IN EUROPA STA GIA’ SULLE BALLE A TUTTI: E A PARLARE CON JUNCKER RENZI DEVE MANDARE D’ALEMA
LA MOGHERINI SEMPRE PIU’ LONTANA DALLA POLTRONA DI ALTO COMMISSARIO
Massimo D’Alema non è certo andato a titolo personale a parlare con il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker stamattina. Di più.
Il presidente del Consiglio e il presidente della ‘Foundation for European Progressive Studies’ (Feps) combattono la stessa battaglia perchè l’Italia conquisti l’incarico di Alto Rappresentante Ue per la politica estera.
Il fatto è che la candidata di Palazzo Chigi al posto di Mrs Pesc, Federica Mogherini, è sempre più debole in ambito europeo.
I paesi dell’est hanno detto che è troppo filo-Putin, altri le addebitano poca esperienza.
Renzi insiste sul suo nome, ma nel timore di acchiappare un pugno di mosche fa capire che se serve una persona di maggiore esperienza, il candidato italiano potrebbe essere D’Alema.
Il presidente della Feps è ben consapevole di questo gioco.
Peraltro sia lui che Renzi sanno che potrebbe essere un gioco a perdere, in quanto Juncker cerca candidate donne per la sua commissione.
E allora? Il gioco è ancora nella fase di cercare di smascherare gli interlocutori sul no alla Mogherini, soprattutto Angela Merkel.
Il problema è che entro la fine di luglio Palazzo Chigi dovrebbe indicare a Juncker il proprio candidato per la commissione. Non c’è molto tempo a disposizione e l’affare si sta complicando abbastanza.
Perchè contro Mogherini non ci sono solo le accuse dei paesi dell’est.
Il caso si è inceppato seriamente sulla questione centrale nei rapporti tra nord e sud Europa: la politica economica.
Vale a dire lo scontro tra austerity e flessibilità , tra Germania-paesi nordici ‘versus’ il sud del continente.
E’ da qui che nasce la candidatura, per ora ufficiosa, della francese Elisabeth Guigou al posto di Alto rappresentante per la politica estera europea. Ne ha scritto qualche giorno fa proprio il tedesco Spiegel online.
Il punto è che i rigoristi dell’Ue, Angela Merkel in testa, non vogliono assegnare la poltrona di commissario all’economia ad un esponente del sud Europa.
Nello specifico, non gradiscono la candidatura del francese Pierre Moscovici, sostenuta anche da Roma tanto quanto la Mogherini.
Il ragionamento è: se la Francia conquistasse il posto che finora è stato di Olli Rehn, i paesi con problemi col debito prenderebbero il potere in tutte le caselle economiche. Perchè l’Italia ha Mario Draghi alla Bce e la Spagna, secondo rumours ben solidi, potrebbe incassare la presidenza dell’Eurogruppo con il suo Luis De Guindos del Ppe. Così Parigi, Roma e Madrid avrebbero il timone della rotta europea in materia economica.
Non va bene per Berlino. Il candidato dei rigoristi alla successione a Rehn è invece l’olandese Jeroen Dijsselbloem: attuale presidente dell’Eurogruppo, socialista sì, ma liberale, al governo di larghe intese dell’Aja guidato dal conservatore e rigorista Mark Rutte.
Guigou sarebbe insomma la risposta di Parigi ad una possibile sconfitta sul nome di Moscovici. Guigou, a questo punto, si scontrerebbe direttamente con la candidata italiana Mogherini.
E su questo scontro salterebbe anche l’intesa con Hollande cui Renzi ha lavorato fin dall’indomani delle elezioni europee per vincere la battaglia per un miglior uso della flessibilità contenuta nei trattati europei e per conquistare incarichi utili alla ‘causa’ nella nuova commissione.
Dal canto suo, Hollande, a corto di consensi in patria, punito dal trionfo di Marine Le Pen al voto per Strasburgo, ha interesse a conquistare un ‘top job’ che sia veramente ‘top’ in Ue.
Da qui la carta dell’Alto Rappresentante. Che mette nei guai il governo a Roma.
Perchè, secondo quanto ha chiesto il presidente Juncker, Renzi dovrebbe comunicare ufficialmente la candidatura italiana entro la fine luglio, benchè il prossimo Consiglio europeo sia fissato per il 30 agosto.
Ma in queste ore il premier sta cercando di capire con quali chance può proporre il nome di Mogherini, sul quale — per ora – punta tutta la famiglia del Pse, dal presidente dell’Europarlamento Martin Schulz fino al capogruppo italiano Gianni Pittella, passando per D’Alema.
Se la titolare della Farnesina non ce la facesse, è molto probabile che all’Italia verrebbe proposto l’incarico di commissario all’Immigrazione, nuova casella che Juncker vorrebbe istituire nella sua commissione.
Ma per Roma non sarebbe un posto di prestigio o almeno l’intenzione iniziale era di assegnare quel top job ad un paese del nord proprio per favorire una condivisione di responsabilità in Europa sui flussi migratori dal Mediterraneo.
Il tempo stringe. Renzi insiste su Mogherini. Ma il rischio è duplice.
Non solo il ministro può finire stritolata nella terribile macchina Ue che decide le nomine.
Ma in questo stesso gioco può finire sacrificata l’intesa con Hollande, che, da sconfitto qual è, ha più interesse a difendere il suo legame con Merkel piuttosto che legarsi al 40 per cento di Renzi.
Soprattutto ha interesse a dimostrare di contare ancora qualcosa in Francia: un posto di peso nella commissione Juncker lo aiuterebbe molto.
E poi resta ancora senza candidati credibili la presidenza del Consiglio europeo.
I ben informati a Bruxelles dicono che il polacco Donald Tusk non sa parlare bene inglese e la danese Helle Torning Smith guida un paese che non fa parte dell’area euro.
Un ragionamento che fa rispuntare il nome di Enrico Letta, quasi un incubo per Renzi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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