel pomeriggio, però è anche il metodo trovato dal governo per aggirare l’ostruzionismo, cancellando gli emendamenti simili a quelli fatti votare.
Martedì ne sono stati fatti decadere 1400. E dunque, il grido degli oppositori della riforma è retroattivo, come è retroattiva la Giunta per il Regolamento, che Piero Grasso convoca in fretta e furia ieri mattina.
Dura quasi tre ore, e visto che il tempo è poco, le grandi riforme costituzionali si arenano per un’altra mezza giornata.
Poi arriva la decisione a maggioranza, comunicata dallo stesso Grasso, che da quando è salito al Colle la settimana scorsa, sembra aver subito una “piegatura ” in senso renziano e aver smesso di remare contro.
“Il canguro si applica anche a leggi costituzionali”, assicura. Ci sono precedenti, nel 2002 e nel 2005. Il Regolamento è dubbio, la decisione stiracchiata, i precedenti opachi. Ma tant’è.
La Giunta per il regolamento di Palazzo Madama nel 1996 lo aveva preso a prestito da quello della Camera. Ora, la stessa Giunta riconferma la legittimità della sua applicazione anche per le leggi costituzionali, facendo rientrare la tecnica “anti-ostruzionismo” tra i poteri del presidente del Senato.
Nel frattempo, però, nel 1997 il regolamento della Camera è stato modificato: la tecnica di accorpamento delle votazioni non può essere utilizzata per i progetti di legge costituzionale.
La seduta di ieri va avanti stanca. Viene bocciato l’emendamento Minzolini sul Senato elettivo. “Il sasso più grosso è stato tolto dai binari. Ora ci aspettiamo un percorso più agevole, Pd e governo Renzi sono pronti a riaprire il dialogo con chi rinuncerà all’ostruzionismo”, commenta il renzianissimo Andrea Marcucci.
Nonostante il ritmo lento, comincia a farsi strada la convinzione che se non per l’8, a Ferragosto arriverà il sì dell’Aula.
Il canguro funziona, Sel sembra più morbida e i frondisti di Pd e FI hanno le armi spuntate. Twitta un Renzi tanto conciso quanto incisivo: “Mentre loro hanno finito il tempo, noi non abbiamo finito la pazienza”.
E intanto, lavora a due Cdm, uno per l’11 e uno per il 18 agosto. Oggi intanto c’è la direzione del Pd: ancora una volta il premier dovrebbe battere sugli sbandierati futuri 1000 giorni del suo governo. E tutti si aspettano l’ennesimo ultimatum sulle riforme.
Quel che è certo, è che non si farà la segreteria: prima di incassare il sì di Palazzo Madama, Renzi le minoranze le lascia fuori.
E intanto, si lavora all’accordo, quello sulla legge elettorale. Il filo privilegiato è sempre l’asse con Forza Italia. Ma dentro, dovrebbero rientrare anche alcune delle richieste democratiche: ovvero la possibilità di reintrodurre le preferenze.
Il punto di caduta potrebbe essere quello di eleggere una parte dei deputati a liste bloccate, una parte con le preferenze.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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