IL CENTRODESTRA TORNA UNITO SULLA GRANDE COALIZIONE DOPO RENZI
CONFALONIERI, ALFANO, VERDINI SI POSIZIONANO
Nel Palazzo i naviganti più esperti già sentono i rumori della tempesta. E preparano scialuppe e piani di salvataggio, che nel centrodestra si chiamano “grande coalizione”. Per il dopo-Renzi e senza Renzi.
Ecco Fabrizio Cicchitto, che ha assistito prima al crollo di Craxi poi a quello di Berlusconi: “Guarda che l’intervista di Confalonieri non è banale. Perchè non c’è solo la suggestione di un Nazareno oggi, che conosciamo. Dice molto di più. Confalonieri, avendo la responsabilità di Mediaset, si pone questo problema: che facciamo se a ottobre salta tutto? E lui dice facciamo una grande coalizione”.
Il passaggio cruciale dell’intervista alla Stampa è questo: “Credo che in questa fase si debba sostenere il governo. Il Cavaliere non la pensa così ma io sarei favorevole a qualcosa che assomigli al Nazareno. Per affrontare i grandi problemi ci vuole una base ampia. Non mi spingo a evocare la Grosse Koalition alla tedesca, ma guardiamo quel che accade in Spagna. Per uscire dalla paralisi i due partiti tradizionali dovranno lavorare insieme, è l’unica strada”.
La notizia non è tanto l’atteggiamento filo-governativo oggi, che Mediaset non ha mai abbandonato (basta vedere i tg) per tutelare i propri interessi, dai tetti pubblicitari da non liberalizzare, alla complessa partita dei diritti tv sul calcio (in mano a Luca Lotti), rilevante in sè, vitale nel momento in cui Premium è stata venduta a Vivendi.
La notizia è soprattutto il programma politico per il domani segno che, nel cuore dell’Impero, l’eventualità che il governo salti a ottobre non è considerata remota.
Un ex ministro del Pdl la dice così: “Confalonieri ha schierato il partito azienda sulla grande coalizione. Nell’ottobre del 2011 lui, Doris e Letta, in piena tempesta finanziaria lo schierarono su Monti, nel 2013 su Letta, passando per la rielezione di Napolitano. Ora se Renzi salta, non importa con chi ma ripropongono lo stesso schema”.
Il “se Renzi salta”, impensabile prima delle amministrative, all’ordine del giorno dopo la batosta del Pd, è diventato tema di urgente attualità dopo il vertice con la Merkel: “Il referendum sarà celebrato a ottobre, ovvero a legge di stabilità aperta. È evidente che se vince il no si fa un altro governo”.
Eventualità di cui si discute anche dentro il partito di Alfano. Proprio per questa mattina alle 12 era prevista una riunione di gruppo, che si annunciava come uno sfogatoio, con Formigoni che avrebbe chiesto l’appoggio esterno e mezzo gruppo che avrebbe chiesto le dimissioni di Alfano.
E’ stata spostata a lunedì, quando, tradizionalmente, la partecipazione è bassa: “Angelino — sussurra una fonte maliziosa — deve capire come sopravvivere. Per ora avanti con Renzi, ma se intravede che la stabilità si ottiene con un governo Franceschini, diventa il primo supporter di Franceschini”.
Un dato di fondo accomuna il centrodestra che fu.
Il rifiuto delle urne perchè col consenso attuale è difficile far tornare in Parlamento la pletora di deputati e senatori che ci sono ora.
La novità , in questa sorta di unità ritrovata all’insegna della grande coalizione, è il nuovo corso di Forza Italia, al momento meno esposta agli umori grillini di Silvio Berlusconi.
Fatto fuori il cerchio magico, sostituita la Rossi nel ruolo di tesoriere del partito con l’uomo Mediaset Alfredo Messina, la prossima tappa dell’aziendalizzazione sarà la nomina di consiglieri regionali, scuola Fininvest e senza velleità politiche.
E Verdini? È convinto che Matteo possa ancora farcela. I suoi, che innamorati del premier non sono mai stati, sono pronti, quando sarà , a diventare alfieri del solito “bene del paese” da tutelare con un nuovo governo e con la “stabilità prima di tutto”. Guardate come cambia rapidamente il clima.
I verdiani da un po’ sono scomparsi dai radar. Poche interviste, niente elogi o difese a spada tratta, profilo basso sul referendum.
Già pronti a osannare un nuovo leader che prolunghi la legislatura, con lo stesso entusiasmo con cui hanno vissuto l’era renziana e prima ancora quella di Berlusconi, che li portò in Parlamento con i suoi voti.
(da “Huffingtonpost”)
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