INTERROGATO BERTOLASO: FORSE ERA MEGLIO SE STAVA ZITTO
DICE DI AVER PRESO PRESO L’APPARTAMENTO DI VIA GIULIA IN PRESTITO DALLA “PROPAGANDA FIDE” CHE PERO’ DA 20 ANNI NON NE ERA PIU’ PROPRIETARIA… DI AVER PAGATO LE BOLLETTE LE CUI RICEVUTE PERO’ NON CI SONO…IL PROPRIETARIO: “MA SE NON PAGAVA NEANCHE QUELLE”… E MOSTRA LE LETTERE DI SOLLECITO
Se la linea difensiva scelta è quella seguita due giorni fa, davanti ai magistrati di Perugia, più che alla Protezione civile, Guido Bertolaso farebbe bene a rivolgersi a quella divina.
Forse per questo ha fatto il nome del cardinal Sepe come suo referente e come suo agente immobiliare.
Il racconto di Bertolaso, dicono le agenzie, non ha convinto i giudici.
Sarebbe stato difficile l’opposto in effetti, viste le argomentazione addotte per giustificare il fatto di aver alloggiato nel 2003 nel famoso appartamentino di via Giulia a spese, secondo l’accusa, di Anemone.
Secondo Bertolaso, a inizio 2003, a causa di una crisi familiare, decide di andarsene dalla famiglia, cose che capitano.
Ci si aspetterebbe che uno che guadagna 10.000 euro al mese si paghi un affitto senza problemi, non gli mancherebbero certo le referenze.
Che fa invece Bertolaso, secondo la sua ricostruzione?
Non si rivolge a una agenzia immobiliare, ma al cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe, che gli troverebbe posto in un seminario.
Dopo poco però, a causa degli “orari incompatibili” con quelli del padre guardiano, Bertolaso richiama il cardinale per avere una nuova, più adeguata sistemazione.
Questa volta Sepe lo indirizza dal prof. Francesco Silvano che gli metterebbe a disposizione un appartamento della “Propaganda Fide”, quello di via Giulia. Siamo nel 2003, quell’appartamento non è più della congregazione religiosa dal 1990, in quanto venduto in quella data a tale Alberto Rota e da questi negli anni successivi a Raffaele Curi.
In pratica il prof. Silvano lo avrebbe sistemato gratis in una casa di cui non aveva più la proprietà da 12 anni.
Andiamo avanti: Bertolaso ammette di non aver mai pagato l’affitto, ma di aver sempre onorato le bollette delle utenze, nel periodo in cui ne ha usufruito.
Le ricevute delle bollette però non sarebbe stato in grado neanche di esibirle ( come sottolinea “Libero”).
Gli inquirenti avrebbero fatto vedere a Bertolaso invece una lettera in cui l’attuale proprietario gli aveva scritto, sollecitandone il pagamento e lamentandosi anche dei ritardi con cui veniva saldato l’affitto.
Scena muta di Bertolaso che non ricorda di aver mai ricevuto solleciti.
Il proprietario invece ricorda benissimo di aver dovuto alla fine pagare lui tutte le bollette arretrate, così come ricorda di esser andato nello studio dell’arch. Zampolini, braccio destro di Anemone, a ritirare gli affitti, pagati sempre in ritardo.
La morale di Bertolaso sarebbe quindi di aver alloggiato in un appartamento di una isitituzione religiosa che non ne era la proprietaria da 12 anni, di aver pagato delle bollette di cui non conserva ricevuta e che sono poi state quindi ripagate anche dal proprietario, evidentemente in vena di sperperi.
Il tutto senza pagare l’affitto che quindi era regolato dal prof. Silvano a chi non sa, non certo al proprietario Curi che lo andava invece a ritirare dal socio di Anemone.
Roba da stropicciarsi gli occhi per capire se siamo svegli o in preda a visioni oniriche.
Il massimo però Bertolaso lo ha dato quando, di fronte alla domanda se suo cognato, Francesco Piermarini, avesse mai fatto consulenze per Anemone, ha risposto: “Sì, ma per appalti publici, non erano soldi di Anemone”.
In pratica ha ammesso che il cognato ha preso soldi pure pubblici.
Pare che gli stessi inquirenti siano rimasti sbigottiti e senza parole, di fronte a questo autogol.
Impietositi, a questo punto lo hanno congedato, prima che ne sparasse qualche altra.
Forse era meglio se Bertolaso si fosse avvalso della facoltà di non rispondere, che ne dite?
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