IL GOVERNO ORA HA TRADITO LE PARTITE IVA
CHIEDENDO IL VOTO DI FIDUCIA SUL DECRETO ANTICRISI, SONO SALTATI GLI EMENDAMENTI CORRETTIVI… SVANITA LA SPERANZA DI MODIFICARE GLI STUDI DI SETTORE, BEFFATI ARTIGIANI E COMMERCIANTI… NIENTE REVISIONE DI STUDI E NESSUNA INVERSIONE DELL’ONERE DELLA PROVA… ECCO COME LA LEGA DIFENDE GLI INTERESSI DEL NORD
La prossima settimana al Senato alcuni deputati del Pdl avrebbero presentato un emendamento per mettere nero su bianco l’inversione dell’onere della prova negli accertamenti relativi agli studi di settore.
La fiducia posta alla Camera dal governo sul decreto legge anticrisi si è tramutata nella pietra tombale dei consensi del popolo delle partite Iva a Lega e Pdl.
Le speranze di una revisione sostanziale del “redditometro” voluto da Visco, promessa a parole (come al solito), viene meno. Non solo mancano i tempi tecnici ormai, ma soprattutto viene meno la volontà politica.
L’emendamento che avrebbe previsto l’inversione dell’onere della prova che oggi grava sulle spalle del soggetto “non congruo” e non sull’amministrazione finanziaria che gli contesta cifra d’affari e imponibile, sostenuto da Lega e Pdl, al momento del redde rationem è rimasto nella penna dei firmatari e non è nemmeno mai arrivato alla resa dei conti.
Dimenticato, secondo la versione ufficiale, nei meandri della burocrazia camerale.
Erano state raccolte migliaia di firme a sostegno di un intervento del Governo sugli studi di settore, per renderli compatibili con una situazione di crisi economica che ormai troppi artigiani e commercianti stanno attraversando.
Sarebbe stata un’iniezione di fiducia per molti, una boccata di ossigeno per altri. Il centrodestra è riuscito a tradire quelli che sono in maggioranza suoi elettori con un comportamento ambiguo: disponibile a parole, ma poi negativo al momento di tutelarli.
Il motivo è semplice: un intervento sugli studi di settore sarebbe costato allo Stato una cifra tra i 3 e i 4 miliardi di euro e non c’e’ stata la volontà politica di Lega e Pdl di mantenere la parola data.
Ora qualcuno al Governo parla di un “tavolo tecnico” per valutare con calma in futuro come intervenire, ma l’unico dato certo è che l’inversione dell’onere della prova poteva fissarla solo il legislatore e si è persa l’occasione.
Professionisti, artigiani e commercianti sono sottoposti a regime fiscale induttivo da oltre 200 studi di settore. Era necessaria una riscrittura condivisa, tra amministrazione e categorie, dei criteri ispiratori degli studi, inadeguati a tener conto di fasi cicliche.
Eventi eccezionali, come la crisi mondiale, falsano le pretese degli indicatori presuntivi in base ai quali gli studi si fondano.
Pretendere di presumere un guadagno analogo a quello degli anni scorsi da parte di un commerciante o di un artigiano, mentre siamo in piena recessione, è un assurdo, diciamolo francamente.
Andavano abbassati i parametri, come vanno aumentati i salari e gli stipendi dei lavoratori dipendenti, attraverso sgravi fiscali.
Ci sono piccoli negozi e attività artigiane dove si campa a fatica e si pretende che paghino cifre esagerate in momenti in cui mancano i clienti? Non bastano provvedimenti amministrativi, ci volevano modifiche legislative.
Qualcuno ha pensato bene di mettere la fiducia sul decreto e impedire emendamenti e modifiche, Lega e Pdl in primis.
Solo Fini ha speso una parola contro questo andazzo e gliene diamo atto. Diciamo che sarebbe stato meglio non promettere nulla al popolo delle partite Iva, invece che prenderlo per i fondelli con la politica degli annunci. Ormai l’importante per il governo è solo fare cassa… ma la correttezza imporrebbe ben altro comportamenti e coerenza.
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