IL SUICIDIO ASSISTITO DELLE OPPOSIZIONI AL GOVERNO SOVRANISTA
SECONDO I SONDAGGI, UNITI SUPERANO LA COALIZIONE DI GOVERNO, MA NON FACENDOLO STANNO CONSEGNANDO L’ITALIA A DEGLI SCAPPATI DI CASA
Partiti di opposizione: 46,7%. Partiti di governo: 45,8%. Altri partiti: 7,5%”. Sondaggio di Renato Mannheimer per “Piazza Pulita” di giovedì 25 gennaio
Se non suonasse offensivo per le persone che soffrono realmente, l’espressione “suicidio assistito” sarebbe davvero calzante per un’opposizione che pur essendo, sulla carta, maggioranza tra gli elettori preferisce che a governare sia uno schieramento che conta meno voti piuttosto che porre rimedio alle proprie divisioni.
Certo che parliamo di sondaggi. Certo che le coalizioni in politica non possono limitarsi a una somma aritmetica delle forze in campo. Certo che si tratta di percentuali illusorie perché l’opposizione di Matteo Renzi è una barzelletta e quella di Carlo Calenda si manifesta a giorni alterni. Certo che a destra si privilegia, cinicamente, la difesa delle poltrone visto che a ben guardare gli spiriti animali tra FdI, Lega e Forza Italia non sono troppo dissimili e alla fine ci si mette sempre d’accordo. Non avviene così nell’area di centrosinistra dove il disaccordo è la cifra comune e condivisa. Avvenne anche con il disastro delle Politiche del 25 settembre 2022 quando la destra vinse (con un elettore su quattro, super-minoranza nel Paese) approfittando della insanabile divisione tra Pd, M5S e il cosiddetto Terzo Polo (Calenda & Renzi, prima del divorzio s’intende). Tre giorni dopo, il 28 settembre, su queste colonne un informato articolo di Ilaria Proietti forniva un disperante elenco di quei 20 collegi, uno per uno, che ci avevano fatto perdere un pugno di seggi decisivi in Parlamento. Tutti distacchi misurabili in percentuali minime, due o tre per cento, ma tutti andati a vantaggio dei partiti di destra che, pur detestandosi, quando è il momento di vincere fanno cartello e stravincono. Mentre nel centrosinistra si rinunciò all’arma della desistenza utile perché sul pianeta dei Tafazzi quando è il momento di vincere si preferisce perdere, e pure con una certa soddisfazione nell’assistere alla rovina del vicino di banco.
Acqua passata che serve soltanto a temere un altro rovescio quando sarà il momento di votare per il referendum confermativo alla riforma meloniana del premierato.
Visto che l’elezione diretta del premier piace al 55% degli interpellati (Ilvo Diamanti), e il “leader forte” addirittura al 58, sarà bene non farsi troppe illusioni.
Quel blocco di opposizione che nel 2016 mandò gambe all’aria la riforma costituzionale di Matteo Renzi oggi non esiste. Anche perché il senatore di Riad sembra collocato, con soddisfazione, dall’altra parte della barricata (mentre scommettiamo che Carlo Calenda lascerà libertà di coscienza ai propri elettori). Poca roba, comunque, in termini di voti reali.
Poi però esiste l’opposizione dei cittadini, quella che non giura fedeltà ai partiti ma alla Carta costituzionale. Un popolo che andrebbe subito mobilitato contro lo stravolgimento dell’equilibrio dei poteri che con l’indebolimento di Quirinale e Parlamento sancirebbe l’avvento della donna sola al comando.
Oggi la partita sarebbe probabilmente persa. Per non farsi trovare impreparati, cosa si aspetta, dunque, a creare in tutta Italia una miriade di comitati per la difesa della Costituzione repubblicana? Una mobilitazione dal basso, un ritorno della politica migliore e anche il modo più efficace per distinguere l’opposizione vera da quella finta.
(da agenzie)
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