IL PARLAMENTO E’ GIA’ CHIUSO, SOTTRARGLI POTERE NON SERVE
LE CAMERE SONO DA TEMPO SOLO IL LUOGO DI RATIFICA DELLE SCELTE DEL GOVERNO, CHE PRODUCE L’80% DELLE LEGGI… IN QUESTA LEGISLATURA 44 DECRETI E 24 FIDUCIE… MA IL COLLE ORA STA ZITTO
Matteo Renzi dice che il declassamento del Senato va approvato subito, di corsa, perchè la modifica del bicameralismo consente al governo di poter seguire con maggiore agilità la mutevole realtà del mondo e aggredire le roccaforti della conservazione.
Opinione legittima, diciamo, ma falsa: lo dicono i numeri.
Il governo, il potere esecutivo, ha già da anni sottomesso quello legislativo (il Parlamento) ai suoi voleri.
Tradotto: fa come gli pare.
I motivi sono molti: le leggi di spesa proposte dalle Camere vengono sempre bocciate dalla tenaglia Tesoro-Ragioneria generale; il Porcellum ha sottomesso gli eletti ai vertici dei partiti, che spesso stanno a palazzo Chigi; la crisi come metodo di governo ha comportato un aumento spropositato del ricorso ai decreti (che vanno approvati entro 60 giorni) e alle questioni di fiducia.
Una novità , però, c’è: da Monti in poi i vertici delle istituzioni, Quirinale in testa, si segnalano per il loro silenzio.
I moniti di Giorgio Napolitano contro la decretazione d’urgenza e l’umiliazione del Parlamento furono continui nei primi anni della sua presidenza, ora il capo dello Stato fischietta e guarda dall’altra parte.
“Troppi decreti e poche leggi”, scandì contro Romano Prodi nel 2007: “Va garantita la funzionalità del Parlamento” (Tommaso Padoa Schioppa si lamentò dell’atteggiamento, per così dire, ostruzionistico di Napolitano nei suoi diari).
Nel 2009 convocò addirittura i presidenti di Camera e Senato — Fini e Schifani — per risolvere il problema: “Bisogna assolutamente fare qualcosa per riequilibrare il rapporto tra legislazione ordinaria e decretazione”.
Non solo: “Basta coi decreti omnibus”, mise a verbale in un’altra occasione.
Ora i decreti sono di più e hanno raggiunto dimensioni da cargo, ma pare non sia un problema.
Anzi, nel 2011 Napolitano è passato a lamentarsi del Parlamento: “Troppi emendamenti eterogenei nei decreti”.
D’altronde, è fatto noto, nella vita si cambia continuamente.
Il governo attuale è perfettamente in linea con questa sottomissione del Parlamento, anzi ne è la punta avanzata.
Silvio Berlusconi, per dire, tra l’aprile 2008 e il novembre 2011 produsse 80 decreti, vale a dire 2 al mese; Mario Monti coi suoi 41 incrementò la media a 2,4; Enrico Letta in dieci mesi ne ha prodotti la bellezza di 25 (2,5 al mese); Matteo Renzi, infine, con 16 decreti da fine febbraio vince la gara: oltre 3 al mese.
Pure sulle questioni di fiducia — che strozzano il dibattito costringendo il Parlamento a votare i provvedimenti in blocco — non c’è gara: in questa legislatura, cioè dal marzo del 2013, i tre governi che si sono succeduti (Monti in proroga, Letta e l’attuale) hanno prodotto 44 decreti, quasi 2,7 al mese, e chiesto e ottenuto 24 fiducie su altrettante norme di legge.
Ebbene 14 di queste — compresa l’ultima, votata ieri notte dalla Camera — sono state concesse all’esecutivo attuale.
È il governo ormai la camera di compensazione dei desiderata dei partiti, è sempre il governo che dopo aver prodotto decreti li modifica durante la discussione in commissione, lo spazio di intervento degli eletti del popolo è strettissimo se non nullo.
Il decreto Competitività – su cui a breve sarà posta la fiducia, come già s’era fatto in Senato — sta per essere modificato dall’esecutivo in una ventina articoli: di fronte a un governo forte, il potere di controllo del Parlamento è già una barzelletta e con le riforme di Renzi la situazione, se possibile, peggiorerà .
È questo il senso del ddl Boschi: i ritardi delle Camere sono solo una scusa.
Basta, per convincersene, analizzare l’ultimo resoconto del Comitato per la legislazione della Camera aggiornato al 31 maggio: su 55 leggi approvate definitivamente in questa legislatura — al ritmo di quasi 4 al mese — 45 sono di iniziativa legislativa, vale a dire oltre l’80%.
Se guardiamo invece all’intera produzione di fonti primarie il conto peggiora ulteriormente a favore del governo: 150 atti normativi (10,34 al mese) che tra decreti legge, decreti legislativi e “regolamenti di delegificazione” sono quasi tutti usciti da palazzo Chigi.
Il Senato non elettivo, alla fine, è solo il cadavere di un delitto già perpetrato.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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